2009

La società internazionale e il problema della legittimazione del diritto internazionale penale (*)

Elisa Orrù

In questo breve intervento mi propongo di fornire una lettura del diritto internazionale penale, e in particolare del problema della sua legittimazione, sulla base di alcune interpretazioni della categoria di 'società internazionale' che sono state elaborate nell'ambito dei lavori del British Committee e del Centro per gli Studi di Politica Estera e Opinione Pubblica (1).

Il diritto internazionale penale è un fenomeno relativamente recente della vita internazionale ed è una disciplina tuttora in formazione. La sua nascita e il suo sviluppo hanno suscitato grande interesse nella comunità scientifica, perchè il trasferimento, seppur parziale, del potere punitivo dallo Stato a organismi internazionali è una novità assoluta della struttura politico-giuridica dei rapporti internazionali. (2) Il trasferimento della competenza penale dalla sfera nazionale alla sfera internazionale è realizzato, secondo l'argomento giustificativo che sostiene la creazioni dei tribunali penali internazionali, in nome di interessi e valori anch'essi sopranazionali, espressione delle esigenze della 'società internazionale' globale. La categoria di 'società internazionale' assume dunque un'importanza centrale nella giustificazione del diritto penale internazionale: ritengo perciò che essa sia un utile, e forse imprescindibile, strumento interpretativo per la comprensione e la valutazione del diritto internazionale penale e della sua legittimità.

Nelle pagine che seguono introdurrò dapprima le caratteristiche principali del diritto internazionale penale e presenterò poi brevemente il discorso giustificativo che sostiene la sua attività. Ripercorrerò successivamente alcune interpretazioni della categoria di 'società internazionale' per evidenziare infine il significato che esse assumono in riferimento al diritto internazionale penale e al tema della sua legittimazione.

1. Nascita e giustificazione del diritto internazionale penale

Il diritto internazionale penale è l'insieme delle norme che definiscono i crimini internazionali e predispongono i meccanismi per la loro punizione. (3) I crimini punibili da parte dei tribunali penali internazionali comprendono i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità, il genocidio, e, limitatamente ad alcuni casi, il crimine di aggressione. La competenza dei tribunali penali internazionali è circoscritta perciò alle violazioni del diritto internazionale considerate in assoluto le più gravi (4).

Il processo di codificazione dei crimini internazionali ha avuto inizio al termine del XIX secolo, con la definizione dei crimini di guerra, ed è tuttora in fase di elaborazione e aggiornamento (5). La creazione di giurisdizioni penali internazionali per la punizione di questi crimini è stata avviata successivamente, ed è poi proseguita e prosegue tuttora parallelamente al processo di codificazione dei crimini: in alcuni casi sono stati infatti gli Statuti stessi dei tribunali internazionali a contribuire alla definizione o alla specificazione dei crimini internazionali (6).

Le prime giurisdizioni penali internazionali sono sorte al termine della seconda guerra mondiale: come è noto, queste prime esperienze sono i Tribunali di Norimberga e di Tokyo. È seguita, a circa cinquant'anni di distanza, l'istituzione dei Tribunali speciali per la ex-Jugoslavia e per il Ruanda e della Corte penale internazionale. Ciascuna di queste giurisdizioni è stata creata secondo modalità differenti: i Tribunali di Norimberga e di Tokyo per volontà delle potenze vincitrici della guerra, i Tribunali per la ex-Jugoslavia e per il Ruanda tramite risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e infine la Corte penale internazionale attraverso un accordo internazionale sottoscritto dagli Stati che hanno accettato la giurisdizione della Corte (7). La differente origine dei tribunali può suggerire valutazioni differenti circa la legittimità di ciascuno di essi: dal punto di vista della legittimità, infatti, il caso di un tribunale creato dal vincitore per processare gli appartenenti agli Stati sconfitti è, almeno in linea teorica, differente dal caso di un tribunale, come la Corte penale internazionale, che ha competenza sugli Stati che hanno espresso il loro consenso all'attività del tribunale (8). A un livello più generale, tuttavia, tutte le giurisdizioni internazionali penali sono riconducibili a un medesimo argomento giustificativo: esse possono essere infatti considerate forme storiche, più o meno rudimentali o perfezionate, di attuazione del diritto penale internazionale. Le particolari modalità della loro attuazione, in altre parole, sono fondamentali per la valutazione della legittimità di ciascuna di esse, ma la giustificazione del principio secondo cui i crimini internazionali debbano essere puniti da istanze internazionali è indipendente dalle particolari forme storiche assunte dai tribunali penali internazionali. (9) Le pagine che seguono riguardano la giustificazione generale del diritto internazionale penale come diritto sopranazionale alla punizione dei crimini internazionali, e non la valutazione delle modalità di istituzione delle singole giurisdizioni penali.

La giustificazione dell'esistenza di un diritto sopranazionale alla punizione dei crimini internazionali è ricollegata, sia nei documenti dei tribunali penali internazionali, sia dalla dottrina, all'esigenza di proteggere gli interessi fondamentali della 'comunità internazionale'. Come si legge nello Statuto della Corte penale internazionale, ad esempio, il diritto internazionale penale si propone di proteggere beni, come «la pace, la sicurezza e il benessere del mondo», la cui lesione riguarda «la comunità internazionale nel suo insieme». (10) L'esecuzione di crimini internazionali, in altre parole, è considerata una violazione degli interessi fondamentali non solo delle singole vittime, o delle società direttamente coinvolte, ma anche dell'intera comunità internazionale. Di qui deriva, secondo questo argomento giustificativo, l'esigenza di creare istanze sopranazionali, il più possibile universali, che si facciano carico della punizione di questi crimini, esprimendo così l'indignazione e le esigenze di giustizia della 'società internazionale' (11). Questo richiamo alla nozione di società internazionale, se analizzato alla luce delle interpretazioni della società internazionale che proporrò, appare fortemente problematico.

