2006

La razza come categoria giuridica in Brasile

Eduardo R. Rabenhorst

Il diritto è un processo di classificazione della realtà. Una classificazione che si realizza attraverso categorie che possono essere definite previsioni di eventi, di atti, di circostanze o di oggetti, ai quali si attribuisce una determinata conseguenza giuridica (BERGEL, 2001). Alcune categorie del diritto sono formali e interamente costruite dal discorso giuridico, altre, invece, rappresentano un tentativo di comprensione e semplificazione della realtà sociale. Molte categorie giuridiche provengono dalla diffusione della conoscenza scientifica o esprimono valori e ideologie ampiamente disseminati nella società. In ogni modo, le categorie giuridiche non sono rigide, ma si rinnovano senza sosta, dal momento che il diritto è portato a assorbire i costanti mutamenti della vita sociale. In verità, il sistema concettuale giuridico non è statico, ma esprime la lotta simbolica fra i diversi segmenti della società per la definizione del mondo sociale, da cui si evince l'intima connessione esistente tra politica e diritto (BOURDIEU, 1986).

La categoria della negritude esemplifica bene questa articolazione tra il politico e il giuridico. In modo generico, la negritudine è un eufemismo impiegato dai movimenti sociali neri come riferimento a tutto ciò che riguarda l'eredità culturale africana. Tuttavia, in senso più ristretto, il vocabolo negritude ¾ creato dal poeta e scrittore antilliano Aimé Césaire nel 1939 ¾ designa un movimento estetico di riabilitazione della cultura nera estremamente importante per quel cammino di presa di coscienza della situazione di dominio e di discriminazione degli afro-discendenti nelle diverse parti del mondo (BERND, 1988). Più che un progetto letterario, la negritude è stato un tentativo di rigetto del colonialismo - e del processo di assimilazione culturale a esso soggiacente - e una ricerca, certamente dolorosa e vendicativa, del riconoscimento della condizione nera.

È sicuramente vero che il termine di negritudine non appartiene all'insieme delle categorie giuridiche. Però, indirettamente, l'idea di negritude è presente come orizzonte intellettuale nell'estesa lista di testi normativi internazionali che combattono il razzismo, l'intolleranza, la discriminazione razziale, la xenofobia e il genocidio, come anche è presente nei documenti giuridici che riconoscono e proteggono la diversità etnica in generale. Nell'ambito della legislazione brasiliana è possibile identificare una indiretta incorporazione delle concezioni di negritude nel testo della Constituição Federal del 1988, strumento giuridico che per la prima volta nella storia del diritto nazionale riconobbe gli afro-brasiliani quali soggetti portatori di diritti etici, soprattutto il diritto alla proprietà da parte delle restanti comunità dei quilombos (Art. 68 delle Disposizioni Transitorie), e il diritto di protezione delle manifestazioni culturali del popolo nero brasiliano (Art. 215, §1).

Più che una decisione legislativa, il riconoscimento di questi diritti fu la conseguenza di una ampia lotta del movimento nero, che poteva contare sull'impegno decisivo di Abdias do Nascimento, all'epoca unico membro afro-brasiliano del Congresso Nazionale (DAVIS, 2000). Difatti, la storia della lotta per i diritti civili della popolazione afro-brasiliana è stata sempre segnata da evoluzioni e da arretramenti. Fino all'inizio della seconda metà del XX secolo gli afro-brasiliani godevano di pochi diritti specifici, conquistati principalmente grazie all'azione decisiva del Fronte Nero Brasiliano (FNB). Tali diritti, limitati al piano civile e politico, assicuravano un trattamento uguale dinnanzi alla legge e il diritto al lavoro libero da ogni discriminazione, oltre alla criminalizzazione di ogni pregiudizio razziale. Il Fronte Nero Brasiliano giunse a costituirsi come vero e proprio partito politico, ma rapidamente fu soppresso, insieme alle altre organizzazioni nere, dallo Estado Novo (SKINDMORE, 1989). Con la fine dello stato di eccezione, il movimento nero ritornò a agire nello spazio pubblico, soprattutto attraverso il Teatro Sperimentale Nero (TEN), potendo contare ancora una volta sulla significativa partecipazione di Abdias do Nascimento (NASCIMENTO, 1982).

