2015

Dalla “Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza” ai più recenti Documenti normativi in tema di tutela dei minori dai reati di pornografia minorile. Riflessioni sui pericoli della Rete1.

Malaika Bianchi  
(Università di Parma)



1. Premessa


La celebrazione del XXV anniversario della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza offre l’opportunità per soffermarsi a riflettere sull’evoluzione normativa europea e nazionale in tema di tutela dei minori e sullo stato dell’impegno assunto a garanzia dei loro diritti. Uno dei principali ambiti in cui si articola la protezione del soggetto minorenne, enunciato dalla Convenzione e, successivamente, approfondito dal “Protocollo opzionale sulla vendita di bambini, la prostituzione dei bambini e la pornografia riguardante bambini” del 2000, è quello che concerne la tutela del minore da qualsiasi forma di sfruttamento e violenza sessuale.

In particolare, il fenomeno della pornografia minorile, su cui il Protocollo opzionale ha concentrato la propria attenzione, segnalando agli Stati di intervenire attraverso una repressione in criminalibus dei comportamenti ad essa connessi, è oggi di estrema attualità e tende ad assumere contorni sempre più sfumati, ma non meno preoccupanti, a causa dello strumento privilegiato con cui le immagini pornografiche vengono prodotte e messe in circolazione: le tecnologie informatiche.

Non si può negare che la diffusione di Internet abbia rappresentato, in numerosi ambiti, una straordinaria opportunità di sviluppo, divenendo un ottimo strumento per approfondire la conoscenza, per trasmettere ed ottenere informazioni, per intessere rapporti, il tutto con estrema velocità, libertà, gratuitamente o con costi irrisori, agevolmente, senza limiti di luogo o di tempo. Tuttavia, le nuove tecnologie informatiche rappresentano, ormai da diversi anni, anche dei mezzi efficaci per la commissione di vecchie e nuove fattispecie di reato. Così, anche il mercato della pedo-pornografia ha trovato nella Rete il luogo più adatto e sicuro per prosperare ed espandersi e i produttori di materiale pornografico minorile hanno individuato nei social network facili sedi per contattare ed adescare minorenni e “trasformarli” in protagonisti di immagini pornografiche2.

Proprio questo mondo “virtuale”, privo di confini, di controllo, di volti da riconoscere e denunciare, costituisce una grande attrazione per i minori, i quali in esso trovano la libertà di esprimersi, di sperimentare nuove conoscenze, di mascherare le proprie insicurezze. E’ così che gli adolescenti, per curiosità, ingenuità, superficialità, inesperienza possono facilmente incappare nei rischi della Rete, la cui natura virtuale sembra rendere qualsiasi azione irrilevante, qualsiasi contatto o incontro non pericoloso perché “immateriale” e quindi governabile ed evitabile.

Ma v’è di più, l’uso inconsapevole delle Rete da parte dei minori, non solo può renderli facili vittime di delitti a sfondo sessuale, ma anche autori dei medesimi reati. Da alcune pronunce giurisprudenziali e da ricerche sociologiche internazionali e nazionali emerge, infatti, con aspetti estremamente preoccupanti, come gli stessi adolescenti possano assumere il ruolo di autori dei delitti di pedo-pornografia. Lo spazio virtuale può esporre, quindi, il minore a due tipologie di rischi: se da un lato, al suo interno, egli può entrare in contatto con soggetti che approfittano della sua vulnerabilità, dall’altro può scorgervi un terreno fertile per commettere, più o meno consapevolmente, reati a danno dei pari.

È proprio da questa angolazione, ossia dal ruolo di Internet e delle tecnologie informatiche nella perpetrazione dei delitti a sfondo sessuale a danno di minori, ed in particolare dei delitti di pedo-pornografia, che si vuole rileggere, in chiave attuale, il monito della Convenzione ONU, quando all’art. 34 (lett. c) chiedeva agli Stati di adottare ogni adeguata misura per impedire “che dei fanciulli siano sfruttati ai fini della produzione di spettacoli o di materiale a carattere pornografico”.

