2011

L'accesso ai servizi sanitari degli immigrati in Italia
Analisi delle problematiche attraverso la metodologia della growth diagnostic

Sara Giunti

Introduzione redazionale

Il movimento delle persone attraverso i confini nazionali è spesso caratterizzato da un'integrazione solo parziale nella società di destinazione. L'analisi dei fattori che limitano o ostacolano un pieno inserimento dei migranti nei paesi riceventi rappresenta, dunque, un aspetto centrale nello studio dei fenomeni migratori, che sono destinati ad aumentare di intensità negli anni a venire.

Introduzione

I dati sull'utilizzo dei servizi sanitari da parte degli immigrati in Italia sono piuttosto scarsi, ma le ricerche suggeriscono che gli stranieri incontrano numerosi ostacoli nell'accedere alle cure sanitarie. Ciò avviene in particolar modo per i programmi di prevenzione. Usufruire di cure sanitarie adeguate costituisce un problema per le barriere giuridiche che incontra chi richiede la cittadinanza e soprattutto, per gli immigrati senza documenti. Gli ostacoli culturali non sono meno rilevanti: la gestione del momento assistenziale può essere critica in ragione delle differenze linguistiche e culturali, mentre per alcune donne immigrate è la mancanza di medici di sesso femminile a determinare il mancato accesso alle cure sanitarie. Inoltre l'antropologia medica ha dimostrato che le categorie e i concetti utilizzati dagli immigrati per spiegare i propri problemi di salute differiscono significativamente da quelli di matrice occidentale.

Le istituzioni sanitarie identificano gli immigrati come soggetti particolarmente a rischio di esclusione sociale e conseguentemente, di marginalizzazione nell'accesso ai servizi sanitari. Tuttavia, nonostante l'acquisizione di tale consapevolezza, la definizione degli elementi che concorrono alla determinazione di queste condizioni non è del tutto chiara, a causa della molteplicità e della concomitanza dei fattori che entrano in gioco. In particolare, partendo dalle considerazioni emerse nelle analisi del fenomeno, risulta difficile individuare suggerimenti orientati al superamento delle problematiche a livello locale e nazionale, che possano tradursi in policies sostenibili e contemporaneamente efficaci su tutte le sfere considerate.

Pertanto, nonostante non si tratti di una problematica tipicamente riconducibile alla metodologia della growth diagnostic (1), analizzerò il fenomeno in questione al fine di individuare the most binding constraints che ostacolano l'accesso ai servizi sanitari per gli immigrati nel nostro paese. Grazie all'apporto fornito da questo strumento sarà possibile, a partire dalla key question "quali sono le difficoltà che limitano l'accesso ai servizi sanitari da parte degli immigrati?", individuare tra i fattori presi in analisi il most binding constraint sul quale intervenire. Tale procedura si rivela utile data la complessità degli elementi che sono chiamati in causa e l'evidente impossibilità da parte dello Stato italiano e degli Enti Locali di intervenire su tutti simultaneamente. Attraverso questo approccio metodologico si cerca di "isolare" il vincolo più significativo, al fine di fornire al policy maker uno strumento per l'elaborazione di un efficace ordine di priorità nelle riforme.

Il lavoro inizia con la descrizione del fenomeno migratorio in Italia e della sua recente evoluzione, in modo da ricostruire una storia country-specific e di lungo periodo della problematica in questione. In secondo luogo si procede con l'analisi dei vincoli che, successivamente verranno riorganizzati all'interno del decision tree. Non trattandosi di un tipico problema di diagnosi di crescita economica e data la scarsa disponibilità di dati aggiornati, l'identificazione del binding constraint si effettuerà attraverso considerazioni derivanti dall'analisi delle diverse politiche regionali, dalle ricerche effettuate nel campo dell'antropologia medica e delle riflessioni elaborate da operatori del settore.

Il fenomeno migratorio in Italia

Dalle indagini ISTAT sulla popolazione straniera residente in Italia, si possono ricavare alcune indicazioni sulle caratteristiche assunte dal fenomeno migratorio nel nostro paese. Tali informazioni saranno utili per comprendere la composizione e la collocazione territoriale dei potenziali utenti del Servizio Sanitario Nazionale. I cittadini stranieri residenti in Italia al 1º gennaio 2010 sono 4.235.059 pari al 7,0% del totale dei residenti, mentre al 1º gennaio 2009 essi rappresentavano il 6,5%. Nel corso dell'anno 2009 il numero di stranieri è aumentato di 343.764 unità (+8,8%), un incremento ancora molto elevato, sebbene inferiore a quello dei due anni precedenti (494 mila nel 2007 e 459 mila nel 2008, rispettivamente +16,8% e +13,4%), principalmente per effetto della diminuzione degli ingressi dalla Romania. Nel corso dell'ultimo anno i paesi che hanno mostrato l'incremento più rapido appartengono all'Europa dell'est e al subcontinente indiano.

