2009

William of Ockham (1288ca.-1347)

Leonardo Marchettoni

William of Ockham
frater Occham iste, schizzo su un manoscritto della Summa Logicae, MS Gonville and Caius College, Cambridge, 464/571, f. 69r, 1341

1. La vita

William of Ockham nacque, presumibilmente intorno al 1288, nel villaggio omonimo, a Sud di Londra. Entrato giovanissimo nell'Ordine francescano, studiò a Londra e poi a Oxford (a partire dal 1309 circa). Qui conseguì il titolo di Baccalaureus formatus, commentando le Sentenze di Pietro Lombardo, senza peraltro completare il ciclo regolare degli studi (da qui l'appellativo Venerabilis Inceptor, che si potrebbe tradurre con "Venerabile Principiante", con cui è ricordato nella letteratura medievale). Ockham insegnò quindi a Londra nelle scuole dell'Ordine dal 1321 al 1324, quando fu convocato dal papa Giovanni XXII ad Avignone, dopo essere stato accusato dall'ex cancelliere dell'Università di Oxford, John Lutterell di insegnare dottrine pericolose per la fede. Dal 1324 a 1328, in pendenza del processo che doveva pronunciarsi sull'ortodossia dei suoi insegnamenti, Ockham risiedette ad Avignone, presso il locale convento francescano. In questo periodo entrò in contatto con Michele da Cesena, generale dell'Ordine, che era impegnato nella controversia sulla povertà dell'Ordine francescano. Richiesto da Michele di esaminare le bolle con le quali il papa si era pronunciato sull'argomento, Ockham si convinse che il pontefice era caduto in eresia e si unì al gruppo dei francescani dissidenti. Insieme a tre di essi (Michele da Cesena, Bonagrazia da Bergamo e Francesco da Ascoli), fuggì da Avignone, nella notte tra il 26 e il 27 maggio 1328, per unirsi a Pisa alle truppe di Ludwig di Baviera, che era stato appena eletto imperatore dall'antipapa Niccolò V. In questa occasione, secondo una tradizione presumibilmente infondata, pronunciò al cospetto dell'imperatore la frase: "O Imperator, defende me gladio, et ego defendam te verbo!". Nei successivi diciannove anni della sua vita Ockham risiedette presso il convento francescano di Monaco di Baviera, sede della corte di Ludwig (presso la quale dimorava anche Marsilio da Padova), intraprendendo una lotta strenua contro Giovanni - che nel frattempo lo aveva scomunicato insieme agli altri francescani ribelli - e i suoi successori. Morì nel 1347 (o nel 1349), forse di peste.

2. Le opere

La produzione di Ockham è nettamente divisa in due periodi. Nel primo periodo, che va fino al 1324, anno in cui si interrompe la sua carriera accademica, Ockham compose tutte le sue opere filosofiche e teologiche, tra cui spiccano: il Commento alle Sentenze, In libros Sententiarum, diviso in due parti, Ordinatio, che comprende il prologo e il primo libro, e Reportatio, che comprende gli altri tre libri e che costituisce il risultato della trascrizione delle lezioni del maestro; la Summa logicae, in tre parti; l'Expositio super libros Elenchorum; l'Expositio in libros Physicorum Aristotelis; le Quodlibeta septem.

Negli anni che vanno dal 1324 al 1328 Ockham si dedicò soprattutto alla correzione e al completamento di alcune delle opere già scritte.

Nell'ultimo periodo, che va dal 1328 alla morte, Ockham compose le sue opere politiche: Allegationes religiosorum virorum (1329; si tratta di un'opera collaborativa che reca il nome di Ockham fra i suoi autori, anche se non è possibile stabilire in che misura sia attribuibile al Venerabilis Inceptor); Opus nonaginta dierum (tra il 1332 e il 1333); Dialogus (in tre parti, la terza divisa in due trattati. La prima parte fu completata prima del 1335. La seconda, che costituisce in realtà un lavoro autonomo, De dogmatibus Johannis XXII, risale al 1334. La terza parte, incompiuta, è stata redatta verosimilmente tra il 1338 e il 1346); Epistola ad fratres minores (1334); Tractatus contra Johannem (1335); Tractatus contra Benedictum (1337-1338); Compendium errorum Johannis papae XXII (1337-1338); Allegationes de potestate imperiali (1338; anche questa è un'opera collaborativa non riconducibile al solo Ockham); An princeps (1338-1339); Octo quaestiones de potestate papae (1340-1341); Breviloquium de principatu tyrannico (1341-1342); Consultatio de causa matrimoniali (1341-1342); De imperatorum et pontificum potestate (1346-1347); De electione Caroli quarti (probabilmente spuria).

