Che cosa sono i diritti umani? Investigare il paradosso (*)

Costas Douzinas

Le repliche ad un mio articolo precedente (I diritti sono universali?) hanno aperto un filone di discussione estremamente interessante, introducendo le questioni relative allo statuto metafisico dei diritti, al loro fondamento - contestuale o universale - e al loro rilievo politico. Zdeneky mi rimprovera di non capire che secondo il "realismo morale" le persone hanno diritti "come ogni altra proprietà naturale", si potrebbe dire come hanno braccia o gambe. La risposta al "realismo morale" è stata data, nel rapporto della organizzazione per i rifugiati Parfras presentato dal Guardian il 16 marzo 2009, da Jami e Barzo, due persone che senza successo hanno richiesto asilo e vivono nell'ombra. Un'umanità sotterranea senza casa, cibo, diritto al lavoro vive una vita-ombra nelle nostre città sopravvivendo con meno di un dollaro al giorno, riferisce Parfras. Nel video allegato al rapporto, Jami che dorme nei parchi si mette sommessamente a confronto con i suoi amici che hanno "le carte" e implicitamente con tutti noi. "Noi tutti abbiamo due mani, due occhi, due gambe. Loro sono umani come me". Barzo conclude la sua straziante descrizione dell'indigenza e della disperazione di un senza fissa dimora accusando sommessamente persone come noi che, dalle nostre case confortevoli, proclamiamo "diritti umani, diritti umani. Ma dove sono i diritti umani per i richiedenti asilo?". Echeggiando una cantilena ossessiva che li colloca su una linea che va da Shylock a Primo Levi, questi filosofi spontanei affermano una verità realistica indisputabile: noi tutti possiamo essere umani ma l'umanità ha sempre escluso, disprezzato e degradato alcune sue parti. L'umanità non è una: c'è sempre stata una scissione fra pienamente umani e meno umani.

Nel mondo dei diritti umani come si può comprendere questo paradosso che non tutti gli esseri umani hanno umanità? L'inflazione del discorso sui diritti ha reso opachi i termini. Per comprendere quello che Jami e Barzo ci dicono abbiamo bisogno di chiarirli di nuovo. "Diritti umani" è un temine che combina diritto e morale. I diritti (in senso giuridico) sono stati il mattone nella costruzione del diritto occidentale fin dalla prima modernità. In quanto umani, i diritti si riferiscono ad un tipo di morale ed al trattamento che gli individui si aspettano dai poteri pubblici e privati. I diritti umani sono una categoria ibrida che nel tenere insieme diritto e morale introduce una quantità di paradossi nel cuore della società.

Inizio con l'aspetto giuridico, quello che conta davvero per il modo in cui il potere tratta le persone. La proprietà privata ed i diritti contrattuali sono stati introdotti nella prima modernità. Entrambi sono un risultato dell'affermazione dell'economia di mercato e un contributo alla sua vittoria. Culturalmente, i diritti sono il precipitato di ciò che Alasdair MacIntyre ha chiamato una "catastrofe morale": la distruzione delle comunità premoderne regolate dalla virtù e dal dovere. Dato che la società capitalistica dell'individualismo e della libera volontà è priva di un codice morale universale, le limitazioni all'egotismo privato devono provenire dall'esterno. Reato penale, illecito civile e diritti ottengono esattamente questo scopo. Il diritto conferisce agli individui il potere di far valere i propri diritti, ma limita anche il loro esercizio, cosicché in teoria tutti godiamo della stessa quantità di diritti. Quando sorgono dispute, risolverle è affare degli avvocati e dei giudici. Questi esperti di norme hanno propagato la diffusa concezione secondo la quale le leggi e i diritti sono come i fatti: essi hanno un significato "oggettivo" che può essere scoperto dai professionisti. I diritti in senso giuridico convertono il conflitto politico e sociale in un problema giuridico relativo al significato delle norme.

Le norme giuridiche ed i diritti comunque non hanno il loro significato bell'e pronto, come un asso nella manica. Devono essere interpretati per essere applicati e la maggior parte delle dispute sui diritti rimanda a perlomeno due significati giuridici, contraddittori ma entrambi plausibili. Le disposizioni relative ai diritti umani, in particolare, sono generali ed astratte. Prendiamo il "diritto alla vita", che apre la maggior parte delle carte dei diritti e dei trattati sui diritti umani. La sua enunciazione non risolve le questioni relative all'aborto, alla pena di morte, all'eutanasia o il problema se davvero questo diritto garantisce le necessarie precondizioni per la sopravvivenza come cibo, casa o cure sanitarie. Nella maggior parte dei casi, una rivendicazione di diritti umani è l'inizio, piuttosto che la conclusione, di una disputa sul significato del diritto o della sua posizione relativamente ad altri diritti confliggenti. A questo punto, considerazioni di tipo morale, politico o ideologico entrano inevitabilmente nell'argomentazione giuridica. Per esempio, risolvere conflitti fra libertà e sicurezza implica assunzioni sul modo in cui funziona una società democratica, e queste in parte dipendono dalla posizione ideologica, politica o morale di chi prende le decisioni. Toglierle ai politici ed affidarle ai giuristi (con il loro punto di vista omogeneo) non cambia questo fatto fondamentale. Si ritiene che i diritti e la legge utilizzino la ragione ed i precedenti per rendere neutrale ed oggettivo l'esercizio del potere. Ma il soggettivismo represso ritorna sempre: le procedure e le decisioni giudiziarie sui diritti sono ambigue e aperte a esiti potenzialmente radicali.