Tra gli immigrati vi sono cittadini provenienti da un ampio ventaglio di paesi esteri, circa 190.

Gli stranieri si distribuiscono sul territorio italiano in maniera disomogenea. Oltre il 60% dei cittadini stranieri residenti in Italia risiede nelle regioni del Nord, il 25,3% in quelle del Centro e il restante 13,1% in quelle del Mezzogiorno, anche se nel 2009 la popolazione straniera è cresciuta più intensamente nelle regioni del Mezzogiorno rispetto a quelle del Centro-nord.

Scendendo a un livello territoriale maggiormente disaggregato, si possono osservare concentrazioni particolari: ad esempio, quasi un quarto (23,2%) degli stranieri residenti in Italia è iscritto nelle anagrafi dei comuni della Lombardia e quasi un decimo nella sola provincia di Milano, una quota non molto inferiore a quella dell'intero Mezzogiorno d'Italia. Il fenomeno migratorio assume massima rilevanza in Emilia-Romagna, dove la popolazione straniera incide per il 10,5% sul totale dei residenti. Si segnalano valori elevati anche per la Lombardia (10%) e il Veneto (9,8%). Al Centro i livelli sono leggermente più contenuti (intorno al 9%) (2). Gli stranieri residenti in Italia mostrano modelli insediativi molto diversi in relazione alla cittadinanza di appartenenza. Le collettività più numerose - rumeni, albanesi e marocchini - sono ben rappresentate in quasi tutte le aree del Paese, sebbene con gradi di concentrazione differenti a seconda delle zone. Esistono poi collettività che rivestono un ruolo significativo solo in alcune realtà geografiche, come è il caso dei cinesi nell'hinterland fiorentino e pratese (3).

Il rapporto fra i sessi nella popolazione straniera, sebbene nel complesso equilibrato, è spesso molto sbilanciato all'interno delle singole comunità. Tra le principali collettività a prevalenza femminile (ucraina, polacca, moldava, peruviana, ecuadoriana, filippina, rumena) i valori del rapporto oscillano fra i 26 maschi ogni 100 femmine nella comunità ucraina, e i circa 86 maschi ogni cento femmine in quella rumena. Una prevalenza maschile si osserva invece tra i cittadini del Senegal, dell'Egitto, del Bangladesh, del Pakistan, dell'Algeria, della Tunisia, dell'India, del Marocco, dello Sri Lanka, dell'Albania e della Cina: in queste comunità il rapporto fra i maschi e le femmine oscilla fra il livello tradizionalmente molto elevato della comunità senegalese (circa 329 uomini ogni 100 donne) e i circa 107 uomini ogni 100 donne di quella cinese (4).

Tali considerazioni pongono l'attenzione sul fatto che gli operatori sanitari si troveranno a relazionarsi con comunità di migranti diverse in base al territorio di riferimento. I fattori di differenza più significativi riguardano il paese di provenienza, l'esperienza migratoria vissuta, la struttura della comunità per sesso ed età, la dimensione lavorativa vissuta in Italia, la posizione dell'immigrato da un punto di vista legale. Occorre pertanto fare una precisazione: i dati esaminati fanno riferimento alla popolazione straniera residente in Italia al 1º gennaio 2010. Con popolazione straniera residente si fa riferimento alla popolazione di cittadinanza straniera che è iscritta nelle anagrafi comunali a una certa data.

Il termine straniero non è sinonimo di immigrato in quanto tra gli stranieri presenti in Italia ci sono anche le persone provenienti dai Paesi europei o extraeuropei a sviluppo avanzato (PSA), assimilabili, pertanto, agli

Italiani per quanto riguarda l'accesso ai servizi sanitari. Gli immigrati (5) sono coloro che provengono da Paesi a forte pressione migratoria (PFPM) siano essi appartenenti all'Unione Europea (UE) che extra europei.

In questo quadro occorre distinguere tra immigrati regolari, residenti in Italia con cittadinanza in PFPM, e immigrati clandestini/irregolari (STP) con cittadinanza in PFPM e residenza all'estero. Le previsioni contenute nel Rapporto sull'immigrazione 2010 di Caritas e Fondazione Migrantes, stimano il numero degli irregolari in Italia tra i 500 e i 700 mila. Volendo valutare il peso degli interventi sanitari a favore degli immigrati clandestini sul totale della popolazione si può far riferimento ai dati relativi al ricorso al ricovero ospedaliero. Gli ultimi dati aggregati a livello nazionale disponibili fanno riferimento al 2005 e stimano la quota dei ricoveri degli STP attorno allo 0,5% (6).