Dalla Convenzione Onu del 1989, che ha pioneristicamente individuato nella pedo-pornografia una forma di sfruttamento sessuale dei minori, e richiesto l’intervento delle Nazioni per combattere tale fenomeno, infatti, sono seguiti numerosi documenti normativi internazionali ed europei che, evidenziando, nelle loro premesse, la natura transnazionale di questi reati, hanno intrapreso misure atte a contrastare l’utilizzo della Rete da parte dei cd. “pedofili”.

Vedremo quindi, nel prosieguo, alcune delle novità apportate al nostro codice penale a seguito dell’implementazione di questi documenti internazionali da parte del legislatore italiano, il quale mostra di utilizzare, sempre più frequentemente, una tecnica di anticipazione della tutela penale. Porremo in evidenza, inoltre, come alcune fattispecie possano essere applicate ad “ipotesi limite”, ossia a casi di produzione e diffusione ad opera di minorenni di immagini intime di altri minori: un fenomeno sempre più diffuso fra gli adolescenti, la cui repressione sicuramente esula da quell’obiettivo “di lotta globale alla pedofilia” che sottendeva l’introduzione delle norme incriminatrici relative alla pornografia minorile. In conclusione, individueremo tre aspetti di “vulnerabilità” che, a nostro avviso, originano dall’uso delle tecnologie informatiche quale strumento per la commissione di questi reati.



2. I delitti di “pornografia minorile” e brevi cenni sul nuovo delitto di “adescamento di minorenni”.


Nel panorama giuridico sovranazionale, fra i principali atti normativi che, successivamente alla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, si sono occupati della tutela dei minori da reati a sfondo sessuale, documenti su cui il legislatore italiano ha fondato i propri interventi di riforma, ricordiamo la Dichiarazione finale della Conferenza mondiale di Stoccolma contro lo sfruttamento dei bambini a fini commerciali del 1996, il Protocollo opzionale della Convenzione ONU sulla “vendita di bambini, la prostituzione dei bambini e la pornografia riguardante bambini” del 2000, la Convenzione sulla Criminalità informatica del 2001, laDecisione quadro 2004/68/GAI relativa alla lotta contro lo sfruttamento dei bambini e la pornografia infantile, la Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale del 20073 e, da ultimo, la Direttiva 2011/93/UE, relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile4. Questi documenti, seppur con alcune differenze, convergono nell’obiettivo di costruire un’adeguata azione preventiva, punitiva e d’intervento a tutela del minore vittima di questi reati.

Il percorso storico della disciplina della pedo-pornografia nel nostro paese ha avuto inizio nel 1998 quando il legislatore, con la Legge n. 269/1998, ha introdotto, nell’ambito di una più ampia riforma volta a garantire una completa tutela contro lo sfruttamento dei minori in ambito sessuale, i delitti di “pornografia minorile” (art. 600-ter c.p.) e di “detenzione di materiale pornografico” (art. 600-quater c.p.). Il processo di questa protezione rafforzata dei minori dagli abusi sessuali è stato poi caratterizzato da successive integrazioni apportate, dapprima, dalla legge n. 38 del 2006, con cui è stato introdotto anche il nuovo delitto di “pornografia virtuale” (art. 600-quater.1 c.p.), quindi dalla legge n. 94 del 2009 e, infine, dalla legge n. 172 del 2012.

Il graduale potenziamento della tutela penale in questo ambito è la risposta del nostro ordinamento alle forti sollecitazioni provenienti dai documenti sovranazionali che abbiamo precedentemente richiamato. La protezione è rivolta ai bambini e agli adolescenti, vittime estremamente vulnerabili di un crescente fenomeno di mercificazione del loro corpo, della loro immagine, della loro sessualità5. In particolare, i delitti di pedo-pornografia violano il diritto fondamentale dei minori ad un corretto sviluppo fisico, psicologico, spirituale, morale e sociale, e dunque ad un’equilibrata e completa formazione dell’intera personalità in divenire: è questo il bene giuridico tutelato dalla normativa6.