L'argomento giustificativo del diritto internazionale penale suppone infatti la possibilità di individuare alcuni valori universalmente condivisi all'interno della comunità internazionale e implica allo stesso tempo che il diritto internazionale penale sia uno strumento idoneo alla loro protezione e universalmente applicabile. Entrambi questi assunti, come cercherò di mostrare, sono messi in discussione dalle interpretazioni della categoria di società internazionale che presenterò nelle pagine che seguono, e in particolare dalla ricostruzione dello sviluppo storico della società internazionale elaborata da Hedley Bull.

2. Diversi significati dell'espressione 'società internazionale': il British Committee e il Centro per gli Studi di Politica Estera e Opinione Pubblica

'Società internazionale' è un'espressione dal significato tutt'altro che univoco. Nell'Introduzione a The expansion of international society, il volume curato da Hedley Bull e Adam Watson che è il risultato della pluriennale riflessione del British Committee sul tema, i curatori propongono la seguente definizione di società internazionale:

per società internazionale intendiamo un insieme di stati (o, più generalmente, un insieme di comunità politiche indipendenti) che non formano semplicemente un sistema nel senso che il comportamento di ciascuno è un fattore necessario nei calcoli degli altri, ma che hanno anche stabilito norme e istituzioni comuni fondate sul dialogo e il consenso, per regolare i loro rapporti reciproci; gli stati che fanno parte di una società internazionale riconoscono il loro comune interesse nell'adeguarsi alle norme istituite. (12)

Nei diversi saggi che compongono il volume, gli autori non si attengono però sempre rigorosamente la distinzione tra 'sistema internazionale' e 'società internazionale', e sono rintracciabili incertezze e oscillazioni nell'uso delle due espressioni.

Queste incertezze sono state l'occasione di un ricco dibattito nel corso del ciclo di incontri sul tema «La formazione storica di una società internazionale moderna» organizzati nel 2003 dal Centro per gli Studi di Politica Estera e Opinione Pubblica: riporterò brevemente di seguito le differenti interpretazioni proposte in questo contesto da Maurizio Bazzoli e da Brunello Vigezzi (13).

Secondo Maurizio Bazzoli, l'uso delle categorie di 'sistema internazionale' e 'società internazionale' seguito nell'Expansion rispecchierebbe uno dei due possibili modi in cui il rapporto tra di esse è stato inteso nella ricerca storiografica sulle relazioni internazionali. (14) Secondo Bazzoli, esiste una prima accezione storiografica delle espressioni 'ordine internazionale' (o 'sistema internazionale') e 'società internazionale', da lui definita 'debole' perché implica una loro sostanziale sovrapponibilità. In questa prima accezione, infatti, entrambe le espressioni sono riferibili alla totalità delle forme storicamente assunte dai rapporti tra gli Stati, comprese «quelle che si riferiscono a situazioni di 'disordine' generato da conflitti potenziali o in atto». (15) La seconda accezione emerge qualora le configurazioni storiche dell'ordine internazionale, anziché essere semplicemente assunte come dato di fatto, siano valutate criticamente alla luce sia dei mezzi attraverso cui sono state realizzate, sia degli attori che le hanno determinate o imposte. L'apertura di questo spazio critico crea le condizioni per l'emergere del significato autonomo dell'espressione 'società internazionale', come «momento di polarizzazione di valori» morali e politici. Intesa in questo senso, la categoria di 'società internazionale' fornisce gli strumenti critici per valutare e modificare la struttura storicamente data delle relazioni tra gli Stati, cui Bazzoli si riferisce ora in senso esclusivo con l'espressione 'ordine internazionale'. (16) La divaricazione tra il polo dell'ordine internazionale e quello della società internazionale diviene così una chiave interpretativa per distinguere, nella realtà internazionale, il piano dell'essere da quello del dover essere.

Secondo Bazzoli, che propende per il secondo tipo di uso, nell'Expansion viene adottata l'accezione debole delle due categorie di 'ordine internazionale' e 'società internazionale'. Si tratta a parere di Bazzoli di un uso 'debole' dei due termini perchè l'esistenza di «norme e istituzioni comuni fondate sul dialogo e sul consenso», che secondo Bull e Watson sono i caratteri distintivi della 'società internazionale', può darsi, e si è storicamente realizzata, anche all'interno di un sistema internazionale di Stati.

Nell'ambito delle discussioni del Centro, Brunello Vigezzi ha criticato sia il criterio distintivo utilizzato da Bazzoli nella definizione dell'accezione 'forte' di 'sistema internazionale' e di 'società internazionale', sia, di conseguenza, la lettura data da Bazzoli dell'uso che Bull e Watson fanno di queste categorie. Per Vigezzi non è corretto individuare l'elemento che differenzia l'ordine (o sistema) internazionale dalla società internazionale nel ruolo giocato dai valori all'interno dei due ambiti. Secondo Vigezzi, la distinzione tra sistema (o ordine) internazionale e società internazionale suggerita dall'Expansion è di natura differente. Essa coinciderebbe con la distinzione tra il piano dell'azione, della concreta vita politica, economica e militare, che è continuamente esposta alla pressione degli eventi, e il piano della riflessione più approfondita e mediata sul concreto svolgimento della vita internazionale. Secondo Vigezzi la categoria di 'sistema internazionale' si riferisce al primo livello, mentre l'espressione 'società internazionale' indica il secondo. Così intese le due categorie, la sfera dei valori non è esclusiva di nessuna di esse, perchè secondo Vigezzi i valori giocano un ruolo importante tanto nel concreto svolgersi della vita politica, militare e diplomatica quanto nella riflessione su di essa. Essi possono così rifluire nel concreto svolgimento storico della vita internazionale.