Analisi dei fattori che ostacolano l'accesso ai servizi sanitari

In questo paragrafo verranno individuati i principali fattori che ostacolano l'accesso ai servizi sanitari e che costituiranno successivamente i diversi rami del decision tree. L'analisi è stata organizzata a partire da tre aree tematiche principali: barriere legislative, culturali ed economiche. Dalle considerazioni elaborate all'interno di ciascuna di esse emergono gli elementi specifici di criticità da tenere in considerazione per la diagnosi finale.

La tutela della salute degli immigrati da un punto di vista normativo

Le politiche sanitarie per la tutela della salute degli immigrati e dei rifugiati in Italia sono di origine abbastanza recente. Soltanto nel 1998 il tema viene affrontato dalla legge n.40 "Turco-Napolitano", successivamente confluita nel Testo Unico sull'Immigrazione. L'art.34 di quest'ultimo prevede l'assistenza per gli stranieri iscritti al Servizio Sanitario Nazionale e contiene le norme che riguardano gli immigrati "regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale cioè con una titolarità giuridica di presenza testimoniata da un regolare permesso o carta di soggiorno". L'art.35 riguarda l'assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al SSN e affronta il tema della tutela sanitaria a salvaguardia della salute individuale e collettiva anche nei confronti di coloro non in regola con le norme relative all'ingresso e al soggiorno. Attraverso questi atti giuridici viene sancito il diritto alla salute e all'assistenza sanitaria per i cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, con l'obiettivo dichiarato di includere a pieno titolo i rifugiati e gli immigrati in condizione di irregolarità giuridica, garantendo loro oltre alle cure urgenti anche quelle essenziali, continuative ed i programmi di medicina preventiva.

In tal modo vengono introdotti, da un punto di vista normativo, principi di equità relativamente all'accesso all'assistenza, eliminando quelli che in passato costituivano i principali ostacoli: residenza, limite temporale, aliquote diversificate per l'iscrizione al SSN. Per non ostacolare l'accesso alle cure il Testo Unico contiene il divieto, da parte delle strutture sanitarie, di segnalazione all'autorità di polizia della presenza di immigrati senza permesso di soggiorno che richiedono aiuto medico (7). Tale provvedimento si allinea all'esortazione da parte del Parlamento Europeo ad eliminare qualunque obbligo, riservato al personale sanitario, di segnalare ai poteri pubblici la presenza di immigrati irregolari. Pertanto la proposta di abrogazione di tale divieto, contenuta all'interno del Pacchetto Sicurezza elaborato dal Governo nel 2008, ha suscitato l'indignazione dell'opinione pubblica e del mondo socio assistenziale. Il provvedimento è stato ritirato, ma l'introduzione del reato di ingresso e soggiorno illegale ha creato situazioni di confusione, successivamente chiarite da circolari del Ministero dell'Interno, e di diffuso timore da parte degli stessi immigrati.

Ad ogni modo, nonostante la legge nazionale risalga al 1998, si riscontra una mancanza di uniformità nella sua applicazione sul territorio legata al processo di decentramento amministrativo e politico dell'offerta sanitaria, soprattutto per quanto concerne le disposizioni che regolano l'accesso ai servizi sanitari per gli immigrati irregolari. Pur essendo la politica sull'immigrazione dettata a livello nazionale e inserita nel contesto di promozione delle misure di integrazione per i migranti individuate dall'Unione Europea, i percorsi di inserimento, di integrazione e di promozione in ambito sanitario sono implementati e realizzati localmente. Ciò può determinare una sensibile eterogeneità tra le varie regioni sia in ambito di accesso ai servizi, sia in ambito di profilo di salute della popolazione immigrata su base territoriale. In alcuni contesti la discrezionalità organizzativa a livello locale viene usata come pretesto per una inadeguata garanzia dei livelli assistenziali previsti dalla normativa nazionale.

