2008

Il tribunale speciale per il Libano
Fondamento e competenza (*)

Gianluca Serra

Sommario: 1. Il contesto della risoluzione. - 2. Sul carattere "eccezionale" della risoluzione. - 3. Sulla mens legislatoris. - 4. Critiche all'azione dell'ONU - 5. Congetture intorno alla forza giuridica che il costituendo Special Tribunal for Lebanon potrebbe riconoscere alla risoluzione. - 6. Special Tribunal for Lebanon: verso la prima giurisdizione "internazionalizzata" competente sul crimine di terrorismo internazionale?

1. Un nuova giurisdizione penale di statura "internazionale" (il senso delle virgolette verrà chiarito al par. 6) si appresta a venire a definizione ad oltre mezzo secolo dai processi di Norimberga e Tokyo, mentre i due Tribunali Penali Internazionali ad hoc per la ex Jugoslavia (ICTY) e per il Ruanda (ICTR) proseguono nella "exit strategy" e le "situazioni" riferite dagli Stati centro-africani e dal Consiglio di Sicurezza (CdS) culminano nell'istruzione dei primi procedimenti dinanzi alla Corte Penale Internazionale.

La nuova corte porta il nome di Special Tribunal for Lebanon (STL). A monte della sua origine si situa l'ondata di indignazione popolare che ha indotto il Governo di Beirut a richiedere all'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) l'istituzione di un tribunale ad hoc per processare i responsabili degli attentati terroristici all'ex premier Rafiq Hariri (14 febbraio 2005) e, in subordine, ad altri esponenti di spicco dell'establishment politico-culturale libanese perpetrati a partire dal 1° ottobre 2004 (1). Il CdS dell'ONU ha dato seguito alla richiesta libanese, richiedendo al Segretario Generale (SG) dapprima "to (...) identify the nature and scope of the international assistance needed" (2), quindi, sulla base dei rapporti da questo presentati (3), di negoziare, per conto dell'ONU, "an agreement with the Government of Lebanon aimed at establishing a tribunal of an international character based on the highest international standards of criminal justice" (4). I negoziati, condotti tra gennaio e settembre del 2006, sono culminati nell'Agreement on the establishment of a Special Tribunal for Lebanon, firmato dal Libano e dall'ONU, rispettivamente, il 23 gennaio ed il 6 febbraio 2007.

Se le autorità di Beirut avessero perfezionato l'iter costituzionale di ratifica, quello libanese sarebbe diventato, dopo la Special Court for Sierra Leone (SCSL) (5) e le Extraordinary Chambers in the Courts of Cambodia (ECCC) (6), il terzo tribunale penale istituito da un trattato tra l'ONU e lo Stato membro cui principalmente ineriscono, sotto il duplice profilo territoriale e personale, i crimini di competenza (7). E, invece, l'impasse del Governo libanese, paralizzato dal ritiro dei ministri dei partiti sciiti filo-siriani (Hezbollah ed Amal) (8), ha impedito la regolare convocazione del Parlamento da parte del suo Presidente (9) affinché fosse votata la legge di ratifica. Sorretto dalla sola firma (10), l'accordo istitutivo ha indugiato nel "limbo giuridico" (11) finché il SG non ha sottoposto la questione al CdS con una più che implicita raccomandazione di procedere ai sensi del Capitolo VII della Carta: "regrettably, all domestic options for the ratification of the Special Tribunal now appear to be exhausted, although it would have been preferable had the Lebanese parties been able to resolve this issue among themselves based on a National consensus" (12).

Accogliendo il sollecito e riaffermando che gli attentati terroristici occorsi in Libano e le loro implicazioni costituivano una minaccia alla pace ed alla sicurezza internazionale (13), il CdS si è attivato sub Capitolo VII della Carta dell'ONU ed ha sostanzialmente disposto, con la risoluzione n. 1757 del 30 maggio 2007 (5685^ riunione), l'entrata in vigore dell'accordo (14). V'è di più: con la stessa risoluzione, il CdS ha emendato unilateralmente (15) talune disposizioni contenute nell'accordo (16), "colonizzando" così un nuovo ambito per l'applicazione dell'art. 103 della Carta che sancisce la prevalenza, in caso di confliggenza, degli obblighi ONU su tutti gli altri obblighi internazionali contratti dagli Stati membri.

Il fatto che l'accordo istitutivo del Tribunale sia entrato in vigore per il tramite della risoluzione n. 1757 non significa che esso sia ipso tempore operativo. In effetti, come prevede la stessa risoluzione, la sua entrata in funzione è subordinata almeno a tre condizioni: 1) la conclusione di un accordo sulla sede con uno Stato diverso dal Libano, 2) il reperimento di risorse finanziarie sufficienti per garantirne l'insediamento e tre anni di operatività (durata minima prorogabile), 3) i progressi della Commissione Internazionale Indipendente d'Inchiesta (IIIC). Quest'ultima è stata creata dal CdS sulla base dei poteri d'inchiesta previsti dall'art. 34 della Carta ONU (17) ed il suo mandato copre tutti gli atti terroristici su cui il Tribunale ha competenza. L'IIIC costituisce, di fatto, "the core nascent prosecutor's office" (18).

2. Va puntualizzato che, attraverso la risoluzione n. 1757, il CdS non ha adottato lo Statuto dello STL, come era invece avvenuto per l'ICTY (ris. n. 827/1993) e per l'ICTR (ris. n. 995/1994), ma ha vestito con la forza giuridica derivantegli dal più "potente" Capitolo della Carta l'accordo bilaterale istitutivo del Tribunale, di cui lo Statuto costituisce, a sua volta, uno degli allegati. La dichiarazione che ha accompagnato l'astensione dal voto del delegato russo ha messo in risalto la questione: "[t]he arrangement chosen by the sponsors [gli Stati redattori del progetto di risoluzione] is dubious from the point of view of international law. The treaty between the two entities - Lebanon and the United Nations - by definition cannot enter into force on the basis of a decision by only one party" (19); muovendo da questa motivazione di mera logica giuridica, lo stesso delegato ha suggerito che "[t]he draft should have focused on the implementation, under a Council decision, of the agreement between the United Nations and Lebanon, not on the entry into force of the agreement [corsivo nostro]" (20).

In sostanza è come se il CdS si fosse a tal punto ingerito negli affari interni di uno Stato membro - facendo leva sul disposto dell'art. 2, par. 7 ultima frase della Carta dell'ONU (21) - da avocare a sé il sovrano "treaty-ratification power" della controparte di fronte alla sua incapacità istituzionale di onorare pienamente ad un impegno parzialmente assunto con la firma (22). L'ingerenza del CdS negli affari interni di uno Stato membro non è certamente una novità. Il quid novi è semmai nella "specialità" degli affari interni in cui il CdS si è questa volta ingerito: affari costituzionali per l'appunto (di tale rango è la procedura libanese che disciplina la ratifica dei trattati (23)).

