2015

Children’s Rights: tra violazioni e forme di tutela

Thomas Casadei e Lucia Re








[La Convenzione Onu] non va enfatizzata. Essa rappresenta

una tappa nel percorso di riconoscimento giuridico internazionale

dei diritti dei bambini, ma è appunto una tappa

a cui devono succederne altre, superandone i limiti[1]




Si è di recente celebrato il 25° anniversario della Convenzione internazionale dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza delle Nazioni Unite (20 novembre 1989), in cui per la prima volta sono stati enunciati, in forma sistematica e coerente, i diritti che devono essere riconosciuti e garantiti a tutti i bambini e le bambine del mondo.

Cosa è cambiato, concretamente, in questo lasso di tempo? Quali sono le questioni ancora aperte – tanto sul piano teorico quanto su quello pratico? Quali sono, ancora, le “nuove frontiere” in materia di tutela dei minori e affermazione dei loro diritti?

Ripercorrere la storia che ha condotto alla definizione del testo, diventato il trattato in materia di diritti umani con il maggior numero di ratifiche da parte degli Stati (194, esclusi Stati Uniti e Somalia), significa non compiere una celebrazione retorica di conquiste acquisite ma, semmai, fare il punto – coinvolgendo studiosi e studiose, rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni che si occupano di minori, operatori, operatrici, esperte ed esperti di settore – sulle sfide attuali e future che riguardano le condizioni dei bambini e delle bambine, a livello internazionale ma anche italiano ed europeo[2].

Tema centrale della Convenzione è il diritto all’ascolto (art. 12), che vede il/la minore diventare a tutti gli effetti soggetto di diritto e attore sociale (aspetto quest’ultimo, peraltro, non privo ancora di interpretazioni controverse[3]); ciò implica una grande attenzione per i contesti che devono consentire l’ascolto effettivo, manifestazione, al contempo, della libertà di espressione e del diritto di partecipazione, ovvero di agency. Una delle questioni che emerge, a questo proposito, è la difficoltà dei tribunali di dare concretezza a questo aspetto, da cui derivano tanti problemi che toccano, oltre alla persona del bambino, le relazioni, le famiglie e i nuclei affettivi.

La Convenzione può, d’altra parte, servire da mappa per mettere in luce le diverse forme di violenza di cui sono vittime i bambini e le bambine, ma anche per cercare alcune possibili soluzioni.

Il contrasto allo sfruttamento e al lavoro minorile, alla tratta e alle nuove schiavitù, alle molteplici forme di violenza e di abuso sui bambini e le bambine segnano altri ambiti su cui è necessario porre non solo specifica attenzione ma anche misurare l’efficacia degli interventi di contrasto, sul piano normativo e della prevenzione. E si deve ricordare la massiccia violazione di diritti umani che si verifica nei contesti bellici, nei quali bambini e bambine sono talora usati come soldati e sono spesso le prime vittime[4]. Attualmente sono milioni i bambini e le bambine ospitati nei campi profughi[5] e quelle/i la cui vita è costantemente in pericolo a causa dei conflitti armati in atto nei territori in cui vivono.

Un’altra grave minaccia ai diritti umani di bambine, bambini e adolescenti viene dalle diverse forme di inquinamento e dalla progressiva privatizzazione delle risorse ecologiche del pianeta. Come suggeriscono le ONG impegnate su questo terreno (ad esempio Terre des Hommes), questa emergenza impone di adottare nuovi strumenti diagnostici, come quello della relazione tra clima e diritti, ovvero un’agenda dei “diritti ecologici” che faccia proprie prospettive quali quella della tutela e promozione dei “diritti ambientali delle nuove generazioni”.

In questo contesto, che porta in primo piano la questione delle violazioni dei diritti nonché quella dei pericoli che i bambini e le bambine corrono nell’odierna “società globale”, una nuova frontiera di indagine è poi quella relativa alle forme di violenza che attraversano la rete, ai reati che ne derivano e alle molteplici dimensioni di rischio.

Diritto alla cittadinanza e alla partecipazione democratica attiva[6], ad un’educazione inclusiva e senza discriminazioni (come suggerisce l’art. 2)[7], costituiscono, sul piano dei princìpi, le grandi innovazioni della Convenzione[8]; “prenderle sul serio”[9] impone di fare i conti – come ha suggerito la sociologia dell’infanzia più recente – con condizioni e situazioni concrete in cui minori e adolescenti vengono a trovarsi e con le quali si confrontano quotidianamente associazioni, nonché importanti figure istituzionali come, in Italia, i Garanti dell’infanzia.

