2011

Dal femminismo islamico al femminismo olistico musulmano (*)

Margot Badran (**)

Abstract

Questo articolo analizza il percorso compiuto dalle rivendicazioni di genere nel mondo islamico e si sofferma sul passaggio dal femminismo secolare al femminismo islamico, e al femminismo olistico musulmano. Esso oppone la natura aperta ed inclusiva tipica del femminismo laico musulmano e non musulmano, sviluppatosi nel XX secolo nel contesto delle lotte anti-coloniali e della formazione degli stati nazionali, al comunitarismo del nuovo femminismo olistico musulmano che emerge attualmente nello spazio globale, in un periodo in cui l'identità religiosa è in primo piano e c'è un'attenzione internazionale ai diritti delle donne musulmane. La tesi di questo articolo è che la comunitarizzazione dell'attivismo per i diritti delle donne, nonché l'enfasi posta sui diritti delle donne musulmane a livello globale, esportata a livello locale, possano creare divisioni e mettere in pericolo l'unità nazionale.

Introduzione

Una generazione dopo l'affermarsi sulla scena globale del femminismo islamico, stiamo assistendo allo sviluppo di un "femminismo olistico musulmano". Come il pioneristico femminismo secolare che musulmane e non musulmane crearono insieme all'inizio del secolo scorso nei propri spazi nazionali, il nuovo femminismo olistico musulmano si basa su discorsi differenti, che includono quello islamico. Ma a differenza dei femminismi laici, il femminismo olistico musulmano ha una base comunitaria (composta di, per e da musulmane) ed ha radici globali.

La principale sfida che le attiviste devono affrontare oggi nei paesi a maggioranza musulmana è ottenere l'uguaglianza nella famiglia. Molto tempo dopo aver ottenuto l'eguaglianza sostanziale nella sfera pubblica (anche se si tratta di un processo ancora in corso) la diseguaglianza di genere nella famiglia resta diffusa ed è sostenuta dalle leggi statali basate sul fiqh. Il discorso femminista islamico aveva elaborato due direttrici teoriche potenzialmente utili: (1) abbandonare l'idea che la sfera famigliare sia un dominio separato ed affermare la continuità tra sfera privata/famiglia e pubblica/società; (2) decostruire la concezione in base alla quale l'islam sostiene la costruzione patriarcale della famiglia. Tali direttrici costituiscono una base importate per contrastare la diseguaglianza di genere sostenuta dal diritto di famiglia musulmano. Ciononostante è necessario un lavoro intenso e diffuso sul piano delle politiche locali per passare da un modello di famiglia patriarcale a uno egualitario.

Oggi, nell'era del revival religioso, l'identità comunitaria è in primo piano. L'organizzazione dei movimenti sociali è stata ed è esportata verso le donne musulmane dagli spazi globali a quelli nazionali, in contrasto con le prime pratiche nelle società a maggioranza musulmane, quando i movimenti femministi erano radicati a livello locale ed organizzati nei contesti nazionali. I movimenti femministi nazionali, come il pioneristico movimento femminista egiziano, sono entrati nel mondo del femminismo internazionale e lo hanno fatto nei propri termini. Tali movimenti femministi nazionali erano organizzati e diretti da donne di diverse religioni, in quanto cittadine. Mobilitare l'azione su base comunitaria ed esportare l'attivismo dei movimenti sociali dall'arena globale allo spazio nazionale è una novità contemporanea.

Questo articolo ripercorre gli storici cambiamenti avvenuti nella costruzione del "secolare" e del "religioso", in un momento in cui questi sono politicamente enfatizzati e costituiscono elementi centrali nell'arsenale linguistico. Osserverò, quindi, i percorsi femministi dal femminismo secolare, al femminismo islamico, fino al nascente femminismo olistico musulmano, sottolineando la simultaneità dei differenti femminismi. Parlerò della comunitarizzazione dell'attivismo per i diritti delle donne, riflettendo sulle sue implicazioni a livello locale. La tesi di fondo è che la comunitarizzazione dei diritti delle donne - o l'attenzione ai diritti delle donne musulmane e la sua esportazione da un contesto globale a uno locale - è una potenziale forza disgregatrice che minaccia la coesione nazionale e può costituire un elemento di marginalizzazione delle cittadine non musulmane.