Tuttavia, una più attenta retrospettiva consente di individuare altri casi di intromissione del CdS negli affari interni costituzionali, come, ad esempio, il noto "affaire Lockerbie" (24), peraltro sotteso da un contesto fattuale analogo a quello della 1757, ovverosia la commissione di attentati terroristici (25). Allorché le parti della controversia di Lockerbie (Gran Bretagna e USA, da una parte, e Libia, dall'altra) convennero su un processo da istruirsi nella neutrale Olanda con magistrati scozzesi e secondo il diritto penale scozzese opportunamente emendato (c.d. "Lockerbie court"), la risoluzione n. 1192/1998, adottata ex Capitolo VII, richiese a Gran Bretagna e Olanda "to take such steps as are necessary to implement the initiative, including the conclusion of arrangements (...) to enabl[e] the [Lockerbie] court (...) to exercise jurisdiction (...)" (26). Questa risoluzione consentì al Governo britannico di emendare via decreto il diritto penale vigente (per consentire che una corte scozzese sedesse all'estero e giudicasse senza giuria), senza che fosse, pertanto, necessario l'intervento legislativo parlamentare richiesto dalla "costituzione vivente" britannica. Le risoluzioni n. 1757/2007 e n. 1192/1998 entrano entrambe nei gangli dell'ordinamento costituzionale degli Stati destinatari cui non sono peraltro state imposte ob torto collo. L'analogia può, tuttavia, essere spinta fino ad un certo punto: diversamente dalla n. 1192/1998, la n. 1757/2007 non è stata richiesta al CdS da un Governo pienamente legittimo. Ricordando la capillarità del controllo che Hezbollah esercita de facto nel Libano meridionale (non senza finanziamenti di Iran e Siria), sarebbe il caso di chiedersi se la componente di Governo libanese, che ha caldeggiato la ratifica ex Capitolo VII, fosse rappresentativa (nel senso dell'effettività oltre che della democraticità) dell'intero Paese.

Non v'è, dunque, alcun dubbio circa il carattere "eccezionale" della risoluzione n. 1757. Invero, guardando alla prassi sviluppata dal CdS in tema di terrorismo, l' "eccezionalità" sembra - paradossalmente - costituire la regola. Basti ricordare le risoluzioni n. 748/1992 e n. 1373/2001, entrambe adottate ai sensi del Capitolo VII. Con la prima, il CdS ha qualificato le mancata estradizione di due presunti terroristi (sospettati del già menzionato attentato terroristico di Lockerbie) come "minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale" ed ha adottato contro la Libia misure coercitive non implicanti l'uso della forza armata. Con la seconda, il CdS ha adottato una decisione vincolante, e senza limiti di tempo, per tutti gli Stati dell'ONU in relazione alla fattispecie astratta e generale del terrorismo internazionale, facendo parlare in dottrina di eccezionale esercizio di "potere legislativo" (27).

Come leggere le risoluzioni relative all'odioso crimine del terrorismo internazionale adottate nel corso del tempo ex Capitolo VII dal CdS? E' forse il caso di chiedersi se il loro carattere eccezionale sia sintomatico di una norma consuetudinaria, già formata ovvero in stadio nascendi, che configura il CdS come massimo organo materiale della comunità internazionale, titolato ad agire -non necessariamente nell'ambito dei poteri attribuitigli dalla Carta dell'ONU - in risposta alla violazione da parte di Stati ed individui (con l'eventuale "sponsorship" di Stati) dell'obbligo erga omnes di non perpetrare atti di terrorismo internazionale. Inoltre, restando nell'ambito del medesimo quadro concettuale, ci si potrebbe chiedere se lo STL non costituisca, in ragione delle sue eccezionali modalità istitutive, una manifestazione dell'esercizio "collettivo" della giurisdizione universale sul crimine di terrorismo internazionale.

3. Per ricostruire ex post le motivazioni profonde di una risoluzione di tale opinabile legittimità giuridica (28), indizi possono essere ricercati nel suo stesso preambolo, ed in particolare nell'ottavo considerando: " [r]eferring to the letter of the Prime Minister of Lebanon to the Secretary-General of the United Nations (S/2007/281), which recalled that the parliamentary majority has expressed its support for the Tribunal, and asked that his request that the Special Tribunal be put into effect be presented to the Council as a matter of urgency (...)".

Ebbene, non va omesso che la risoluzione n. 1757 è stata, per così dire, sollecitata dal premier libanese, il sunnita Fouad Siniora, il quale con la lettera menzionata nel considerando, ha, dapprima, spiegato che l'impasse "had been created by the refusal of the Speaker of parliament to convene a session of parliament to formally ratify the statutes of the Tribunal and the bilateral agreement with the United Nations"; quindi, ha precisato che "a parliamentary majority has expressed its support for the Tribunal and readiness to formally ratify it in parliament if only a session could be convened" (29); e, infine, ha chiosato che "the time has come for (...) [a] binding decision regarding the Tribunal on the part of the Security Council" (30).

Alla luce dei testi riportati, si potrebbe ipotizzare che l'entrata in vigore del trattato a mezzo di una risoluzione adottata ai sensi del Capitolo VII, palesi l'intenzione del CdS (rectius: degli Stati redattori della bozza di delibera e, più in generale, di quelli che l'hanno votata (31)) di considerare le ragioni "sostanziali" sostenute della maggioranza parlamentare sciita-maronita libanese (si legga: la volontà che i responsabili degli attentati terroristici fossero processati da un tribunale di caratura internazionale) come prevalenti su quelle, per così dire, "formali" di cui è portavoce il presidente ("speaker") sunnita del Parlamento ed il Capo dello Stato (32) (si legga: la volontà che fosse rispettata la procedura costituzionale di ratifica dei trattati). A sostegno di tale ipotesi vengono le dichiarazioni rilasciate successivamente all'approvazione della risoluzione dai delegati peruviano e statunitense. Il primo ha dichiarato: "the majority of the Lebanese parliament has given ample proof of its strong determination to approve the agreement establishing a special tribunal" (33); il secondo, quasi citando la summenzionata lettera del premier Siniora: "[t]he Council approved the Tribunal Agreement and Statute on 21 November 2006. Since that time, the legitimate and democratically elected Government of Lebanon and the parliamentary majority have tried, using every possible means, to convince the Speaker of parliament to fulfil his constitutional responsibility to convene parliament so that final action on the Tribunal could be taken, but to no avail" (34). Come dire: utile (substantiae) per inutile (formae) non vitiatur! Meno diretti ma sulla stessa lunghezza d'onda gli interventi dei delegati francese (35), belga (36) e slovacco (37). Quanto alla dichiarazione del delegato britannico, va rimarcato che essa, da un lato, appare allineata a quelle sopra richiamate (38) ma, dall'altro, se ne allontana nella parte in cui precisa che "[t]he use of Chapter VII carries no connotation other than that it makes this resolution binding" (39).

Considerando come "isolata" la "riserva" britannica, sarebbe il caso di chiedersi se, per il modo stesso in cui è entrato in vigore e per il contenuto dei due emendamenti apportati dalla stessa risoluzione n. 1757 (40), lo STL possa ancora essere considerato un "treaty-based organ" (alla stregua della SCSL e delle ECCC) ovvero si sia "evoluto" in un organo sussidiario del CdS sul calco dell'ICTY e dell'ICTR. La questione è tutt'altro che speculativa. Dalla risposta della prassi dipenderà lo scioglimento di un nodo cruciale per la mission dello STL: la collaborazione degli Stati che sono terzi rispetto al trattato istitutivo e ai quali dovrebbe, in linea di principio, applicarsi la norma di diritto internazionale generale pacta tertiis nec nocent nec prosunt (41). L'obbligo di cooperazione con lo STL da parte della Siria è da considerarsi già implicito nel fatto che il trattato è entrato in vigore in forza di una risoluzione ex Capitolo VII? Elementi in tal senso potrebbero trarsi dalla giurisprudenza internazionale (42). Oppure, come ha suggerito il SG (43), saranno necessarie ulteriori risoluzioni ex Capitolo VII analogamente a quanto avvenuto in relazione all'esercizio dei poteri d'inchiesta delegati dal CdS alla IIIC (44)?