L'emergenza di una nuova dittatura in Brasile tra gli anni del 1964 e del 1985 ha rappresentato un nuovo arretramento nella lotta per il riconoscimento dei diritti degli afrobrasiliani, nonostante sia proprio durante questo periodo che vengono pubblicati alcuni dei testi accademici più importanti sulla situazione razziale del paese (FERNANDES, 1965). Pur affrontando una dura repressione politica, gli afrobrasiliani riuscirono a fondare a San Paolo, nel 1978, il Movimento Nero Unificato, organizzazione che ebbe un ruolo fondamentale nell'elaborazione della Constituição Federal del 1988, soprattutto attraverso una alleanza con i partiti politici della sinistra.

Negli anni '90 il movimento nero brasiliano fece un passo decisivo per la sua visibilità con la promozione nel 1995, della famosa marcia Zumbi dos Palmares - Contra o racismo, pela igualdade e a vida, evento che finalmente riuscì a porre la questione razziale nera nell'agenda politica brasiliana e a rendere fino a un certo punto popolare la nozione di negritude, fino a quel momento ristretta alla sfera dei discorsi intellettuali.

Dall'elenco delle conquiste politiche del movimento nero brasiliano possiamo evidenziare alcune realizzazioni portate a termine dai due ultimi governi federali: l'istituzione del Programma Nazionale dei Diritti Umani con una serie di attività rivolte alla popolazione afro-brasiliana; la creazione della Segreteria per l'Uguaglianza Sociale che ha lo statusdi un ministero; la nomina del primo ministro nero al Supremo Tribunale Federale e l'implementazione di varie politiche pubbliche che concedono una attenzione speciale ai neri nella distribuzione di benefici da parte dei programmi sociali.

Fra tutte le azioni condotte o promosse dall'attuale governo del Presidente Luis Inácio Lula da Silva, la più polemica è lo Statuto per l'Uguaglianza Razziale, proposto dal Deputato Paulo Paim del PT (Progetto di Legge 3198 de 2000). Lo Statuto avrebbe riacceso una antica discussione sulla questione nera in Brasile, prendendo posizioni esacerbate circa il significato della mescolanza razziale nel paese (si veda, per esempio, FRY e MAGGIE, 2006; o in direzione opposta CARNEIRO, 2006). I punti più polemici del progetto di legge sottomesso al Congresso Nazionale sono: (1) creazione della categoria giuridica degli "afro-brasiliani" come dispositivo di identità; e (2) previsione di politiche affermative, soprattutto nella forma di quote da destinare alle università, alle banche e ai settori pubblici, come meccanismo di correzione delle disuguaglianze razziali e allo stesso tempo di promozione dell'uguaglianza di opportunità.

Al contrario di quanto si possa immaginare, la principale resistenza alla trasformazione della negritudine in categoria giuridica non provenne dai giuristi, ma dai teorici e dagli intellettuali tradizionalmente simpatizzanti con le rivendicazioni del movimento nero. In effetti, il dibattito giuridico sembrò concentrarsi maggiormente sul significato dei valori repubblicani e democratici. Aleggia il sospetto che lo Statuto per l'Uguaglianza Razziale sia una minaccia al principio di isonomia assicurato dalla Constituição Federal. Tuttavia, a giudicare dalla posizione già assunta da alcuni tribunali brasiliani, la tendenza è che le politiche di azione affermativa e la concessione di diritti specifici a determinati gruppi minoritari nel paese finiscano per essere intese come meccanismi di concretizzazione di una uguaglianza complessa o sostanziale, nel senso propugnato da importanti pensatori del diritto (per esempio: RAWLS, 1971).

Altro tema importante del dibattito giuridico riguarda le conseguenze della costruzione dell'essere neri come soggetto di diritti specifici e dell'inclusione della categoria di "razza" nella legislazione brasiliana. Di fatto, anche se il vocabolo razza è integrato nella legislazione che combatte la discriminazione, in Brasile, neppure all'epoca dello schiavitù, è esistita una legislazione che classificasse gli individui secondo il criterio razziale. A tal proposito, uno degli articoli più polemici dello Statuto per l'Uguaglianza Razziale riguarda l'«obbligo di introdurre il quesito su razza/colore in tutti i documenti in uso nel Sistema Unico Sanitario», che sembra suggerire un riconoscimento di elementi biologici nel concetto di razza.

