2005

Introduzione: la razza come "strumento diagnostico"

Thomas Casadei

1. Il ritorno di una nozione controversa

Alcuni eventi recenti, dalla rivolta parigina delle banlieues al disastroso uragano Katrina negli Stati Uniti, nonché molteplici processi, sempre più estesi, orientati dalle politiche «securitarie» (1) paiono riportare in circolazione un concetto ambiguo e temuto come quello di 'razza'.

Allargando un poco lo sguardo e seguendo una via tesa a 'prendere sul serio' questa nozione, ci si addentra immediatamente entro il groviglio di questioni - politiche, giuridiche, economiche, sociali, etiche - poste dalle società multiculturali e multietniche: da quella degli Stati Uniti ai casi francese e inglese, nonché a quelle che in Europa sono progressivamente in formazione grazie ai movimenti migratori che stanno modificando la composizione e la struttura della popolazione di molti paesi. Nuove sfide si parano di fronte alle società cosiddette dell'«Occidente» (2), attraversando e complicando i confini dello spazio pubblico e della cittadinanza, e mettendo radicalmente in questione le categorie filosofiche, giuridiche, politico-istituzionali con cui le democrazie occidentali erano use interpretare, fino a qualche anno fa, le dinamiche sociali, le relazioni tra individui e i rapporti tra le diverse comunità.

Può certamente apparire 'paradossale' il fatto che in questi scenari di trasformazione si possa pensare di utilizzare, come categoria interpretativa, come «strumento diagnostico» (3), la nozione di razza (4): nozione che se ha mantenuto una specifica e rilevante connotazione nel peculiare contesto statunitense (anche qui comunque progressivamente assorbita entro le logiche della neutralità e della color blindness, almeno fino al comparire, prepotente, sul finire degli anni ottanta del Novecento, delle teorie della differenza razziale proposte da agguerriti studiosi afroamericani), di certo, nel contesto europeo, è ancora come 'oscurata' da un velo che ne impedisce la risorgenza dopo gli indicibili drammi generati dal razzismo e dalle pratiche mostruose dei regimi totalitari (5).

Uno degli interrogativi principali cui si intende con questo forum di discussione fornire alcune possibili risposte, all'insegna di uno spirito dialogico e plurale che dia voce ad una molteplicità di analisi e di prospettive interpretative, consiste nel chiedersi se quella della razza può essere una nozione utile a 'decifrare' le odierne società (6) e i loro dilemmi, fratture, afasie, con riguardo a molteplici issues; inoltre, il forum intende discutere se, prendendo sul serio la razza (e dunque assumendo una risposta cautamente positiva al primo interrogativo) non sia necessario rimodulare lo stesso lessico della filosofia pratica, nelle sue dimensioni etiche, politiche, giuridiche.

Per svolgere questo complesso esercizio - al contempo di indagine problematica e di potenziale riconfigurazione delle principali categorie-chiave del dibattito contemporaneo (basti qui citare quelle di cittadinanza, eguaglianza, conflitto, discriminazione, sicurezza, identità, differenza di genere) - si propone di assumere come riferimento una storia, particolare, come quella della Critical Race Theory (CRT).

L'occasione è offerta dalla pubblicazione della prima antologia in lingua italiana, unica anche nel contesto europeo, dei principali saggi che hanno segnato questo movimento di intellettuali che alla riflessione teorica uniscono un intenso impegno civile e politico: Legge, razza e diritti. La Critical Race Theory negli Stati Uniti, a cura di Kendall Thomas e Gianfrancesco Zanetti (Reggio Emilia, Diabasis, 2005).

2. La Critical Race Theory

Generatasi nel contesto delle discussioni statunitensi sui complessi rapporti tra legge, razza e diritto, nonché sulla legittimità e gli effetti delle politiche di affirmative action (7), e caratterizzata da una costitutiva tensione alla trasformazione della realtà esistente, la CRT si situa entro la variegata costellazione che Gary Minda ha raccolto entro l'efficace espressione di «teorie postmoderne del diritto» (8). L'idea della «bianchezza» come proprietà, la messa in questione del «costituzionalismo color-blind», l'individuazione delle «azioni positive» come strumento imprescindibile per la promozione di una concreta eguaglianza tra individui diseguali, sono gli assi attorno ai quali ruotano le argomentazioni dei teorici critici della differenza razziale.

Spetta certamente a loro il merito di aver riabilitato la tradizione radical della race consciousness in chiave non repressiva, ma liberatoria, e di aver costruito una concezione generale delle strategie con le quali il potere razziale e la resistenza a partire dalla condizione della razza sono rappresentati e mobilitati nella cultura politica e giuridica degli Stati Uniti.

