2005

Z. Bauman, Wasted lives. Modernity and its Outcasts, Polity Press, Cambridge 2004, trad. it. Vite di scarto, Laterza, Roma-Bari 2005, ISBN 88-420-7275-3

Con questo saggio Bauman aggiunge un altro tassello al mosaico concettuale che compone i tanti percorsi della globalizzazione nell'epoca della "modernità liquida". Ancora una volta il sociologo polacco offre un'analisi lucida e soprattutto di rapida lettura sull'attuale fase di interazione globale che oggi connota la nostra vita, e che si esprime nelle fitte e complesse relazioni che interessano i poteri - istituzionali o economici - e soprattutto le persone. Relazioni, scambi e rapporti, paritari o asimmetrici, che producono un insieme non secondario di conseguenze sui singoli individui, per quanto forse meno visibili degli effetti che si riverberano al macro-livello delle società umane e delle comunità organizzate. Pur non dimenticando di suggerire elementi di analisi relativi a questo secondo aspetto, Bauman intende soprattutto offrire un'interpretazione della rete di relazioni che definisce la vita delle persone nel contesto della mondializzazione della modernità. Un'interpretazione costruita innanzitutto attraverso la registrazione puntuale dello stadio attuale della fase della globalizzazione, il cui costante aggiornamento impone l'uso di nuove parafrasi della realtà sociale che abbiamo davanti ed in cui siamo immersi. L'ideazione di metafore o di interi vocabolari finalizzati alla codificazione di un presente inafferrabile, poiché continuamente mutevole e di elevata complessità, rimane - anche in questa nuova lettura della globalizzazione e delle sue "conseguenze sulle persone"- la cifra più interessante e più stimolante dell'opera di Bauman.

La globalizzazione, stadio recente del lungo arco dell'epoca moderna, definisce l'attuale contesto sociale, che Bauman chiama "modernità liquida". Si tratta, secondo la parole del sociologo polacco, di "una civiltà dell'eccesso, dell'esubero, dello scarto e dello smaltimento dei rifiuti", non del tutto dissimile dalle altre fasi della modernità. Da queste si distingue tuttavia in maniera evidente per quanto riguarda il numero di persone coinvolte che oggi, con poche, e forse provvisorie, eccezioni è pari all'intera popolazione umana, e per un insieme di fattori contestuali di natura ambientale, demografica, politica ed economica, che, pur essendo essi stessi prodotti del processo di modernizzazione, ne modificano qualitativamente le caratteristiche.

La modernità ha origine nell'idea che le cose possano essere cambiate, trasformate, rivoluzionate, secondo un progetto che suggerisce una diversa, ed inedita poiché nuova, costruzione di ordine volta al progresso, ovvero a migliorare le condizioni esistenti. L'idea di progresso, che esprime l'elemento progettuale della modernità, porta con sé la propria fallibilità, in qualche misura altrettanto prevista nella definizione del progetto. La costruzione di un nuovo ordine, che sostituisca quello esistente, produce inevitabilmente materiale di scarto da smaltire ed eventualmente da riutilizzare. Quando il progetto si riferisce alle comunità umane, allora il materiale di scarto, la cui produzione segue parallelamente la costruzione del nuovo ordine sociale, è l'insieme dei "rifiuti umani" [le wasted lives del titolo] costituito da quegli individui "che non si adattano alla forma progettata né possono esservi adattati".

Al sistema di produzione e di riordino politico ed economico, che in modi sempre diversi ha connotato i differenti passaggi della modernità, si è sempre accompagnato un sistema altrettanto importante di smaltimento dei rifiuti, materiali ed umani. Una "industria", la cui crisi segnala, rende visibile, e definisce come problema da affrontare con qualunque mezzo, la presenza di masse ingenti di "rifiuti umani". I processi di modernizzazione in ragione della loro mondializzazione, insieme alla vittoria dello Stato, in quanto unica ed incontrastata forma di organizzazione politica, hanno generato una "saturazione del pianeta", nel quale oggi praticamente non esistono più territori incontaminati dalla sovranità politica, e dove, di conseguenza, la sopravvivenza e la sussistenza in condizioni di vita accettabili e dignitose non sono più questioni naturali.