Il progetto "Migrazione e Salute" condotto dall'Istituto Superiore di Sanità ha analizzato le politiche locali, individuando alcune variabili (linee guida, analisi del bisogno/osservatori, prevenzione e promozione della salute, formazione, mediazione in sanità, assistenza agli irregolari e ai comunitari) attraverso le quali confrontare i diversi casi regionali. Da tale analisi è emerso che, a livello generale, nonostante la presenza di una programmazione sensibile attorno ai temi della salute degli immigrati, la realtà dell'offerta dei servizi può esserne concretamente molto distante; tuttavia è anche emerso quanto sia più difficile che si realizzi il contrario, cioè che sussistano pratiche eque ed efficaci di tutela della salute della popolazione straniera, a fronte di un vuoto delle politiche. Dalla sintesi dei dati raccolti nelle singole regioni e riferiti alle variabili elencate sopra, è stato elaborato un indice sintetico finale relativo al livello di avanzamento delle politiche su immigrazione e salute (8). La Regione Puglia viene identificata come l'eccellenza in quest'ambito, grazie allo sviluppo di un processo politico e legislativo che si è consolidato negli ultimi anni rispetto alla questione dell'immigrazione e dall'altra parte situazioni particolarmente critiche della Calabria e della Basilicata che registrano un livello minimo di impatto delle politiche sanitarie per gli immigrati. Tuttavia questo indice riguarda la capacità di formalizzazione della politica locale in atti normativi e programmatici, mentre potrebbe non trovare riscontro diretto a livello applicativo, come nel caso della Sardegna. Per quanto riguarda la Toscana è stato riscontrato un alto livello di avanzamento delle politiche su immigrazione e salute (9).

Un'ulteriore fonte di ambiguità normativa riguarda i cosiddetti "neocomunitari" (cittadini entrati a far parte dell'Unione Europea solo da qualche anno) che non possedendo i requisiti richiesti (tessera europea assicurazione malattia) o essendo lavoratori "in nero" o trovandosi in condizione di marginalità legata a periodi di irregolarità giuridica pregressi, non hanno i titoli per accedere ai servizi sanitari. Quest'ultima problematica è stata parzialmente affrontata da una nota ministeriale che garantisce per queste categorie l'attivazione di campagne di vaccinazione, gli interventi di profilassi internazionale e la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive.

Indice sintetico sul livello di avanzamento delle politiche sanitarie locali
Fonte: S. Geraci, M. Bonciani, B. Martinelli, Area sanitaria Caritas Roma, 2010

Gli ostacoli culturali nell'accesso alla salute

Tra condizioni sanitarie e condizioni sociali degli immigrati intercorre una strettissima correlazione, al punto che lo stesso Servizio Sanitario Nazionale si delinea come un'istituzione che rende operativa la mediazione culturale. Gran parte dei servizi mostrano attualmente alcuni significativi ostacoli di tipo linguistico, comunicativo e, in generale relazionale, che vengono esaltati nell'ambito assistenziale dei soggetti in condizione di maggiore fragilità sociale. Ciò pone l'accento su come i concetti di salute, malattia, cura siano fortemente condizionati dalla cultura d'appartenenza. Come visto precedentemente, in Italia sono presenti oltre 4 milioni di immigrati, provenienti da una numerosa gamma di paesi diversi, con concezioni alquanto differenziate in materia di salute e malattia legate all'esperienza di vita individuale e influenzate dalla cultura d'origine. Pertanto, gli immigrati che si trovano a interagire con gli operatori del SSN hanno un approccio alla malattia legato in parte ai principi della biomedicina e in parte alle pratiche impiegate dalle medicine tradizionali e popolari. La classificazione della malattia e l'organizzazione dei servizi sanitari sono molto diverse nei paesi extraeuropei rispetto a quelle dei paesi dell'Europa, e di conseguenza, il confronto tra utenti immigrati e strutture europee si traduce in molti casi, nel confronto tra sistemi medici profondamente diversi e tra diverse concezioni del rapporto sintomo-malattia-terapia (10). Non tenere conto di questo fattore da parte dei servizi sanitari implica la cura del corpo a prescindere dall'orizzonte culturale in cui la malattia viene vissuta, con il rischio di proporsi ai malati in termini di estraneità, di ripulsione e quindi di inefficienza.

Tale concezione differenziata della salute può diventare un elemento di criticità per quanto riguarda ad esempio la medicina preventiva. Quest'ultima, infatti, costituisce un intervento a basso costo laddove esiste un sistema sanitario nazionale per mezzo del quale possa essere divulgata e praticata, ma ciò non è presente in molte aree del mondo. Pertanto la diffusione di questa pratica tra gli immigrati risulta complicata a causa della carenza di esperienza vissuta in materia. Tale fattore, che potrebbe sembrare irrilevante, costituisce una barriera significativa. Ciò è dimostrato anche dall'assenza di difficoltà nella diffusione delle vaccinazioni, poiché nonostante sia una pratica appartenete alla medicina "occidentale" da qualche decennio ormai se ne ha conoscenza in tutto il mondo.