A partire dalle questioni poste in maniera originale dalla riflessione dei teorici critici della razza (Crits), innestate in una realtà in cui la «peculiar istitution» della schiavitù ha segnato in profondità le relazioni di potere, ci si propone di affrontare alcuni nodi tipici della discussione statunitense (che nel corso del tempo, a partire dalle lotte per i diritti civili e dalle posizioni della Nuova sinistra negli anni Sessanta del Novecento, hanno chiamato in causa le diverse prospettive teorico-politiche: dai liberals ai communitarians, ai sostenitori dei Critical Legal Studies e del differenzialismo multiculturalista, e ancora, su un altro versante, da quelle dei conservatori a quelle dei sostenitori delle teorie economiche del diritto, fino ai più recenti propugnatori di un ritorno della religione, e dei suoi profondi 'valori', nella sfera pubblica e del diritto) ma anche di aprire - in modo più ampio - una riflessione che faccia i conti con le questioni della razza nel contesto europeo, senza dimenticare altri contesti (come la realtà assai significativa dell'America Latina, in specie, data la sua originalità, la situazione del Brasile (9)).

Si profila così l'organizzazione stessa dei contributi: ad un intenso e sfaccettato dibattito sugli orizzonti aperti da un'analitica disamina e considerazione della razza (in altri termini, della 'rilevanza' della razza - race matters), condotta in chiave teorica ma anche entro uno scavo storico-concettuale multiprospettico, si accompagna il tentativo di definire, con adeguata precisione, i lemmi che caratterizzano la discussione sui dispositivi che connettono legge, razza, diritto entro la prospettiva della teorica critica della razza. Mostrare l'articolazione di tale lessico, assumendo come orizzonte di riferimento lo studio culturale del diritto (10), significa pensare a una ridefinizione - o, se si vuole, a una ulteriore complicazione - del diritto e delle sue pratiche, a una ridefinizione/complicazione che assume gli elementi dell'identità, della differenza, della soggettività di individui e gruppi, della contingenza come aspetti rilevanti - anche se naturalmente non esaustivi - per la sfera giuridica, che faticano pertanto a stare sotto il velo del neutralismo e della imperturbabile 'freddezza' degli ordinamenti (entro gli schemi solidi del positivismo giuridico (11)).

3. A partire dalla razza

Gli itinerari che si muovono nel solco della razza - diseguale, disomogeneo rispetto al territorio apparentemente levigato dello spazio globale e forzatamente neutro dell'universalismo - consentono di sviluppare altre considerazioni, contenute più dettagliatamente nei vari contributi.

In primo luogo, entro un approccio metodologico, essi mettono in risalto come autori non propriamente riconducibili alla dimensione filosofico-giuridica quali Michel Foucault, Antonio Gramsci (cari agli studiosi della CRT) e ancora Pierre Bourdieu, possano essere di aiuto nel tematizzare le questioni del diritto, specie se intenzionalmente rapportate alle forme del potere e dell'organizzazione della società (con le sue relazioni gerarchiche e di dipendenza).

In secondo luogo, consentono - ed è qui che la comparazione tra lo scenario statunitense e quello europeo, fatte salve le specificità dei due diversi contesti, può mostrare i suoi tratti di fecondità - di studiare lo status della forma di governo democratica e della cittadinanza, specie nei suoi elementi di tensione, di 'crisi' (12). Assumere l'angolo visuale della razza - in chiave critica - pare permettere una ricognizione sull'attuale conformazione della democrazia, sulle sue effettive capacità di inclusione e di organizzazione della convivenza di individui e gruppi portatori di specifiche differenze, ma anche di individuare le vie per generare nuove forme di mobilitazione contro i dispositivi del dominio e per la costruzione di spazi di partecipazione 'dal basso', di contro ad una logica - tendenzialmente postdemocratica - di governo 'dall'alto' (13). In altri termini, la riflessione che prende sul serio la razza conduce, attraverso molteplici ramificazioni, alla variegata costellazione di problemi che concernono la democrazia nell'epoca della globalizzazione (nelle sue dimensioni istituzionali, economico-sociali, etico-culturali): dal ripensamento degli spazi delle città (e qui il caso francese delle banlieues fornisce un banco di prova significativo, ma anche la configurazione delle città statunitensi meriterebbe un'accurata attenzione (14)), alle forme dell'assistenza e della vita sociale che si confrontano con i problemi - concreti nella loro quotidianità - della vulnerabilità e del rispetto della dignità umana (spesso teorizzata quanto, più sovente, negata (15)) fino ai processi di convivenza tra identità plurime e dunque alla possibilità di tenere insieme valori e stili di vita non solo diversi, ma anche «incompatibili» (16).

