2005

M.C. Nussbaum, Women and Human Development. The Capabilities Approach, Cambridge University Press, Cambridge-New York 2000, trad. it. Diventare persone. Donne e universalità dei diritti, il Mulino, Bologna 2001, pp. 370

"Secondo lo Human Development Report del 1997 redatto dal Programma di sviluppo delle Nazioni Unite, non c'è nessun paese che tratti le donne bene quanto gli uomini" (p. 16), questa è la considerazione che fa da sfondo al nuovo saggio di Martha Nussbaum. Le discriminazioni che le donne si trovano a subire sono così radicate, anche in paesi che pure formalmente assicurano loro parità di diritti, da richiedere di essere affrontate attraverso una strategia globale che risponda in termini generali. Per questo motivo, Nussbaum si propone di "fornire la base filosofica a un esame dei principi costituzionali fondamentali che dovrebbero essere rispettati e fatti rispettare dai governi di tutte le nazioni, come minimo essenziale richiesto dalla dignità umana" (p. 18, il corsivo è mio). Dunque, l'obiettivo del libro è quello di costruire una teoria normativa capace di fondare filosoficamente un set di principi universali sovraordinati a quelli attualmente recepiti dalle costituzioni vigenti. Chiaramente questo obbiettivo trascende la sfera dei problemi legati alle discriminazioni sessuali, per investire questioni di teoria della giustizia molto più vaste. Tuttavia, il riferimento alla condizione femminile, soprattutto in un paese come l'India di cui Nussbaum ha una conoscenza diretta, viene utilizzato come cartina di tornasole per verificare la bontà dei principi elaborati in sede teorica.

L'approccio seguito da Nussbaum per elaborare la sua lista di principi fondamentali è basato sulle capacità umane, vale a dire "ciò che le persone sono realmente in grado di fare e di essere, avendo come modello l'idea intuitiva di una vita che sia degna della dignità di un essere umano" (p. 19). Questo criterio rinvia da una parte a Amartya Sen, che per primo ha introdotto la nozione di capacità negli studi economici sullo sviluppo, e dall'altra alla teoria del funzionamento umano che Nussbaum riprende da Aristotele e Marx. Il vantaggio assicurato dall'approccio delle capacità fondamentali è quello di rendere ogni persona portatrice di valore in sé; questo risultato è possibile in quanto la considerazione delle capacità che una persona possiede in un dato momento in ciascuna area, e più precisamente la valutazione se quelle capacità superano un livello minimo di sussistenza, ci mette in condizioni di stabilire se quella persona è in grado di vivere in un modo veramente umano. Ma come è possibile accordarsi su quali capacità contano realmente nella vita di una persona? Nussbaum sostiene, in polemica con ogni forma di relativismo culturale, che, attraverso la discussione multiculturale, è possibile formulare un elenco di capacità fondamentali capace di riscuotere un "consenso condiviso" - e qui il riferimento a Rawls è esplicito - tra persone appartenenti a tradizioni diverse. Questa circostanza ci dovrebbe assicurare che il metodo basato sulle capacità presenta, rispetto a quello basato sui diritti, il vantaggio di una maggiore universalità, non essendo collegato con nessuna tradizione storica e culturale (affermazione sicuramente discutibile, se Nussbaum stessa ammetteva di riprendere l'idea delle capacità da Aristotele e Marx). La lista delle capacità fondamentali dovrebbe contenere secondo Nussbaum capacità come vita, salute e integrità fisica, sensi, immaginazione e pensiero, sentimenti, ragion pratica, appartenenza, interesse per l'ambiente, gioco, partecipazione politica e diritti al possesso. In ogni caso, una volta raggiunto il consenso, l'elencazione delle capacità su cui ci si è accordati non va intesa come data un volta per tutte; rimane una lista aperta, suscettibile di periodiche revisioni e integrazioni.

Nel secondo capitolo Nussbaum si preoccupa di giustificare criticamente il suo approccio basato sulle capacità nei confronti delle politiche di welfare dominanti, fondate sull'idea che alla base delle scelte sociali dovrebbe essere situato il benessere ipotetico di ognuno. Secondo Nussbaum, quest'idea incontra due distinte difficoltà: in primo luogo il problema della deformazione della preferenza, vale a dire la necessità di operare una selezione sulle preferenze da aggregare, al fine di eliminare quelle più manifestamente antisociali. Secondariamente, il problema dell'adattamento delle preferenze alle condizioni di vita conosciute. Discutendo gli argomenti di autori come John Harsanyi, Richard Brandt, Amartya Sen, John Elster, Cass Sunstein, Thomas Scanlon, Nussbaum conclude che il proceduralismo welfarista ha bisogno di essere arricchito incorporando valori etici sostanziali. E l'approccio basato sulle capacità rappresenta la strategia più idonea per superare i limiti del welfarismo, perché "procede direttamente e senza incertezze verso il bene e il giusto" (p. 180), affrontando il problema delle preferenze adattive attraverso metodi sostanziali e non formali.

Gli ultimi due capitoli rappresentano un primo tentativo di confrontare direttamente i principi che sono stati ricavati teoricamente con questioni concrete. Più precisamente, Nussbaum si sofferma ad analizzare i conflitti tra religione e uguaglianza sessuale, e tra famiglia e uguaglianza sessuale. Il primo dilemma riguarda la posizione delle donne in relazione alle tradizioni religiose che, in alcuni casi, si rivelano fonti di oppressione e di discriminazione. A questo proposito, Nussbaum sostiene che l'approccio delle capacità costituisce una felice via media tra gli estremi dell'umanesimo femminista secolare e del femminismo tradizionalista. Questo metodo conduce alla conclusione che il rispetto per la religione come capacità fondamentale e scelta di vita può essere contemperato con il rispetto per le altre capacità fondamentali se limitiamo i casi in cui lo stato è legittimato a ostacolare l'attività religiosa alle circostanze in cui l'ottemperanza alle prescrizioni religiose mette in pericolo l'esercizio di altre capacità fondamentali. Similmente, nel caso dei conflitti tra appartenenza familiare e uguaglianza sessuale, Nussbaum, in polemica con le posizioni che riconducono l'assetto familiare esistente a presunte tendenze naturali, sostiene che lo stato non dovrebbe intervenire a regolare la condotta dei membri della famiglia se non per tutelare le capacità fondamentali.

Nel complesso, credo che si possa dire che Diventare persone lascia in sospeso più interrogativi di quanti ne sciolga. L'approccio delle capacità proposto da Nussbaum, per quanto indubbiamente stimolante, richiederebbe, per essere sviluppato compiutamente, l'approfondimento di numerose questioni collegate. A titolo puramente indicativo ne cito alcune: il problema meta-etico della relazione tra natura umana (le capacità fondamentali sono degne di rispetto secondo Nussbaum perché connaturate alla "struttura della natura umana") e principi normativi; il problema metodologico delle prospettive di successo di un dialogo multiculturale volto alla definizione della lista di capacità degne di tutela; il problema politico delle istituzioni e delle procedure attivate per registrare il consenso condiviso sulla lista delle capacità. Per questi motivi, le pagine migliori del libro vanno ricercate nel terzo e nel quarto capitolo, in cui Nussbaum discute con finezza e sensibilità questioni specifiche, anche attraverso un confronto diretto con le sentenze della giurisprudenza statunitense.

Leonardo Marchettoni