Oltre a una difficoltà connessa a visioni culturali diverse delle pratiche sanitarie, si riscontra una difficoltà pratica di relazione tra il medico e il paziente immigrato. Il primo ostacolo, oltre alla ovvia barriera linguistica, è costituito da una difficoltà comunicativa nel cercare di denotare i fenomeni che avvengono in uno spazio privato e che vengono elaborati nella mente prima che esplicati nel linguaggio. Tale difficoltà, che è propria di ogni paziente, è particolarmente accentuata negli immigrati per i fattori già esaminati nel paragrafo precedente. Il secondo livello riguarda gli ostacoli più tipicamente culturali a rapportarsi con il personale sanitario, quali le difficoltà da parte delle donne di alcune comunità a farsi visitare da medici di sesso maschile o, come nel caso di pazienti etiopi maschi in età adulta, la riluttanza a farsi visitare regolarmente dal medico, poiché indice di debolezza.

Infine un'ultima conseguenza delle problematiche di interrelazione operatore sanitario-paziente riguarda lo sviluppo di pregiudizi reciprochi che portano, da parte del medico ad elaborare una "visione "esotica" dell'immigrato come portatore di malattie tropicali, dall'altra il paziente straniero alla formazione dell'aspettativa di una sanità ipertecnologica e totipotente" (11).

Ostacoli economici all'accesso alla sanità

La dimensione economica del problema investe essenzialmente due settori, uno riguardante la domanda di servizi sanitari da parte della popolazione immigrata, l'altro relativo all'offerta di servizi da parte dello Stato italiano e in particolare delle regioni. Dal punto di vista della domanda un ostacolo è costituito dalla condizione di estrema precarietà economica degli immigrati, soprattutto degli irregolari e dei regolari da poco insediatesi sul territorio nazionale, che renderebbero difficile il pagamento dei ticket previsti dal SSN. Per ovviare a tali problematiche la politica sanitaria espressa nel Testo Unico sull'Immigrazione ha previsto l'iscrizione gratuita al SSN per quei cittadini stranieri iscritti alle liste di collocamento o l'esenzione dal ticket per richiedenti asilo e detenuti. D'altro canto sono le stesse condizioni di estrema povertà e marginalizzazione sociale a far crescere la domanda di assistenza sanitaria per quei problemi di salute legati a stili di vita e alimentazione insalubri o a retaggi di un percorso migratorio logorante da un punto di vista sia fisico che psicologico. Dal lato dell'offerta ci si interroga sulla sostenibilità da parte del SSN della fornitura dei servizi sanitari a favore dei migranti, dal momento che la spesa pubblica destinata in tale direzione è in aumento, proporzionalmente alla crescita delle dimensioni del fenomeno migratorio.

In seguito all'analisi elaborata nei paragrafi precedenti è possibile costruire un albero decisionale che individua i fattori che ostacolano l'accesso ai servizi sanitari da parte degli immigrati in Italia.

albero decisionale

Individuazione del binding constraint

L'analisi riparte da una panoramica dei fattori individuati per capire quale sia il più vincolante alla facilitazione dell'accesso ai servizi sanitari. Quest'ultimo, pertanto, deve rispondere al seguente requisito: operando una riforma incentrata sul superamento di esso, è possibile innescare effetti positivi diretti e significativi.

Le barriere economiche legate alla sostenibilità dell'offerta pongono il problema dell'onerosità della fornitura di servizi sanitari agli immigrati per il bilancio del Sistema Sanitario Nazionale e delle singole regioni. Alcuni studi effettuati dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, rivelano che gli immigrati sono una popolazione piuttosto giovane, circa la metà di essi ha un'età compresa nella fascia 25-39 e circa un quinto sono minorenni. Per tale motivo i principali problemi di salute sono "acuti" e quindi essi si rivolgono prevalentemente alle strutture di ricovero per acuti, cioè agli ospedali. Sono infatti le patologie croniche quelle che richiedono prevalentemente l'utilizzo dei servizi del territorio. Pertanto, dall'osservazione dei dati relativi al ricorso all'ospedalizzazione, nonostante il numero dei ricoveri di immigrati sia in forte crescita legato all'aumento delle dimensioni del fenomeno migratorio, si osserva che la percentuale rispetto al totale della popolazione si mantiene bassa e concentrata soprattutto intorno a cause fisiologiche per le donne (parto, complicazioni gravidanza) e a cause accidentali (traumi) per gli uomini (12). Pertanto non si può stabilire un nesso causale tra il mancato accesso ai servizi da parte degli immigrati e la incapacità del SSN di sostenere la spesa degli interventi.

Gli ostacoli relativi alla condizione di estrema precarietà economica degli immigrati, accentuata dal momento di crisi dell'economia in generale, sicuramente influenzano negativamente la possibilità di accesso ai servizi sanitari, soprattutto in materia di prevenzione, a causa dell'onerosità dei ticket e delle difficoltà di sottrarre tempo al lavoro per recarsi nelle strutture sanitarie. Ma un intervento in tal senso coinvolgerebbe riforme strutturali del mercato del lavoro e del sistema sanitario i cui effetti esulano da quelli presi in considerazione.