Ebbene, il legislatore italiano ha previsto l’incriminazione di quasi tutte le condotte connesse alla pedo-pornografia7, con l’obiettivo di colpire il mercato di queste immagini nella sua globalità, dai comportamenti più gravi, implicanti l’utilizzo di minori per la realizzazione delle opere pornografiche, il reclutamento o l’induzione, a comportamenti di intermedia offensività, come il commercio, la diffusione e la divulgazione di tali materiali, a condotte punite meno severamente come l’offerta o la cessione, fino all’ultimo anello della catena, ossia la semplice detenzione delle immagini pedo-pornografiche, slegata da qualsiasi responsabilità nella creazione delle stesse8.

Mentre le fattispecie criminose fino ad ora enunciate sono tutte accomunate dall’avere a monte un minore in carne ed ossa, un minore reale che è stato utilizzato per la realizzazione di immagini pornografiche, diversamente deve intendersi con riferimento al reato di “pornografia virtuale”, introdotto nel codice penale, nel 2006, all’art. 600-quater.1. Con la nuova norma il legislatore ha ulteriormente ampliato la sfera della punibiltà, incriminando anche le immagini “realistiche” in cui si affianca, ad esempio, al volto del minore, “ritagliato” da una rivista pubblicitaria, il corpo di un adulto, oppure collage costituiti da “parti” di immagini ritraenti minori ed altri pezzi creati artificialmente attraverso moderni programmi software, iltutto inserito in un contesto pornografico. Fra le ragioni alla base di questa incriminazione, vi è sicuramente la convinzione che la pedo-pornografia virtuale, al pari di quella reale, sia in grado di stimolare gli istinti sessuali devianti dei pedofili e di spingerli a compiere abusi sessuali a danno di minori9.

L’utilizzo sempre più frequente da parte del legislatore di tecniche di anticipazione della tutela penale è reso evidente anche dalla nuova fattispecie di “adescamento di minorenni” (art. 609-undecies c.p.)10, che sanziona la condotta tesa ad ottenere la fiducia del minore di anni sedici (attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l'utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione), al fine di realizzare successivamente un più grave reato di abuso o di sfruttamento sessuale. Fra i reati cui deve essere finalisticamente orientata l’attività di adescamento sono compresi anche i delitti di pedo-pornografia11. In base alla nuova norma, con un obiettivo di stampo chiaramente preventivo, lo ius criminale interviene attraverso lo strumento della sanzione penale per evitare che la presa di contatto con il minore degeneri nell’abuso, o nel caso della pedo-pornografia, nella realizzazione di tali immagini. Il diritto penale esercita il suo potere punitivo non solo prima che l’incontro avvenga, ma in una fase ancora anteriore, che precede addirittura la proposta di incontro, quella dell’instaurazione della comunicazione per carpire, attraverso subdole modalità, la fiducia del minore al fine di commettere più gravi reati di abuso12.



3. E se autore dei delitti di pedo-pornografia è un minore?


Soggetto passivo dei delitti di pedo-pornografia può essere sia un bambino in tenera età, sia un adolescente, poiché il nostro ordinamento individua nel minore di anni diciotto il soggetto meritevole di tutela, senza prevedere soglie intermedie di età all’interno di questa cornice. Le immagini possono quindi ritrarre, indifferentemente, sia un bambino di dieci anni che è stato costretto a prestarsi alle realizzazione dell’opera, sia un diciassettenne che ha manifestato il proprio consenso.

L’atteggiamento “paternalistico” del legislatore, seppur criticabile sotto l’aspetto dell’aprioristica negazione della capacità di autodeterminazione del minore ultraquattordicenne, che peraltro gode di un diritto alla libertà sessuale nel nostro ordinamento13, può, per alcuni aspetti, comprendersi. Se si può affermare che un minore fra i quattordici e i diciotto anni sia capace di esprimere un consenso consapevole ad un rapporto sessuale nell’ambito di una relazione affettiva, maggiori dubbi sorgono circa la sua capacità, necessariamente più strutturata, di esprimere un consenso consapevole alla realizzazione e diffusione di immagini che ritraggono la sua sessualità e che potrebbero essere messe in circolazione nello spazio del Web.

