2005

M. Torri, Storia dell'India, Laterza, Roma-Bari 2000, pp. XXII+839, ISBN 8842061654

Scrivere la storia dell'India non è un'impresa facile: l'area del subcontinente indiano è, infatti, un territorio esteso e popoloso, che ha assistito al nascere e all'evolversi di numerose formazioni sociali e politiche, di innumerevoli religioni e tradizioni di pensiero, espresse in documenti scritti in molteplici lingue. Non si tratta di un compito da poco, poi, perché si ha a che fare con una storia lunghissima che precede di millenni la nascita di Cristo e al contempo che presenta insormontabili problemi di datazione degli eventi e delle fonti. Ma a tutto ciò, che di per sé costituisce già una sfida poderosa per quegli storici impavidi che hanno deciso di cimentarsi nell'impresa, si aggiunge la necessità di doversi confrontare con l'eredità dell'antico pregiudizio (di matrice coloniale e orientalista) che l'India sia un paese senza storia.

Tale concezione ha influenzato e formato generazioni di storici. E il paradigma interpretativo che questi studiosi hanno consegnato ai posteri, per quanto sempre più discusso e barcollante, pesa tuttora sulla scrittura della storia indiana.

L'autore del testo qui recensito appare ben consapevole di ciò, quando scrive: "la tradizionale interpretazione della storia dell'India rende estremamente difficile sistematizzare le nuove conoscenze. Questo è possibile solo a costo di abbandonare il vecchio modello in toto, creandone uno nuovo. La creazione di un nuovo modello interpretativo è di per sé un'operazione non facile. In particolare perché, nel corso degli ultimi vent'anni, il vecchio modello, per quanto sempre più incapace di inglobare e di sistematizzare i risultati delle ricerche in corso, si è rivelato essere in crescente, e ammirevole, sintonia con lo spirito dei tempi" (p. XIII).

Infatti, nonostante importanti scuole storiografiche, serie e innovative, siano sorte in India (facendone uno dei paesi più seguiti in questo settore di studi), il paradigma coloniale-orientalista non è stato del tutto sostituito, trovando paradossalmente nuovo vigore nelle tesi del nazionalismo indiano e del fondamentalismo hindu.

Come ben spiegato nelle prime pagine di questo libro, l'idea di un'India refrattaria al mutare dei tempi, pregna fin dall'origine di una spiritualità hindu e caratterizzata da una struttura sociale gerarchica e armonica risulta particolarmente funzionale a chi voglia stabilire la corrispondenza biunivoca India-induismo e dunque il primato degli hindu sulle altre comunità religiose.

Il passato indiano è allora terreno di scontro politico. Artefatte interpretazioni storiche hanno forgiato miti fondativi nel tentativo di modellare un omogeneo spirito di popolo e hanno dotato di legittimazione operazioni politiche talvolta dai tragici risvolti (si veda, tra i tanti, il caso eclatante della distruzione della moschea di Ayodhya ad opera di fondamentalisti hindu, seguita da un massacro della popolazione di fede islamica, nel dicembre del 1992).

Compilato questo scenario, appare quanto più apprezzabile la stesura della storia del subcontinente indiano, ad opera di Michelguglielmo Torri, che prende avvio dai primi insediamenti umani, risalenti al VII millennio prima di Cristo, e termina in tempi recentissimi (è aggiornata al 2000). Ammirevole non solo la competenza storica dell'autore, ma il suo aggiornamento rispetto al dibattito storiografico e alle implicazioni politiche degli usi delle narrazioni storiche cui prima si è fatto cenno. Felice in tal senso è la scelta di aver dedicato il primo capitolo del voluminoso tomo alla geografia della regione interessata. L'osservazione del dato materiale per eccellenza, il territorio, consente di minare molti dei pregiudizi più diffusi e contribuisce a spiegare alcuni fenomeni tipici del passato e del presente di quest'area.

Ad esempio, il fatto che il subcontinente indiano (comprendente la penisola del Deccan, la piana indogangetica e il territorio sovrastante racchiuso a est dalla catena Himalaiana e a ovest da una fascia collinosa) sia caratterizzato da una relativa facilità di spostamento al suo interno e da una difficoltà di penetrazione via terra ha permesso che, pur nei periodi di disgregazione politica, i mercanti e le correnti culturali e religiose potessero circolare, ponendo le basi di un'idea di unità, alla quale aspirarono alcune monarchie contraddistinte da velleità espansionistiche. Quest'assetto geografico spiega poi la non belligeranza con la confinante Cina ed anche il fatto che i contatti con altri luoghi siano avvenuti prevalentemente via mare e attraverso i passi occidentali. Lo studio degli accessi al subcontinente indiano e delle rotte monsoniche, corroborato dai dati archeologici e dalle fonti scritte, ci presenta un'immagine dell'India assai diversa da quella di un paese isolato e distante. Flussi commerciali e migratori, campagne di conquista, scambi culturali con i paesi del sud-est asiatico, con la costa dell'Africa orientale, con il Medioriente e con i paesi del Mediterraneo hanno segnato la storia di questa parte di mondo, modificando senz'altro la presunta immutabile società indiana.

La sezione del volume più approfondita e pregevole è, comunque, quella dedicata alla storia contemporanea: ossia la maturità del regime coloniale, le lotte per l'indipendenza, la creazione di una nazione indiana e gli oltre cinquant'anni di democrazia. Degna di nota, all'interno di questa parte, è la narrazione degli eventi legati alla figura di Gandhi. Troppo spesso, infatti, questo protagonista del XX secolo è conosciuto tramite materiali dai toni agiografici. Torri invece restituisce il Mahatma alla storia, in tutto il suo spessore di realtà, non tralasciando luci e ombre del suo operato politico.

Non potendo esprime un giudizio su ogni parte del libro, la cui estensione temporale e varietà di temi sono veramente enormi, mi soffermo ancora su un passaggio saliente dell'introduzione, quello in cui si affronta il tema della proverbiale tolleranza indiana; sperando così di offrire un assaggio dell'attitudine critica dell'autore.

Torri afferma: «Se, come vogliono alcuni studiosi, la nascita del "moderno" si identifica in Occidente con la possibilità di esprimere opinioni eterodosse in campo prima religioso e poi politico senza essere sottoposti alla sanzione dei tribunali, allora è chiaro che il "moderno" è nato in India alcuni millenni fa, quasi certamente prima della nascita di Cristo» (p. XV).

Questa "tolleranza" delle opinioni eterodosse, viene però precisato, non si identifica né con la non-violenza, poiché episodi di intolleranza religiosa sono appartenuti anche al passato indiano, né proviene da un profondo convincimento morale; essa «non era che una risposta politica al difficile compito di controllare, con scarse risorse, territori vasti e densamente popolati dai seguaci delle più svariate e contrastanti tradizioni religiose, votati a costumi variegati e strani e non particolarmente mansueti» (p. XVI). Infine, l'autore nota la "sconcertante" affinità di questo genere di tolleranza con le società moderne, dove ognuno può fare e pensare, entro certi limiti, tutto ciò che desidera finché i fondamenti del potere non sono minacciati e chi comanda continui a comandare.

Insomma, il testo di Torri costituisce un ingresso vantaggioso alla conoscenza dell'India, perché scrupoloso, aggiornato e di estrema chiarezza; ed anche un correttivo dei luoghi comuni e di quella manualistica divulgativa che tradisce tuttora un insano approccio all'oltre-Europa.

Clelia Bartoli