3. L'interpretazione di Bull

Pur sullo sfondo delle incertezze e delle oscillazioni lessicali da cui sono scaturite le diverse interpretazioni sopra brevemente illustrate, il volume The Expansion, e al suo interno i contributi di Bull in particolare, sono a mio avviso di grande importanza per l'interpretazione del diritto internazionale penale. In primo luogo perchè l'immagine di 'un insieme di norme comuni fondate sul consenso' mi sembra esprimere adeguatamente l'idea del diritto internazionale penale implicitamente presente nell'argomento che si propone di fondarne la legittimità. In secondo luogo perchè la ricostruzione del percorso storico della società internazionale elaborata da Bull fornisce una descrizione della società internazionale attuale che a mio parere è di fondamentale importanza per vagliare la sostenibilità del discorso giustificativo del diritto internazionale penale.

Nell'Expansion i contributi dei diversi autori mirano a ricostruire il complesso processo che, a partire dal XV secolo, ha portato alla formazione di una società internazionale europea, che si è via via allargata fino ad assumere, all'inizio del XX secolo, portata universale.

All'interno di questo processo Bull distingue tre momenti, che possono essere intesi come tre diverse articolazioni della dialettica tra universalità ed egemonia che ha caratterizzato l'evoluzione storica della società internazionale. Non è qui il caso di ripercorrere nel dettaglio l'interpretazione di Bull, ampiamente trattata nei saggi precedenti; mi limiterò perciò a metterne in luce gli elementi che ritengo più significativi nell'ambito del discorso sul diritto internazionale penale.

Il primo periodo individuato da Bull corrisponde all'arco temporale che va dal XV al XIX secolo, nel corso del quale si è venuto formando un sistema di Stati europeo che si è contemporaneamente espanso nel resto del mondo. Nel corso di questi secoli, e parallelamente alla loro espansione, gli Stati europei hanno anche elaborato un insieme di norme e istituzioni comuni che hanno dato origine a una società internazionale europea. Come ha mostrato Adam Watson, la società internazionale europea si reggeva su due principi fondamentali: l'eguaglianza giuridica e l'assoluta sovranità degli Stati membri. Caratteristiche di questa società erano inoltre alcune 'istituzioni', create dagli Stati europei per condurre le proprie relazioni: l'equilibrio di potenza, il diritto internazionale, le conferenze internazionali e il dialogo diplomatico. (17)

Prima dell'espansione dell'Europa al di fuori dei propri confini non esistevano né un sistema né una società internazionali universali; esistevano al contrario diversi sistemi regionali. Fu l'espansione europea a unificare il mondo in un unico sistema internazionale, che intorno alla metà del XIX secolo si era per Bull ormai compiutamente affermato. All'allargamento dei confini geografici del sistema internazionale non aveva corrisposto però un simile ampliamento della società internazionale. La società internazionale all'inizio del XIX secolo era ancora infatti essenzialmente ed esclusivamente europea, nel senso di una società formata da soli Stati di cultura europea.

Nel corso del XIX secolo intervenne un cambiamento decisivo. La società internazionale europea iniziò lentamente ad aprirsi a paesi non cristiani di religione e non europei per etnia e cultura. L'ingresso di queste comunità politiche non europee non mise però in crisi la matrice europea della società internazionale: per essere ammessi a farne parte, le comunità politiche non europee dovettero anzitutto fare proprio il modello politico dello Stato sovrano, modello di matrice europea assunto in questo periodo come base delle relazioni internazionali anche con i paesi extraeuropei, e dovettero in secondo luogo accettare l'insieme di norme e procedure che costituivano il diritto internazionale, create nel corso dei secoli da e per gli Stati europei. (18) In altre parole, la società internazionale di questo periodo per Bull non era più esclusivamente europea, nel senso di una società formata da soli Stati europei, ma era pur sempre "alla europea", nel senso di una società regolata da norme di matrice europea. Al tempo della prima Guerra mondiale l'estensione di questa società poteva ormai considerarsi universale. Fino alla seconda Guerra mondiale essa fu dominata dalle potenze europee e dagli Stati Uniti (che per Bull sono comunque europei per cultura, in quanto ex-colonia all'interno della quale la componente europea ha prevalso su quella indigena). Gli Stati di cultura ed etnia europea consideravano l'ingresso delle entità politiche non europee nella società internazionale come l'ammissione in un club esclusivo i cui criteri di ingresso erano stabiliti dai membri fondatori. La struttura delle relazioni internazionali affermatasi nel Novecento è dunque per Bull nient'altro che l'eredità della supremazia europea sul resto del mondo, ormai dissolta sul piano del sistema ma ancora visibile e determinante sul piano della società (19).

In questo periodo a cavallo tra la prima e la seconda Guerra mondiale intervenne per Bull un secondo mutamento significativo, che aprì una terza fase dello sviluppo storico della società internazionale. La società internazionale, nel momento stesso in cui assunse portata universale, iniziò infatti a indebolirsi fino ad essere messa in discussione nei suoi fondamenti. Questo processo di indebolimento della società internazionale deflagrò nel periodo successivo alla seconda Guerra mondiale, nel corso del quale gli Stati non europei furono i protagonisti di una rivolta contro il mondo occidentale che assunse una portata tale da modificare la fisionomia della società internazionale. La lotta dei paesi non occidentali fu condotta lungo cinque direttrici principali: la rivendicazione di un'eguale sovranità da parte degli Stati formalmente indipendenti ma nella pratica dotati di status inferiore; la ricerca dell'indipendenza politica da parte delle comunità sottoposte a dominio coloniale; la lotta per l'eguaglianza razziale condotta dalle popolazioni 'non bianche' contro la supremazia dei 'bianchi'; la lotta per la giustizia economica e, infine, la campagna per la liberazione culturale condotta per svincolarsi dall'influenza intellettuale e culturale dell'Occidente e per riaffermare la propria identità e autonomia nella sfera spirituale. Se nei primi quattro ambiti la rivolta contro il dominio occidentale è stata condotta in nome di valori essi stessi occidentali, anche se non necessariamente esclusivi dell'Occidente, la lotta per la liberazione culturale può, secondo Bull, suggerire un'interpretazione della rivolta contro il dominio occidentale come rivolta contro i valori occidentali come tali (20). Quale che sia l'esattezza di questa interpretazione, è certo secondo Bull che, in conseguenza della 'rivolta contro l'Occidente', la società internazionale contemporanea (o quella che era la società contemporanea al momento della pubblicazione dell'Expansion, nel 1984), è attraversata da forti tensioni, caratterizzata da una forte eterogeneità culturale e da aree di consenso molto ristrette. La società internazionale del dopoguerra, se ha guadagnato secondo Bull in quantità numerica e ampiezza geografica, ha indubbiamente perso sul piano della coesione morale e culturale. Queste osservazioni pongono la questione se sia ancora possibile parlare di una società internazionale universale. Bull e Watson, seppur con qualche incertezza, negano che la società internazionale contemporanea sia in dissoluzione. Tuttavia, come sostenuto da Vigezzi nel volume sul British Committee, la questione dell'esistenza di una società internazionale contemporanea è quantomai aperta. (21)