I "diritti umani" sono anche rivendicazioni morali, riconosciute o meno dal diritto positivo. Una dissidente cinese che afferma il diritto alla libera attività politica ha insieme ragione e torto. Il suo "diritto" non si riferisce a qualcosa di cui è legalmente titolare ma a una rivendicazione riguardo a ciò che la morale (o l'ideologia, o il diritto internazionale o qualche altra fonte superiore) richiede. In questi senso, la dimensione morale dei diritti umani è sempre in conflitto potenziale con il loro statuto giuridico. I diritti umani confondono il reale e l'ideale. Prendiamo l'art. 1 della Dichiarazione universale dei diritti umani: "tutti gli esseri umani sono nati liberi ed eguali nei diritti". Ma, come ha notato per primo Jeremy Bentham, la sopravvivenza dei neonati dipende da chi li accudisce, mentre la pretesa che tutti gli uomini siano nati uguali svanisce di fronte alle enormi disuguaglianze nel mondo. La natura biologica e quella sociale distribuiscono le loro merci in modo diseguale, come risultato inevitabile degli accidenti della nascita e della storia. L'eredità, il rango e la condizione economica (s)favorevole della nostra famiglia e della nostra comunità determinano in grande misura le nostre vite. L'uguaglianza, d'altra parte, è innaturale: occorre lottare per essa. Pertanto, le enunciazioni dei diritti umani sono prescrizioni: le persone non sono libere ed eguali ma devono diventare tali. Questo risultato dipende dalla volontà politica e dalle condizioni sociali nelle quali si può lottare per il massimo di eguaglianza. L'eguaglianza è un appello all'azione e non una descrizione di uno stato di cose. Quando i filosofi morali e giuridici dimenticano questo semplice fatto non meritano più l'aggettivo "morali".

I diritti umani sono una sottocategoria dei diritti giuridicamente garantiti che proteggono beni ed attività importanti e sono attribuiti alle persone in ragione della loro umanità piuttosto che dell'appartenenza a categorie più ristrette come Stato, nazione o comunità. I rifugiati che non hanno Stato, nazione o legge per proteggerli devono essere i primi beneficiari dei diritti umani, i destinatari del conforto dell'umanità. Nonostante le pretese dei filosofi liberali la nuda umanità non offre protezione. I diritti umani, possiamo concludere, non appartengo agli esseri umani. I diritti umani contribuiscono a definire chi è umano ed a costruire come lo si è. Jami e Barzo non hanno per niente diritti. Nel loro caso, il paradosso del rapporto fra diritto è morale è stato risolto attraverso l'eliminazione dell'imperativo morale. Nonostante che sanguinino e soffrano come noi, non sono pienamente umani.

Il potere ideologico dei diritti umani consiste precisamente nella loro ambiguità retorica e nell'oscillazione fra il reale e l'ideale, fra l'umanità e la cittadinanza nazionale, l'unico provider dei diritti giuridicamente garantiti. Quando i diritti umani sono inseriti nell'ordinamento giuridico, come nel caso dello Human Rights Act, il diritto positivo include un principio di auto-trascendenza che preme sullo Stato giuridicamente stabilito. Un ordinamento giuridico che include i diritti umani è paradossalmente non eguale a se stesso, in quanto i diritti umani chiamano l'insieme del diritto a rendere conto: dovunque, non solo negli Stati totalitari.

In questo senso, i diritti umani possono divenire l'ultima espressione dell'impulso umano a resistere al dominio ed all'oppressione ed a dissentire dall'intolleranza dell'opinione pubblica. Questo è avvenuto nelle grandi rivoluzioni del XVIII secolo, nelle dichiarazioni successive alla Seconda guerra mondiale che hanno espresso un "mai più", nelle sollevazioni popolari contro i regimi fascisti e comunisti. Essi sono parte di una lunga ed onorevole tradizione che comincia in Occidente con la sfida di Antigone alla legge ingiusta e riemerge nelle lotte dei popoli disprezzati, assoggettati o sfruttati. Quelli che difendono Jami e Barzo appartengono a questa tradizione e riscattano il valore dei diritti umani. D'altra parte, quelli che utilizzano la retorica dei diritti umani per difendere i diritti pensionistici di Mr. Godwin o i diritti 'umani' di potenti aziende nel mondo in via di sviluppo contribuiscono alla banalizzazione ed alla possibile atrofia dei diritti umani.