4. Con la risoluzione n. 1757/2007 sono riemerse in tutta la loro problematicità due interrelate questioni generali relative al sistema ONU: a) l'indefinita ampiezza del potere discrezionale del CdS in quanto organo politico preposto al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale; b) l'assenza, nell'ambito dell'Organizzazione, di un'istanza giurisdizionale titolata, in via esclusiva e con efficacia vincolante, ad interpretare le disposizioni della Carta (o quantomeno del suo Capitolo VII) e a sottoporre a giudizio di legittimità gli atti derivati che gli organi statutari dovrebbero - come si evince dall'art. 2, par. 5 -adottare in conformità con le previsioni del trattato istitutivo (45).

Nella sua ennesima acrobatica forzatura del Capitolo VII, il CdS non si sarebbe soltanto ingerito negli inviolabili equilibri costituzionali tra istituzioni di uno Stato sovrano ma avrebbe pure violato l'implicito obbligo di imparzialità rispetto alle etnie (o meglio confessioni) che tali istituzioni presiedono. La condotta del CdS appare tanto più irresponsabile se si considera l'instabilità delle linee divisorie confessionali in un Paese, quale il Libano, che è già precipitato nel vortice della guerra civile. In definitiva, sposando la causa sunnita, il CdS avrebbe - come segnalato nelle dichiarazioni di astensione dei delegati egiziano (46), indonesiano (47), sud-africano (48), cinese (49) e russo (50) - pregiudicato l'unità nazionale libanese e, per tale via, paradossalmente, anche la sicurezza e la stabilità del Paese e della regione mediorientale in cui esso, col suo carico di identità, non manca di produrre ripercussioni.

Il dibattito sulla risoluzione n. 1757 ha riproposto la tradizionale opposizione tra la tesi di ascendenza kelseniana "no peace/security without justice" (sostenuta dagli Stati che hanno votato favorevolmente) e la più disillusa - e forse più realistica - convinzione, fatta propria dagli Stati astenuti, che, per quanto l'impunità dei terroristi non possa essere tollerata, tra pace/sicurezza e giustizia esiste comunque un trade-off negativo. Isolato, e velleitario, appare il tentativo di sintesi del delegato libanese: "justice [g]oes hand in hand with stability. No one can hope to compel the Lebanese to choose between their quest for justice and their right to peace, security and stability, nor is it acceptable under any standard for the Lebanese to be forced to choose one path over another" (51).

Al di là di ogni possibile speculazione sui fondamenti "teoretici" della risoluzione, resta il fatto che forse sarebbe stata opportuna, da parte del SG, una più accurata valutazione ex ante dei rischi di mancata ratifica connessi alla situazione interconfessionale ed interistituzionale libanese. Un meno dogmatico attaccamento alle "lesson learned" di cui al rapporto sulla "transitional justice" del 2004 (52) avrebbe forse permesso di guardare con maggiore realismo alle dinamiche politiche e istituzionali libanesi, conducendo a conclusioni più accorte sulla falsariga di quelle che hanno preceduto l'istituzione dei due Tribunali ad hoc (53). Non è da escludere che il SG avesse perfettamente contezza del rischio di mancata ratifica, come una frase "imbucata" nel suo rapporto del 21 marzo 2006 lascia sospettare: "[s]uch an approach [cioè l'istituzione dello STL via trattato] would also not exclude the need for the Council to take complementary measures to ensure the effectiveness of and cooperation with the tribunal [corsivo nostro]" (54). L'ipotesi più plausibile resta quella secondo cui gli Stati membri dell'ONU non abbiano alcuna intenzione di sobbarcarsi le spese, esosissime, per il funzionamento di altri tribunali internazionali istituiti alla stregua dell'ICTY e dell'ICTR, i quali, da soli, assorbono "more than 15% of the Organization's total regular budget [in valore assoluto, circa 100 milioni di $ all'anno ciascuno dei due Tribunali]" (55).

5. L'analisi dei verbali della seduta di voto della risoluzione n. 1757 consente di ricostruire il significato (rectius: i significati) che i membri del CdS hanno inteso dare all'invocazione del Capitolo VII per l'entrata in vigore del trattato istitutivo dello STL (si veda supra al par. III). Sarà interessante analizzare il modo in cui lo stesso Tribunale, una volta operativo, guarderà alla risoluzione n. 1757 ed al sotteso Capitolo VII per auto-qualificarsi in risposta ad istanze di illegittimità ed incompetenza che, prevedibilmente, non mancheranno di essere sollevate in limine litis tanto da cittadini libanesi quanto da cittadini stranieri (si legga: siriani). Allo stato, risulta comunque possibile, e scientificamente intrigante, speculare sui sentieri ermeneutici già battuti e che i giudici del futuro Tribunale potrebbero seguire. La giurisprudenza internazionale offre almeno due "modelli".

Il primo è quello sviluppato dalla Camera d'Appello dell'ICTY nella decisione del 2 ottobre 1995 sulla mozione preliminare sulla giurisdizione presentata dall'imputato Dusko Tadic (56). I giudici dell'Aja, come è noto, qualificarono l'ICTY come organo sussidiario istituito dal CdS in base all'art. 41 della Carta dell'ONU (misure non implicanti l'uso della forza armata) "as an instrument for the exercise of its own principal function of maintenance of peace" (57).

Nel valutare la fattibilità tecnico-giuridica di utilizzare il ragionamento dell'ICTY per la definizione del proprio status giuridico-istituzionale, lo STL non potrà sottrarsi all'oggettiva considerazione secondo cui, al di là del comune ricorso al capitolo VII, esiste una differenza formale di non poco conto tra lo STL e l'ICTY: se quest'ultimo è stato direttamente istituito dal CdS in quanto organo sussidiario, il primo è stato, pur sempre, istituito da un accordo internazionale bilaterale Libano-ONU che il CdS ha provveduto a fare entrare in vigore per entrambe le Parti. Dunque, lo STL sarebbe stato istituito solo indirettamente dal CdS ex Capitolo VII.

Se converrà di rintracciare il proprio fondamento legale sostanziale nel trattato Libano-ONU, prescindendo dalle anomale modalità della sua entrata in vigore, lo STL potrà, d'altra parte, rifarsi ad un secondo "modello" ermeneutico, quale quello sviluppato dalla Camera d'Appello della Special Court for Sierra Leone (SCSL) nella decisione del 31 maggio 2004 con la quale è stata respinta la mozione preliminare sull'immunità presentata dall'ex Presidente della Liberia Charles Ghankay Taylor (58). Incuneando in un interstizio lasciato aperto dalla Corte Internazionale di Giustizia nella sentenza del 14 febbraio 2002 sul caso "Arrest Warrant" (c.d. "caso Yerodia") (59), i giudici di Free Town hanno stabilito che il trattato bilaterale Sierra Leone-ONU sarebbe solo il fondamento giuridico, per così dire, "derivato" della SCSL, dovendosi, invece, rintracciare quello "primo" in diversi articoli della Carta, ivi incluso l'art. 41, sulla cui base sarebbe stata adottata la risoluzione n. 1315/2000 con la quale in CdS delegò il SG a negoziare il suddetto trattato (60). Detto diversamente: l'accordo Sierra Leone-ONU sarebbe sorretto da una "specialità" derivatagli dal fatto di essere stato negoziato e concluso con un organo "speciale" - il CdS- che agendo "on behalf of the members of the United Nations" (art. 24, par. 1 della Carta) ha fatto dell'accordo medesimo "an agreement between all members of the United Nations and Sierra Leone (...), an expression of will of the international community" (61).