Per quanto riguarda le barriere culturali, esse costituiscono una difficoltà effettiva che spesso vanifica gli sforzi operati a livello istituzionale per rendere operative le disposizioni individuate dalla legislazione in materia. Una difficile interazione medico-paziente oltre a condizionare l'esito specifico della cura, riduce il grado di fiducia dell'immigrato, e di riflesso della comunità di appartenenza, nelle strutture sanitarie; conseguentemente, ne determina l'allontanamento futuro. Il superamento delle differenze non solo linguistiche ma anche comunicative, cognitive ed antropologiche tra medico e paziente costituisce un aspetto fondamentale per il miglioramento dell'offerta di servizi alla popolazione straniera, ma esso può realizzarsi solo attraverso un impegno da parte delle istituzioni sanitarie ad applicare politiche adeguate in materia. L'introduzione di mediatori culturali, la formazione di personale competente, la riorganizzazione dei servizi in modo flessibile affinché incontrino l'esigenze lavorative e personali degli immigrati, sono provvedimenti che rientrano nelle competenze delle politiche sanitarie regionali e ci riconducono all'analisi delle terzo tipo di ostacoli.

La priorità di un SSN di tipo universalistico e solidaristico, quale quello italiano, dovrebbe essere quella di contrastare le crescenti diseguaglianze nella salute svolgendo un ruolo di advocacy per i gruppi più vulnerabili e realizzando modelli assistenziali in grado di dare una risposta efficace ai bisogni di salute di tutti. Una questione cruciale per lo stato di salute dell'immigrato è rappresentata dal grado di accessibilità e fruibilità dei servizi sanitari. La prima dipende prevalentemente dalla normativa, la seconda dalla capacità dei servizi a livello locale di adeguare le risposte ad utenti differenti. Gli immigrati hanno incontrano ostacoli ad accedere ai servizi socio-sanitari a causa delle barriere burocratiche, delle difficoltà nel districarsi all'interno del complesso labirinto dei servizi e della mancanza di conoscenza dei propri diritti, soprattutto per la fascia degli irregolari. La legge nazionale rappresenta una indicazione di principio che compete alle regioni trasformare in normativa regionale e in politiche locali in grado di garantire i diritti sanciti dalla legislazione nazionale. La regione infatti, come stabilito dalla legge costituzionale, è l'ente di programmazione cui spetta la competenza legislativa in termini di tutela della salute (13).

La delega alle regioni italiane e la relativa competenza legislativa hanno prodotto sul territorio italiano differenti modalità di attuazione della legge nazionale relativa all'assistenza sanitaria agli immigrati.

Da alcune indagini effettuate nel 2008 dal Centro Nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie sulla situazione dell'assistenza sanitaria per gli immigrati STP, ovvero i soggetti maggiormente a rischio di emarginazione sociale, emerge una forte disparità tra le diverse realtà regionali e spesso, anche all'interno della stessa regione. Nello specifico, solamente 12 regioni su 21 hanno dato attuazione alle normative contenute nel Testo Unico sull'immigrazione emanando direttive specifiche (circolari, decreti, delibere) su come erogare l'assistenza sanitaria di base agli immigrati STP. Le direttive regionali si sono orientate prevalentemente (8 su 12) verso l'attivazione di ambulatori di medicina generale dedicati ai pazienti STP presso i servizi territoriali. La P.A. di Trento, la Regione Toscana e la Regione Umbria, hanno previsto un accordo con i MMG. con cui si determina l'assistenza medica a favore di stranieri STP. Nelle rimanenti 9 regioni, in assenza di indicazioni regionali, le Aziende Sanitarie hanno interpretato in vario modo la normativa nazionale (DPR n. 394/99), organizzando o meno differenti forme di risposte assistenziali.

Ciò si è concretizzato a livello territoriale con provvedimenti alquanto vari: sono stati istituiti ambulatori presso le strutture territoriali in 14 regioni su 21, ambulatori di volontariato in convenzione con le Aziende Sanitarie del Sistema Sanitario Regionale in 6 regioni, ambulatori presso Aziende Ospedaliere in 5 regioni, accordi con Medici di Medicina Generale in 3 regioni, ambulatori di volontariato non convenzionato con la struttura pubblica in 3 regioni e, infine solo Pronto Soccorso in una regione (14).