In questo scenario, "non vi sono sfoghi prontamente disponibili né per il 'riciclaggio', né per uno 'smaltimento' sicuro" dei "rifiuti umani", categoria nella quale Bauman fa rientrare tanto gli individui "in esubero" dei ricchi paesi dell'Occidente quanto gli immigrati, i richiedenti asilo e i rifugiati provenienti dalle regioni del Sud del mondo. I cittadini dei paesi industrializzati risultano eccedenti ed inutili per il sistema produttivo che caratterizza l'odierna società dei consumi. Sono scarti superflui da marginalizzare ed eventualmente da smaltire in via definitiva attraverso le carceri, la cui funzione riabilitativa è ormai assolutamente secondaria se non inesistente. I migranti, "economici", richiedenti asilo e rifugiati, sono "prodotti collaterali" dei processi di modernizzazione globale e dei costanti tentativi di costruzione di ordine politico che definiscono i conflitti interni e le guerre internazionali. Essi segnalano alle popolazioni del Nord l'estrema vulnerabilità e l'insicurezza generate dalle "forze della globalizzazione", e dal rischio incombente della guerra.

La centralità dei problemi legati al complesso fenomeno delle migrazioni internazionali, che occupa nel testo di Bauman una posizione primaria, ha a che fare anche con la crisi di legittimazione dello Stato, il quale negli ultimi due decenni ha progressivamente perso il carattere inclusivo che ne contraddistingueva la natura di "Stato sociale", in favore di un ritorno graduale alla priorità dell'elemento della tutela dell'incolumità fisica dei propri cittadini, e del controllo penale. La ricerca di legittimazione da parte dello Stato di fronte all'incertezza prodotta dai processi di globalizzazione, che incentivano esponenzialmente la precarietà, e la conseguente vulnerabilità, sociale da un lato, e le variabili di rischio che minacciano la sicurezza personale degli individui, passa attraverso la produzione sociale e mediatica di cause diverse da quelle che ne sono le fonti reali. La nascosta consapevolezza dell'impotenza degli stati di fronte alle "forze della globalizzazione" muove lo Stato a cercare, ed eventualmente a costruire, variabili realmente affrontabili. Il controllo, l'asservimento e la repressione degli "immigrati", ovvero dei moderni "rifiuti umani" del Sud del mondo che si introducono nelle strette maglie delle frontiere del Nord, sono oggi gli elementi sui quali lo Stato costruisce la propria forma di legittimazione. L'internamento dei migranti e soprattutto dei richiedenti asilo, la cui figura "è stata derubricata a un'orrenda miscela di ingenuità vergognosa e di irresponsabilità criminale", insieme alla creazione di "ghetti urbani" dove trovano posto i cittadini eccedenti, in esubero, che sono "già dentro" e gli altri "rifiuti umani" che vengono "da fuori", sono soltanto la parte più visibile di questi processi, attraverso cui si declina la natura escludente ed esclusiva dello Stato nell'epoca della modernità liquida.

Bauman, al termine della sua analisi, ci consegna una questione "inattuale", alla quale non fornisce alcuna risposta. Egli si chiede: "se il gioco dell'inclusione/esclusione sia l'unico modo in cui si può condurre la vita umana in comune, l'unica forma concepibile che il nostro mondo condiviso può assumere. L'unica forma che a esso si possa dare". Le soluzioni a questo "grande interrogativo", che mette in discussione lucidamente le precondizioni politiche, sociali ed economiche che hanno segnato sinora tutte le fasi della modernità, andrebbero - per Bauman - cercate con lungimiranza, ovvero tenendo presente le conseguenze sul lungo periodo delle nostre azioni collettive. Atteggiamento certo molto distante dal discorso politico oggi dominante, il quale piuttosto produce soluzioni sempre più spesso di natura emergenziale e provvisoria, espressione di una politica rassegnata a modellarsi e a limitare la propria sfera di azione sui tempi brevi.

Fabrizio Mastromartino