Come è stato già detto, lo Statuto per l'Uguaglianza Razziale ha conosciuto una maggior resistenza all'interno della comunità scientifica, principalmente da parte di alcuni autori che si dedicano allo studio della questione nera in Brasile. La grande preoccupazione concerne l'ambiguità dell'ideologia della negritude. Storicamente, in quanto movimento culturale, la negritude ha cercato di denunciare l'etnocentrismo europeo e il suo rifiuto di considerare la cultura africana come parte sostanziale della cultura occidentale. Tuttavia, in quanto azione politica, la negritude finì per convertirsi in una mistica razziale militante, fondata su una visione profondamente essenzialista dell'identità nera (TOWA, 1979). Ne deriva che non sono pochi gli scienziati sociali che difendono una visione più fluida e dinamica della negritude. In fin dei conti, come dispositivo di identità, la negritude dovrebbe essere intravista nel mondo contemporaneo globalizzato non come una condizione biologica, ma come un modo di essere permanentemente reinventato e in costante mutamento.

Nel caso specifico della società brasiliana, alcuni scienziati sociali ritengono che la rappresentazione della condizione nera sia stata costruita negli ultimi anni a partire da caratteristiche troppo rurali - come l'ancestralità, la memoria condivisa, le manifestazioni culturali de derivazione africana, tra le altre cose - peculiarità certamente pertinenti se riferibili alle comunità quilombolas, ma che difficilmente potrebbero risultare valide per l'insieme della popolazione nera brasiliana. Per Livio Sansone, ad esempio, la negritudine in Brasile "non è una caratteristica razziale fissata su una differenza biologica, ma una identità razziale e etnica che si può basare su una molteplicità di fattori: il modo di amministrare l'apparenza fisica nera, l'uso di tratti culturali associati alla tradizione afro-brasiliana (particolarmente nella religione, nella musica e nella culinaria), lo status, o una combinazione di questi fattori" (SANSONE, 2004, p. 25).

Vi è, poi, consenso tra gli autori sull'esistenza di un razzismo 'alla brasiliana', molto più dissimulato di quello esistente nelle altre società, e nonostante tutto esiste un rifiuto dell'idea diffusa dal movimento nero e sostenuta da alcuni ricercatori (per esempio, MUNANGA, 2001), per cui l'auto-immagine brasiliana relativa alla sua diversità etnica sarebbe soltanto una farsa elaborata dai diversi viaggiatori stranieri che passarono di qui nel corso di cinque secoli o il sintomo di una visione distorta e alienata della realtà corroborata da intellettuali bianchi come Gilberto Freyre e Sérgio Buarque de Holanda. Per Roberto da Matta, ad esempio, il sistema di classificazione brasiliano, che contiene una miriade di nuances di colore, è una strategia che impedisce l'emergenza della visione polarizzata delle razze esistente in altri paesi (DA MATTA, 1990).

Aleggia anche il sospetto che l'attuale dibattito sulla negritude stia camminando nella direzione propugnata dalla società nord-americana, quando il Brasile invece offrirebbe un nitido contro-esempio a una tale prospettiva. È anche vero che gli studi prodotti alla fine degli anni '70 nell'ultimo secolo hanno demistificato l'idea della democrazia razziale brasiliana (si veda principalmente HASENBALG, 1979 e 1986). Tuttavia, secondo quanto ha osservato Livio Sansone, la trasformazione dell'immagine della società brasiliana nell'accademia e nella letteratura specializzata - che ha smesso di essere un paradiso razziale per diventare un inferno razziale - non può essere intravista in maniera neutra né separata dall'attività degli stessi organismi che promuovono ricerche in questa area (1).

È superfluo osservar che la questione razziale si è convertita in uno dei principali fuochi di tensione della nuova società brasiliana. Una rapida consultazione dei principali mezzi di comunicazione o addirittura delle pagine Internet, rivela l'ampiezza della discussione e la difficoltà di trovare una soluzione consensuale. Come altri paesi del mondo, il Brasile affronta la sfida di proteggere i diritti dei gruppi minoritari e di promuovere l'uguaglianza complessa senza, al contempo, minacciare i principi di isonomia e di sottomissione alla volontà generale che caratterizzano le società democratiche. Detto in altro modo, la sfida di costruire un vero pluralismo politico capace di riconoscere e correggere la situazione di subordinazione e marginalità delle minoranze e, allo stesso tempo, adatto a assicurare che i diversi gruppi sociali abbiano accesso equo ai beni sociali primari e allo spazio pubblico. Una società plurale, dal punto di vista politico, è quella in cui la democrazia svolge il suo ruolo fondamentale relativo al rispetto della "pluralità dei fini legittimi". Non si tratta di un compito semplice. Dopo tutto, società di questo tipo devono creare strumenti che assicurino il vincolo politico, l'interscambio e la reciprocità tra le persone che non si trovano sullo stesso livello sociale, politico, culturale e economico e non condividono la stessa visione di bene-comune. L'attuale polemica sulla negritudine che si è infiltrata nel cuore della società brasiliana ha avuto almeno la prerogativa di strappare il cittadino comune dallo stato di letargia in cui si trovava su questo tema. Al contempo, ha tirato in ballo la necessità di comprendere che la mescolanza brasiliana non può essere utilizzata come mera petizione di principio contro il progetto di consolidamento di una società veramente plurale e multiculturale.