In terzo e ultimo luogo, assumere una prospettiva che prenda sul serio la razza, senza tuttavia ridurla ad un feticcio o ad una macrocategoria che pretende di spiegare una molteplicità di questioni, rende possibile una precisa consapevolezza per ri-porre al centro delle discussioni di filosofia-politica e di filosofia del diritto antichi dilemmi (che oggi possono presentarsi in forme nuove) connessi al dominio: le disuguaglianze sociali ed economiche, 'di classe'; le inedite forme di schiavitù (che squarciano amplissime zone del globo, ma dimorano, per quanto rimosse, anche nelle democratiche e liberali società occidentali (17)); le disuguaglianze e le discriminazioni legate al sesso (che configurano le cosiddette 'questioni di genere'); l'influenza delle forme di organizzazione - anche, marxianamente, strutturale - della società sulle forme della pena, sono tutti temi che la Critical Race Theory, e le prospettive che con essa decidono di fare i conti, sollecitano a considerare come decisive.

In sintesi, il 'ritorno della razza' potrebbe voler significare non solo la spia di nuovi problemi - che rimandano alle radici delle logiche del riconoscimento, dell'integrazione, della convivenza tra diversi che segnano, in maniera non univoca, le società multiculturali (18) - ma anche la possibilità di pensare, in positivo e con tensione costruttiva, nuovi scenari per la democrazia (una democrazia che assuma come elemento genetico quello della diversità assieme a quello dell'eguaglianza e che sappia contenere - traendone tutte le istanze produttive - l'espressione della contaminazione, dell'ibridazione, del «meticciato»).

4. Sollevare il velo e mutare prospettiva: il portato 'eversivo' della razza

Le categorie messe a punto dalle teorizzazioni critiche della differenza razziale si generano certamente in un contesto specifico, particolare, situato. Si pensi alla critica della nozione di eguaglianza di opportunità (un valore che può, tuttavia, farsi vettore di ingiustizie intollerabili) che sorge dalla specifica esperienza dei blacks americani discriminati e offesi (19). Essa può però diventare «patrimonio immediatamente disponibile a chiunque sia interessato a produrre argomenti normativi capaci di sottoporre a critica le istituzioni circostanti, partendo non da concetti astratti e formali ma dal dato rilevante dell'oppressione e della disuguaglianza» (20). Come osservano Charles Luke Harris e Uma Narayan nel sostenere le ragioni dell'affirmative action, «la razza, la classe, il genere, continuano a funzionare come fattori determinanti di una cittadinanza ineguale, che deprivano le persone dell'opportunità di partecipare a numerose forme di associazione e di lavoro cruciali allo sviluppo dei talenti e delle capacità - talenti e capacità che a loro volta mettono in grado gli esseri umani di contribuire in modo significativo alle (e di trarre beneficio dalle) possibilità collettive della vita nazionale» (21).

La mossa decisiva consiste però nello svelare le forme di discriminazione. È qui che la Critical Race Theory mostra la sua potente carica 'eversiva' e la capacità di mettere in una diversa prospettiva l'analisi della realtà. Come mostra paradigmaticamente Barbara Flagg nel suo saggio contenuto nell'antologia, la «metafora del vedere», in contrapposizione alla retorica del costituzionalismo "cieco rispetto al colore" (color-blind constitutionalism) rende conto di quel profondo discernimento, basato sulla messa in questione del «mito della trasparenza» e dello sguardo da nessun luogo dei bianchi rispetto alla razza, che può portare ad un serio impegno contro le varie forme di razzismo e discriminazione istituzionali (22).

'Vedere' significa anche 'guardare con altri occhi' e, dunque, pensare in modo altro rispetto al presente normativo delle società occidentali. Guardare con altri occhi al diritto, al potere, alla legge, ai discorsi legittimanti delle pratiche istituzionali del presente consente di poter vedere la sofferenza, la durezza e le cause della vulnerabilità, la ricerca di dignità, nonché la possibilità di progetti sociali e di speranze di cambiamento negli spazi in divenire della democrazia, oltre alla paura, alla ricerca di sicurezza, agli spazi del mercato.

La razza, «ombra interna alla cultura occidentale», mostra così, mutata di segno, la sua valenza «diagnostica» ma anche potenzialmente «mobilitante» per ripensare, in chiave positiva, le forme del vivere associato.


