2005

A. Simoni (a cura), Stato di diritto e identità rom, L'Harmattan Italia, Torino 2005, pp. 192, ISBN 88-88684-92-1

Il trattamento giuridico dei Rom, uno fra i più 'sfuggenti' soggetti della storia europea, è il principale filo conduttore della ricerca raccolta in questo volume collettaneo. Si tratta di una ricerca condotta secondo un taglio comparativo e interdisciplinare (storico, sociologico, giuridico) e realizzata con il contributo di studiosi italiani e stranieri, ma anche con l'apporto di giudici e avvocati che operano a diretto contatto con i differenti gruppi che compongono la complessa identità rom.

Il lavoro procede con un doppio inquadramento storico (storico-sociale quello di Leonardo Piasere, storico-giuridico quello del curatore Alessandro Simoni), prima di affrontare aspetti più specifici e attuali nei rapporti fra la sfera del diritto e la presenza Rom. Sono state privilegiate la situazione inglese, quella italiana e, in minor misura, quella francese, mentre un intervento specifico riguarda l'azione e gli effetti delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo.

Dal punto di vista giuridico si pongono almeno tre piani principali di riflessione: il primo riguarda i Rom come 'problema' giudiziario e amministrativo. In secondo luogo, vi è la storia degli interventi legislativi che riguardano i Rom, e la creazione di un diritto per i Rom. Infine, esiste una dimensione giuridica propria dei Rom, il "diritto zingaro", oggetto del saggio finale (di Letizia Mancini), intorno al quale lo stesso Simoni sta curando un altro volume collettaneo in preparazione presso Giuffrè.

La storia della presenza zingara in Europa è stata (ed è) fortemente diversa, a seconda che si prenda in considerazione l'Est oppure l'Ovest del continente. Essendo il volume orientato verso l'esperienza occidentale, osserviamo come si tratti, qui, di un popolo originariamente nomade, del quale si ha notizia a partire dal basso medioevo, e la cui travagliata vicenda rappresenta forse una delle più emblematiche esperienze legate alla nascita e al consolidamento dello Stato moderno. I Rom (gruppi di famiglie non stanziali, che vivono in società fondate sui rapporti personali) si sono dimostrati tenacemente refrattari all'impersonale normalizzazione statuale: si tratta degli "stranieri interni", messi al bando e decimati, ma mai del tutto domati, e così capaci anche di mettere paradossalmente in evidenza l'impotenza dello Stato moderno. Troppo disinvolta, nel saggio di Piasere, appare però la continuità che egli stabilisce tra "l'antiziganismo" moderno e lo sterminio nazista (p. 23): "Le centinaia di bandi antizingari ci dicono che fin dall'inizio gli stati moderni furono costruiti anche sull'antiziganismo. La politica di sterminio di Hitler, da questo punto di vista, non fu altro che la continuazione di un'ideologia e di una pratica da secoli radicata (...)". Si perde, in questo modo, la specificità del totalitarismo novecentesco, che ha creato il nemico assoluto trattando definiti gruppi di uomini come non-uomini (come nemici assoluti) invece che come stranieri. Non a caso, la prassi non totalitaria è stata quella del bando, un'espulsione dallo spazio della comunità che permetteva la vita in altri luoghi, ed è ben diversa dallo sterminio attuato nello spazio controllato e recintato del campo di concentramento.

Se si affronta la stessa questione da un punto di vista più strettamente giuridico, si notano altri aspetti rilevanti (pp. 28-29). Con le codificazioni napoleonica e post-napoleonica lo Stato moderno elimina la pratica dei bandi antizingari, ma all'impersonalità del nuovo diritto non segue un allentamento della repressione: più semplicemente (con un passaggio che sarebbe piaciuto al Tocqueville de 'L'antico regime e la rivoluzione') contro gli zingari si usano le norme contro il vagabondaggio e la mendicità: nonostante il drastico mutare del fondamento di legittimità dell'ordinamento statale, i contenuti politici e le pratiche amministrative del passato regime si conservano saldamente. D'altra parte, proprio una legge francese del 1912 rappresenta una rara eccezione di legge discriminante su base etnica e compiuta nella cornice dello Stato moderno (con esclusione, ovviamente, del nazifascismo). Ma la regola - se si osserva panoramicamente il problema - è rappresentata fino ai giorni nostri da una vessazione eseguita attraverso la discrezionalità degli strumenti amministrativi e di polizia.

Venendo agli ultimi decenni, il Caravan Sites Act adottato in Gran Bretagna nel 1968, è una tappa di grande importanza per il riconoscimento di una specificità zingara: lo zingaro (gypsy) acquista uno status giuridico ed il privilegio di ottenere e poter usare luoghi di stazionamento definiti dall'autorità pubblica inglese; contemporaneamente, viene istituito un reato che soltanto il gypsy potrà commettere se non rispetta il luogo di stazionamento. Anche se è stato modificato in senso restrittivo negli anni Novanta, il Caravan Sites Act affronta e riconosce il diritto di stazionamento in luoghi definiti. A partire da questo intervento legislativo, si è messa in moto in Gran Bretagna una dialettica giurisprudenziale che ha visto avvocati inglesi (uno di questi, Luke Clements, è tra gli autori) combattere dure battaglie giudiziarie in patria e a Strasburgo presso la Corte dei Diritti dell'uomo.

Come si evince dal saggio di Julie Ringelheim, infatti, l'attività della Corte dei diritti dell'uomo ha negli ultimi anni dinamizzato l'emergere della visibilità giuridica dei Rom. La Corte sembra però muoversi su un doppio binario: quello dell'intervento severo contro l'uso della violenza fisica nei confronti dei Rom da parte di funzionari dello Stato; e quello della prudenza e dell'esitazione quando in gioco ci sono discriminazioni più sottili o controversie legate al nomadismo. Come evidenziato dal saggio di Gloria Jean Garland, la costruzione di un quadro giuridico minimo per la tutela dei diritti dei rom nella giurisprudenza della corte di Strasburgo è stata raggiunta anche grazie al sostegno di organizzazioni che, come l'European Roma Rights Center di Budapest, hanno trapiantato in Europa il modello americano della difesa di diritti fondamentali a partire da battaglie giudiziarie su singoli casi, da far valere come precedenti e come momenti di visibilità pubblica di specifici problemi.

La pubblicazione del volume ha un particolare significato per l'Italia, paese da sempre privo di una specifica normativa che riguardi i Rom (e dove, fra l'altro, i giuristi hanno quasi completamente ignorato il tema). Nazarena Zorzella, che nel suo intervento ha affrontato la posizione dei Rom nella attuale normativa italiana sull'immigrazione, ritiene che la legge 189/2002 (che ha modificato il precedente Testo unico sull'immigrazione), abbia notevolmente ridotto i diritti di asilo, della tutela dei minori, e quello alla difesa, ledendo così dei diritti fondamentali ed aprendo la strada a nuove discriminazioni per via amministrativa. Una situazione aggravata dalla tradizionale debolezza dei Rom nel rapporto con le corti, come testimoniato dall'intervento di Silvia Governatori.

Nicola Casanova