Tuttavia, non sempre l’adolescente che liberamente acconsente ad essere ritratto in pose pornografiche lo fa a favore di un adulto “adescatore” che mira a diffondere le immagini per inserirle nel mercato della pornografia minorile. Ai terrificanti contesti di approfittamento e mercificazione della sessualità dei minori si affiancano, infatti, realtà di spontanea intimità fra adolescenti, in cui la giovane coppia decide di registrare i propri rapporti sessuali o di fotografarsi in pose osè. A questa prima fase può seguire l’invio privato al fidanzatino/a di tali immagini o videoregistrazioni attraverso il telefono cellulare, e.mail, ecc., affinché vengano gelosamente conservate. E’ fra queste modalità di utilizzo dei media da parte degli adolescenti a fini erotici che si colloca l’estremamente attuale e diffuso fenomeno del “sexting”, che consiste nello scambiarsi immagini a contenuto sessuale, spesso all’interno di un rapporto consensuale14.

Per evitare che le attuali disposizioni in tema di pornografia minorile possano prestarsi a sanzionare simili condotte, quelle più intime e private, sarebbe stata forse opportuna la previsione di una causa di non punibilità a favore del minore che produca e detenga materiale pornografico che ritrae un minore consenziente che ha raggiunto l’età del consenso sessuale, sempre che il materiale non sia destinato alla cessione o diffusione ma resti nell’esclusiva disponibilità dei protagonisti rappresentati. In questo modo si sarebbe potuta evitare la criminalizzazione della “pornografia privata” realizzata fra minori consenzienti. Una causa di esclusione della punibilità di questo tipo, non solo è prevista dalla maggior parte dei documenti internazionali ed europei che si sono occupati di pornografia minorile15, ma è stata proposta anche dal legislatore italiano in sede dei lavori preparatori che hanno portato all’approvazione della L. n. 38/2006 che, inter alia, ha riformato l’art. 600-ter c.p.16. La causa di non punibilità fu inaspettatamente soppressa, sollevando aspre critiche da parte della prima dottrina che si è occupata del tema, secondo la quale si rendeva evidente un palese contrasto con la ratio ispiratrice delle incriminazioni in oggetto17.

Questo precoce utilizzo della sessualità a fini ricreazionali, seppur meriti di essere studiato e compreso dal punto di vista sociologico e psicologico, dovrebbe comunque esulare dall’alveo del diritto penale. Questa posizione si allinea ai primi orientamenti della dottrina, sia italiana, sia straniera, che pone l’attenzione sulla ratio che sottende i delitti di “pornografia minorile”, sul bene giuridico tutelato, nonché sui contenuti dei diritti e delle libertà dei soggetti minorenni18.

Tuttavia, non bisogna trascurare il fatto che questo fenomeno può facilmente degenerare quando le immagini realizzate con il consenso della persona ritratta vengono successivamente diffuse da coloro che le hanno prodotte o ricevute, a fini prevaricatori, vendicativi, di umiliazione o, semplicemente, per gioco. Può trattarsi di ipotesi gravi di cyberbullismo, ossia quella recente modalità telematica di realizzazione di comportamenti vessatori che, utilizzando la Rete, rende l’azione particolarmente insidiosa ed offensiva: il messaggio può, infatti, essere diffuso in poco tempo ad un numero indeterminato di persone, con conseguente amplificazione dei danni. In questi casi la giurisprudenza ha confermato l’applicabilità dei delitti di pedo-pornografia anche alle azioni compiute da minori19.



4. Le tre vulnerabilità create dall’ambiente digitale. Per una strategia della prevenzione.


È vero, Internet non è la causa della produzione e diffusione di immagini pedo-pornografiche e non ha dato origine ai tentativi di adescamento di minori ad opera di potenziali abusanti. Questi comportamenti esistevano prima di Internet.