3. Edizioni e traduzioni

L'opera filosofica e teologica ockhamiana è raccolta in: Guillelmi de Ockham opera philosophica et theologica, a cura di Gedeon Gàl et al., 17 voll., St Bonaventure, The Franciscan Institute, 1967-1988.

L'opera politica - tranne il Dialogus- è leggibile in: Guillelmi de Ockham opera politica, a cura di Hilary Seton Offler et al., voll. I-III, Manchester, Manchester University Press, 1956-1974, vol. IV, Oxford, Oxford University Press, 1997.

Per il Dialogus vedi l'edizione elettronica in progress con traduzione inglese a cura di John Kilcullen, George Knysh, Volker Leppin e John Scott, disponibile sul sito della British Academy.

Per quanto riguarda le traduzioni italiane delle opere politiche sono da segnalare: Guglielmo di Ockham, La spada e lo scettro. Due scritti politici, a cura di S. Simonetta, Milano, Rizzoli, 1997 (contiene l'Epistola ad fratres minores e l'An princeps, con testo originale a fronte); Guglielmo di Ockham, Il filosofo e la politica. Otto questioni circa il potere del papa, a cura di F. Camastra, Milano, Rusconi, 1999 (anche in questo caso il testo dell'edizione Offler è a fronte); Guglielmo di Ockham, Breve discorso sul governo tirannico, a cura di A. Ghisalberti e A. Salerno, Milano, Edizioni Biblioteca Francescana, 2000 (solo traduzione italiana).

L'Opus nonaginta dierum non è tradotta in italiano; si segnala però la seguente traduzione inglese: A Translation of William of Ockham's Work of Ninety Days, a cura di J. Kilcullen e J. Scott, Lampeter, The Edwin Mellen Press, 2001, 2 voll.

4. Temi dell'opera filosofica

Per quanto riguarda la produzione filosofica, il testo di riferimento è rappresentato da McCord Adams 1989, un lavoro monumentale in due volumi che analizza la metafisica, la logica, l'epistemologia, la fisica e la teologia del Venerabilis Inceptor in maniera estremamente approfondita, discutendo criticamente le tesi sostenute da Ockham e dai suoi contemporanei. In alternativa, una presentazione completa e aggiornata della filosofia ockhamiana si può trovare in Spade (a cura di) 1999. Sul contesto religioso e, in particolare, sulla "disputa della povertà" vedi Lambert 1961, Damiata1978, vol. 1 e Lambertini 2000.

  • Nominalismo: l'ontologia ockhamiana è un'ontologia di individui. In essa agli universali è attribuito lo status di mere voces, ricavate per astrazione a partire dalla somiglianza tra individui. Ciò comporta però l'esistenza concreta delle diverse proprietà individuali (la bianchezza di Aristotele e quella di Platone, non essendo la medesima qualità, esistono separatamente). Ockham, inoltre, riduce le dieci categorie aristoteliche a due: sostanza e qualità.
  • Parole e cose: secondo Ockham le parole significano direttamente le cose. Parallelamente, anche i concetti, tradizionalmente visti come enti intermedi tra le voces le cose, significano autonomamente le cose nell'ambito del discorso mentale. A differenza delle parole, però, i concetti sono i medesimi per tutti gli esseri umani e configurano i termini del linguaggio mentale.
  • Conoscenza intuitiva e conoscenza astrattiva: Ockham, sulla scia di Duns Scoto, distingue tra conoscenza intuitiva, che è la conoscenza che abbiamo degli oggetti che ci sono presenti, e conoscenza astrattiva, che invece è indipendente dall'esistenza e dalla presenza del suo oggetto. Inoltre, l'epistemologia ockhamiana si caratterizza anche per il netto rifiuto di postulare, nella conoscenza intuitiva, enti intermedi - le species - fra il soggetto conoscente e l'oggetto conosciuto. Questa risoluzione segna la rottura con la tradizione del tomismo.
  • L'onnipotenza di Dio: Dio, la cui esistenza non è per Ockham dimostrabile, può fare tutto ciò che non implica contraddizione. In particolare, Dio non è vincolato a creare il mondo in accordo a un modello ideale prestabilito, come non è vincolato a scegliere certi comandamenti morali piuttosto che altri. Ockham, inoltre, distingue fra la potentia absoluta di Dio, cioè ciò che Dio può fare in astratto, dalla potentia ordinata, cioè ciò che Dio può fare nel quadro dei limiti e delle leggi naturali che si è volontariamente imposto.
  • Libertà, volontà e morale: la libertà è definita da Ockham come facoltà di agire in modo indifferente e contingente, così da poter causare o non causare il medesimo effetto. La libertà, pertanto viene identificata con il libero esercizio della volontà. La volontà non tende naturalmente al bene ma è necessaria per integrare un atto morale, dal momento che l'atto esterno non è, di per sé, né buono né cattivo.

