2005

R. Pepicelli, 2010: un nuovo ordine mediterraneo?, Mesogea, Messina 2004, pp. 169, ISBN 88-469-2040-6

Il lavoro che Renata Pepicelli presenta con questo testo è il primo frutto di un progetto di ricerca finanziato dalla Commissione Europea dal titolo European Liberty and Security. Security Issues, Social Cohesion and Institutional Development of the European Union (ELISE). La costruzione e la proposta di una prospettiva euromediterranea e la ricognizione di come questa possa svilupparsi nella struttura del partenariato euromediterraneo costituiscono il tema portante del testo. Come sottolinea Salvatore Palidda nella prefazione mentre negli anni successivi alla seconda guerra mondiale il terzomondismo, il non-allineamento e il nasserismo avevano favorito una certa centralità del Mediterraneo, la tendenza si è invertita dopo la fine dell'equilibrio bipolare. La strategia dell'Europa, orientata ad una integrazione più stretta con i paesi dell'Est, sembra aver escluso il Mediterraneo come spazio di relazione politica. Tale scelta non ha del resto frenato gli scambi commerciali tra la sponda Nord e quella Sud del Mediterraneo, ha bensì reso queste più diseguali in accordo con la prospettiva liberista adottata dall'Unione Europea: le delocalizzazioni sono fiorite nella parte Sud del Mare Nostrum a quasi esclusivo vantaggio degli imprenditori della parte Nord. I valori del Pil e l'indice di sviluppo umano dei diversi paesi mostrano in modo immediato il divario esistente tra le due sponde del Mediterraneo.

Di tale scenario Pepicelli traccia un quadro ricco e preciso. Il partenariato euromediterraneo nasce in seguito alla Dichiarazione di Barcellona, adottata il 27-28 novembre 1995 dagli allora quindici paesi dell'Unione Europea e da dodici paesi della riva Sud ed Est del Mediterraneo (Marocco, Algeria, Tunisia, Malta, Egitto, Israele, Giordania, Siria, Turchia, Cipro, Libano e Autorità Palestinese). La portata della collaborazione prevista è ampia, estendendosi al di là della sfera strettamente economica per comprendere ambiti come la politica di sicurezza e i diritti umani. Tre capitoli inseriti nella Dichiarazione (Partenariato Politico e di Sicurezza, Partenariato Economico e Finanziario, Partenariato Culturale Sociale e Umano) concretizzano i settori nei quali agiranno i paesi mediterranei. La Dichiarazione di Barcellona costituisce in ogni caso un documento giuridicamente non vincolante, che predispone una struttura all'interno della quale operano gli accordi d'associazione euromediterranea (AAEM). Questi sono stipulati tra ogni singolo paese terzo mediterraneo e l'Unione Europea "ma la struttura è uguale per tutti e prevede in particolare l'apertura al libero mercato entro un periodo di dodici anni, il rispetto dei diritti umani, nonché la cooperazione in ambito economico, sociale e culturale. Gli AAEM sostituiscono gli accordi di cooperazione precedenti, il cui campo di applicazione era limitato alle disposizioni commerciali e all'assistenza sanitaria" (p. 28-29). La modalità di stipulazione bilaterale di tali accordi costituisce del resto un freno alla costruzione di relazioni paritarie tra i paesi dell'area euromediterranea: infatti tra un paese terzo e l'altro continuano a sussistere barriere agli scambi che inibiscono gli investimenti dall'estero, mantenendo il privilegio del canale europeo.

Pepicelli nota come gli strumenti prescelti dall'Unione Europea per dare attuazione alla cooperazione siano quelli liberisti già indicati da Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale per altre aree del pianeta: l'idea è quella che per ridurre il divario di benessere tra Nord e Sud sia opportuno introdurre il libero mercato e la privatizzazione generalizzata di produzione e servizi. In tal senso si richiedono ai paesi terzi mediterranei interventi di ristrutturazione radicale dell'economia e della sfera pubblica mediante piani di aggiustamento strutturale. Nel quadro della Zona di Libero Scambio (ZLS) prevista per il 2010 verranno eliminati dazi e tasse per quasi tutti i prodotti industriali, provenienti sia dai paesi europei che da quelli terzi mediterranei. Resteranno invece esclusi dal libero mercato i prodotti agricoli, mantenendo la disparità tra Nord e Sud del Mediterraneo a vantaggio dell'Europa. Elemento centrale degli AAEM è la creazione di un legame di reciprocità tra i progressi nelle ristrutturazioni attuate dai paesi terzi mediterranei e l'erogazione di finanziamenti da parte dell'Unione. Simili strumenti servirebbero, nell'ottica liberista, ad accrescere la competitività dei paesi terzi mediterranei e ad attrarre investimenti dai paesi europei, ma il dettagliato resoconto di dati ed esperienze fornito nel testo ci mostra che in realtà sono aumentate le forme di investimento a basso costo: le delocalizzazioni di produzioni europee, che si avvantaggiano della vicinanza geografica e della mano d'opera a basso salario, nonché delle maggiori possibilità di evasione fiscale.