Se la SCSL è stata capace di costruire un legame tra il proprio trattato istituivo e l'art. 41 a partire da una risoluzione solo implicitamente ascrivibile a quella disposizione della Carta... figurarsi di cosa potrebbe essere capace, una volta funzionante, lo STL, visto che è stato creato in base ad un trattato "incapsulato" in una decisione del CdS espressamente basata sul Capitolo VII!

6. A ben vedere, lo STL non può essere ascritto sic et simpliciter alla categoria delle corti internazionali penali. Come giustamente notato dal delegato russo, lo STL ha natura "mista" (62), o meglio "ibrida". L'attributo tradisce l'impropria catalogazione dello STL nell'ambito delle giurisdizioni internazionali penali: rispetto a queste ultime non si configura, invero, un rapporto di species ad genus, essendo logicamente più corretto considerare le corti "ibride" come un novum genus.

La definizione teorica che meglio approssima la realtà di corti e tribunali "ibridi" - o anche "internazionalizzati" - descrive questi ultimi come organi temporanei della giurisdizione penale, istituiti nel cono d'ombra dell'ONU, successivamente al verificarsi di crisi di rilievo internazionale accompagnate da gravi ed estese violazioni dei diritti umani, e caratterizzati, sia sotto il profilo giuridico che istituzionale, da una modulazione di elementi nazionali ed internazionali, quali, fra gli altri, la base giuridica, il diritto (materiale e procedurale) applicabile, la composizione degli organi interni. Più esplicitamente, nell'ambito di una giurisdizione "ibrida", giudici stranieri siedono a fianco di omologhi locali per giudicare - in posizione di primacy rispetto al sistema giudiziario locale e secondo la legge penale domestica integrata da standard procedurali e sostanziali internazionali - presunti autori di reati comuni e di crimini internazionali accusati e difesi, rispettivamente, da procuratori e avvocati, anch'essi di estrazione straniera e locale (63).

Sperimentata per la prima volta nell'ambito della Missione di Amministrazione Interinale delle Nazioni Unite in Kosovo (dal febbraio 2000, tuttora in corso), la formula "ibrida" è stata successivamente applicata in altri contesti post-crisis: Missione di Amministrazione Interinale delle Nazioni Unite a Timor Est (dal luglio 2000 al maggio 2005), Sierra Leone (dal luglio 2001, tuttora in corso), Bosnia-Erzegovina (dal marzo 2005, tuttora in corso), Cambogia (dal luglio 2006, tuttora in corso) (64). Il paradigma giuridico-istituzionale "ibrido" ha varcato, con lo STL, la sua ultima -certamente non definitiva - "frontiera".

Il principale punto di differenziazione tra lo STL e le altre esperienze di "ibridazione" riguarda, oltre che l'anomalo fondamento giuridico, la competenza ratione materiae. Questa comprende i reati comuni di cui alla vigente legge penale libanese, cui rinvia l'art. 2 dello Statuto del costituendo Tribunale (Applicable criminal law) (65); tra essi figura anche il terrorismo (66). Lo STL non ha, pertanto, giurisdizione sui crimini tradizionalmente perseguiti e aggiudicati sulla base del diritto internazionale da corti e tribunali "ibridi": genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Infruttuoso si è rivelato, in sede negoziale, il tentativo di qualificare il terrorismo come crimine contro l'umanità (67).

A ben vedere, la dimensione intrinsecamente internazionale del crimine di terrorismo perpetrato ai danni di Hariri è stata chiara già dal primo rapporto dell'IIIC (68), in cui, confermando le risultanze di una fact-finding mission inviata dal CdS pochi giorni dopo l'attentato (69), fu riscontrato che "many leads point directly towards the involvement of Syrian security official with the assassination (...)" (70). Per cui andrebbe riconsiderata la tesi del SG dell'ONU (71), trapelante anche dallo statement del delegato russo, secondo cui la competenza materiale del Tribunale sarebbe focalizzata sul terrorismo in quanto mero reato comune (72). La situazione fattuale che sottende l'istituzione dello STL nonché la natura e l'oggetto degli atti che direttamente ed indirettamente lo hanno creato suggeriscono di considerare alla stregua di crimine internazionale il reato comune di terrorismo su cui il Tribunale ha giurisdizione. Del resto, non sembrerebbero mancare, almeno prima facie, le tre condizioni aggiuntive (73) che - secondo autorevole dottrina (74) - integrano l'elemento oggettivo del crimine di terrorismo internazionale: 1) carattere transnazionale (gli effetti degli atti di rilievo penale devono travalicare - per persone coinvolte, mezzi impiegati e coefficiente di violenza sviluppata - i confini di un singolo Stato); 2) supporto di uno Stato (75), 3) minaccia alla pace ed alla sicurezza internazionale.

Per poter qualificare gli attentati contro Hariri et alii come atti di terrorismo internazionale, i magistrati dello STL dovrebbero, ovviamente, cimentarsi nella ricostruzione della figura criminis in base al diritto internazionale generale vigente al tempus commissi delicti. Un lavoro non semplice ma comunque necessario per far salvo l'universalmente riconosciuto principio nullum crimen sine praevia lege poenali (76). L'interpretazione in chiave internazionalistica del reato comune di terrorismo potrebbe essere considerata come una sorta di "adattamento evolutivo" delle norme libanesi alle mutate condizioni sociali della comunità internazionale. Atal fine, appaiono, almeno prima facie, soddisfatte le tre stringenti condizioni cui la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha subordinato la possibilità per i giudici penali di derogare legittimamente al principio della tassativa previsione dei reati: 1) aderenza della "nuova" figura criminis al nucleo essenziale di una fattispecie tipica, 2) sua compatibilità con i principi fondamentali del diritto internazionale penale, 3) sua ragionevole prevedibilità da parte dei destinatari (77). La natura e lo scopo del trattato istitutivo dello STL certamente non osterebbero all'interpretazione proposta. Da ultimo, i futuri imputati non potrebbero dolersi di aver subito un'interpretazione a loro sfavorevole della norma libanese applicabile, atteso che la prova del crimine di terrorismo internazionale (cui si connettono, come detto, condizioni aggiuntive) sarebbe alquanto più onerosa per i magistrati dello STL.

Ove, almeno in sede di giudizio, non si procedesse, quantomeno ad abundantiam, ad una interpretazione del reato comune di terrorismo conforme al diritto internazionale penale generale, si finirebbe per abbassare la statura del Tribunale, motivando di fatto la sua istituzione sulla base delle ragioni, per così dire, "meno ideali" (o, se si preferisce, "pragmatiche") che dal 2000 ad oggi hanno sotteso la creazione di corti "ibride", e cioè il deficit di capacità tecnica e/o di volontà della magistratura nazionale per perseguire gravi fattispecie criminose.

A queste condizioni, a settanta anni esatti dal fallimentare progetto di trattato predisposto nel novembre 1937 dalla Società delle Nazioni per la creazione di una corte penale internazionale competente a giudicare sulle violazioni di un'apposita (e contestuale) convenzione per la prevenzione e la repressione del terrorismo (78), lo STL potrebbe rappresentare la prima giurisdizione penale "internazionalizzata" (beninteso: non "internazionale") per la repressione del terrorismo... internazionale stricto sensu (79). Al netto del tradizionale difetto di selettività (80), una straordinaria innovazione anche se si guarda al passato più recente, e cioè a quella conferenza diplomatica di Roma dell'estate 1998 in cui gli Stati, nel predisporre il testo dello Statuto della Corte Penale Internazionale, decisero di non includere il crimine di terrorismo internazionale sulla base della presunta mancanza di una definizione condivisa di terrorismo (81), del timore che l'operato della Corte fosse "politicizzato", della convinzione di fondo che il terrorismo è un fenomeno criminale più efficacemente perseguibile attraverso la cooperazione giudiziaria internazionale.