5. Contenuti delle opere politiche principali

  • Opus nonaginta dierum (Opera politica, vol. I, pp. 292-368, vol. II): si tratta di un lungo trattato (la traduzione inglese consta di circa 800 pagine), diviso in 124 brevi capitoli, redatto, a sentire l'autore in soli 90 giorni tra il 1332 e il 1333. L'oggetto è la disamina parola per parola della bolla papale con la quale Giovanni XXII si era pronunciato sulla questione della povertà francescana: dopo alcuni capitoli introduttivi, nei quali Ockham chiarisce il significato dei termini tecnici ricorrenti - ius, ius utendi, usus facti, dominium - il filosofo affronta in successione i contenuti della bolla. Ockham dimostra, in particolare, contro l'opinione del papa, che Cristo e gli apostoli non esercitavano alcun diritto legale - ius fori - sopra i beni consumabili che venivano loro elargiti, ma si limitavano a usufruirne nell'ambito del diritto naturale irrinunciabile di ciascuno - ius poli - ai beni necessari per la sua vita. Ockham sostiene anche che la proprietà ha avuto origine come conseguenza del peccato originale, per effetto del quale gli uomini sono legittimati a limitare il diritto naturale originario di tutti ai beni necessari per la sopravvivenza. Tale diritto, tuttavia, riaffiora nelle situazioni di necessità, come quella degli apostoli, oppure, al tempo di Ockham, dei religiosi che facevano voto di povertà. L'Opus nonaginta dierum è l'opera più "giuridica" di Ockham, impregnata dalla polemica contro i canonisti che anima anche alcune sezioni del Dialogus (lo stesso Giovanni XXII, al secolo Giacomo Duèse, era un canonista); vi si trova anche la famosa definizione di ius come potestas [conformis rationi rectae] che ha motivato l'attribuzione a Ockham della prima teoria dei diritti soggettivi.
  • Dialogus: si tratta di una vastissima opera (non esiste un'edizione a stampa moderna, ma la sua lunghezza è stimabile in oltre tremila pagine, quindi più di tutte le altre opere politiche messe assieme) divisa in tre parti. La terza parte consta di due trattati, il secondo dei quali è incompiuto. La prima parte, in cinque libri, ha per oggetto l'individuazione degli esperti - teologi o canonisti - competenti al riconoscimento dell'eretico; la definizione di eresia e di verità cattolica; la definizione di "pertinace"; la correzione legittima; il problema se il papa e i clerici possano macchiarsi di eresia. L'attuale seconda parte costituisce, come si è detto, un lavoro autonomo, De dogmatibus Johannis XXII, in cui Ockham riprende la sua polemica contro il papa eretico Giovanni XXII. Il primo trattato della terza parte, in quattro libri, ha per oggetto la potestas absoluta del papa e affronta le seguenti questioni: se il potere del papa si estenda a tal punto da consentirgli di violare il diritto naturale; se sia conveniente per la Chiesa avere un reggitore monocratico; se Pietro sia stato posto da Cristo a capo della Chiesa. Nel secondo trattato della terza parte (incompiuto: dei cinque libri previsti ne sono stati portati a termine i primi due, la trattazione si arresta a metà del terzo), infine, Ockham si domanda se un unico imperatore dovrebbe governare il mondo intero (rispondendo in senso negativo); quali siano i diritti e i poteri dell'imperatore (a questa domanda si risponde che i compiti dell'imperatore attengono soprattutto al perseguimento del bene comune); in particolare, quali siano i suoi poteri nel dominio spirituale (nel terzo libro, capitolo 6, Ockham tratta delle tre forme del diritto naturale).
  • Octo quaestiones de potestate papae (Opera politica, vol. I, pp. 13-217): oggetto delle varie questioni sono i seguenti temi: se un'unica persona può detenere il supremo potere spirituale e il supremo potere temporale; se il supremo potere temporale deriva da Dio; la giurisdizione dei principi e il potere spirituale; il potere del re dei romani e dell'imperatore; la successione ereditaria dei re; se il re deve essere soggetto a chi lo incorona; l'incoronazione e i diritti del re; il ruolo dei principi elettori.
  • Breviloquium de principatu tyrannico (Opera politica, vol. IV, pp. 97-260): è un breve trattato articolato in 6 libri. Nei primi due libri Ockham indaga i limiti del potere del papa e chi siano i soggetti competenti ad accertare tali limiti. Nei libri seguenti Ockham si propone di dimostrare che vi fu vero dominio e vera giurisdizione fuori dalla Chiesa e che l'imperatore non deriva il suo potere dal papa. In particolare, viene ripetuta la dottrina, già esposta nell'Opus nonaginta dierum, sull'origine convenzionale della proprietà e del potere politico come conseguenza del peccato originale.