Posizionamenti ed identità multiple

Come molte donne oggi, i miei posizionamenti e le mie identità sono multiple e complesse. E' in quanto femminista da sempre, attivista-studiosa e storica del femminismo che mi sono approcciata al tema di questo articolo. Come giovane studentessa, negli anni '60, ho iniziato una ricerca sulla crescita e l'evoluzione del femminismo in Egitto e nel Medio Oriente. A partire dagli anni '90, quando il femminismo islamico stava emergendo, ho allargato il mio campo fino ad includere il mondo musulmano globale in cui esso circolava. Il mio femminismo è esploso 40 anni fa, come forma di coscienza, di pensiero e di azione simultaneamente negli USA e in Egitto, mentre vivevo, studiavo e mi muovevo tra questi due paesi. Sono una cittadina statunitense per nascita ed egiziana per scelta, grazie alla struttura patriarcale della naturalizzazione (1). Non dichiaro pubblicamente la mia appartenenza ad una particolare religione e non sono interessata a legittimarmi attraverso la mia identità religiosa. Senza tener conto delle mia appartenenza religiosa e nazionale, a causa del mio matrimonio con un cittadino musulmano, sono sottoposta al Codice dello Statuto Personale Musulmano Egiziano. Per più di 40 anni, sono stata una "donna che vive sotto la legge islamica" in Egitto. Sono entrata a far parte della rete globale Women Living under Muslim Law (WLUML) negli anni '80, appena la rete nacque.. In quanto soggetta al Codice dello Statuto Personale Musulmano Egiziano, ho avuto un interesse diretto riguardo al modo in cui è stato ri/costruito e ho sentito la responsabilità di impegnarmi direttamente nella creazione di un movimento locale.

La mia analisi ed interpretazione di femminismo, islam e cultura nasce dalle mie ricerche e dalla partecipazione a dibattiti, pervase dal mondo della realtà vissuta. Il mio attivismo è ispirato dalle sfide della quotidianità che io e le altre donne, nei luoghi in cui vivo e lavoro, affrontiamo quando difendiamo i nostri diritti - di parlare, di essere ascoltate, di essere uguali e di essere incluse in quanto cittadine, come garantito dalle nostre costituzioni nazionali. Il nostro attivismo è diretto ad ottenere obiettivi specifici e a cambiare le strutture di pensiero e le leggi che le riflettono. A tal fine, usiamo i diversi strumenti a nostra disposizione, inclusi i nostri punti di forza e le nostre varie esperienze.

La femminista egiziana Saiza Nabarawi (stretta collaboratrice della leader del primo movimento femminista Huda Sha'rawi) mi ha confessato più di 40 anni fa che il più grande rimpianto delle fondatrici dei femminismi era l'incapacità di fare progressi significativi nel Codice Musulmano dello Statuto Personale, con il rammarico per le ingiustizie che questo fallimento contribuiva a perpetuare.

Mi pongo insieme alle altre nella lunga battaglia per ottenere l'uguaglianza di genere e, in particolar modo, nella lotta, non terminata, per l'eguaglianza nella famiglia e per la diffusione della giustizia di genere.

Secolare e religioso

La battaglia per l'uguaglianza è stata combattuta su campi variamente rivendicati, costruiti e interessati, nel tempo e nello spazio, dal secolare e dal religioso. La forza con cui molti sono stati imprigionati da questi concetti, utilizzati in un senso molto più rigido e statico di quanto le loro realtà dinamiche suggeriscano, è di per sé interessante. Ed è anche interessante osservare come il religioso venga equiparato all'"autoctono" e all'"autentico", mentre il secolare all' "estraneo", accezioni la cui origine risale al periodo coloniale. Il secolare, spesso semplicisticamente considerato "altro" dalla religione, ha bisogno di essere decostruito e storicizzato. In Egitto, il termine arabo per secolarismo/secolarizzazione - almaniyya - fu coniato alla fine del XIX secolo. Esso indica una separazione tra Stato e autorità religiosa, nonché il processo attraverso il quale il nascente Stato moderno assumeva su di sé responsabilità legali ed istituzionali relativamente a questioni precedentemente gestite dalle autorità religiose (Badran 1999, 2009). Durante la secolarizzazione, lo Stato si impegnò a proteggere la religione (non solo l'islam, ma tutte le religioni) e istituì un sistema di educazione laico lasciando ad al-Azhar, l'antica sede dell'istruzione religiosa, l'insegnamento delle scienze islamiche. La legge fu secolarizzata, con l'eccezione dello statuto personale e della legge di famiglia (in questo articolo i due termini sono usati come sinonimi) che furono lasciate sotto il controllo delle autorità religiose. Lo Stato attivò codici personali su base religiosa diversi per musulmani e cristiani. In ogni caso, nel processo di codificazione dello Statuto Personale Musulmano, all'inizio del XX secolo, furono assorbiti elementi stranieri (Sonbol 1996).

Nei paesi a maggioranza musulmana, ci sono state costruzioni del secolare diverse, che vanno dall'esempio peculiare della totale eliminazione del religioso dallo Stato e dalla sfera pubblica della Turchia (anche se lo Stato secolare mantiene l'amministrazione delle proprietà religiose, incluse le moschee) al modello egiziano qui descritto, che fu seguito nei paesi arabi del Mediterraneo Orientale e in Iraq (Oriente Arabo). Nel Maghreb, con l'esperienza del governo coloniale francese, diverso dal sistema mandatario francese in Siria e Libano e dalle pratiche coloniali britanniche meno interventiste, ci fu una più marcata distinzione e polarizzazione tra il secolare e il religioso rispetto all'Oriente Arabo. Questi diversi tipi di secolarismo hanno avuto implicazioni differenti per il femminismo nei vari spazi nazionali (Badran 1995; Kandiyoti 1991; Lazreg 1994; Thompson 2000).