Questa atrofia è la paradossale conseguenza del trionfo dei diritti. I diritti umani sono cambiati, si sono estesi e trasformati in un vernacolo che riguarda ogni aspetto della vita sociale. I diritti sono diventati ubiqui a prezzo di perdere la loro specificità e il loro significato. Sono visti come un concetto chiave della morale, della politica e della soggettività. Rivendicare diritti è la forma principale della morale. Responsabilità, virtù e dovere d'altra parte sono presentati come l'appannaggio dell'arretratezza e del fanatismo. Analogamente, il riconoscimento dei diritti sembra essere il principale obiettivo della politica. Rivendicazioni di gruppo e posizioni ideologiche, interessi di settore e campagne umanitarie sono ordinariamente espresse nel linguaggio dei diritti per gli individui. Ma quando i diritti diventano una trump card che prevale sulle politiche statali per - si afferma - sostenere la libertà dell'individuo, la società comincia a disgregarsi in un insieme di atomi indifferenti al bene comune. In questo modo la politica è depoliticizzata. Ne soffrono sia la libertà che la sicurezza.

Infine, i diritti sono il principale strumento della politica dell'identità. Nelle società postmoderne "io voglio X", o "X mi deve essere dato" è divenuto sinonimo di "io ho diritto a X". Questa inflazione linguistica indebolisce il nesso dei diritti umani con beni umani significativi. Un ministro recentemente ha sostenuto che abbiamo un diritto umano a elettrodomestici da cucina ben funzionanti. Il diritto di scegliere la scuola per i nostri figli o il nostro telefono cellulare è importante come il diritto di non essere torturati o di avere cibo in tavola. Ma questo non ha niente a che fare con la tradizione illuministica dell'emancipazione e dell'autonomia o con la tradizione radicale del dissenso, entrambe rappresentate nei diritti umani. Quando ogni desiderio può essere convertito in un diritto giuridicamente garantito niente mantiene la dignità di diritto.

C'è di più. Il discorso sui diritti è diventato un modo facile e semplice di descrivere situazioni storiche, sociali e politiche complesse, un tipo di "mappatura cognitiva" particolarmente utile per la copertura mediatica. Prendiamo lo sciopero dei minatori, di recente molto presente nell'informazione. Se è presentato come un conflitto fra il diritto di sciopero e il diritto a lavorare (come in questo caso è avvenuto spesso), un insieme complicato di relazioni, storie, tradizioni e comunità è ridotto ad un semplice calcolo diritto contro diritto, uno dei quali deve essere illecito. Ma questa traduzione ostacola sia la comprensione che la risoluzione del conflitto. Quando la portata dei diritti aumenta il loro implicito assolutismo rende intransigenti gli antagonisti.

Infine, a livello globale, i diritti umani sono divenuti l'ultima ideologia. Essa unisce il Nord e il Sud, imperialisti globalizzatori e contestatori anti-globalizzazione, liberali del primo mondo e rivoluzionari del terzo mondo. I diritti umani sono utilizzati come simbolo o sinonimo del liberalismo, del capitalismo e dell'individualismo da parte di alcuni, dello sviluppo, della giustizia sociale e della pace da parte di altri. Nel Sud, i diritti sono visti in prima istanza come diritti collettivi piuttosto che come diritti individuali, come diritti sociali ed economici piuttosto che come diritti civili, sono associati con la giustizia sociale piuttosto che con la libertà. I diritti possono essere di tutto per tutti. Ma la vittoria, l'universalità e l'ubiquità indicano che i diritti trascendono i conflitti di interessi e lo scontro delle idee? I diritti sono diventati un orizzonte comune che unisce Cardiff e Kabul, Londra e Lahore? E' un'idea rassicurante, che tuttavia viene giornalmente smentita dai notiziari. Se c'è qualcosa di perpetuo nel nostro mondo è il crescente divario di ricchezza fra i paesi metropolitani e il resto, l'abisso spalancato nel reddito e nelle opportunità fra ricchi e poveri, i sempre nuovi e ben sorvegliati muri che dividono le classi medie agiate dalla "sottoclasse" di immigrati, rifugiati e indesiderabili, quelle sacche di "terzo mondo" in mezzo al primo. Se non altro, il nostro mondo appare sempre più ostile e pericoloso e l'amministrazione di paure giustificate o immaginarie è diventato uno strumento importante e diffuso di governo.

I diritti umani introducono la morale nel diritto ed offrono una limitata garanzia giuridica alle istanze morali. Ma dato che la morale non è solo una e il diritto non è un semplice esercizio di ragionamento, i conflitti morali si introducono nell'archivio legale e le strettoie giuridiche regimano la responsabilità morale. Jami e Barzo ci ricordano qual è l'obiettivo dei diritti umani. Il loro triste soliloquio attesta il fatto che i diritti umani non hanno da offrire altro che paradossi.


*. "What are human rights?", The Guardian, 18 marzo 2009 (traduzione di Luca Baccelli).