Con ambulatori presso le strutture territoriali o presso le aziende ospedaliere si intendono ambulatori ad accesso facilitato, senza prenotazione, che forniscono assistenza medica di base gratuita alla popolazione immigrata. Il personale medico ed infermieristico è dipendente del SSR a cui compete anche la gestione e l'organizzazione del servizio. Gli ambulatori di volontariato convenzionati con le Aziende Sanitarie del SSR sono ambulatori che forniscono assistenza medica di base gratuita. Sono gestiti da associazioni no profit che stipulano con la struttura pubblica una convenzione o un protocollo di intesa in cui vengono definiti i tempi e le modalità di erogazione del servizio. Gli accordi con i Medici di Medicina Generale prevedono che questi eroghino assistenza sanitaria di base a immigrati STP stabilendo con il SSR le modalità per la rendicontazione. Infine gli ambulatori di volontariato non convenzionati: sono ambulatori gestiti autonomamente da Associazioni no profit. Riguardo a quest'ultimi va anche segnalato che l'offerta volontaria, specie se "sganciata" dal SSR spesso non è nota a livello regionale.

Anche l'impegno del SSR nell'organizzazione e nel finanziamento dell'offerta assistenziale è molto variabile da regione a regione, andando dal completo finanziamento dei servizi in 11 regioni, ad un finanziamento parziale in 7 regioni, a nessun finanziamento in 3 regioni. Nelle 9 regioni che non hanno emesso direttive regionali, delegando l'organizzazione dell'assistenza sanitaria agli STP alle Aziende Sanitarie, l'impegno del SSR è proporzionalmente inferiore. In quest'ultime pertanto si riscontra una maggiore variabilità nell'organizzazione dei servizi pubblici e di quelli erogati dal volontariato no profit: in Lombardia e Puglia sono presenti solo ambulatori di volontariato; in Calabria, sono presenti ambulatori di volontariato convenzionati; in Liguria si incontrano ambulatori di volontariato e ambulatori presso strutture pubbliche; in Emilia Romagna sono presenti ambulatori pubblici e convenzionati; in Basilicata, l'unico accesso all'assistenza sanitaria è attraverso il Pronto Soccorso.

I risultati dell'indagine sottolineano che per gli immigrati presenti in Italia la possibilità di accedere all'assistenza di base varia a seconda della regione e del territorio in cui essi si trovano. Ciò, oltre a comportare una lesione dell'art. 32 della Costituzione italiana ed una deroga ai Livelli Minimi di Assistenza e al principio di equità ispiratore del Sistema Sanitario Nazionale, condiziona anche la capacità di verificare il grado efficienza dei servizi messi in atto. Infatti, l'assenza di indicazioni sull'attuazione dei modelli organizzativi uniche per tutto il territorio nazionale, non consente di individuare strumenti per monitorare la domanda di servizi ed il grado di risposta da parte delle strutture sanitarie. Pertanto, le potenzialità relative allo scambio di informazioni sulle metodologie più virtuose per realizzare l'accesso ai servizi, vengono annullate, poiché le competenze in materia sono distribuite differentemente nei vari organi regionali. Inoltre, una differenziazione dei metodi di accesso ai servizi sanitari tra i territori comporta un ulteriore difficoltà per il cittadino straniero nel comprendere l'articolazione e il funzionamento del sistema assistenziale italiano.

Concludendo l'analisi, è possibile individuare nella differenziazione regionale nell'applicazione della normativa nazionale il most binding constraint. Pertanto, come suggeriscono i teorici della growth diagnostic, un'azione orientata al superamento di tale vincolo, dovrebbe apportare un contributo significativo alla facilitazione dell'accesso alle cure da parte degli immigrati; gli effetti di tale provvedimento potrebbero conseguentemente avere ripercussioni positive sugli altri vincoli considerati.

Da tale elaborazione possono emergere alcuni spunti di riflessione significativi in termini di priorità nell'attuazione delle riforme. L'attenzione del policy maker, al fine di rendere più efficaci i propri interventi, potrebbe catalizzarsi in primo luogo su riforme volte alla costruzione di obiettivi e provvedimenti comuni per le diverse aree. Ciò, quanto meno, faciliterebbe un monitoraggio più coerente dello status di salute degli immigrati sul territorio, volto a ridurre le lacune individuate nell'organizzazione attuale dei servizi (difficoltà interazione linguistica e culturale, precarietà economica immigrati,...); tale processo avrebbe come risultato la diffusione delle esperienze acquisite dalle realtà più virtuose e il superamento degli strumenti operativi più inefficienti.

Riferimenti bibliografici

  • Geraci, S., "La sindrome di Salgari 20 anni dopo", Janus.Medicina: cultura, culture,(2006), 21, pp.21-29.
  • - "La salute degli immigrati:luci ed ombre", Agenzia Sanitaria Italiana, (2007), 44, p.2-14.
  • - "Immigrazione e salute: politiche sanitarie inclusive ed il nodo dell'accessibilità", in R. Libanora (a cura di) Dossier UmanamENTE, 2010.
  • Geraci, S., Bonciani, M., Martinelli, B., La tutela della salute degli immigrati nelle politiche locali, Roma, Inprinting srl, 2010.
  • Marceca, M., "L'assistenza sanitaria agli immigrati: quadro normativo e politiche sanitarie emergenti", L'arco di Giano, (1999), 22, p.27-35.