4. Il diritto internazionale penale e l'odierna società internazionale

L'analisi di Bull ha messo in luce la dialettica tra universalismo ed egemonia che ha caratterizzato lo sviluppo storico della società internazionale. L'originaria società internazionale europea ha dapprima esteso i suoi confini mantenendo l'originaria impostazione europea, ma, nel momento in cui ha assunto dimensioni globali, la sua omogeneità etica e culturale è stata messa in discussione in nome di una rivolta contro l'egemonia europeo-occidentale che ha portato alla configurazione di una società internazionale eterogenea e percorsa da forti tensioni. Il discorso giustificativo del diritto internazionale penale, come cercherò di mostrare, non tiene conto delle antinomie che caratterizzano la fase attuale della società internazionale e appare pertanto inadeguato a fornire una legittimazione soddisfacente del diritto internazionale penale.

In primo luogo, infatti, il discorso giustificativo sopra brevemente esposto implica la possibilità di individuare alcuni valori universalmente condivisi all'interno della comunità internazionale: esso suppone pertanto l'esistenza di una comunità internazionale universale eticamente e culturalmente omogenea. Ma l'analisi di Bull mette in discussione, come abbiamo visto, proprio l'esistenza di una società internazionale di questo tipo, e forse, come accennato, l'esistenza stessa di una società internazionale universale.

In secondo luogo, il diritto internazionale penale pretende di proteggere tali valori attraverso meccanismi e procedure che sono tipici della cultura politico-giuridica occidentale. Le 'esigenze della comunità internazionale' vengono infatti interpretate in senso essenzialmente punitivo e realizzate attraverso una risposta ai crimini internazionali che è sorta e si è affermata nelle società occidentali: il sistema penale così come è stato concepito e realizzato all'interno dei sistemi giuridici occidentali viene eletto a modello universale di risposta ai crimini internazionali. In altre parole, se anche fosse possibile rintracciare, nell'eterogenea comunità internazionale attuale, un consenso universale sulla condanna morale dei crimini internazionali, l'argomento giustificativo del diritto internazionale penale trascura che da questo consenso minimo non deriva un altrettanto universale consenso sullo strumento penale occidentale come risposta più appropriata ai crimini internazionali. Da questo punto di vista, il diritto internazionale penale sembra riproporre uno schema di esportazione di valori e procedure occidentali, simile al processo di formazione della società internazionale 'alla europea' nel periodo precedente la seconda Guerra mondiale, in un momento in cui però l'omogeneità del contesto internazionale o l'accettazione universale di tale modello è da tempo e ampiamente posta in discussione da modelli differenti.

Queste osservazioni trovano riscontro in alcuni dati empirici che riguardano l'esperienza delle giurisdizioni penali internazionali. Il modello penale adottato dai tribunali internazionali è molto diverso dalle tradizioni giuridiche dei paesi, per la maggior parte appartenenti al continente africano, sul cui territorio i crimini sono stati commessi e cui appartengono gli imputati e le vittime. L'attività delle giurisdizioni penali internazionali non ha tenuto in alcuna considerazione le esperienze storiche di risposta ai crimini internazionali che si ispirano a modelli di giustizia diversi da quello penale occidentale; come le esperienze delle commissioni per la verità e il modello della restorative justice, adottati per esempio in Sudafrica post-apartheid, o come il modello delle corti gacaca impiegate in Ruanda anche in risposta ai crimini commessi nel corso del genocidio del 1994. (22)

In sintesi, l'ideologia che sostiene la tendenza, oggi in atto, all'espansione del diritto internazionale penale suppone l'esistenza di una comunità internazionale eticamente e giuridicamente omogenea, all'interno della quale un certo tipo di modello penale può essere assurto a strumento universale di attuazione di esigenze di giustizia - punitiva - considerate altrettanto universali. Il diritto internazionale penale rischia in tal modo di fare propria una nozione generica e stereotipata di 'comunità internazionale', che poco o nulla ha a che fare con la complessità della categoria di 'società internazionale', così come è stata messa in luce dagli studi e dalle interpretazioni che sono stati al centro dei lavori del British Committee e del Centro per gli Studi di Politica Estera e Opinione Pubblica. (23) La semplificazione e l'astrazione dalla complessità della reale società internazionale determinano la messa in discussione della legittimazione stessa del diritto internazionale penale, così come essa è presentata nel discorso giustificativo sopra esposto.