La Rete ha tuttavia agevolato la realizzazione di queste condotte e, infatti, assurge oggi a strumento privilegiato per la loro commissione. Non si può proporre un’analisi di questi fenomeni criminosi senza riflettere sul ruolo che il mezzo informatico ha avuto nella loro rapida evoluzione ed allarmante diffusività. Riteniamo che Internet, o più in generale l’ambiente digitale, abbia determinato una tripla vulnerabilità nel contesto dei delitti oggetto del presente intervento20.

Una prima vulnerabilità apparterrebbe al ruolo dell’intervento penale, il cui potere e la cui efficacia rischiano di vacillare, da un lato per le difficoltà connesse all’armonizzazione di delitti che spesso trascendono i confini nazionali proprio a causa dello strumento informatico con cui vengono commessi, dall’altro per la necessità di sempre più sofisticate tecniche d’indagine e di mezzi per la ricerca delle prove.

Un secondo momento di vulnerabilità concerne le giovani vittime, la cui ingenuità e inesperienza verrebbero da Internet enfatizzate, perché tale strumento permette all’autore del crimine di nascondersi dietro una falsa identità, di ingannare senza che la vittima possa smascherarlo e quindi difendersi. Nel delitto di adescamento, in particolare, lo strumento informatico consente all’agente di adulare il minore con frasi apparentemente innocue ed, infine, di confonderlo, inducendolo in modo graduale ed inconsapevole ad abbandonare eventuali iniziali resistenze per prestarsi a diventare vittima di abusi sessuali o di pedo-pornografia21. Un’ulteriore caratteristica del Cyberspace, che acuisce la vulnerabilità delle vittime, è l’incontrollabile espansione e diffusione di tutto ciò che circola al suo interno. Internet non dà la possibilità al minore che “ingenuamente” si presti alla realizzazione di rappresentazioni pornografiche, che vengono successivamente diffuse, di tornare indietro, di recuperare il controllo su immagini che possono già essere entrate nella disponibilità di chiunque.

Una terza condizione di vulnerabilità sarebbe, a nostro avviso, da rinvenirsi nella difficile percezione delle conseguenze dannose che un semplice “click” sulla tastiera può comportare, soprattutto quando ad agire sono i minorenni. Lo strumento digitale può assumere le vesti di un’arma che agisce a distanza: in un istante, attraverso un mezzo del tutto lecito (il computer), in un luogo protetto, come può essere la propria abitazione, un individuo, premendo un pulsante della tastiera, diffonde in Rete immagini che ritraggono l’intimità, la vulnerabilità di un altro individuo e che in brevissimo tempo possono essere acquisite da un numero indeterminato di utenti, in ogni parte del mondo, ed è con questa apparentemente innocua azione che il soggetto agente può cagionare danni irreparabili al corretto ed equilibrato sviluppo psico-fisico del minore ritratto.

Senza soffermarci ulteriormente su questioni che non competono al giurista, ci sembra che l’uso degli strumenti informatici e, in particolare, di Internet quali mezzi di commissione del reato, possa creare una tale distanza, una tale lontananza fisica fra l’autore del crimine e la vittima, da ridurre la reale percezione delle conseguenze che possono derivare dal premere un pulsante della tastiera del computer o del telefono cellulare, e quindi da ostacolare l’attivazione delle possibili spinte inibitorie22.

Le istituzioni sembrano aver ben presenti queste vulnerabilità. Negli ultimi anni il panorama giuridico sovranazionale e nazionale ha intensificato la propria attenzione sulle vittime vulnerabili e, in particolare, sui minori. Le strategie di intervento si muovono principalmente su due piani, quello della repressione e quello della prevenzione. L’aspetto repressivo del diritto penale svolge sicuramente un ruolo fondamentale nel contrasto di questi crimini. Esigenza primaria, tuttavia, è anche quella di predisporre tutti gli strumenti idonei ad evitare che il minore subisca l’abuso, che l’autore commetta il reato, così come confermano le linee d’indirizzo europee volte a potenziare la politica della prevenzione.

