2009

M. Baldassarri, D. Melegari (a cura di), La rivoluzione dietro di noi. Filosofia e politica dopo il '68, Manifestolibri, Roma 2008, ISBN 978-88-7285-549-2

Frutto di un ciclo di interventi promossi dal "Centro studi movimenti di Parma", questo volume raccoglie dieci saggi dedicati alla riflessione, diretta o indiretta, sul Sessantotto, equamente divisi nelle due parti del volume. La prima parte è dedicata al tema-chiave della soggettività tra filosofia e movimento; la seconda parte si incentra, invece, sulle interpretazioni (e reinterpretazioni) del Sessantotto. L'idea di fondo che anima il volume è che una considerazione critica di quel periodo storico debba necessariamente rivolgersi al significato delle questioni allora aperte per il pensiero contemporaneo. E' alla luce di questa necessità, che si cerca, in primo luogo, di tematizzare il rapporto tra il Sessantotto e alcuni dei capisaldi del dibattito teorico del XX secolo: i teorici critici francofortesi, Foucault e il post-strutturalismo, l'operaismo. Sulla Scuola di Francoforte e sul post-strutturalismo, si concentrano i saggi di Petrucciani e Iofrida, che mostrano la differenza che intercorre fra le due correnti riguardo al tema della soggettività. Mentre per i francofortesi il soggetto va pensato in termini dialettici, nel post-strutturalismo si ha una negazione del soggetto e delle sue capacità di trasformazione storica. Petrucciani è convinto che "la teoria critica di matrice francofortese abbia costituito la prospettiva teorica che meglio di ogni altra era in grado di fornire ai movimenti del '68 e degli anni Sessanta un orizzonte di auto comprensione"(p. 19); Iofrida sostiene invece che, tra il Sessantotto e la cultura francese del post-strutturalismo, vi fosse un rapporto particolare, certo non lineare, ma nemmeno di completa contraddizione: egli parla quindi di un "rapporto di dissimmetria"(p. 31).

Anche il saggio di Bottazzi si concentra su uno dei grandi esponenti del post-strutturalismo, Foucault, del quale approfondisce il concetto di rivoluzione: il filosofo francese si accorgeva, infatti, della distorsione insita nell'idea di rivoluzione, che si verificava quando la filosofia si limitava a indagare il potere nei termini di bene e male o a trovarne le teorie fondative. Molte filosofie della libertà hanno infatti dato luogo a regimi autoritari e dispotici: si pensi allo Stato sorto in Francia dopo la rivoluzione francese ispirata da Rousseau, o allo Stato sovietico sorto dopo la rivoluzione ispirata da Marx.

Dell'operaismo si occupa, invece, Mezzadra attraverso il riferimento al testo di Tronti, Operai e capitale. Tramite questo testo Mezzadra cerca di ripensare il nesso tra costruzione delle soggettività, rivendicazione di parzialità politica e ricerca di nuove forme di "universalità".

La prima parte del volume si conclude con il saggio di Neilson, che vuole fuggire la visione del Sessantotto come semplice rivolta culturale che finisce per essere catturata nelle politiche della Thatcher, di Reagan o di Berlusconi: bisogna, piuttosto, studiare i movimenti degli anni Sessanta non dal punto di vista del loro fine, ma in virtù del fatto che hanno significato "un'apertura del possibile"(p. 85). In tal senso la crisi della soggettività politica, che ancora caratterizza il mondo contemporaneo, appare a Nielsen il risultato dell' "intreccio di fallimenti e successi"(ibidem) incarnati negli anni Sessanta.

Esaurita la prima parte di analisi teorica e concettuale, si passa alle questioni inerenti l'interpretazione del Sessantotto. Melegari critica la concezione del Sessantotto come rottura sottratta alle trame della storia, sottolineando come "una ricerca di quanto nel Sessantotto merita di essere riconsiderato è davvero inscindibile da una critica degli ideologismi, dell'immaginario narcisistico, dalle rappresentazioni più o meno rassicuranti che ne hanno saturata la domanda di nuovo pensiero politico e che ci interessano, quindi non in quanto colpe del passato, ma in quanto blocchi interni al presente"(p. 107).

Negro invece esamina il rapporto tra cultura di destra e Sessantotto, dal momento che il movimento del Sessantotto, pur collocandosi a sinistra, aveva visto talvolta l'involuzione delle sue anime (libertarismo, anticonformismo, dialettica come strumento di confronto) in forme di demonizzazione intollerante dell'avversario. Sull'ambivalenza interpretativa del Sessantotto si sofferma anche Baldassarri, riferendosi sia al pensiero di Tronti che a quello di Carl Schmitt: Tronti, infatti, riprende in concetto schmittiano del politico come forza niente affatto razionale e naturale, come forza che si dà "nella divisione" e "nello scontro"(p. 133); Baldassarri, da questo legame teorico Tronti-Schmitt, desume che il Sessantotto ha comportato una doppia eredità: "un'ideologia libertaria che è finita per diventare dispotica e per coincidere con la lingua biforcuta del capitale, ma anche un grande lascito, la possibilità di esercizio di un pensiero radicale"(p. 144).

La parte conclusiva del libro è occupata da due saggi che si pongono in reciproco contrasto, quelli di Preve e Illuminati. Preve, molto drasticamente e criticamente, vede il Sessantotto come un mito di fondazione per una sinistra pienamente partecipe a una sorta di ipercapitalismo. Illuminati, invece, ritiene sbagliato indietreggiare rispetto alle innovazioni politiche e culturali che il Sessantotto ha comportato: esso, a suo avviso "non fu una semplice modernizzazione del paese - come sembra sostenere Preve - bensì una messa in discussione di tutto l'assetto strutturale che ha lasciato visibili tracce nella presente instabilità"(p. 177).

Molto spesso sul Sessantotto si sovrappongono considerazioni emotive, fattuali, storiche, ideologiche, retoriche, quasi di costume. La raccolta di questi saggi e l'operato del Centro studi sui movimenti ha il merito di ricollocare quel momento nell'ambito di una riflessione, possibilmente aperta e non dogmatica, di tipo filosofico politico e filosofico sociale. Si tratta di una operazione certamente complessa, perché comporta la difficoltà di concentrarsi su testi, concetti e autori, più che su fatti, slogan, cronache e ricordi di un'epoca. Ma è un'operazione assai utile e fondamentale per capire non solo il significato del Sessantotto, ma anche il senso del cono d'ombra, o del riflesso lontano, che ancora oggi sembra distendersi sulle vicende culturali e istituzionali delle società tardo-moderne.

Francesco Giacomantonio