2005

M. Zupi (a cura di), Sottosopra. La globalizzazione vista dal Sud del mondo, Laterza, Roma-Bari 2004, ISBN 88-420-7235-4

Sottosopra. La globalizzazione vista dal Sud del mondo pubblicato da Laterza a cura di Marco Zupi è una raccolta di saggi sul tema "globalizzazione" scritti da alcuni noti intellettuali 'non occidentali' e di diversa formazione intellettuale. Alcuni di loro, come Edward Said, Amartya Sen, Wole Soyinka, sono molto conosciuti in 'Occidente', altri sono invece meno noti. L'idea di trattare della globalizzazione da una prospettiva 'non occidentale', riunendo voci di autori palestinesi, indiani, sudamericani, africani, etc. è di per sé piuttosto originale, per quanto oggi l'interesse nei confronti di questi autori sia maggiore rispetto ad alcuni anni fa. Tuttavia, il pregio più grande del volume sta nella selezione di saggi fra loro molto eterogenei.

Zupi ha scelto di non affrontare l'argomento "globalizzazione" in modo organico e ha riunito in questo volume saggi che riguardano temi fra loro molto differenti. L'eterogeneità degli argomenti e degli approcci adottati dai diversi autori, che a prima vista può apparire come un difetto, si rivela invece un valore: rende il libro originale e lo sottrae alla relativa ovvietà del tema portante. Nei saggi raccolti emergono non solo i punti di vista di autori 'non occidentali', ma anche linguaggi e forme di comunicazione inconsueti per la saggistica europea.

Nell'introduzione Zupi lamenta che la voce delle "popolazioni" del "Sud del mondo" non arrivi ad animare il dibattito politico occidentale e a dialogare con il lettore medio occidentale interessato a capire l'attualità. Il libro cerca di ovviare parzialmente a questa unidirezionalità della comunicazione politica che si muove solo da Nord verso Sud e da Ovest verso Est. Tuttavia, non sono le "popolazioni" del "Sud del mondo" a esprimersi in questo libro, ma alcuni brillanti intellettuali che in parte rappresentano il punto di vista del "Sud" ma che, soprattutto, offrono prospettive e soluzioni originali ai problemi posti dalla globalizzazione, sfuggendo anche al cliché che vorrebbe fare di ogni intellettuale non occidentale il porta-voce del "suo" popolo.

Come Fatima Mernissi ci ha più volte ricordato, il "Sud", l'"Islam", l'"Oriente" sono categorie con cui si designano in modo semplicistico universi sociali e culturali molto differenziati. È proprio questa pluralità che il volume curato da Zupi restituisce al di fuori di ogni stereotipo, muovendo, non a caso, dalle analisi di Edward Said. La contrapposizione Oriente/Occidente, Sud/Nord è per Zupi comparabile a quella ragione/follia messa in luce da Michel Foucault: serve a tracciare un confine, contribuisce a una costruzione dualistica del mondo che consente di trascurare l'asimmetria che si cela dietro questi rapporti, di mettere in ombra le relazioni di potere. Questa contrapposizione fra immagini stereotipate, forgiata in "Occidente", è tuttavia stata adottata dall'"Oriente". L'immagine dell'"Occidente" è stata per le popolazioni del "Sud", scrive Zupi, "Il metro di paragone - positivo o negativo - con cui costruire la propria identità". La costruzione culturale dell'altro ha così condotto alla formazione di un campo culturale "orientale" o "del Sud": la profezia si è insomma autorealizzata.

In questo quadro assume allora un'importanza fondamentale il dialogo fra intellettuali di diversa origine e con diverse competenze specifiche intorno ai problemi comuni connessi ai processi di globalizzazione. Senza che tuttavia gli intellettuali non occidentali siano considerati come i porta-voce di culture omogenee o come gli interpreti delle aspirazioni delle popolazioni di interi continenti. Sen, Soyinka, Canclini, Chatterjee, Mamdani, Said, Zaoual, So, Urani, Seshamani, Bhagwati muovono le loro riflessioni dall'analisi delle società alle quali appartengono e, spesso, riflettono sulle identità culturali dei paesi nei quali sono nati. Tuttavia le loro analisi vanno sempre oltre l'orizzonte del "Sud" per affrontare da un punto di vista originale i temi della contemporaneità.

È interessante in proposito notare come, al contrario di molti sociologi europei, essi pongano spesso l'accento sul valore della cultura e dei processi culturali nel quadro della globalizzazione sottolineando, come fa ad esempio Canclini, la mancanza di un'industria culturale nei paesi dell'America Latina e in molti paesi asiatici e africani. L'analisi parte dunque da contesti particolari del "Sud" per rivelare un'interpretazione nuova della globalizzazione, criticandone l'immagine di processo univoco e irresistibile che di essa è stata divulgata. La globalizzazione è in molti casi un processo passivamente subito dai cittadini dei paesi non occidentali, i quali conoscono due modalità principali di partecipazione alla globalizzazione: come debitori e come migranti (Canclini). Essi non partecipano invece alla globalizzazione come produttori di cultura. Le loro visioni del mondo ci giungono filtrate dalle nostre contrapposizioni culturali, dalle "maschere" con cui rappresentiamo l'"altro": anche questo è un modo di tenere fuori dai vantaggi della globalizzazione le popolazioni del "Sud".

Sottosopra non ribalta soltanto la prospettiva, invertendo la comunicazione da Sud verso Nord, ma ribalta anche una concezione acritica dei modelli economici dominanti e dell'economia stessa, "scienza" sempre più assimilata ai saperi formali o alle scienze matematiche e sempre più lontana, invece, dalle esigenze sociali cui essa dovrebbe rispondere (Zaoual). Attraverso il recupero del pluralismo culturale e comunicativo gli autori propongono anche modelli alternativi di interpretazione delle dinamiche economiche, in grado di guardare alla globalizzazione in modo nuovo, allontanandosi dai dogmi neoliberali che hanno mostrato i loro limiti maggiori e i loro fallimenti più evidenti proprio in molti paesi del "Sud" e dell'"Est".

Lucia Re