In Egitto, come altrove nell'Oriente Arabo, il termine secolare fu usato anche per indicare uno Stato la cui costituzione dichiarasse l'uguaglianza di tutti i cittadini, senza distinzione di religione e la cui coesione nazionale non si basasse sull'appartenenza religiosa. (2) Paesi come l'Egitto - che in epoca coloniale aveva sperimentato le politiche del "divide et impera" che riprendevano l'organizzazione ottomana dei millet per dividere le popolazioni delle colonie in base all'appartenenza etnica e religiosa - desideravano costruirsi come paesi territorialmente sovrani e con popolazioni composte da cittadini uguali tra loro. Lo Stato nazione secolare era inteso come uno Stato fondato su un territorio e composto da cittadini uguali, che condividevano una terra comune.

Nei primi anni del secolo scorso, nel periodo coloniale e post-coloniale, secolare fu usato anche per indicare una specificità nazionale. Per esempio, "nazionalismo secolare" significava nazionalismo Egiziano e movimento femminista secolare significava movimento femminista Egiziano (Badran 1995). Quest'accezione, comunque, sparì gradualmente.

In Egitto, durante il consolidamento dello Stato nazione, a partire dall'inizio del XX secolo fino agli anni '70, il termine secolare assunse generalmente una connotazione positiva. Ciò non significa che non vi fossero coloro i quali sostenevano che secolare fosse sinonimo di "occidentale e non religioso", come ad esempio i Fratelli Musulmani, dopo il 1928.

Dagli anni '70 in poi, il termine secolare cominciò ad essere fortemente demonizzato, parallelamente alla crescita delle forze dell'islam politico o degli islamisti che, opponendosi allo Stato secolare, interpretavano "secolare" come "occidentale" o "non islamico" o "anti-islamico" e, di conseguenza, lo Stato secolare come illegittimo. Negli anni '70 e '80, le locuzioni "secolarismo con religione" e " secolarismo senza religione" cominciarono ad essere utilizzate per indicare due modi di intendere il secolarismo. Tra i due fu la seconda accezione a guadagnare terreno, in seguito al continuo diffondersi dell'islam politico (Badran 1993, 2009) e, così, secolare e religioso cominciarono ad esse visti come categorie rigide e opposte. (3)

Studi e ricerche storiche stanno dimostrando come le nozioni di secolare e religioso si siano costruite a vicenda (Asad 2003; Hurd 2008). La percezione persistente del "religioso" e del "secolare" come distinti, rinforzata dall'islam politico, ripropone demarcazioni inflessibili e, quindi, antitetiche. Come parte del loro progetto politico di polarizzazione, gli islamisti enfatizzano non solo l'opposizione binaria secolare/ religioso, ma anche le dicotomie est/ovest, pubblico/ privato e uomo/donna. La promozione assidua da parte degli islamisti della tesi per cui ciò che è "secolare" è estraneo, straniero, non autoctono e, quindi, non autentico e che "il religioso" al contrario costituisce l'indigeno, l'autoctono e l'autentico è deliberatamente disgregante e comporta implicazioni negative per i femminismi.

Il femminismo secolare e islamico

Il femminismo, implicando la consapevolezza e l'analisi delle diseguaglianze di genere, della deprivazione dei diritti delle donne e degli sforzi delle donne per porvi rimedio, costituisce una minaccia per i poteri e i privilegi patriarcali tradizionali. Il femminismo che nacque per primo in Egitto e in altri paesi a maggioranza musulmana nell'epoca coloniale era tacciato dai suoi avversari come occidentale ed anti-islamico e, quindi, come una pericolosa forma di invasione culturale coloniale. La nozione di femminismo intesa come un attacco occidentale e come estranea alla religione - e quella di secolare come occidentale e anti-religiosa- rinforzata dagli islamisti, persiste ancora oggi.

La storia, però, racconta anche un percorso diverso. In Egitto, le donne musulmane, nel momento in cui hanno cominciato ad articolare il loro femminismo si sono ispirate alla religione, cercando di riaffermare i diritti che, in quanto donne, l'islam garantiva loro. Anche le cristiane sostenevano che i diritti delle donne fossero sostenuti dalla religione. Le argomentazioni religiose pervadevano il femminismo secolare (nazionale) che musulmane e cristiane, in quanto cittadine egiziane, modellavano insieme all'interno dello Stato nazionale che condividevano e per la cui liberazione avevano lottato fianco a fianco (Badran 1995). Il femminismo secolare nazionale, che emerse in Egitto e in altri paesi all'inizio del XX secolo, assunse la forma dei movimenti sociali. Questi movimenti femministi erano legati ai movimenti nazionalisti secolari che si erano mobilitati per l'indipendenza dal governo coloniale - rivendicando contemporaneamente diritti delle donne e diritti nazionali - ed erano allo stesso tempo parte dei movimenti per la riforma religiosa (Jayawardena 1986). Dopo l'indipendenza nazionale, le femministe secolari si concentrarono sulla costruzione di nuove istituzioni statali e sociali che includessero le donne, utilizzando argomentazioni di carattere costituzionale, democratico e umanitario. Le femministe secolari rivendicarono l'uguaglianza nella sfera pubblica (cioè nella sfera pubblica secolare, non nell'ambito delle professioni religiose più tardi rivendicate dal femminismo islamico) mentre riguardo alla famiglia sostennero non l'uguaglianza di genere, ma la nozione della complementarietà dei ruoli, che nel comune sentire del tempo era percepita come precetto religioso e e come coerente con l'ordine naturale (Badran 1995).