Sitografia


Note

1. Con growth diagnostic si indica la metodologia di analisi dei sistemi economici nazionali, proposta da Hausmann et al. (2005 e 2008) che ricerca i principali binding constraints e bottlenecks che ostacolano lo sviluppo di un paese, ponendosi contemporaneamente come modello teorico e come manuale pratico per i policymakers. La growth diagnostics esamina i potenziali ostacoli alla crescita economica in uno specifico contesto, dove il singolo paese è il soggetto dell'analisi. La ricerca del vincolo più stringente su cui indirizzare gli sforzi dei policymakers viene presentata da Hausmann et al. (2005) come un albero decisionale, al fine di identificare in quale fattore risiede il principale ostacolo alla crescita. Gli autori pongono alla base di tale metodologia di analisi sia la necessità di differenziare le strategie di crescita in base ai vincoli ed alle opportunità del contesto - escludendo il modello one size fits all e basandosi su un'approfondita conoscenza delle specificità locali -, sia l'esigenza di dare un ordine di priorità alle riforme da implementare, alla luce delle limitazioni politiche ed amministrative proprie di ogni governo.

2. Istat, "La popolazione straniera residente in Italia al 1º Gennaio 2010", Roma, Istat, 2010, p. 6.

3. Sui modelli insediativi delle principali comunità straniere sul territorio italiano si veda le tavole e i grafici ISTAT 2010.

4. Istat, "La popolazione straniera residente in Italia al 1º Gennaio 2010", cit., p. 5.

5. Un immigrato è una persona straniera nata all'estero e residente in Italia. L'Istat non contabilizza tra gli immigrati le persone di cittadinanza italiana nate all'estero che risiedono in Italia. Pertanto, gli immigrati che hanno acquisito la cittadinanza italiana non sono presi in considerazione nell'articolo. Per quanto riguarda i minori, la Convenzione di New York sui diritti del Fanciullo, cui si rifà il nostro ordinamento, garantisce in senso ampio la tutela della salute del minore al di là dei limiti entro i quali è assicurata la tutela sanitaria degli stranieri adulti non in regola con le norme di soggiorno, e prevede per tutti i minori di 18 anni il diritto al godimento del miglior stato di salute possibile e a beneficiare dei servizi medici e di riabilitazione. Tuttavia la possibilità d'iscrizione del minore al SSN dipende dallo status giuridico del genitore; di conseguenza nell'analisi sono compresi i figli di immigrati che non hanno cittadinanza italiana, irregolari o regolari, indipendentemente dal luogo di nascita del minore.

6. Per i dati relativi ai tassi di ospedalizzazione degli immigrati STP si fa riferimento al report "La spesa sanitaria per gli immigrati", a cura del Gruppo tecnico del progetto "Promozione della salute della popolazione immigrata in Italia".

7. M. Marceca, "L'assistenza sanitaria agli immigrati: quadro normativo e politiche sanitarie emergenti", L'arco di Giano, (1999), 22, p.28.

8. S. Geraci, M. Bonciani, B. Martinelli, La tutela della salute degli immigrati nelle politiche locali, Roma, Inprinting srl, 2010, pp. 48-49.

9. Per i rapporti relativi all'avanzamento delle politiche nei singoli contesti regionali si consultino i documenti di sintesi del progetto "Migrazione e Salute" condotto dall'Istituto Superiore di Sanità.

10. Per una disanima più ampia delle differenze culturali nell'approccio alla salute e alla cura si vedano anche gli Atti dei Workshop "Immigrazione, Salute e Partecipazione" (2003).

11. S.Geraci, "Immigrazione e salute: politiche sanitarie inclusive ed il nodo dell'accessibilità", in R. Libanora (a cura di) Dossier UmanamENTE, 2010, pp.89-100.

12. Le conclusioni proposte fanno riferimento ai risultati dello studio commissionato dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie alla Regione Marche e legato al progetto dal titolo "Promozione della salute della popolazione immigrata in Italia", 2007-2008.

13. S.Geraci, "Immigrazione e salute: politiche sanitarie inclusive ed il nodo dell'accessibilità", cit., p. 91.

14. Per un approfondimento dell'analisi relativa all'attuazione delle politiche nazionali a livello regionale si veda il rapporto a cura di Osservatorio epidemiologico sulle Diseguaglianze/ARS Marche dal titolo "Immigrati e servizi sanitari in Italia: le risposte dei sistemi sanitari regionali", 2008.