è sottolineando la fondamentale importanza dell’aspetto preventivo nell’ambito della strategia di intervento che vorrei concludere questa breve trattazione. Mi riferisco alle campagne di informazione e di sensibilizzazione rivolte ai minori, agli educatori, ai genitori. Penso, in particolare, agli interventi di educazione alla legalità, alle azioni volte ad approfondire il rapporto tra i minorenni e il web, ai vari programmi di protezione e di responsabilizzazione dei minori che usano Internet23.

Ovviamente tutte queste misure potranno essere veramente efficaci solo se sostenute da un più generale impegno delle istituzioni e delle famiglie all’educazione e alla formazione dei minori, e ciò nello spirito dei principi generali posti a guida dei diritti dei soggetti minorenni dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.




1Questo contributo, corredato da nuove riflessioni, è tratto dal saggio, più approfondito: M. Bianchi, “Internet e gli abusi sui minori. Le risposte del diritto penale”, in F. Pagnotta (a cura di), Linguaggi in Rete. Conoscere, comprendere, comunicare nella Web Society, Milano-Firenze, Collana Studi Le Monnier Università-Mondadori Education, 2015, pp. 207-223.

2Sul punto cfr. L. Picotti, “I diritti fondamentali nell’uso ed abuso dei social network. Aspetti penali”, Giurisprudenza di merito, XLIV, 12, 2012, pp. 2522-2547.

3In seguito: Convenzione di Lanzarote.

4Per ulteriori approfondimenti sui recenti strumenti normativi internazionali a tutela di minori vittime di reato v. M. Bertolino, Il minore vittima di reato, Torino, Giappichelli, 2010; ID., Convenzioni, Direttive e Legislazione nazionale: un fronte comune di lotta contro i delitti a sfondo sessuale a danno di minori nella legge di ratifica n. 172/2012, Torino, Giappichelli, 2014.

5S. Delsignore, “Mercificazione della persona e delitti di pornografia minorile: una tutela per la dimensione interiore ed esteriore della personalità in divenire del minore”, in M. Bianchi, S. Delsignore (a cura di), I delitti di pedo-pornografia fra tutela della moralità pubblica e dello sviluppo psico-fisico dei minori, Padova, Cedam, 2008, pp. 25 ss.

6In dottrina, per un esaustivo commento dei delitti di pornografia minorile, v. A. Cadoppi (a cura di), Commentario delle norme contro la violenza sessuale e contro la pedofilia, Padova, Cedam, 2006. Per le più recenti novità legislative, cfr. F. Mazzacuva, “I delitti contro lo sviluppo psico-fisico dei minori”, in A. Cadoppi, P. VENEZIANI

(a cura di), Elementi di diritto penale, Parte speciale, vol. ii, t. i, I reati contro la persona, Padova 2014, pp. 165-199.

7L’art. 600-ter, ultimo comma, c.p. definisce la “pornografia minorile” come: “ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali”.

8Per un elenco dettagliato delle singole condotte v. art. 600-ter c.p.

9Si consenta il rinvio a M. Bianchi, “Pornografia virtuale (art. 600 quater .1)”, in A. Cadoppi, S. Canestrari, A. Manna , M. Papa (diretto da), Trattato di diritto penale, Parte Speciale, vol. viii, I delitti contro l’onore e la libertà individuale, Torino, Giappichelli, 2010, pp. 515- 545.

10Il nuovo reato è stato introdotto dalla legge n. 172 del 2012 con cui è stata ratificata ed è stata data esecuzione alla Convenzione di Lanzarote.

11I reati fine indicati dalla norma sono: schiavitù, prostituzione minorile, pornografia minorile, turismo sessuale, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, corruzione di minori, violenza sessuale di gruppo.