In definitiva, lo STL rappresenta un piccolo ma importante passo della comunità internazionale verso l'approntamento di istituzioni di respiro sovranazionale capaci di garantire quel diritto umano di "ultima generazione" già affermato, sia pure con tutt'altra valenza semantica, nel preambolo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948: la libertà dalla paura ("freedom from fear"), o meglio dal terrore.


Note

*. Rivista di diritto internazionale, no. 2008/1.

1. Letter of the Prime Minister of Lebanon to the Secretary-General of 13 December 2005 (S/2005/783).

2. Risoluzione n. 1644, par. 6 del 15 dicembre 2005.

3. Report of the Secretary-General pursuant to paragraph 6 of resolution 1644 (2005), 21 marzo 2006 (S/2006/176). Report of the Secretary-General on the establishment of a special tribunal for Lebanon, 15 novembre 2006 (S/2006/893).

4. Risoluzione n. 1664, par. 1 del 26 marzo 2006.

5. Agreement between the United Nations and the Government of Sierra Leone on the Establishment of the Special Court for Sierra Leone (16 gennaio 2002).

6. Agreements between the United Nations and the Royal Government of Cambodia Concerning The Prosecution Under Cambodian Law Of Crimes Committed During The Period Of Democratic Kampuchea(6 giugno 2003).

7. Ancorché istituito per il tramite di un trattato internazionale, il Tribunale di Norimberga non può essere considerato l'archetipo dello schema in parola. Esso, in effetti, ebbe come base giuridica positiva un accordo internazionale multilaterale - l'accordo di Londra dell'8 agosto 1945 for the Prosecution and Punishment of the Major War Criminals of the European Axis - non sottoscritto anche dalla Germania ma unicamente tra le potenze uscite vincitrici dalla seconda guerra mondiale - USA, Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica - e su impulso delle quali poco più di un mese prima, il 25 giugno 1945, era stata firmata la Carta delle Nazioni Unite.

8. Il Libano è uno stato costituzionalmente "confessionalista", cioè con un assetto istituzionale in cui l'appartenenza religiosa di ogni singolo cittadino diventa il principio ordinatore della rappresentanza politica e il cardine del sistema giuridico.

9. In base ad una convenzione costituzionale risalente al "Patto Nazionale" del 1943, la Presidenza del Parlamento è riservata ad uno sciita.

10. La firma libanese è peraltro considerata costituzionalmente illegittima da Amal ed Hezbollah perché apposta dal Governo quando questo (il 23 gennaio 2007) non era più rappresentativo anche della confessione sciita (le dimissioni dei ministri sciiti risalgono all'11 novembre 2006). Il diritto internazionale generale dei trattati tra Stati e Organizzazioni Internazionali, codificato nella Convenzione di Vienna del 1986 (mai entrata in vigore ma pedissequamente riproduttiva dell'omonima Convenzione del 1969, in vigore dal 1980, sul diritto dei trattati tra Stati), fornirebbe un solido fondamento internazionale alla contestazione: esso prevede, infatti, che il consenso espresso in violazione di norme interne di importanza fondamentale possa legittimamente essere l'invocato come causa di invalidità di un trattato (art. 46). In questo senso Letter dated 15 May 2007 from the President of Lebanon addressed to the Secretary-General, par. 3 (Letter dated 16 May 2007 from the Secretary-General to the President of the Security Council - S/2007/286). Sul tema della validità degli accordi conclusi in violazione di norme interne si veda B. CONFORTI, Diritto internazionale, Napoli, 2006, pagg. 69-75.

11. Nel procedimento solenne di formazione dell'accordo la firma non comporta alcun vincolo per le Parti; essa si limita a segnare la conclusione dei negoziati e l'autenticazione del testo definitivo, suscettibile di subire modifiche ulteriori solo previa riapertura dei negoziati (si veda B. CONFORTI, Diritto internazionale, op. cit., pagg. 60, 62). Questo è sostanzialmente il caso dell'accordo de quo, il cui art. 19, par. 1 prevede che "[t]he agreement shall enter into force on the day after the Government has notified the United Nations in writing that the legal requirements for entry into force have been complied with".

12. Letter dated 15 may 2007 from the Secretary-General to the President of the Security Council, 16 maggio 2007 (S/2007281).

13. Il CdS vi aveva per la prima volta ravvisato una minaccia alla pace ed alla sicurezza internazionale con la risoluzione n. 1636 del 31 ottobre 2005 (terzultimo considerando del preambolo).

14. Formalmente la risoluzione poneva un velato (e retorico) ultimatum (fissato per il 10 giugno 2007) alle autorità libanesi: "[t]he provisions of the annexed document, including its attachment, on the establishment of a Special Tribunal for Lebanon shall enter into force on 10 June 2007, unless the Government of Lebanon has provided notification under Article 19 (1) of the annexed document before that date" (par. 1, lett. a). Data la gravità dell'impasse istituzionale libanese, poco credibili appaiono gli auspici espressi in sede di votazione da alcuni delegati di Stati favorevoli alla risoluzione n. 1757: Francia, Perù, Belgio... e Italia ("[w]e truly hope that in the coming days and weeks the internal forces and players in Lebanon will find a way and the right path to implement the agreement", S/PV.5685, pag. 7).

15. Pertanto, in violazione di quanto disposto dall'art. 20 dell'accordo istitutivo del Tribunale, il quale subordina al consenso scritto di entrambe le Parti l'adozione di emendamenti.

16. Disposizioni relative alla procedura per l'individuazione della sede del Tribunale (par. 1, lett. b) ed al finanziamento dello stesso (par. 1, lett. c). Col primo emendamento si è prevista la possibilità di abbandonare lo schema di accordo tripartito ONU-Libano-Stato ospite a favore di uno schema bilaterale ONU-Stato ospite; col secondo si è lasciata aperta la possibilità che, per la copertura delle spese del Tribunale, i contributi volontari diventino preponderanti laddove quelli del Governo libanese fossero insufficienti.

17. Risoluzione n. 1595 del 7 aprile 2005.

18. Report of the Secretary-General on the establishment of a special tribunal for Lebanon, cit., par. 8, pag. 2. L'VIII rapporto della IIIC si conclude proprio guardando al futuro passaggio di consegne: "[a]gainst the backdrop of Security Council resolution 1757 (2007), the Commission is working to ensure that a smooth handover can take place between the Commission and the Special Tribunal for Lebanon at the time when the Tribunal shall begin functioning". Eighth report of the International Independent Investigation Commission established pursuant to Security Council resolutions 1595 (2005), 1636 (2005), 1644 (2005), 1686 (2006) and 1748 (2007), par. 117, pag. 21.

19. S/PV.5685, terzo capoverso, pag. 5.

20. Ibidem, fine del secondo capoverso.

21. In base a tale disposizione, l'applicazione di misure coercitive ex Capitolo VII precluderebbe ad ogni Stato membro la facoltà di sollevare un'eccezione di "domestic jurisdiction".