A differenza del femminismo secolare che emerge nella forma del movimento sociale, il femminismo islamico esplode sulla scena globale alla fine del XX secolo nella forma di un discorso - un discorso sull'uguaglianza di genere fortemente radicato nella religione. A partire dalla fine degli anni '80, e durante gli anni '90, donne musulmane, in differenti parti del globo, dall'Iran alla Malesia, all'Occidente, cominciarono simultaneamente ad articolare un discorso sui diritti delle donne e l'uguaglianza di genere, partendo direttamente dal Corano e dagli altri testi religiosi, esercitando una propria ijtihad, l'esame critico indipendente. La studiosa iraniana di antropologa giuridica Ziba Mir-Hosseini, figura di spicco nella costruzione di una coscienza islamica di genere, fu tra le prime a parlare di ciò che chiamava "lettura femminista della Shari'a" (Mir-Hosseini 1996) - e che alcune femministe secolari musulmane in molte parti del mondo definirono ben presto femminismo islamico (Badran 1999). Va sottolineato che le donne impegnate nella produzione di questo nuovo discorso non consideravano "femminismo islamico" la loro riflessione sull'uguaglianza di genere e sulla giustizia di genere, basata sui testi religiosi. Generalmente, infatti, rigettavano questo termine e non si identificavano come femministe (di nessun tipo), preferendo definirsi come studiose del Corano impegnate. Col tempo, comunque, alcune cominciarono ad accettare il termine femminismo islamico.

Ironicamente, la studiosa considerata come la prima ad aver scritto un vero e proprio libro di femminismo islamico fu una femminista secolare. La sociologa femminista marocchina Fatima Mernissi preoccupata dalla crescente misoginia perpetuata in nome dell'islam, ricorrendo agli hadiths per denigrare ed intimidire le donne, cominciò a studiare proprio i detti e i fatti del Profeta Muhammad. Utilizzando metodologie islamiche classiche, identificò come spuri alcuni famosi hadiths misogini (Mernissi 1987 in francese; 1991 in inglese). La specialista in studi culturali marocchina Raja Rhouni offre un'incisiva analisi del lavoro della Mernissi e, attraverso il suo esempio, dimostra i modi in cui gli individui possono generare ed operare nel quadro sia del femminismo secolare che di quello islamico (Rhouni 2009).

Un primo contributo collettivo alla produzione del femminismo islamico viene dal gruppo Sisters in Islam (SIS), creato, negli anni '80, da donne professioniste, studiose e attiviste in Malesia e considerato la prima associazione femminista islamica. Visto che molte pratiche oppressive verso le donne erano giustificate in nome della religione, Sisters in Islam partì proprio dalla quotidianità delle donne per giungere all'esegesi coranica. Le componenti del gruppo si interessarono, per esempio, alla questione della violenza domestica e dimostrarono che il Corano non appoggiava questa pratica come invece generalmente si credeva, diffondendo le loro scoperte in un linguaggio accessibile, attraverso opuscoli poco costosi in modo da raggiungere un ampio pubblico (Badran 1999, 2009). L'idea di studio-attivismo, che diventò centrale nel femminismo islamico, iniziata da Sisters in Islam, fu ripresa poi da altre donne, che venivano chiamate femministe islamiche, ma si definivano studiose-militanti (Webb 2000). (4)

In Occidente, donne musulmane appartenenti alle comunità convertite o immigrate negli Stati Uniti produssero quelli che ben presto vennero considerati i testi fondativi del femminismo islamico. La teologa africana-americana Amina Wadud (una delle fondatrici delle Sisters in Islam) articolò una teoria sull'uguaglianza di genere basata sul suo lavoro ermeneutico pubblicato prima a Kuala Lumpur (Wadud 1991) e poi a New York (Wadud 1999). A questa seguirono, poi, le importanti dichiarazioni sull'uguaglianza umana incorporate in quello che definisce il "paradigma Tawhidico", che dimostra che Dio è uno solo ed è superiore agli esseri umani, i quali sono sullo stesso piano, uguali gli uni agli altri (Wadud 2008). La studiosa di relazioni internazionali pakistana-americana Asma Barlas decostruì le nozioni di patriarcato e di diseguaglianza perpetuata in nome dell'islam (Barlas, 2002). I lavori di Wadud e Barlas furono presto tradotti in molte delle lingue comunemente parlate dalle musulmane, permettendo alle militanti impegnate nella battaglia per la riforma del diritto famiglia musulmano di avere argomenti convincenti sulla non-islamicità del patriarcato.