6. Interpretazioni del pensiero politico

Per quanto riguarda l'interpretazione del pensiero politico, un punto di partenza tuttora imprescindibile è rappresentato dai volumi quarto e quinto della vasta opera di Georges De Lagarde La naissance de l'esprit laïque au déclin du moyen âge (De Lagarde 1956-1970. La prima edizione, però, vide la luce nel periodo fra le due guerre). De Lagarde fonda la propria interpretazione sull'istituzione di un nesso preciso tra insegnamento filosofico e teoria politica. Secondo lo storico francese, gli scritti polemici di Ockham riflettono l'individualismo metodologico dell'autore e si risolvono, in ultima analisi, nell'elogio di un anarchismo distruttivo delle gerarchie ecclesiastiche e sociali. Questa lettura ha ispirato, fra gli altri, Michel Villey che in diversi lavori scritti nel dopoguerra (Villey 1964, 1975) ha sostenuto che a Ockham è attribuibile la prima teoria dei diritti soggettivi. Secondo Villey, Ockham fu guidato dalle proprie preferenze metafisiche in favore dell'indirizzo nominalista, che lo indussero a rigettare il giusnaturalismo tradizionale per sostituirvi una teoria positivistica del diritto incentrata sull'egoismo appropriativo del nuovo soggetto tardomedievale. L'interpretazione di Villey è stata ripresa, fra gli altri, da Bastit e, in Italia, da Parisoli (Bastit 1990, Parisoli 1999). Critiche a Villey sono state formulate, invece, da Tuck (Tuck 1979), McGrade (McGrade 1980) e soprattutto da Tierney (Tierney 1997; vedi anche Tierney 1986). Quest'ultimo ha cercato di ristabilire il carattere medievale della dottrina ockhamiana dei diritti soggettivi immergendola nel contesto della riflessione canonistica, che Ockham conosceva sicuramente meglio di quanto Villey non fosse disposto ad ammettere. Altri testi recenti che hanno considerato la problematica della teoria ockhamiana dei diritti soggettivi sono Gagnér 1974, Kriechbaum 1996 e Brett 2003. Una riesame del dibattito è contenuto in Marchettoni 2006 e soprattutto in Marchettoni 2008, che ripercorre criticamente gli argomenti che motivavano l'interpretazione di Villey.