12In dottrina cfr. M. Stramaglia, “Ratifica ed esecuzione della Convenzione di Lanzarote. Parte II: istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia (art. 414-bis c.p.) e adescamento di minorenni (art. 609-undecies c.p.)”, Giurisprudenza di merito, 5, 2013, pp. 989-1008; L. Picotti, op. cit.,pp. 2522 ss.; C. Russo, L’abuso sui minori dopo “Lanzarote” (l. 1 ottobre 2012, n. 172), Milano, Giuffrè, 2012. Per approfondimenti di diritto comparato v. S. Ost, Child Pornography and Sexual Grooming, Cambridge, Cambridge University Press, 2009; A.A. Gillespie, Tackiling Grooming, The Police Journal, LXXVII, 3, 2004, pp. 239-255.

13Secondo parte della dottrina, la norma, limitando fortemente la libertà di autodeterminazione in campo sessuale del minore ultraquattrodicenne, “detentore di un diritto inviolabile alla libertà sessuale”, può essere potenzialmente sottoponibile a censure d’incostituzionalità (v. A. Cadoppi, sub art. 600-ter (I e II comma), cit. , p. 152.

14Questo fenomeno è oggi oggetto di studio da parte degli esperti delle scienze sociali e giuridiche: per approfondimenti si legga A. Verza, ““Sexting” e pedopornografia: i paradossi”, Ragion pratica, XLI, 2, 2013, pp. 569-592; M. Bertolino, “Fattispecie di reato e delinquenza minorile: questioni attuali di imputabilità”, in S. Vinciguerra, . Dassano (a cura di), Scritti in memoria di Giuliano Marini, Napoli, Esi, 2010, pp. 51-75.

15V., da ultimo, l’art. 8 della Direttiva 2011/93/UE.

16Si fa riferimento all’art. 600-quater.3 del d.d.l. di iniziativa governativa n. 4599, presentato alla Camera il 13 gennaio 2004, che ha condotto all’approvazione della legge n. 38 del 2006.

17A. Cadoppi, “L’assenza delle cause di non punibilità mette a rischio le buone intenzioni”, Guida al Diritto, XXXVII, 9, 2006.

18Sull’argomento A. Verza, op. cit., pp. 569 ss.; M. Bertolino, Fattispecie di reato e delinquenza minorile, cit., pp. 66 ss; fra i numerosi commenti della dottrina inglese, v. A. Gillespie, “Adolescents, Sexting and Human Rights”, Human Rights Law Review, 13, 2013, pp. 623-643.

19V. Cass. pen., sez. III, 21-11-2012, n. 47239; Cass. pen., sez. III, 5-6-2007. Per interessanti riflessioni sulla “maturità” dei minori autori di tali reati v.M. Bertolino, Fattispecie di reato e delinquenza minorile, cit., pp. 64 ss.

20L’idea delle prime due forme di vulnerabilità deriva dalla lettura di un’attenta dottrina inglese che affianca, nell’analisi dei delitti di child pornography e grooming in Inghilterra, alla vulnerabilità dei minori quella di Internet, sebbene questa posizione differisca in parte da quella da noi proposta (v. S. Ost, op. cit., pp. 48 ss.).

21C. Russo, op. cit., p. 17.

22Interessanti studi sul criminale informatico hanno registrato un’alterata percezione da parte di quest’ultimo dell’illegalità del proprio comportamento e delle conseguenze che possono derivarne (vd. M. Strano, Nuove tecnologie e nuove forme criminali, 2002, testo fruibile all’indirizzo http://www.dvara.net/hk/Cybercrime, e la bibliografia ivi citata).

23V. ad es., a livello europeo, la Decisione n. 1351/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 relativa a un programma comunitario pluriennale per la protezione dei bambini che usano Internet e altre tecnologie di comunicazione e il Programma UE per i diritti dei minori del 15.2.2011; a livello nazionale, sull’aspetto specifico del bullismo, v. la Direttiva ministeriale n. 16/2007 recante le Linee di indirizzo generali ed azioni a livello nazionale per la prevenzione e la lotta al bullismo.