Riferimenti bibliografici

  • Alexandrowicz, C.H., An Introduction to the History of the Law of Nations in the East Indies (16th, 17th and 18th Centuries), Oxford, Oxford University Press, 1967.
  • Algostino, A., L'ambigua universalità dei diritti. Diritti occidentali o diritti della persona umana?, Jovene, Napoli, 2005.
  • Ambos, K., (con la collaborazione di C. Steiner), On the Rationale of Punishment at the Domestic and International Level, in M. Henzelin, R. Roth (a cura di), Le droit pénal à l'épreuve de l'internationalisation, Paris, Lgdj-Georgéd-Bruylant, 2002, pp. 305-323.
  • Ankumah, E.A., Kwakwa, E.K., African Perspectives on International Criminal Justice, Accra, African Legal Aid, 2005.
  • Bassiouni, M.C., Introduction au droit pénal international, Bruxelles, Bruylant, 2002.
  • Bazzoli, M., Stagioni e teorie della società internazionale, Forme storiche della società internazionale, Milano, LED, 2005.
  • Bobbio, N., L'età dei diritti, Torino, Einaudi, 1997.
  • Bull, H., "The Emergence of a Universal International Society", in H. Bull, A. Watson (a cura di), The Expansion of International Society, Oxford, Clarendon, 1984, pp. 117-126.
  • - "The Revolt against the West", in H. Bull, A. Watson (a cura di), The Expansion of International Society, Oxford, Clarendon, 1984, pp. 217-228.
  • Bull, H., Watson, A., (a cura di), The Expansion of International Society, Oxford, Clarendon, 1984, trad. it. L'espansione della società internazionale. L'Europa e il mondo dalla fine del Medioevo ai tempi nostri, a cura di B. Vigezzi, Milano, Jaca Book, 1994.
  • Caracciolo, I., Dal diritto penale internazionale al diritto internazionale penale. Il rafforzamento delle garanzie giurisdizionali, Napoli, Editoriale Scientifica, 2002, pp. 37-41
  • Cassese, A., "From Nuremberg to Rome: International Military Tribunals to the International Criminal Court", in A. Cassese, P. Gaeta, J. R. W. D. Jones (a cura di), The Rome Statute of the International Criminal Court: a commentary, New York, Oxford University Press, 2002, pp. 3-19.
  • - Lineamenti di diritto internazionale penale. I. Diritto sostanziale, Bologna, Il Mulino, 2005.
  • Cassese, A., Gaeta, P., Jones, J.R.W.D. (a cura di), The Rome Statute of the International Criminal Court: a commentary, New York, Oxford University Press, 2002.
  • Cassese, A., Chiavario, M., De Francesco, G. (a cura di), Problemi attuali della giustizia penale internazionale, Torino, Giappichelli, 2005.
  • Colombo, A., "La società anarchica tra continuità e crisi. La scuola inglese delle istituzioni internazionali", Rassegna Italiana di Sociologia, 44 (2003), 2, pp. 237-55.
  • Ferencz, B., An International Criminal Court. A Step toward World Peace- a Documentary History and Analysis, New York, Oceana, 1980.
  • Findlay, M., Henham, R., Trasforming International Criminal Justice. Retributive and Restorative Justice in the Trial Process, Collumpton, William, 2005.
  • Fronza, E., Manacorda, S., (a cura di), La justice pénale internationale dans les décisions des tribunaux ad hoc, Milano, Dalloz-Giuffré, 2003.
  • Garapon, A., Des crimes qu'on ne peut ni punir ni pardonner. Pour une justice internationale, Paris, Odile Jacob, 2002 (trad. it. Crimini che non si possono né punire né perdonare: l'emergere di una giustizia internazionale, Bologna, Il Mulino, 2004.
  • Gong, G.W., The Standard of 'Civilization' in International Society, Oxford, Clarendon Press, 1984.
  • Hayner, P., "Fifteen Truth Commissions, 1974-1994: a Comparative Study", Human Rights Quarterly, 16 (1994), 4, pp. 597-655.
  • Henzelin, M., Roth R., (a cura di), Le droit pénal à l'épreuve de l'internationalisation, Paris, Lgdj-Georgéd-Bruylant, 2002.
  • Illuminati, G., Stortoni, L., Virgilio, M. (a cura di), Crimini internazionali tra diritto e giustizia. Dai tribunali internazionali alle commissioni verità e riconciliazione, Torino, Giappichelli, 2000.
  • Kelsen, H., Peace through Law, Chapel Hill, University of North Carolina Press, 1944, trad. it. La pace attraverso il diritto, Torino, Giappichelli, 1990.
  • - "Will the Judgement in the Nuremberg Trial Costitute a Precedent in International Law?", The International Law Quarterly, 1 (1947), 2, pp. 153-171, trad. it. "Il processo di «Norimberga e il diritto internazionale", Nuovi Studi Politici, 19 (1989), 4, pp. 99-115.
  • Lollini, A., Costituzionalismo e giustizia di transizione. Il ruolo costituente della commissione sudafricana verità e riconciliazione, Bologna, Il Mulino, 2005.
  • - Le processus de judiciarisation de la résolution des conflits: les alternatives, in E. Fronza, S. Manacorda (a cura di), La Justice pénale internationale dans les décisions des tribunaux ad hoc, Milano, Dalloz-Giuffré, 2003, pp. 312-326.
  • Martini, C. M., Zagrebelsky, G., La domanda di giustizia, Torino, Einaudi, 2003.
  • Martini, A., "Il principio nulla poena sine lege e la determinazione delle pene nel sistema della Corte penale internazionale", in A. Cassese, M. Chiavario, G. De Francesco (a cura di), Problemi attuali della giustizia penale internazionale, Torino, Giappichelli, 2005, pp. 215-249.
  • Mibenge, C., "Alternative Forms of Justice: Lessons Learned from Rwanda", in E. A. Ankumah, E. K. Kwakwa, African perspectives on International Criminal Justice, Accra, African Legal Aid, 2005, pp. 187-195.
  • Orrù, E., "La Corte Penale Internazionale tra etica, politica e diritto", Ragion Pratica, 2006, 2, pp. 515-532.
  • Pastor, D.R., El poder penal internacional. Una aproximación jurídica crítica a los fundamentos del Estatuto de Roma, Barcelona, Atelier, 2006.
  • Ronzitti, N., "Crimini internazionali", voce in Enciclopedia giuridica, Roma, Istituto Enciclopedico Italiano, 1988, vol. X, pp. 1-15.
  • Rotberg, R.I., Thompson, D., (a cura di), Truth v. Justice. The Morality of Truth Commissions, Princeton and Oxford, Princeton University Press, 2000.
  • Schabas, A., "Perverse Effect of the nulla poena principle: national practice and the ad hoc Tribunals", European Journal of International Law, 11 (2000), 3, pp. 521-539.
  • Vigezzi, B., The British Committee and the Theory of International Politics (1954-1985): the Rediscovery of History, Milano, Unicopli, 2005.
  • A Watson, "European International Society and its Expansion", in H. Bull, A. Watson (a cura di), The expansion of international society, Oxford, Clarendon, 1984, pp. 14-32.
  • Werle, G., "Concetto, legittimazione e prospettive del diritto internazionale penale, oggi", Rivista italiana di diritto e procedura penale, 47 (2004), pp. 733-744.
  • Zolo, D., I signori della pace. Una critica del globalismo giuridico, Roma, Carocci, 2001.
  • - La giustizia dei vincitori. Da Norimberga a Baghdad, Roma-Bari, Laterza, 2006, pp. 82-83.