22. In questo senso, vedasi la dichiarazione con la quale il rappresentante indonesiano ha accompagnato la propria astensione dal voto sulla risoluzione n. 1757 (S/PV.5685, quarto capoverso, pag. 3): "[o]n the draft resolution, my delegation considers that it has changed the legal nature of article 19 of the agreement, which clearly states that the agreement shall enter into force on the day after the Government of Lebanon has notified the United Nations that the internal legal requirements for its entry into force have been met. If the draft resolution is adopted, it will bypass constitutional procedure and national processes. There are no legal grounds for the Security Council to take over an issue that is domestic in nature". Di analogo tenore le dichiarazioni (anch'esse d'accompagnamento all'astensione) dei delegati sudafricano: "[w]e also do not believe that the Council has the right to bypass the procedures required by the Lebanese Constitution for the entry into force of an agreement with the United Nations. In discarding the Lebanese Constitution the Security Council is contravening its own decision regarding the need to respect the sovereignty, territorial integrity, unity and political independence of Lebanon" (ibidem, terzo capoverso, pag. 4); cinese: "by invoking Chapter VII of the Charter, the resolution will override Lebanon's legislative organs by arbitrarily deciding on the date of the entry into force of the draft statute" (ibidem, quarto capoverso, pag. 4).

23. Si vedano, in particolare, gli artt. 52 e 54 della Costituzione libanese.

24. L'abbattimento di un volo Pan Am (compagnia aerea USA) presso Lockerbie (Scozia) ad opera di due agenti segreti libici nel 1998.

25. Un altro meno noto precedente, sotteso da un contesto fattuale completamente diverso, è quello ivoriano. Con le risoluzioni n. 1633 del 21 ottobre 2005 e n. 1721 del 1° novembre 2006, il CdS si è ingerito nell'architettura costituzionale della Costa d'Avorio, rafforzando i poteri del Primo Ministro a discapito di quelli del Presidente.

26. Risoluzione n. 1192 del 27 agosto 1998, par. 3.

27. Amplius si veda CONDORELLI, "Les attentats du 11 septembre et leurs suites. Où va le droit international" in Revue générale de droit international public, 2001, p. 834 e ss.

28. Fa sorridere la dichiarazione del delegato libanese, invitato a partecipare (ma senza diritto di voto) ex art. 32 della Carta, nel punto in cui sottolinea: "the Security Council has adopted a text that forms the basis for the establishment of the Special Tribunal for Lebanon in accordance with a methodology that has been very professionally and meticulously worked out so that it meets the highest legal criteria" (ibidem, quarto capoverso, pag. 8).

29. Letter dated 14 May 2007 from the Prime Minister of Lebanon to the Secretary-General, secondo capoverso (Annex to the letter dated 15 May 2007 from the Secretary-General to the President of the Security Council - S/2007/281). Il Premier Siniora si riferisce alla petizione sottoscritta da 70 dei 128 membri del Parlamento (la maggioranza appunto).

30. Ibidem, quarto capoverso.

31. La risoluzione, la cui bozza è stata presentata al CdS da USA, Gran Bretagna, Francia, Italia, Belgio e Slovacchia, è stata approvata con dieci voti favorevoli e cinque astensioni (due membri permanenti: Cina e Russia, e tre non permanenti: Qatar, Indonesia e Sud Africa).

32. Amplius vedasi Letter dated 15 May 2007 from the President of Lebanon addressed to the Secretary-General, cit. supra. Ancorché cristiano maronita, come vuole la "costituzione vivente" del Libano, il capo dello Stato (Emile Lahoud) ha dovuto sposare la posizione del Presidente del Parlamento (Nabih Berri) in quanto simbolo dell'unità nazionale e custode dell'ordine costituzionale.

33. Ibidem, secondo capoverso, pag. 6. Lo stesso delegato non ha, tuttavia, mancato di sottolineare l'eccezionalità della risoluzione: "the agreement signed between Lebanon and the United Nations by means of a resolution, in exercise of the powers of the Security Council as provided for in Chapter VII of the Charter of the United Nations, must not constitute a precedent beyond this particular case" (ibidem, terzo capoverso, pag. 6).

34. Ibidem, terzo capoverso, pag. 7.

35. The Council can take pride today in not having resigned itself to the ongoing impasse of (...) the Lebanese Government (...). The Council can be proud that it has shouldered its responsibility by helping Lebanon to overcome the obstacles that it was facing" (ibidem, quinto capoverso, pag. 6).

36. "The Security Council has provided unreserved support to the efforts of the Government to strengthen the rule of law that all Lebanese deserve" (ibidem, secondo capoverso, pag. 7).

37. "As all available means have unfortunately been exhausted on an issue that could not be solved through Lebanese constitutional means, the Security Council had to resume its responsibility and ensure the implementation of the agreement between the United Nations and the Lebanese Republic through a legally binding resolution" (ibidem, secondo capoverso, pag. 7).

38. "This is not a capricious intervention or interference in the domestic political affairs of a sovereign State. It is a considered response by the Council, properly taken, to a request from the Government of Lebanon for action to overcome a continued impasse in Lebanon's internal procedures (...)" (ibidem, secondo capoverso, pag. 6).

39. Ibidem, terzo capoverso, pag. 6.

40. Si veda supra alla nota 16.

41. In particolare, verrebbero in rilievo gli art. 34 e 35 della già citata Convenzione di Vienna del 1986.

42. Per suffragare una tale tesi si potrebbe far leva sulla descrizione che l'ICTY ha dato del "[r]ange of [m]easures [u]nder Chapter VII": [t]hese powers [cioè i poteri del CdS ex Capitolo VII della Carta] are coercive vis-à-vis the culprit State or entity. But they are also mandatory vis-à-vis the other Member States, who are under an obligation to cooperate with the Organization (Article 2, paragraph 5, Articles 25, 48) and with onother (article 49), in the implementation of the action or measures decided by the Security Council [grassetto originale]. Decisione dell'Appeal Chamber del 2 ottobre 1995 (caso Dusko Tadic, IT-94-1), par. 31 (ultimo periodo). Viene, inoltre, in rilievo la decisione del 31 maggio 2004 dell'Appeal Chamber della SCSL (cit.), nella quale, commentando il mandato di cattura che il Procuratore della SCSL aveva trasmesso alle autorità del Ghana (mentre l'allora Presidente Taylor vi si trovava in missione diplomatica) si afferma che "a warrant of arrest transmitted by one country to another is not self-executing. It still requires the co-operation and authority of the receiving state for it to be executing. (...) Other than a situation in which the receiving state has an obligation under Chapter VII of the United Nations Charter (...), the receiving authority has no obligation to do so" (par. 57).

43. Report of the Secretary-General on the establishment of special tribunal for Lebanon, cit., VI.C., pag. 13.

44. Risoluzioni del CS ONU n. 1595/2005, 1636/2005 e 1644/2005.

45. Sul tema si veda B. CONFORTI, Le Nazioni Unite, Padova, 2005, pagg. 12-16.

46. "[T]he draft resolution before the Council (...) may not promote national détente and could further complicate the situation in a country that is at present in dire need of national cohesion and political stability" (ibidem, quinto capoverso, pag. 2).

47. "The forceful interference by the Security Council in the national constitutional process as regards the establishment of the tribunal will not serve the greater interests of the Lebanese people, namely, reconciliation, national unity, peace and stability. The search for justice should neither create new problems nor exacerbate the already intricate situation in Lebanon" (ibidem, sesto capoverso, pag. 3).

48. "The Security Council is mandated to act with impartiality and without bias. It cannot be seen to be taking sides in internal Lebanese politics. There is a danger that the imposition of the special tribunal on Lebanon without the consent of all the parties concerned will detrimentally affect the political stability of the already fragile Lebanese State" (ibidem, quarto capoverso, pag. 4).