Il discorso islamico sull'uguaglianza ha ampie implicazioni. Il paradigma tawhidico della Wadud non si applica solo ai musulmani, ma a tutti gli esseri umani - all'uguaglianza tra tutti i cittadini senza distinzioni di religione o di genere. A sostegno di ciò, sia non musulmane che musulmane hanno salutato con favore l'articolazione dell'uguaglianza del femminismo islamico.

I prossimi due paragrafi riguardano i cambiamenti nell'organizzazione femminista. Il primo paragrafo riguarda l'attivismo femminista inclusivo, basato sulla cittadinanza e radicato sul territorio, nel contesto dei paesi a maggioranza musulmana. Il secondo paragrafo discute, invece, l'attivismo femminista comunitario esclusivo guidato da una rete globale di donne musulmane ed importato a livello nazionale.

Femminismi secolari e islamici: base locale, interessi condivisi, bisogni reciproci

I femminismi secolari ed islamici si sono rinforzati a vicenda. Non solo c'è un importante passato femminista secolare alle spalle del femminismo islamico, ma c'è anche una continua presenza fianco a fianco dei due femminismi. Le attiviste hanno utilizzato discorsi sia secolaristi che islamici nelle loro campagne per i diritti delle donne e l'uguaglianza di genere. All'inizio del XX secolo, le femministe secolari hanno utilizzato il discorso modernista islamico e, a partire dalla fine del ventesimo secolo, hanno attinto dal nuovo discorso femminista islamico. Mentre alcune femministe preferiscono utilizzare solo argomenti costituzionalistici o relativi ai diritti umani, nelle campagne per riformare le leggi di famiglia basate sul fiqh le attiviste spesso devono usare argomenti di matrice islamica.

Nonostante la mobilitazione femminista dei primi del XX secolo in Egitto includesse la richiesta di riformare il diritto di famiglia musulmano nella sua agenda generale, poco è stato realizzato. In Turchia, Tunisia e Yemen del Sud, gli unici paesi in cui nel XX secolo sono state avanzate proposte progressiste - anche se non completamente egualitarie- per riformare le leggi di famiglia, esse furono elargite dall'alto, dal potere politico statale che consideravaa la riforma del diritto di famiglia come parte integrante della propria agenda politica e nazionale (Kandiyoti 1991; Charrad 2001; Molyneux 1991).

E' solo nel XXI secolo (in Turchia e in Marocco), quando l'interesse delle femministe e quello dello Stato coincisero, che il modello di famiglia patriarcale fu abbandonato a favore di un modello egalitario. La revisione nel 2001 del secolare codice civile turco e, nel 2004, della Mudawana marocchina basata sul fiqh ha posto mariti e mogli in una condizione di uguaglianza. Il codice civile turco del 1926, che si era spinto oltre nello smantellare il modello familiare patriarcale, aveva, infatti, il limite di considerare il marito come capo-famiglia, a dimostrazione che la diseguaglianza di genere può essere sostenuta non solo da leggi basate sull'islam ma anche da quelle secolari, contrariamente alla diffusa convinzione che la legge secolare, specialmente quella esplicitamente modellata sul prototipo occidentale (la legge turca seguiva il modello Svizzero) comportasse l'uguaglianza di genere.

La Mudawana del 2004, in quanto unico codice di diritto di famiglia esistente basato sul fiqh e sul principio di uguaglianza, è di grande ispirazione oggi per le donne di altri paesi. L'esempio marocchino dimostra che la legislazione di famiglia basata sul fiqh non è una legge sacra immutabile e che è possibile in una cornice islamica creare un modello egualitario di famiglia. I casi marocchini e turco mostrano l'importanza di una mobilitazione femminista indipendente - e, nel caso del Marocco, il potere dell'unione tra le rivendicazioni femministe secolari e islamiche. Le riforme turca e marocchina sono avvenute dopo due decenni di intenso attivismo femminista e nel momento in cui i regimi in entrambi i paesi hanno considerato funzionale ai propri interessi politici passare da un modello di legge di famiglia patriarcale ad uno egualitario. Rivendicando le riforme del diritto di famiglia, le attiviste turche hanno usato argomenti concernenti i temi della democrazia e dei diritti umani (Toprak 2010). Le attiviste marocchine, come sottolineato, hanno mescolato argomenti islamici e secolari (Mir-Hosseini 2009; Balchin 2009: 224; Pruzan 2011). In Turchia e in Marocco, paesi con minime minoranze non islamiche, virtualmente tutte le attiviste per la riforme del dirittodi famiglia erano musulmane.