Per l'Unione Europea la costruzione dell'Euromed riveste un valore determinante nell'equilibrio geopolitico internazionale: "potrebbe rappresentare la possibilità di entrare nel 'nuovo ordine mondiale' con un ruolo di primo piano, un ordine in cui la grandi potenze si costituiscono intorno a blocchi economici coincidenti con aree di influenza politica e caratterizzati al loro interno dalla libera circolazione di beni, servizi e capitali" (p. 22). L'Euromed porrebbe l'Europa in una posizione di parità, quanto a aree d'influenza, rispetto agli Stati Uniti che già dominano la zona di libero scambio americana (ALCA). Avrebbero così una maggior diffusione anche la flessibilità del lavoro e la de-sindacalizzazione delle imprese, che sono i fenomeni indotti tipicamente dalle zone di libero scambio, fenomeni del resto già rilevati nei Paesi terzi mediterranei e descritti da Pepicelli nel testo.

Nella retorica dell'Unione Europea sul partenariato euromediterraneo un posto di primo piano occupano i diritti umani: questi accompagneranno la liberalizzazione dei mercati "in virtù dell'equazione libertà economica uguale libertà politica" (p. 75). Ma il rispetto dei diritti umani è nello stesso tempo il presupposto della cooperazione con l'Europa. Negli accordi di associazione euromediterranea (AAEM) tale rispetto è infatti posto come condizione a cui sono subordinati l'aiuto economico e la cooperazione finanziaria, con la possibilità per l'Europa di sospendere l'accordo qualora il paese terzo mediterraneo sia inadempiente. In contrasto con tale retorica Pepicelli mette in luce come nei sistemi politici della riva Sud del Mediterraneo piuttosto che un legame virtuoso tra libertà economica e libertà politica si abbia un conflitto tra queste. Le prospettive di sviluppo economico spingono infatti verso una limitazione dei diritti: "soprattutto in una fase di grandi trasformazioni, l'acquisizione di nuovi diritti rischia infatti di dar luogo a dissensi e malcontenti dovuti a scelte politico-economiche difficilmente accettabili perché comportano l'erosione dei diritti di base. Il multipartitismo, il diritto di associarsi nonché la libertà di opinione sono tenuti sotto costante controllo e a volte accantonati da parte di questi governi in quanto rallentano la corsa verso lo sviluppo" (p. 80). La sintetica ma documentata rassegna sullo stato dei diritti nel Mediterraneo traccia un panorama in cui le violazioni sono all'ordine del giorno: la sistematica repressione e criminalizzazione del dissenso politico costituiscono la caratteristica comune ai vari paesi della riva Sud e Est, pur nelle diverse esperienze storiche.

Tra gli obiettivi del partenariato contenuti nella Dichiarazione di Barcellona rientrano la stabilità e la sicurezza dell'area mediterranea. Poiché l'Europa non è riuscita a predisporre una sua politica geostrategica indipendente riguardo a quest'area, rimanendo al seguito delle decisioni statunitensi, il Mediterraneo è percepito come una frontiera da controllare militarmente, per difendersi da possibili attacchi terroristici islamici e tutelare i commerci (soprattutto nel settore energetico: gas e petrolio). Il tema della sicurezza e della lotta al terrorismo ha creato lo spazio politico per rafforzare gli apparati di polizia ed aumentare il controllo sociale.

Il flusso continuo dei migranti da Sud a Nord costituisce per l'Europa un fenomeno da controllare con politiche securitarie, le quali tendono in realtà ad incentivarlo. Anche la zona di libero scambio andrà in tale direzione, contrariamente a quanto affermato dai suoi fautori, come lasciano presagire le ricerche, citate da Pepicelli, condotte dall'OCSE e i dati sul NAFTA.

Il capitolo conclusivo intitolato "Voci dal Mediterraneo" riporta brani di interviste realizzate nel luglio 2003 a Napoli in occasione della seconda riunione internazionale preparatoria al Primo Forum Sociale Mediterraneo. Il senso è evidentemente quello di dare spazio a prospettive non dominanti. E lascia intravedere la possibilità di costruire una diversa cooperazione euromediterranea.

Katia Poneti