Sotto questo profilo, centrale è il tema del contrasto all’omofobia e del riconoscimento delle nuove forme di genitorialità[10]. Né si può ignorare l’importanza della educazione di genere[11] e la necessità di adottare, in campo educativo come nelle policies, nuove prospettive sui diritti umani, quali quella promossa dagli studi sulla disabilità[12].

Fra le discriminazioni più rilevanti ai danni di persone minori si devono segnalare, soprattutto in Europa, quella concernente gli stranieri, in particolare i “minori stranieri non accompagnati” (MSNA), e le minori e i minori rom e sinti. Se, da una parte, si devono mettere in evidenza le gravi violazioni dei diritti umani di queste/i minori, dall’altra, nuove forme di accoglienza e supporto a bambini, bambine e adolescenti, vanno, tra mille difficoltà, concretizzandosi in alcune realtà territoriali e sollecitano l’urgente bisogno di un modo diverso di guardare alle istituzioni, a cominciare dagli enti locali e dalle loro competenze e funzioni, amministrative e sociali. Le “buone pratiche” messe in atto da amministrazioni consapevoli e proattive ci parlano del coinvolgimento delle professioniste e dei professionisti dei servizi sociali, educativi, sanitari, di azioni positive del mondo della scuola e del volontariato, ma richiamano anche l’impellenza di interventi legislativi efficaci, da tempo auspicati e, ad oggi, ancora in fase di discussione nel Parlamento italiano.

Infine, in costante discussione, tanto a livello normativo, quanto a livello giurisprudenziale e di prassi applicativa, sono le forme dell’affido familiare, nonché le modalità di concepire il rapporto tra minori, reato e pena[13], problematica su cui da tempo ormai si cimentano la giustizia riparativa e le sue pratiche.

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Questo forum muove dunque dall’esigenza di sviluppare su “Jura Gentium” una riflessione organica e “a più voci” interamente dedicata alle condizioni di vita dei bambini e delle bambine, degli adolescenti e delle adolescenti, ai loro rapporti con le istituzioni, ai contesti specifici, sociali ed economici, che rappresentano gli ambienti in cui dovrebbero trovare realizzazione i loro diritti, facendo dialogare esperti ed esperte di diversi settori. Ciò nella consapevolezza che solo da approcci pluri e interdisciplinari[14] possono scaturire adeguate forme di comprensione della realtà ed efficaci azioni di tutela e promozione dei diritti di soggetti vulnerabili (per ragioni storiche, economiche, politiche e sociali) che sovente vengono, nonostante le Convenzioni, le carte internazionali e le legislazioni dei differenti paesi, ad essere relegati ai margini o addirittura collocati fuori dallo spazio giuridico-politico.



* Questa discussione online trae spunto dalla tavola rotonda organizzata presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Modena e Reggio Emilia, il 18 novembre 2014, “La Convenzione internazionale dei diritti del fanciullo (1989): riflessioni e prospettive in occasione del XXV° anniversario”.

Nel presente forum sono pubblicate le relazioni della tavola rotonda insieme a interventi di altre studiose e studiosi di tematiche minorili. Il forum è inoltre aperto a chiunque voglia pubblicare un contributo, redatto secondo il codice di stile di Jura gentium (http://www.juragentium.org/about/it/style.pdf), e inviato a lucia.re@unifi.it.

Note

[1] V. Belotti, “Verso pari opportunità tra generazioni”, in V. Bellotti, R. Ruggiero (a cura di), Vent’anni di infanzia. Retorica e diritti dei bambini dopo la Convenzione dell’Ottantanove, Milano, Guerini, 2008, pp. 11-35, p. 21.

[2] Cfr. Y. Ronen, C.W. Greenbaum (eds.), The Case for the Child: Towards a New Agenda, Antwerp, Intersentia, 2008.

[3] Come si mostra in I. Fanlo Cortés, Bambini e diritti. Una relazione problematica, Torino, Giappichelli, 2008. Sull’argomento si veda, da ultimo, anche P. Ronfani, “I diritti dei bambini: vecchie e nuove questioni”, Sociologia del diritto, 2, 2013, pp. 107-130. L’autrice ha il merito di “dare sinteticamente conto delle più ricorrenti questioni, da quelle più datate a quelle di nuovo interesse, di cui oggi si discute nei differenti saperi che, con le loro specifiche rappresentazioni dei bambini, degli adolescenti e dei loro diritti, concorrono alla costruzione dei children’s rights come “fenomeno sociale” (p. 108). Della stessa Ronfani resta fondamentale I diritti del minore. Cultura giuridica e rappresentazioni sociali, Milano, Guerini, 2001.