In Egitto e in altri paesi arabi del Mediterraneo Orientale e in Iraq (diversamente da Turchia e Marocco) ci sono comunità cristiane radicate e storiche. Le donne di queste comunità formarono una parte integrante del movimento nazionalista e femminista egiziano dell'inizio del XX secolo. Nel mobilitarsi, nell'organizzare priorità e strategie, le femministe capirono che era importante per il loro successo che i movimenti femministi guadagnassero il supporto e l'apporto di una base più ampia della cittadinanza. La composizione del movimento femminista, come di quello nazionalista, rifletteva la diversità religiosa, che era una caratteristica e un punto di forza dell'Egitto. Le rivendicazioni per la riforma del Codice dello Statuto Personale Musulmano erano parte integrante dell'agenda femminista in Egitto, creata e supportata insieme da donne cristiane e musulmane.

Oggi, nel contesto di una diffusa rinascita religiosa e dell'affermazione dell'identità religiosa, l'ampia cooperazione che era stata il tratto fondamentale della mobilitazione femminista egiziana - inclusa la pressione per la riforma dello Statuto Personale Musulmano - è minacciata dal diffondersi del comunitarismo. Una delle prime aree colpite dall'intensificarsi del comunitarismo è il centenario sforzo cooperativo per ottenere la riforma del Codice di Statuto Personale Musulmano in Egitto.

Non solo il lavoro comune è fondamentale per cambiare ogni legge statale, incluso il Codice dello Statuto Personale Musulmano, ma, soprattutto, il Codice interessa direttamente anche i non musulmani. Il Codice dello Statuto Personale Musulmano non si impone solo ai musulmani, ma anche ad alcuni non musulmani che hanno, quindi, interesse diretto nella riforma, per esempio, le mogli di musulmani (che se non islamiche sono generalmente di origine straniera) e i cristiani egiziani che, per ottenere il divorzio ricadono nella giurisdizione della Legge Musulmana (Tadros 2009).

In Egitto è necessario ora più di prima un lavoro politico, sostenuto da un'ampia base, non solo per ottenere obiettivi femministi, ma nell'interesse dell'unità nazionale, minacciata dal comunitarismo. I movimenti femministi, democratici e dei diritti umani hanno bisogno di rinforzarsi a vicenda, ma è difficile perché le pesanti misure di sicurezza statali impediscono una qualsiasi mobilitazione indipendente degli attivisti. La legge d'emergenza in Egitto, in vigore da più di 30 anni, permette l'attivazione di una serie di misure di sicurezza con l'obiettivo di controllare un presunto pericolo islamista. Cambiamenti significativi nel Codice dello Statuto Personale Musulmano potrebbero infiammare l'opposizione islamista che lo Stato teme, e, quindi, il processo di riforma è in stallo.

La lotta femminista per riformare il diritto di famiglia musulmano in Egitto è in primo luogo e soprattutto una lotta interna (come è stata in Turchia e Marocco). Le donne egiziane, nella loro lunga storia di attivismo femminista, hanno sfruttato forum e reti internazionali, regionali o transnazionali, solo quando decidevano che ciò potesse essere funzionale ai loro interessi. Le donne egiziane hanno mantenuto il controllo della propria agenda, anche nei forum internazionali all'ombra del femminismo imperiale durante i primi decenni e alla metà del secolo scorso (Badran 1995; Rupp 1997). Oggi, l'ampia collaborazione interreligiosa e il radicamento locale dell'attivismo femminista sono minacciati nelle forme discusse qui di seguito.

Dalla collaborazione femminista secolare e islamica al comunitarismo; dal globale al locale

Come sottolineato, c'è stata nel tempo una sinergia positiva tra il femminismo secolare e quello islamico e una cooperazione tra le militanti di differenti religioni. Sempre di più, però, il comunitarismo minaccia la collaborazione tra cittadine musulmane e non musulmane e la coesione interna nelle nazioni. Non sono interessata qui al comunitarismo che si manifesta nei ranghi dei conservatori religiosi e politici, ma piuttosto a come il comunitarismo è stato nutrito con le parole del femminismo e, più specificamente, dalla progressiva mobilitazione globale delle donne musulmane. Analizzerò, quindi, la Musawah (uguaglianza in arabo), un'organizzazione transnazionale creata e gestita da e per le musulmane. Musawah si è auto-definita come "movimento globale per l'eguaglianza e la giustizia nella famiglia musulmana", sin dalla sua nascita, nella primavera del 2009 durante una conferenza a Kuala Lumpur. L'evento era ospitato da Sisters in Islam, la ventennale organizzazione femminista islamica, che ha avuto un ruolo centrale nella creazione di Musawah. (5)

Musawah è gestita da un piccolo nucleo di donne musulmane ed è impegnata nella riforma del diritto di famiglia musulmano. La commissione programmatica di Musawah è composta da un piccolo gruppo che include studiose rispettate e attiviste veterane, alcune provenienti dal femminismo islamico e altre con un'esperienza più secolare (Musawah 2009; www.musawah.org). Prima del suo lancio ufficiale, Musawah ha organizzato una serie di incontri e comitati di programmazione chiusi, tra cui uno a Il Cairo nel 2007, e un altro, dopo il suo lancio, nel gennaio 2010. Per un'organizzazione con l'obiettivo di agire a livello globale, Musawah ha un arsenale alquanto ristretto, come si evince dall'incontro de Il Cairo dell'inverno scorso. (6) L'Egitto sarà il prossimo obiettivo di azione, condotto attraverso una ONG locale, il Center for Egyptian Women's Legal Assistance (CEWLA), la cui presidentessa e fondatrice è Azza Suleiman, avvocata e componente del comitato programmatico della Musawah (www.cewla.org; Abu-Lughod 2010a, b).