Note

*. Il saggio è apparso in S. Pizzetti (a cura di), La storia e la teoria della vita internazionale, Milano, Unicopli, 2009, 155-168. Ringrazio il Prof. Brunello Vigezzi e la Dott.ssa Francesca Cappelli per aver letto e commentato alcune stesure precedenti di questo saggio e aver contribuito con i loro preziosi suggerimenti e le loro critiche a migliorarlo. Ringrazio inoltre la Dott.ssa Barbara Baldi per avermi fornito le trascrizioni di alcuni seminari del Centro per gli Studi di Politica Estera e Opinione Pubblica.

1. Il Centro per gli Studi di Politica Estera e Opinione Pubblica è sorto nel 1980, ha sede presso l'Istituto di Storia Medievale e Moderna dell'Università di Milano e dal 1982 ospita il Segretariato della Commissione di Storia delle Relazioni Internazionali, organo affiliato dell'International Committee of International Sciences. Tra le varie attività scientifiche del Centro è prevista anche l'organizzazione di cicli di seminari su temi centrali della storia internazionale, che prevedono la partecipazione di studiosi provenienti da discipline diverse. Nell'ambito di questi seminari, nell'anno 2003 è stato organizzato un ciclo di incontri sul tema «La formazione storica di una società internazionale», nel corso del quale sono state esposte le tesi che presenterò nelle pagine seguenti.

2. Alcuni autori, tra cui Norberto Bobbio, hanno interpretato questo fenomeno come un segnale dell'erosione della sovranità statale, e in particolare di una delle sue prerogative fondamentali: lo ius puninedi, il diritto esclusivo dello Stato di punire i propri cittadini. Norberto Bobbio, ad esempio, ha osservato a proposito della creazione del Tribunale per la ex-Jugoslavia: '[...] è già nelle cose la tendenza degli Stati contemporanei a concentrare una parte del loro potere in organismi sopranazionali. Basti pensare al Tribunale internazionale per la ex Jugoslavia [...] e al tribunale per il Ruanda. E questa è una linea di sviluppo che proprio Kelsen aveva indicato e fervidamente auspicato quando nel 1944, in Peace through Law, proponeva la costituzione di una giurisdizione penale internazionale che perseguisse i singoli cittadini per i crimini di guerra di cui fossero responsabili. Ed è quello che sta appunto facendo, anche se solo per la ex Jugoslavia, il Tribunale dell'Aja. Siamo dunque in presenza di una tendenza a costruire il sistema giuridico internazionale non più come un'associazione fra stati, ma come includente, come soggetti di diritto, tutti i cittadini di tutti gli stati'. Norberto Bobbio in D. Zolo, I signori della pace. Una critica del globalismo giuridico, Roma, Carocci, 2001, p. 100.

3. Per una ricostruzione delle caratteristiche generali del diritto internazionale penale cfr. I. Caracciolo, Dal diritto penale internazionale al diritto internazionale penale. Il rafforzamento delle garanzie giurisdizionali, Napoli, Editoriale Scientifica, 2002, pp. 37-41 e A. Cassese, Lineamenti di diritto internazionale penale. I. Diritto sostanziale, Bologna, Il Mulino, 2005, pp. 12-24.

4. Il Tribunale di Norimberga aveva giurisdizione su tre categorie di crimini: i crimini contro la pace - ovvero principalmente preparazione ed esecuzione di una guerra di aggressione-, i crimini contro l'umanità -di cui faceva parte il genocidio- e i crimini di guerra (articolo 6 del suo Statuto). Il Tribunale di Tokyo aveva giurisdizione sui medesimi crimini del Tribunale di Norimberga, cui era stato aggiunto quello di cospirazione. Negli Statuti dei Tribunali per la ex-Jugoslavia e per il Ruanda (articoli 2-5 dello Statuto del Tribunale per la ex-Jugoslavia e 2-4 dello Statuto del Tribunale per il Ruanda) compaiono solo i crimini di guerra, il genocidio e i crimini contro l'umanità. La Corte penale internazionale ha giurisdizione sulle precedenti tre categorie di crimini e anche, ma solo in linea di principio, giurisdizione sul crimine di aggressione: il crimine è stato inserito nello Statuto della Corte, ma la giurisdizione della Corte verrà attivata solo dopo che un'assemblea appositamente convocata avrà elaborato e approvato una definizione di 'aggressione' (articolo 5 dello Statuto della Corte penale internazionale).