Note

1. Vedi sul tema i contributi di Marco Goldoni, Isabelle Mansuy e Lucia Re al presente forum.

2. Utilizzo con la massima cautela questo ambiguo metaconcetto. Sulla sua recente ritematizzazione si vedano i fascicoli monografici di «Filosofia politica» (1, 2004) e di «Parolechiave» (31, 2004), e, soprattutto, il volume di G. Preterossi, L'Occidente contro se stesso, Roma-Bari, Laterza, 2004. Cfr., anche, I. Buruma, A. Margalit, Occidentalism. The West in the Eyes of Its Enemies, New York, Penguin Books, 2004, e C. Pasquinelli (a cura), Occidentalismi, Roma, Carocci, 2005.

3. Mutuo l'espressione da Gerald Torres e Lani Guiner le quali vi ricorrono, attraverso il caratteristico metodo dello storytelling, «per identificare e scandagliare a livello sistemico le strutture di potere e di ineguaglianza»: Il canarino del minatore e la nozione di political race, in K. Thomas, Gf. Zanetti (a cura di), Legge, razza e diritti. La Critical Race Theory negli Stati Uniti, Reggio Emilia, Diabasis, 2005, p. 131. A questo approccio fa diretto riferimento nel suo contributo al presente forum Etienne Balibar.

4. Una puntuale ricostruzione categoriale è contenuta nel fascicolo monografico di «Filosofia politica» dedicato a «ghenos/razza» (3/2003).

5. Cfr. S. Forti, Biopolitica delle anime, in «Filosofia politica», n. 3/2003, pp. 397-417. Più in generale sul tema della razza in Europa si veda lo studio di A. Burgio, L'invenzione delle razze, Roma, Edizioni Manifesto Libri, 1998. Del resto la nozione stessa di razza, come entità tassonomica, è stata fortemente messa in discussione dai genetisti: si veda, per tutti, L.L. Cavalli Sforza, Razze, popoli, lingue, Milano, Feltrinelli, 1996.

6. Il discorso vale anche per quelle che qualche sociologo definisce «città globali» (espressione introdotta nel dibattito sui temi e gli scenari della globalizzazione da S. Sassen: Città globali: New York, Londra, Tokyo [1991], Torino, Utet, 1997).

7. Per un quadro d'insieme della controversia, si vedano: M. Rosenfeld, Affirmative Action and Justice. A Philosophical and Constitutional Inquiry, New Haven, Yale University Press, 1991, S.M. Cahn, The Affirmative Action Debate, London-New York, Routledge, 1995; F.J. Beckwith, T.E. Jones (eds.), Affirmative Action. Social Justice or Reverse Discrimination?, New York, Prometheus Books, 1997. Cfr., da ultimo, T.H. Anderson, The Pursuit of Fairness: a History of Affirmative Action, Oxford-New York, Oxford University Press, 2004. Per l'Italia si segnala l'accuratissimo lavoro di A. D'Aloja, Eguaglianza sostanziale e diritto diseguale. Contributo allo studio delle azioni positive nella prospettiva costituzionale, Padova, Cedam, 2002 (in part. cap. II).

8. G. Minda, Teorie postmoderne del diritto (1995), Bologna, Il Mulino, 2001.

9. Si vedano, a questo proposito, i contributi di Roberto Vecchi e Valeria Ribeiro Corossacz. Di quest'ultima, in particolare: Razzismo e gerarchia nella società brasiliana, «La società degli individui», 3, 1999; Il corpo della nazione: classificazione razziale e gestione sociale della riproduzione in Brasile, Roma, Cisu, 2004; Razzismo, meticciato, democrazia razziale. Le politiche della razza in Brasile, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ), 2006.

10. Cfr. P.K. Kahn, The Cultural Study of Law, University of Chicago Press, Chicago, 1999.

11. Seguire la 'geografia delle differenze' conduce al pieno riconoscimento del pluralismo giuridico e normativo come approccio al diritto: si veda, al riguardo, il contributo di A. Facchi, Prospettive attuali del pluralismo normativo.

12. Sulle trasformazioni cui è soggetta la categoria della cittadinanza in seguito alle pressioni migratorie e allo svolgersi delle dinamiche della globalizzazione si vedano gli studi condotti da S. Mezzadra: Diritto di fuga: migrazioni, cittadinanza, globalizzazione, Verona, Ombre corte, 2001; I confini della globalizzazione: lavoro, culture, cittadinanza, a cura di S. Mezzadra e A. Petrillo, Roma, Manifestolibri, 2000. Per un'analitica e assai vasta disamina della nozione di cittadinanza riferimento imprescindibile è la monumentale opera di P. Costa, Civitas. Storia della cittadinanza in Europa, 4 voll., Roma-Bari, Laterza, 2000-2003.