Il Musawah Framework for Action (Musawah 2009) e la pubblicazione Wanted: Why Equality and Justice Now (Anwar 2009), preparata per il lancio ed edita da Zainah Anwar, presidente di Sisters in Islam, spiegano che l'organizzazione ha un approccio olistico ai diritti, usando un discorso vario che include 'religione, diritti umani, garanzie costituzionali e fondamentali, realtà quotidiana delle donne' (Anwar 2009). Il discorso religioso mantiene una prominenza speciale, come indicato nello splendido insieme di articoli pubblicati in Wanted da studiose di rilievo dell'islam e importanti attiviste il cui lavoro ha influenzato sia il femminismo islamico che quello secolare.

A causa del suo comunitarismo, io chiamo il progetto di Musawah 'femminismo olistico musulmano'. Utilizzando la teorizzazione del femminismo islamico sull'uguaglianza e la giustizia basata sulle fonti religiose, insieme ai discorsi secolari sulla democrazia e sui diritti umani, il nuovo femminismo olistico musulmano riflette l'approccio discorsivo multiplo che caratterizzava il femminismo secolare emerso in Egitto ai primi del secolo scorso e sviluppatosi altrove nella regione. In questo senso, il femminismo secolare è stato un femminismo olistico, prima che il termine olismo venisse usato. Come abbiamo visto prima secolare significava olistico ma in modo diverso.

Ci sono, però, differenze rilevanti tra questi due femminismi olistici: primo, il femminismo secolare iniziale era creato da musulmane e non musulmane insieme, in quanto cittadine, nei loro rispettivi paesi. Secondo, come appena sottolineato, il femminismo secolare partiva dalla base nazionale per arrivare al mondo del femminismo internazionale, usando forum e reti a modo proprio. La mobilitazione internazionale (quello che chiamavano internazionale dovrebbe ora essere chiamato "transnazionale") aveva le sue radici nelle associazioni nazionali che funzionavano come centro di gravità. Terzo, il femminismo secolare emerse sulla scena nella forma di movimenti sociali organizzati in via di sviluppo, mentre il nuovo femminismo olistico musulmano di Musawah si presenta come un movimento pre-strutturato. Quarto, il femminismo secolare era guidato da donne politicizzate che erano soprattutto delle militanti, mentre il nuovo femminismo olistico musulmano in quanto prodotto di studiose-attiviste, mostra una struttura teorica molto sviluppata. Quinto, il femminismo secolare iniziò e rimase a lungo volontario e autofinanziato, conservando questa tradizione, anche a fronte di una progressiva "ONGizzazione", per usare un'espressione di Islah Jad, e, malgrado molte femministe musulmane siano stipendiate in quanto leader o parte dello staff dell'ONG, le organizzazioni mantengono l'apertura che è stata il tratto base del femminismo secolare (Jad 2004). Il femminismo olistico musulmano, invece, è stato fondato da professioniste pagate, intellettuali e personale delle ONG formate, con buoni contatti, cosmopolite e remunerate (Abu-Lughod 2010a).

Il nuovo femminismo olistico musulmano è stato sviluppato in un momento in cui gli USA e gli altri governi occidentali cercavano di sostenere musulmani moderati e comportamenti moderati nel contesto delle loro più ampie preoccupazioni politiche e securitarie e in cui le donne musulmane erano viste come agenti ideali (Abu-Lughod 2010a). Il femminismo secolare pioneristico del secolo scorso, dal canto suo, emerse nel contesto di intense battaglie anticoloniali.

Uno sguardo al focus di Musawah su 'eguaglianza e giustizia nella famiglia musulmana' può dare un esempio della pratica del nuovo femminismo olistico musulmano e delle differenze tra questo e il femminismo secolare che affronta il tema della famiglia funzionale (non descritta dalla religione), tentando al contempo di riformare il diritto di famiglia musulmano.

Si chiede a Musawah: 'Perché famiglia musulmana? C'è distanza tra "la famiglia musulmana e il diritto di famiglia musulmano?" Più specificamente "che cos'è "la famiglia musulmana"?" Questa è una domanda che ho posto all'inaugurazione di Musawah, senza ottenere risposta, per cui nella successiva conferenza de Il Cairo l'ho riformulata ad alcuni membri di Musawah, senza alcun risultato. Evitare di discutere su cosa costituisca una famiglia musulmana indica una riluttanza da parte delle femministe olistiche musulmane ad affrontare la realtà contemporanea dei matrimoni religiosamente misti di cui parlano An-Na'im e altri (An-Na'im, 2005). Questo indica i limiti, o le esitazioni, di un femminismo basato sulla comunità quando si trattano questioni di genere intra-religiose, specialmente, relative alla famiglia.