[4] Cfr. ad esempio http://www.unicef.it/doc/218/bambini-e-guerre.htm e https://childrenandarmedconflict.un.org/our-work/persistent-violators-and-sanctions/.

[5] Cfr. http://www.unhcr.org/pages/49c3646c1e8.html.

[6] Si vedano, a titolo esemplificativo, G. Maggioni, M.P. Mittica, Pratiche di partecipazione. Teorie e metodi di intervento con bambini e adolescenti, Roma, Donzelli, 2003; C. Baraldi, “Children’s Citizenships. Limitations and Possibilities of Childhood Sociology in Italy”, Current Sociology, 2, 2010, pp. 272-291. Nel contesto internazionale: A. Invernizzi, B. Milne, “Some Elements of an Emergent Discourse on Children's Right to Citizenship”, Journal of Social Science, 9, 2005, pp. 83-99.

[7] S. Besson, “Il principio di non discriminazione”, in V. Belotti, R. Ruggiero (a cura di), Vent’anni di infanzia, cit., pp. 125-156.

[8] Come mostrò assai efficacemente Alessandro Baratta: “Infanzia e democrazia. Per una interpretazione dinamica della Convenzione internazionale sui diritti del bambino”, Materiali per una storia della cultura giuridica, 2, 1999, pp. 495-525.

[9] M. Freeman, “Perché resta importante prendere sul serio i diritti dei bambini”, in V. Belotti, V. Ruggiero (a cura di), Vent’anni di infanzia, cit., pp. 69-87; L. Alanen, “Editorial. Taking Children’s Rights Seriously”, Childhood, 1, 2010, pp. 5-8.

[10] Sul tema si veda ad esempio la recente risoluzione del Parlamento Europeo http://www.europarl.europa.eu/news/it/news-room/content/20150605IPR63111/html/Parit%C3%A0-di-genere-obiettivi-pi%C3%B9-chiari-e-miglior-monitoraggio.

[11] Sul tema si veda ad esempio, sul fronte istituzionale in una prospettiva di gender mainstreaming, la United Nations Girls’ Education Initiative: http://www.ungei.org/. Un interessante laboratorio italiano in tema di educazione di genere è invece l’Associazione “Scosse”: http://www.scosse.org/.

[12] Cfr. ad esempio https://www.disstudies.org/ . Per una presentazione sintetica dei DS e un’analisi del loro rapporto con la teoria femminista si può vedere M.G. Bernardini, “Freak: corpi, menti e indipendenza nella prospettiva dei Feminist Disability Studies”, in O. Giolo, L. Re (a cura di), La soggettività politica delle donne. Proposte per un lessico critico, Roma, Aracne, 2014, pp. 155-190. Nel panorama italiano cfr. anche Italian Journal of Disability Studies e, soprattutto, gli studi di Angelo Marra: Diritto e disability studies. Materiali per una nuova ricerca multidisciplinare, Reggio Calabria, Falzea, 2009; I diritti delle persone con disabilità nella vita familiare e la Convenzione ONU del 2006, in G.F. Basini et al. (a cura di), Codice ipertestuale commentato dei minori e dei soggetti deboli,Torino, UTET, 2011, pp. 3674-3680.

[13] Si veda, da ultimo, L. Re, “La detenzione penale minorile: un’analisi critica”, in E. Urso (a cura di), Giustizia penale minorile, Trieste, Cendon, 2013, pp. 58-80. Cfr., sulla particolare condizione dei minori stranieri, E. Milelli, “Minori stranieri e sistema penale minorile: il diritto alla rieducazione e al reinserimento sociale”, in Th. Casadei (a cura di), Diritti umani e soggetti vulnerabili. Trasformazioni, aporie, violazioni, Torino, Giappichelli, 2012, pp. 269-284.

[14] È questa la ferma convinzione, tra gli altri, del giurista e filosofo del diritto inglese Michael Freeman, tra i fondatori dell’International Journal of Children’s Rights, e di una delle più note esponenti della nuova sociologia dell’infanzia di area francofona, Régine Sirota, della quale si può vedere “French Childhood Sociology. An Unusual, Minor Topic or Well-Defined Field?”, Current Sociology, 2, 2010, pp. 250-271.