13. Sul rilancio delle forme di democrazia "dal basso", avviate nell'ambito della riflessione new global e dai vari Forum Sociali, si vedano i contributi di un pensatore 'meticcio' come Boaventura de Sousa Santos: Il Forum sociale mondiale: verso una globalizzazione antiegemonica, Troina, Città aperta, 2003; Democratizzare la democrazia: i percorsi della democrazia partecipativa, a cura di B. de Sousa Santos; introduzione di G. Allegretti, Troina, Città aperta, 2003; Law and Globalization From Below: Towards a Cosmopolitan Legality, ed. by B. de Sousa Santos, C. A. Rodriguez-Garavito, Cambridge, Cambridge University Press, 2005. Cfr., anche, G. Allegretti, L'insegnamento di Porto Alegre: autoprogettualità come paradigma urbano, Firenze, Alinea, 2003.

14. È questo il filone di studi avviato da analisti come Mike Davis, cui si riallaccia, ad esempio, la riflessione di M. D'Eramo: Il maiale e il grattacielo. Chicago: una storia del nostro futuro, Milano, Feltrinelli, 2004.

15. La nozione di dignità umana costituisce una delle basi normative e valoriali del welfare state: dalle teorizzazioni a proposito dei diritti sociali, alle molteplici forme di assistenza, fino alle più recenti proposte di basic income il ricorso alla dignità umana gioca un ruolo strategico nella giustificazione delle politiche pubbliche. Cfr., sul punto, R. Sennett, Rispetto. La dignità umana in un mondo di diseguali (2003), Bologna, Il Mulino, 2004. Il caso dell'uragano Katrina ha mostrato la pervasività della «discriminazione strutturale» (e del suo ciclo di riproduzione) e dunque le connessioni tra molteplici forme di vulnerabilità - di matrice sociale, economica, razziale - e deprivazione della dignità: non è un caso che tra le migliaia di vittime ci fossero persone anziane, sole, nere, povere. Per un'ampia analisi si rinvia al fascicolo monografico di «Giano», n. 51, 2005: 'Katrina, la bomba "sporca" di Bush'.

16. Di notevole salienza normativa, a questo riguardo, è l'indagine teorica sviluppata da un fine studioso del multiculturalismo come J. Raz: I valori tra attaccamento e rispetto, a cura di F. Belvisi, Reggio Emilia, Diabasis, 2003. Cfr. anche la recente proposta contenuta dal filosofo ghanese K. Appiah, The Ethics of Identity, Princeton, University Press, 2005 e ulteriormente sviluppata in Id., Cosmopolitanism. Ethics in a World of Strangers, New York-London, W.W. Norton & Company, 2006.

17. Sul tema della schiavitù negli scenari dell'economia globale si veda K. Bales, I nuovi schiavi. La merce umana nell'economia globale (1999), Milano, Feltrinelli, 2000. Sia consentito rinviare anche a Th. Casadei, Schiavitù: le catene della vulnerabilità, in Questioni di vita e di morte, a cura di M. La Torre e A. Scerbo, Torino, Giappichelli, 2006.

18. Cfr., da ultimo, M.L. Lanzillo, Il multiculturalismo, Roma-Bari, Laterza, 2005 e C. Galli (a cura di), Multiculturalismo, Bologna, Il Mulino, 2006.

19. Sulla feconda problematizzazione che gli argomenti normativi dei teorici critici della razza comportano a proposito della categoria di 'uguaglianza' si veda Gf. Zanetti, "Ma che razza di pluralismo". Autonomia e «opzioni disponibili alla scelta» dopo gli anni novanta, «Ragion pratica», 1, 2006 (di prossima pubblicazione).

20. K. Thomas e Gf. Zanetti, Introduzione a Legge, razza e diritti, cit., p. XI.

21. C.L. Harris e U. Narayan, L'azione affermativa e il mito del trattamento preferenziale, in Legge, razza e diritti, cit., p. 177.

22. B. Flagg, Ero cieco, ma ora vedo, in Legge, razza e diritti, cit., pp. 79-83. Tale metafora ricorda anche il romanzo di Ralph Elison, Invisibile Man, cui si è recentemente richiamato Mario Maffi per esaminare il disastro provocato dall'uragano Katrina e rilevando come il «problema razziale», in America, si connetta inscindibilmente - ancora oggi - al «problema di classe» (M. Maffi, Blues della morte per acqua. Ricordando New Orleans, in corso di pubblicazione su «Ácoma. Rivista Internazionale di Studi Nord-Americani».