49. "The point of departure and the focus of Security Council assistance should be to help to resolve real problems without further complicating an already very complex problem" (ibidem, terzo capoverso, pag. 4).

50. "Given the deep rift within Lebanese society and Government structures, this matter must be pursued so that the practical implementation of the draft resolution does not face serious difficulties that could lead to negative consequences for the country and the region as a whole" (ibidem, secondo capoverso, pag. 5).

51. Ibidem, dodicesimo capoverso, pag. 9.

52. Ci si riferisce al Report del SG intitolato The rule of law and transitional justice in conflict and post-conflict societies, 23 agosto 2004 (S/2004/616). Il rapporto individua nell'elefantiasi dei costi di funzionamento e nella distanza - fisica e psicologica - dalle vittime (e, più in generale, dalle popolazioni interessate) i due principali limiti dell'ICTY e dell'ICTR e conclude nel senso di una preferenza per meccanismi giurisdizionali (e non) "condivisi" tra la comunità internazionale (si legga: l'ONU) e lo Stato interessato da una situazione post-crisi ("Learning lessons from the ad hoc criminal tribunals", parr. 38-48). Le conclusioni di questo rapporto hanno indubbiamente contribuito a motivare la preferenza del SG per un "treaty-based tribunal" piuttosto che per un "Chapter VII-based UN Security Council's subsidiary organ". In tal senso, si veda Report of the Secretary-General pursuant to paragraph 6 of resolution 1644 (2005), parr. 5 e 11.

53. Le ragioni per cui l'ICTY e l'ICTR non furono istituiti attraverso appositi trattati internazionali, piuttosto che con atti c.d. "derivati", sono ricostruibili guardando al caso jugoslavo. Con la risoluzione n. 808/1993, il CdS aveva richiesto al SG di preparare una bozza di Statuto per l'ICTY, lasciando a lui la valutazione delle opzioni disponibili per l'istituzione dello stesso. Il SG sconsigliò la via del trattato internazionale: tempi relativamente lunghi sarebbero stati necessari per negoziarne il testo nonché per raggiungere il numero di ratifiche necessario per l'entrata in vigore; inoltre, non vi erano garanzie circa il fatto che tutti gli Stati sorti dallo smembramento della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia lo avrebbero ratificato; infine, non era chiaro quali fra questi Stati avrebbero dovuto essere parti del trattato, affinché questo fosse veramente efficace. Si veda Report of the Secretary-General, pursuant to paragraph 2 of Security Council Resolution 808 (1993), 3 maggio 1993, par. 18-30 (S/25704).

54. Report of the Secretary-General pursuant to paragraph 6 of resolution 1644 (2005), cit., par. 6.

55. Report of the Secretary-General on The rule of law and transitional justice in conflict and post-conflict societies, cit., par. 42.

56. cit.

57. Ibidem, par. 38

58. SCSL-2003-01-I.

59. ICJ, case concerning the Arrest Warrant of 11 April 2000, Democratic Republic of Congo v. Belgium. "[T]he immunities enjoyed under international law (...) do not represent a bar to criminal prosecution in certain circumstances. (...): an incurnbent or former Minister for Foreign Affairs may be subject to criminal proceedings before certain international criminal courts [corsivo nostro], where they have jurisdiction [corsivo nostro]. Examples incude the International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia, and the International Criminal Tribunal for Rwanda, established pursuant to Security Council resolutions under Chapter VI1 of the United Nations Charter (...). " (par. 61, quinto capoverso). La SCSL si è preoccupata di fondare il proprio status di corte internazionale proprio per attivare, con riferimento all'ex Presidente Taylor, l'eccezione alla norma di diritto internazionale generale che accorda agli individui che ricoprono le più alte cariche istituzionali dello Stato l'immunità assoluta dalla giurisdizione penale per qualsiasi tipo di reato (ivi inclusi i crimini internazionali).

60. La risoluzione non è espressamente fondata sul Capitolo VII; la qualcosa sarebbe comunque deducibile dall'affermazione che "the situation in Sierra Leone continues to costitute a threat to international peace and security in the region" (risoluzione n. 1315 del 14 agosto 2000, ultimo considerando).

61. SCSL-2003-01-I, par. 38.

62. "By its nature, the Tribunal is a mixed body [corsivo nostro] with considerable Lebanese participation that operates on the basis of the applicable criminal procedures of Lebanon" (S/PV.5685, quarto capoverso, pag. 5).

63. GIANLUCA SERRA, Le corti penali "ibride": verso una quarta generazione di tribunali internazionali penali? Il caso del Kosovo, Quaderni del CNR - nuova serie, n. 2, Napoli, 2007, cap. II.

64. Amplius si veda il volume citato alla precedente nota, cap. IV.

65. L'articolo in parola così recita: "[t]he following shall be applicable to the prosecution and punishment of the crimes referred to in article 1, subject to the provisions of this Statute:
(a) [t]he provisions of the Lebanese Criminal Code relating to the prosecution and punishment of acts of terrorism [corsivo nostro], crimes and offences against life and personal integrity, illicit associations and failure to report crimes and offences, including the rules regarding the material elements of a crime, criminal participation and conspiracy; and
(b) [a]rticles 6 and 7 of the Lebanese law of 11 January 1958 on "Increasing the penalties for sedition, civil war and interfaith struggle".
La pena di morte ed il lavoro forzato previsti dai richiamati articoli 6 e 7 sono considerate vietate dallo Statuto dello STL. Report of the Secretary-General on the establishment of a special tribunal for Lebanon, cit., pag. 6, nota 4.

66. Il reato di terrorismo è perseguibile in base all'art. 314 del Codice Penale Libanese, che recita come segue: "[t]he term 'acts of terrorism' includes all acts that are intended to cause a state of alarm and have been committed by means such as explosive devices, inflammable substances, toxic or corrosive products or infectious or microbial agents that are liable to pose a public threat". Report of the Secretary-General on the establishment of a special tribunal for Lebanon, cit., pag. 6, nota 3.

67. "In keeping with the Security Council mandate (...), it was considered whether to qualify the crimes as crimes against humanity (...); [m]indful of the differences in scope and number of victims between the series of terrorist attacks committed in Lebanon and the killings and executions perpetrated on a large and massive scale in other parts of the world subject to the jurisdiction of any of the existing international criminal jurisdictions (...), interested members of the Security Council [viewed that] there was insufficient support for the inclusion of crimes against humanity within the subject matter jurisdiction of the tribunal". Report of the Secretary-General on the establishment of a special tribunal for Lebanon, cit., parr. 24-25, pag. 6. In effetti, per quanto efferati, gli attentati terroristici solo forzatamente potrebbero essere qualificati come "crimini contro l'umanità", difettando dell'elemento oggettivo specifico del crimine, ovverosia l'esteso e sistematico attacco diretto contro la popolazione civile.

68. "[T]he decision to assassinate former Prime Minister Rafiq Hariri could have not been taken without the approval of top-ranked Syrian security officials (...)", [First] Report of the International Independent Investigation Commission established pursuant to Security Council resolution 1595 (2005), S/2005/662, 20 ottobre 2005, par. 124.

69. "[T]he Government of the Syrian Arab Republic bears primary responsibility for the political tension that preceded the assassination of former Prime Minister (...)". Report of the Fact-finding Mission to Lebanon inquiring into the causes, circumstances and consequences of the assassination of former Prime Minister Rafik Hariri (25 February-24 March 2005), 24 marzo 2005, par. 61, pag. 19.