In questo articolo ha cercato di evidenziare le porosità e le complessità del secolare e del religioso, così come hanno interagito con il femminismo musulmano, insieme o separatamente, negli spazi nazionali e globali. Mi sono proposta di riflettere sulle continuità e sulle nuove direzioni del pensiero e dell'azione femminista nel contesto di situazioni mutevoli. Volevo, in questo senso, inquadrarlo sia nel contesto dello Stato nazione, sia in quello del femminismo globale e nelle loro interazioni. L'emergere del femminismo comunitario, che ho chiamato "femminismo olistico musulmano", è un punto di vista totalmente nuovo che merita attenzione. Ho guardato a questo fenomeno, così come declinato da Musawah (anche se ci sono altri luoghi nei quali il femminismo olistico musulmano si sta affacciando) per considerare le sue implicazioni. Il femminismo olistico musulmano è ancora all'inizio della sua opera e, come tutti i lavori in corso d'opera, è fluido e non sempre coerente nelle sue auto-rappresentazioni, elementi che possono essere considerati segni di un dinamismo creativo. Ho sollevato pungenti questioni, a partire dalla convinzione che per affrontarlo è necessario riconoscerlo - scoprendo le possibilità e i limiti concettuali, pratici e politici dei vari approcci. Concludo ponendo tre domande: (1) a quali interessi risponde il nuovo femminismo olistico musulmano? (2) come possono i diritti della comunità e quelli della nazione essere tutelati negli spazi fluidi tra secolare e religioso? (3) Il femminismo secolare ha un futuro?

Bibliografia

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Note

*. From Islamic feminism to a Muslim holistic feminism, IDS Bulletin 42 (2011): 78-87; traduzione di Valentina Fedele.

**. Vorrei ringraziare Mariz Tadros per avermi invitata al Workshop 'Religious Framings of Gender Policies and Practices', all'Institute for Development Studies, University of Sussex, nonché i partecipanti al workshop, per i due giorni di dibatto animato e di discussioni durante le quali sono stati evidenziati diversi punti di vista. Il workshop mi ha concesso un'eccellente opportunità di condividere idee in formazione, nonché il frutto di un più lungo lavoro. Grazie anche a Philippa Strum, mia collega al Woodrow Wilson Center di Washington, che ha letto la versione finale di questo articolo. Infine, vorrei ringraziare i molti amici e colleghi con i quali ho avuto il privilegio di intavolare movimentate conversazioni nello spazio virtuale e in quello reale, sui temi sollevati da questo articolo, e su molti altri.

1. Le donne straniere sposate con cittadini egiziani acquisiscono cittadinanza egiziana, a differenza degli uomini stranieri sposati con egiziane.

2. Il secolare e il religioso sono stati intrecciati in maniera complessa nello Stato secolare come dimostrato dal caso dell'Egitto, dove la costituzione dichiara prima l'islam religione di Stato, poi nel testo del 1979 dichiara la shar 'iah una delle fonti del diritto, e infine nel testo del 1980 dichiara la shar 'iah la fonte di tutta la legge (non solo del Codice dello Statuto Personale). Ciononostante non si è assistito ad una islamizzazione della legge. I cambiamenti più recenti sono da considerarsi alla luce del diffondersi dell'islamismo.

3. Negli anni '70 e '80, quando 'almaniyya bila din' cominciò ad essere usato col significato di secolarismo senza religione, si sosteneva che 'almaniyya' non necessariamente implicava il secolarismo come cancellazione della religione. Poi, con la diffusione del secolarismo islamico il termine diventò comunemente percepito come non islamico e anche anti-islamico. Ricordo di aver discusso questo cambiamento di significato con diversi colleghi a quel tempo.

4. Gisela Webb (2000: xi-xix) sottolinea che la centralità dello studio-attivismo e la presenza di studiose-attiviste nel lavoro teorico e pratico delle donne musulmane su donne, genere e islam, si riferisce specificamente all'esperienza nord americana. Più tardi, una studiosa dell'islam sudafricana, Sa'diyya Shaikh, riscontrò che le donne maltrattate che aveva intervistato, sviluppavano un 'tafsir (esegesi) della prassi', trovando esse stesse una contraddizione tra il messaggio etico del Corano e le brutalità di cui facevano esperienza per mano dei loro mariti musulmani (Shaikh 2007).

5. Ho partecipato a questo evento a Kuala Lumpur seguendo sia le sessioni plenarie che quelle separate, nonché partecipando a numerose conversazioni.

6. Ero al Cairo in quel periodo e ho raccolto le lamentele delle musulmane che erano desiderose di partecipare in questo circolo esclusivo.