5. Il caso del crimine di aggressione, citato nella nota precedente, è un esempio di come la codificazione dei crimini internazionali non sia un processo concluso. Solo nel 1974, ovvero quasi trent'anni dopo la sua punizione da parte di un tribunale internazionale, è stata adottata nell'ambito delle Nazioni Unite una definizione del crimine di aggressione (UN Doc. A/9631). Essa non ha raggiunto una validità universale, come mostra la scelta della Corte penale internazionale di ricorrere a una nuova definizione. Nel 1996 è stato elaborato nell'ambito delle Nazioni Unite un codice di crimini internazionali (Draft Code of Crimes against the Peace and Security of Mankind, UN Doc. A/CN/L532/Corr.II, disponibile sul sito delle Nazioni Unite), ma il codice non è mai stato adottato dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e il dibattito dottrinale sulla definizione del catalogo dei crimini internazionali è ancora aperto. Secondo alcuni autori esisterebbero altre categorie di crimini internazionali, oltre a quelle punite dai tribunali internazionali: Antonio Cassese, ad esempio, annovera anche la tortura e alcune gravi forme di terrorismo tra i crimini internazionali. Cfr. A. Cassese, Lineamenti di diritto internazionale penale, cit., pp. 156-175. Per Cherif Bassiouni il catalogo dei crimini internazionali sarebbe ancora più ampio: cfr. M. C. Bassiouni, Introduction au droit pénal International, Buxelles, Bruylant, 2002, pp. 114-115.

6. Da questo modo di procedere derivano naturalmente gravi difficoltà quanto al rispetto del principio di legalità in diritto internazionale penale. Sul punto si vedano: A. Cassese, Lineamenti di diritto internazionale penale, cit., pp. 189-208; A. Martini, "Il principio nulla poena sine lege e la determinazione delle pene nel sistema della Corte penale internazionale", in A. Cassese, M. Chiavario, G. De Francesco (a cura di), Problemi attuali della giustizia penale internazionale, Torino, Giappichelli, 2005, pp. 215-249 e A. Schabas, "Perverse Effect of the nulla poena principle: national practice and the ad hoc Tribunals", European Journal of International Law, 11 (2000), 3, pp. 521-539. Per l'intreccio tra le vicende dell'istituzione dei tribunali internazionali e il processo di codificazione dei crimini internazionali mi permetto di rinviare al mio "La Corte penale internazionale tra etica, politica e diritto", in Ragion Pratica, 2006, 2, pp. 515-532.

7. Per approfondimenti sulla storia delle giurisdizioni penali internazionali si rimanda a: B. Ferencz, An international criminal court. A step toward world peace- a documentary history and analysis, New York, Oceana, 1980; A. Cassese, "From Nuremberg to Rome: International Military Tribunals to the International Criminal Court", in A. Cassese, P. Gaeta, J. R. W. D. Jones (a cura di), The Rome Statute of the International Criminal Court: a Commentary, New York, Oxford University Press, 2002, pp. 3-19 e M. C. Bassiouni, Introduction au droit pénal international, cit.

8. La Corte penale internazionale ha competenza sui crimini commessi da un cittadino il cui Stato di appartenenza ha ratificato il trattato della Corte oppure sul territorio di uno Stato che ha ratificato il trattato. Danilo Zolo ha sostenuto che tutti i tribunali penali internazionali creati dal secondo dopoguerra a oggi, inclusa la Corte penale internazionale, sono espressione di un sistema dualistico della giustizia internazionale, che comporta l'assoluta impunità delle grandi potenze da un lato e, dall'altro, la punibilità per i popoli sconfitti e per gli Stati deboli. Cfr. D. Zolo, La giustizia dei vincitori. Da Norimberga a Baghdad, Roma-Bari, Laterza, 2006.

9. In questo senso possono essere lette le critiche rivolte da Hans Kelsen, che pur in precedenza aveva sostenuto la necessità di creare giurisdizioni internazionali per la punizione dei crimini commessi nel corso della seconda Guerra mondiale, all'operato del Tribunale di Norimberga. Cfr. H. Kelsen, Peace through Law, Chapel Hill, University of North Carolina Press, 1944, trad. it. La pace attraverso il diritto, Torino, Giappichelli, 1990; Id., "Will the Judgement in the Nuremberg Trial Costitute a Precedent in International Law?", The International Law Quarterly, 1 (1947), 2, pp. 153-171, trad. it. "Il processo di Norimberga e il diritto internazionale", Nuovi Studi Politici, 19 (1989), 4, pp. 99-115.

10. Cfr. Rome Statute of the International Criminal Court, UN Doc. A/CONF.183/9 (1998): nel preambolo si legge «[...]such grave crimes threaten the peace, security and well-being of the world», e all'art. 5.1 si specifica che questi crimini sono «[...] of concern to the international community as a whole».

11. Si vedano in proposito N. Ronzitti, "Crimini internazionali", voce in Enciclopedia giuridica, Roma, Istituto Enciclopedico Italiano, 1988, vol. X, pp. 1-15; K. Ambos (con la collaborazione di C. Steiner), "On the Rationale of Punishment at the Domestic and International Level", in M. Henzelin, R. Roth (a cura di), Le droit pénal à l'épreuve de l'internationalisation, Paris, Lgdj-Georgéd-Bruylant, 2002, pp. 305-323 e G. Werle, "Concetto, legittimazione e prospettive del diritto internazionale penale, oggi", Rivista italiana di diritto e procedura penale, 47 (2004), pp. 733-744.

12. Cfr. A. Watson, H. Bull (a cura di), The Expansion of International Society, Oxford, Clarendon, 1984, trad. it. L'espansione della società internazionale. L'Europa e il mondo dalla fine del Medioevo ai tempi nostri, a cura di B. Vigezzi, Milano, Jaca Book, 1994. Per una ricostruzione storica del contesto culturale in cui l'opera è stata concepita ed elaborata e sulla distinzione tra le due categorie si vedano l'ampio saggio introduttivo di Brunello Vigezzi all'edizione italiana dell'opera, pp. I-XCVIII e B. Vigezzi, The British Committee and the Theory of International Politics (1954-1985): The Rediscovery of History, Milano, Unicopli, 2005. Cfr. inoltre H. Bull, "The Emergence of a Universal International Society", in H. Bull, A. Watson (a cura di), The Expansion cit., pp. 117-126.

13. Mi riferirò in particolare al seminario tenuto da Maurizio Bazzoli sul tema "Società internazionale e ordine internazionale nell'età moderna", tenutosi il 28 febbraio 2003 e al seminario tenuto dal Prof. Vigezzi il 9 maggio 2003 dal titolo "Da una società internazionale europea a una società globale?".