Tornando alla storia dell'interpretazione del pensiero politico del Venerabilis Inceptor, alla lettura "anarchica" di De Lagarde hanno fatto da contraltare una serie di interpretazioni "moderate" che, di volta in volta, hanno esaltato il "costituzionalismo" di Ockham (Jacob 1936, Bayley 1949, Tierney 1954) o la dimensione teologica ed ecclesiologica della sua riflessione (Scholz 1944, Kölmel 1962). In particolare, è stato sostenuto che è arbitrario interpretare la teoria politica di Ockham alla luce della sua metafisica nominalista (Boehner 1943; vedi anche Morrall 1949, Zuckermann 1973). Nel dopoguerra sono state prodotte le sintesi più complete: Miethke 1969 e McGrade 1974. La monografia di Miethke rappresenta uno degli esiti più felici della letteratura ockhamiana: si tratta di uno studio che procede da una disamina equilibrata della metafisica, della logica e dell'etica ockhamiana per poi passare all'esame delle opere politiche principali (particolarmente interessante è l'analisi dell'Opus nonaginta dierum). Più breve e focalizzato unicamente sull'opera politica, il lavoro di McGrade è altrettanto importante e rappresenta, nel mondo anglosassone, il testo di riferimento sul pensiero politico ockhamiano. McGrade sostiene che la traiettoria della riflessione politica ockhamiana evolve da un iniziale coinvolgimento personale alla formazione di una vera teoria delle strutture di governo. Suo merito particolare è l'aver enfatizzato le influenze aristoteliche che percorrono le opere politiche del Venerabilis Inceptor e i motivi anti-individualistici (McGrade parla, a questo proposito, di "corporatismo" di Ockham). Rilevanti sono anche Knysh 1996, Coleman 1999, Bleakley 2000 e, in ambito italiano, i due volumi di Damiata 1978 (il primo ricostruisce la disputa sulla povertà ed esamina l'Opus nonaginta dierum, il secondo passa in rassegna le altre opere politiche). Kilcullen 1999 costituisce una valida presentazione breve dei contenuti delle opere politiche principali, mentre Damiata 1975 esamina la storia della critica moderna dell'opera politica ockhamiana. Recentemente Takashi Shogimen ha pubblicato una nuova monografia sul pensiero politico del Venerabilis Inceptor (Shogimen 2007). Si tratta di un lavoro molto accurato che propone un percorso attraverso le opere politiche ockhamiane e sostiene la tesi interpretativa secondo la quale Ockham non andrebbe visto come un liberale ante litteram (come sembra ritenere, per esempio, Kilcullen) ma come un anticipatore della teoria repubblicana.

Un aspetto particolare, su cui merita di soffermarsi brevemente in conclusione di questa rassegna, è quello del volontarismo etico ockhamiano. Anche in questo caso assistiamo a un'importante inversione di tendenza nella letteratura secondaria. Le interpretazioni più risalenti (Garvens 1934; vedi anche Oakley 1961) mettevano in risalto, infatti, il carattere arbitrario dei comandi della morale nella prospettiva dell'etica di Ockham. Secondo questa lettura, che aveva influenzato, tra gli altri, anche Villey nella sua ricostruzione della teoria ockhamiana dei diritti soggettivi, le norme morali sono quelle regole discrezionali cui Dio impone di conformarsi, quindi non sono intrinsecamente razionali. Ne segue che Dio potrebbe creare un mondo nel quale il furto e l'omicidio sono azioni meritorie. A questa interpretazione è stato replicato, a partire almeno dagli anni settanta (Clark 1971), che il volontarismo di Ockham non esclude un apprezzamento positivo del ruolo della ragione, dal momento che in Dio volontà e ragione coincidono. Coerentemente, le interpretazioni più recenti dell'etica ockhamiana tendono a rivalutarne gli aspetti razionalistici, anche sulla scorta di solidi appigli testuali, come la nota distinzione, tracciata nelle Quodlibeta septem, fra morale positiva e non positiva (Urban 1973, McCord Adams 1986, Freppert 1988. La monografia di Lucan Freppert, però, che a tutt'oggi rappresenta l'unico studio completo dell'etica ockhamiana, sebbene pubblicata nel 1988, è stata scritta negli anni sessanta). Sul tema, da ultimo, si sono soffermati anche Kilcullen 1993 e McGrade 1999. Il primo ha messo in questione che l'etica ockhamiana possa qualificarsi come volontarista, se per volontarismo si intende la posizione secondo la quale il contenuto della legge di natura è determinato dalla volontà di Dio. Il secondo, invece, ha sostenuto che il metodo del diritto naturale non si pone automaticamente in contrasto con il principio volontarista secondo il quale le norme di condotta derivano da comandi di Dio, perché Dio potrebbe aver scelto di esprimere la propria volontà conferendo una certa organizzazione alla natura e alla ragione naturale.

7. Riferimenti bibliografici

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8. Risorse in rete