Bibliografia di riferimento

  • BERGEL, Jean-Louis (2001). Teoria geral do direito. São Paulo: Martins Fontes.
  • BERND, Zilá (1988). O que é negritude? São Paulo: Brasiliense.
  • BOURDIEU, Pierre (1986). "La force du droit. Éléments pour une sociologie du champ juridique", Actes de la recherche en sciences sociales, N° 64.
  • CARNEIRO, Sueli de Sá (2006). "Da igualdade", Afropress. Agência Afro-étnica de notícias.
  • DA MATTA, Roberto. (1990), "Digressão: a fábula das três raças, ou o problema do racismo à brasileira", in Relativizando, uma introdução à antropologia social, Rio de Janeiro, Rocco, pp. 58-87.
  • DAVES, Darien J. (2000). Afro-brasileiros hoje. São Paulo: Summus.
  • HALL, Stuart (1999). A identidade cultural na pós-modernidade. Rio de Janeiro: DP&A.
  • LOCHAK, Danièle (1992). "La race: une catégorie juridique?", in Actes du colloque Sans distinction de... race, Paris: Presses de la FNSP.
  • FRY, Peter (2002). "Política, nacionalidade e significado de raça no Brasil", in BETHELL, Leslie, Brasil: fardo do passado, promessa do futuro, Rio de Janeiro: Civilização Brasileira.
  • FERNANDES, Florestan (1965). A integração do negro na sociedade de classes. São Paulo: EDUSP.
  • FRY, Peter e MAGGIE, Yvonne (2006). "Política social de Alto Risco", O Globo, 11 de abril de 2006.
  • HASENBALG, Carlos (1979). Discriminação e desigualdades raciais no Brasil. Rio de Janeiro: Graal.
  • HASENBALG, Carlos. (1996), "Entre o mito e os fatos: racismo e relações raciais no Brasil", in MAIO, Marcos C. e SANTOS, Ricardo V. (orgs.),Raça, ciência e sociedade, Rio de Janeiro, Ed. da Fiocruz/Centro Cultural Banco do Brasil.
  • MAGGIE, Yvonne e Rezende, Claudia Barcelos (2002). Raça como retórica. Rio de Janeiro: Civilização Brasileira.
  • MUNANGA, Kabengele (2001). Rediscutindo a mestiçagem no Brasil. Petrópolis: Vozes.
  • NASCIMENTO, Abdias do (1982). O negro revoltado. Rio de Janeiro: Nova Fronteira.
  • RAWLS, John (1971). A Theory of Justice, Cambridge, Mass.: Harvard University Press.
  • SANSONE, Livio (2004). Negritude sem etnicidade. Salvador/Rio de Janeiro: EDUFBA/PALLAS.
  • SENGHOR, L. S. (1964). Negritude et humanisme. Paris: Seuil.
  • SKINDMORE, Thomas (1989). Preto no Branco, raça e nacionalidade no pensamento brasileiro. São Paulo: Paz e Terra.
  • TOWA, Marcien (1979) L'Idée d'une philosophie négro-Africaine. Yaoundé: CLE.

(Traduzione di Vincenzo Russo)


Note

1. Scrive a questo proposito il professor Sansone: "Il Brasile non è mai stato un paradiso razziale, e neppure è oggigiorno un inferno razziale: quello che è drasticamente cambiato è stata la prospettiva degli scienziati sociali e degli intellettuali in generale nei confronti della razza in Brasile. Questo cambiamento si deve soprattutto all'alterazione dei progetti politici dell'ambiente accademico e delle fondazioni Ford, Rockfeller e MacArthur, dal momento che gli Stati Uniti hanno sempre avuto una importanza indiretta nella definizione delle relazione razziali come area di studio in Brasile (...) Quando l'America liberale e gli attivisti del movimento per i diritti civili avevavno bisogno di provare che la mescolanza non era una aberrazione, il Brasile costituiva una solida prova positiva. Quando, dopo lo smantellamento della segregazione giuridica negli Stati Uniti, le identità etniche e razziali diventarono componenti esenziali della modernità nord-americana, fu difficile ammettere che altri paesi potessero combinare la modernità con la razza e con l'etnicità in moduli completamente differenti" (SANSONE, op. cit., p. 278).