70. UNIIIC, [First] Report of the International Independent Investigation Commission established pursuant to Security Council resolution 1595 (2005), cit., par. 222, pag. 62. L'ipotesi sostenuta da alcuni commentatori è che i servizi segreti siriani abbiano eliminato l'ex premier Hariri per arrestare il suo tentativo politico di sottrarre il Libano all'influenza di Damasco ed avvicinarlo all'Arabia Saudita e all'occidente al fine di fare rivivere il mito della "Svizzera mediorientale" andato in frantumi durante i quindici anni di guerra civile (1975-1990) ed i quasi trent'anni di occupazione militare siriana (1976-2005) eufemisticamente definiti dagli storici diplomatici come "pax siriana". Per inciso, il ritiro dell'esercito siriano è avvenuto nell'aprile 2005, proprio sull'onda delle proteste del popolo libanese per l'assassinio di Hariri e, soprattutto, delle pressioni diplomatiche internazionali. Amplius si veda N. SHEHADI, E. WILMSHURST, "The Special Tribunal for Lebanon: The UN on Trial?" in Middle East International Law Briefing Paper, July 2007, pagg. 3 e 4.

71. "While in all of these respects [legal basis, composition, standards of justice, rules of procedure and evidence] the special tribunal has international characteristics, its subject matter jurisdiction or the applicable law remain national in character, however" [corsivo nostro]. Report of the Secretary-General on the establishment of aspecial tribunal for Lebanon, cit., par. 7, pag. 2. "[T]he qualification of the crimes [is] limited to common crimes under the Lebanese Criminal Code" [corsivo nostro]. Ibidem, par. 25, pag. 6.

72. "United Nations practice in establishing tribunals shows that Chapter VII has been invoked only for the International Criminal Tribunal for the Former Yugoslavia and for the International Criminal Tribunal for Rwanda, which deal with crimes of genocide, crimes against humanity and war crimes - that is, international crimes. The jurisdiction of the Special Tribunal for Lebanon would not cover such crimes [corsivo nostro]" (S/PV.6585, quarto capoverso, pag. 5).

73. Tali condizioni sono aggiuntive rispetto alle tre ordinarie che integrano l'elemento oggettivo del terrorismo tout court: 1) commissione di atti di grave rilievo penale (e.g. omicidio, sequestro di persona...), 2) creazione di uno stato di terrore nella popolazione (o in un gruppo di persone) con l'intento di coartare lo Stato a compiere o ad astenersi dal compiere un determinato atto, 3) perseguimento di una finalità politica (assenza di finalità di lucro). Amplius si veda A. CASSESE, Lineamenti di diritto internazionale penale. (I. Diritto sostanziale), Bologna, 2005, pagg. 166-167.

74. Ibidem, pagg. 173-174.

75. In dottrina si è sostenuto che il coinvolgimento di uno Stato non deve necessariamente sostanziarsi nelle ipotesi di "State sponsorship" - invero assai stringenti - di cui agli artt. 8 (direzione e controllo sui materiali esecutori) e 11 (riconoscimento di un atto commesso da privati come proprio) del Progetto di articoli sulla responsabilità internazionale degli Stati approvato dalla Commissione di Diritto Internazionale in seconda lettura il 3 agosto 2001; sarebbe, invece, sufficiente verificare la sussistenza di un mero "State support", categoria nella quale rientrano almeno tre fattispecie: il sostegno attivo (addestramento, equipaggiamento, finanziamento, assistenza logistica), mancata adozione di misure idonee a prevenire, nell'ambito del proprio territorio, l'organizzazione di attentati terroristici, violazione dell'obbligo di aut dedere aut judicare i presunti autori di atti terroristici. Amplius si veda MALZAHAN, "State Sponsorship and Support of International Terrorism: Customary Norms of State Responsibility" in Hastings International and Comparative Law Review, 2002, pagg. 83 e ss., 103 e 113.

76. Quanto al complementare principio nulla poena sine praevia lege poenali, il ricorso alle norme previste, al tempus delicti, dall'ordinamento libanese per il reato comune di terrorismo resterebbe l'unica soluzione per non intaccare il vincolo dell'irretroattività.

77. ECHR, C.R. v. United Kingdom, sentenza del 22 novembre 1995 (A335-C), parr. 33 e ss.

78. Per il testo delle due Convenzioni, si veda M. O. HUDSON, International legislation. A collection of the text of multiple international instruments of general interest (1935-1937), vol. VII, n. 402-505, Washington, 1941, pagg. 862-893.

79. Si precisa che le corti "ibride" UNMIK e la SCSL hanno già trattato (e stanno ancora trattando) casi di terrorismo. Tuttavia, per quanto concerne le prime, il terrorismo è perseguito (dal marzo 2003) in quanto reato comune commesso per lo più da kosovaro-albanesi ai danni della popolazione delle enclaves serbe; è nostra opinione che la fattispecie criminosa meriterebbe, appurata la sussistenza delle altre condizioni aggiuntive, una riqualificazione in chiave internazionalistica in considerazione della dimensione transnazionale che de facto la sottende (dal 1999 il Kosovo è solo formalmente parte della Serbia). Essendo tenuti ad applicare il diritto locale, nulla esclude che i magistrati internazionali dislocati presso le corti kosovare possano in futuro trattare anche casi di terrorismo internazionale, dal momento che il nuovo Codice Penale Provvisorio del Kosovo, in vigore dal 6 aprile 2004 per volontà di UNMIK, contempla al Capitolo XIV (Criminal Offences against International Law) anche le fattispecie convenzionali di terrorismo internazionale (dirottamento aereo, atti contro la sicurezza della navigazione aerea e marittima, contro piattaforme marine, contro persone protette a livello internazionale, presa di ostaggi, uso o minaccia di uso di materiale nucleare). Per quanto concerne la SCSL, che è per Statuto competente a perseguire inter alia le violazioni del diritto internazionale umanitario, il terrorismo non viene in rilievo in quanto crimine internazionale autonomo bensì come fattispecie ascrivile alla categoria dei crimini di guerra. Si veda, ad esempio, il caso, per altre ragioni già ricordato, dell'ex Presidente liberiano Taylor, incriminato, tra l'altro, anche di atti terroristici contro la popolazione civile commessi nel corso di un conflitto armato di carattere non internazionale.

80. La competenza ratione personae dello STL è focalizzata sugli autori dell'attentato di Hariri: i responsabili degli altri 14 attentati (la cui lista, redatta dalla IIIC - S/2006/161 - è allegata allo Statuto del Tribunale) potranno essere perseguiti solo se e in quanto sarà provata l'esistenza di un legame con il primo - "criminal intent (motive), the purpose behind the attacks, the nature of the victims targeted, the pattern of the attacks (modus operandi) and the perpetrators" (art. 1 dello Statuto dello STL).

81. In realtà, come sottolineato da autorevole dottrina (A. CASSESE, Lineamenti di diritto internazionale penale, op. cit., pagg. 162-163), quello che manca non è la definizione del crimine di terrorismo internazionale, bensì l'accordo sull'eccezione della definizione. Dall'inizio degli anni Settanta del secolo scorso i Paesi di quello che un tempo si chiamava "Terzo Mondo" sono rimasti tenacemente ancorati all'idea che la nozione di terrorismo internazionale non debba comprendere gli atti di violenza perpetrati dai c.d. "freedom fighters", ossia gli individui e i gruppi che lottano per l'attuazione del principio di autodeterminazione dei popoli. I Paesi avanzati si sono sempre rifiutati di accettare una tale accezione.