14. Le riflessioni di Bazzoli sul tema sono state raccolte in un volume dal titolo Stagioni e teorie della società internazionale, Forme storiche della società internazionale, Milano, LED, 2005, cui rimanderò nelle note successive.

15. M. Bazzoli, Stagioni e teorie della società internazionale cit., p. 30.

16. Cfr. M. Bazzoli, Stagioni e teorie della società internazionale cit., p. 31.

17. Cfr. A Watson, "European International Society and its Expansion", in H. Bull, A. Watson (a cura di), The Expansion, cit., pp. 14-32.

18. H. Bull, "The Emergence of a Universal International Society", cit., pp. 120-125.

19. In un saggio apparso contemporaneamente alla pubblicazione dell'Expansion, Bull riprende questa periodizzazione, specificandone alcuni aspetti. Bull scrive qui, in accordo con quanto sostenuto nell'Exapansion, che nei secoli XVI e XVII, ovvero nel periodo di formazione ed emergenza della società internazionale, quest'ultima comprendeva solo governi e popoli cristiani. Nei successivi secoli XVIII e XIX l'appartenenza alla cristianità come caratteristica fondamentale della società internazionale fu sostituita dalla comune matrice culturale europea: la società internazionale fu estesa dunque anche alle entità politiche del Nord e del Sud America. Nel corso del XIX secolo, con l'ampliarsi dei contatti degli Stati europei con i paesi dell'Asia e dell'Africa, i criteri di appartenenza alla società internazionale furono identificati in una serie di requisiti di 'civiltà', che permettevano di distinguere gli Stati 'civilizzati', potenziali membri della società internazionale, dalle entità politiche che non avrebbero invece potuto esservi ammesse. Infine, quando all'epoca della prima Guerra mondiale si formò una società internazionale universale, all'interno di essa prevalsero le regole che originariamente valevano tra gli Stati europei. Cfr. la prefazione di H. Bull a G. W. Gong, The Standard of "Civilization" in International Society, Oxford, Clarendon Press, 1984, pp. VI-X. Gerrit W. Gong ha approfondito alcuni aspetti dell'interpretazione di Bull mostrando come la centralità europea nelle relazioni internazionali abbia assunto esplicita forma giuridica nel XIX secolo, con la formulazione dello 'standard of civilization', una serie di requisiti che definivano le condizioni di ammissione dei paesi extra-europei nella società internazionale. Per una ricostruzione che suppone una sostanziale parità nelle relazioni degli Stati europei con i propri interlocutori d'oltremare nei secoli XVI, XVII e XVIII si veda C. H. Alexandrowicz, An Introduction to the History of the Law of Nations in the East Indies (16th, 17 th and 18th centuries), Oxford, Oxford University Press, 1967.

20. H. Bull, "The Revolt against the West", in H. Bull, A. Watson (a cura di), The Expansion, cit., pp. 217-228.

21. Si confrontino la Conclusione dei due curatori a H. Bull, A. Watson (a cura di), The Expansion, cit., in particolare a p. 433 dell'edizione inglese e B. Vigezzi, The British Committee, cit., pp. 101-102. Sul punto si veda inoltre il saggio di A. Colombo, "La società anarchica tra continuità e crisi. La scuola inglese delle istituzioni internazionali", Rassegna Italiana di Sociologia, 44 (2003), 2, pp. 237-55.

22. Sull'estraneità del procedimento giudiziario come sfida tra le parti rispetto a culture non-occidentali si veda D. Zolo, La giustizia dei vincitori, cit., pp. 82-83. Sulle commissioni di verità, e sull'esperienza sudafricana in particolare, si vedano: P. Hayner, "Fifteen Truth Commissions, 1974-1994: a Comparative Study", Human Rights Quarterly, 16 (1994), 4, pp. 597-655; R. I. Rotberg, D. Thompson (a cura di), Truth v. justice. The morality of Truth Commissions, Princeton and Oxford, Princeton University Press, 2000; C. M. Martini, G. Zagrebelsky, La domanda di giustizia, Torino, Einaudi, 2003; G. Illuminati, L. Stortoni, M. Virgilio, Crimini internazionali tra diritto e giustizia. Dai tribunali internazionali alle commissioni verità e riconciliazione, Torino, Giappichelli, 2000 e A. Lollini, Costituzionalismo e giustizia di transizione. Il ruolo costituente della commissione sudafricana verità e riconciliazione, Bologna, Il Mulino, 2005. L'esperienza delle corti gacaca in Ruanda può essere citata come esempio di modello penale, o semi-penale, alternativo rispetto a quello sviluppatosi nel mondo occidentale. Si veda in proposito C. Mibenge, "Alternative Forms of Justice: Lessons Learned from Rwanda", in E. A. Ankumah, E. K. Kwakwa, African perspectives on international criminal justice, Accra, African Legal Aid, 2005, pp. 187-195 e A. Lollini, "Le processus de judiciarisation de la résolution des conflits: les alternatives", in E. Fronza, S. Manacorda (a cura di), La Justice pénale internationale dans les décisions des tribunaux ad hoc, Milano, Dalloz-Giuffré, 2003, pp. 312-326.

23. Per una critica della nozione anti-pluralista, di 'società internazionale' adottata dai Tribunali penali internazionali cfr. M. Findlay, R. Henham, Trasforming International Criminal Justice. Retributive and Restorative Justice in the Trial Process, Collumpton, William, 2005, pp. 301-302 e 339; A. Garapon, Des crimes qu'on ne peut ni punir ni pardonner. Pour une justice internationale, Paris, Odile Jacob, 2002, pp. 52-53 (trad. it. Crimini che non si possono né punire né perdonare: l'emergere di una giustizia internazionale, Bologna, Il Mulino, 2004). Del medesimo tenore anche D. R. Pastor, El poder penal internacional. Una aproximación jurídica crítica a los fundamentos del Estatuto de Roma, Barcelona, Atelier, 2006, pp. 110-123.