2006

A. Cassese, Lineamenti di diritto internazionale penale. I. Diritto sostanziale, a cura di Salvatore Cannata, Il Mulino, Bologna 2005, ISBN 88-15-10700-2

Il diritto internazionale penale, come branca del diritto internazionale pubblico che si occupa della definizione e della sanzione dei crimini internazionali, è una disciplina di recente formazione e di natura intrinsecamente ibrida, le cui norme si caratterizzano per elementarità e indeterminatezza. Queste caratteristiche rendono allo stesso tempo estremamente utile, e complesso, un lavoro come quello qui presentato, che fornisce il quadro complessivo delle norme consuetudinarie e pattizie in materia. D'altra parte sono questi, temi particolarmente familiari all'autore del volume, che ha ricoperto importanti incarichi in organismi internazionali per la prevenzione e punizione di crimini internazionali, ricoprendo la carica di Presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani e degradanti (CPT) istituito nell'ambito del Consiglio d'Europa e di primo Presidente del Tribunale penale internazionale per la ex-Jugoslavia. Tra le sue più recenti pubblicazioni scientifiche occorre quanto meno ricordare il volume apparso nel 2003 per la Oxford University Press International Criminal Law, della cui prima sezione questo libro rappresenta una traduzione integrata da diversi aggiornamenti. A questa prima parte, che si occupa degli aspetti sostanziali del diritto internazionale penale relativi alla definizione dei crimini internazionali e ai fondamenti della responsabilità individuale, ne seguirà una seconda dedicata invece agli aspetti processuali.

La trattazione si sviluppa in una duplice prospettiva: essa presenta da un lato l'evoluzione storica delle norme consuetudinarie del diritto internazionale penale e, dall'altro, le eventuali convergenze o discrepanze tra queste norme consuetudinarie e le norme di origine pattizia che regolano l'attività di tribunali penali internazionali. Particolare attenzione, da quest'ultimo punto di vista, è dedicata allo Statuto della Corte penale internazionale.

Il diritto internazionale penale è contrassegnato dall'eterogeneità delle sue norme, che derivano in parte dalla disciplina dei diritti umani e dal diritto penale nazionale. L'influenza di quest'ultima matrice è così forte, sottolinea Cassese, da generare una tensione tra il diritto internazionale pubblico ed il suo ramo penale: mentre lo scopo principale del primo è infatti la regolazione pacifica dei rapporti tra Stati attraverso la mediazione e la composizione degli interessi confliggenti, il secondo ha soprattutto una finalità sanzionatoria e repressiva.

La parte centrale e quantitativamente più consistente del volume tratta della nozione, degli elementi costitutivi e delle problematiche concernenti le differenti fattispecie di crimini internazionali, cioè di quelle "violazioni delle norme internazionali da cui discende la responsabilità penale dei loro autori individuali" (p. 24). Le norme consuetudinarie la cui violazione dà origine ad un crimine internazionale proteggono interessi e beni universali e vincolano tutti gli Stati e gli individui. Esiste inoltre un interesse generale alla punizione di questi crimini: ogni Stato ha perciò in linea di principio il diritto di perseguire gli autori dei crimini internazionali. Infine, diversamente da quanto avviene per altre violazioni di norme internazionali, non è possibile invocare l'immunità per i rappresentanti statali che siano accusati della commissione dei crimini in oggetto. Sei sono le categorie di crimini internazionali riconosciute oggi dal diritto internazionale consuetudinario: crimini di guerra, crimini contro l'umanità, genocidio, aggressione, tortura e terrorismo.

La categoria di crimini di guerra è stata la prima ad essere individuata e codificata e ad aver così infranto il dogma della responsabilità esclusivamente statale delle violazioni di norme internazionali. Particolarmente interessante in proposito è la segnalazione da parte dell'autore di uno dei più gravi limiti dello Statuto della Corte penale internazionale. Esso ha infatti reintrodotto per questi crimini l'esimente dell'ordine superiore, in contrasto con un principio ormai consolidato nella contemporanea disciplina dei conflitti armati. Dell'ampia categoria di crimini contro l'umanità è invece messo in luce soprattutto il suo progressivo affrancamento dal contesto bellico: diversamente da quanto stabilito al termine della seconda guerra mondiale dallo statuto del Tribunale di Norimberga, infatti, i crimini contro l'umanità sono oggi punibili come tali anche se commessi in tempo di pace e contro appartenenti alle forze armate. Da questa ampia categoria si è inoltre separato, assumendo una fisionomia autonoma, il crimine di genocidio.

Le rimanenti tre categorie di crimini si caratterizzano per il fatto di non rientrare nella giurisdizione di nessun tribunale internazionale, di non essere, cioè, penalmente perseguibili da parte di organismi internazionali. Dopo i processi di Norimberga, che avevano individuato nell'aggressione il crimine internazionale supremo, nessun tribunale ha più esercitato la propria giurisdizione su questo crimine, a causa, in definitiva, delle sue forti implicazioni politiche. La tortura risulta invece punibile allo stato attuale solo nell'ambito dei crimini di guerra o dei crimini contro l'umanità, ma non come fattispecie autonoma. In quest'ultima accezione, per altro, la commissione del crimine prevede la partecipazione, l'istigazione o l'acquiescenza di organi statali agenti in veste ufficiale: è dunque del tutto prevedibile che gli Stati si mostrino particolarmente restii a conferire ad un organismo internazionale giurisdizione su questo crimine. L'inesistenza di una giurisdizione internazionale relativa al crimine di terrorismo è invece generalmente giustificata sulla base dell'assenza di una definizione di questo crimine accolta in modo unanime dagli Stati. È in corso infatti da lungo tempo una disputa circa la possibilità di far rientrare in questa categoria anche gli atti terroristici commessi da coloro che combattono in nome del principio di autodeterminazione dei popoli (i cosiddetti "freedom fighters"). Cassese, contrariamente a questa opinione diffusa (accettata, tra l'altro, anche dagli estensori dello Statuto della Corte penale internazionale), afferma che un accordo circa la definizione di terrorismo è in realtà stato raggiunto (e quindi esso rappresenta un crimine internazionale a tutti gli effetti): ciò che risulta controverso è solamente l'accoglimento dell'eccezione riguardante i freedom fighters.

Nell'ultima parte, l'autore analizza i principi generali del diritto internazionale penale, vagliando l'applicabilità dei principi fondamentali del diritto penale interno alle peculiarità dell'ambito internazionale. Il diritto internazionale penale è stato improntato, fino a tempi recenti, al principio di legalità materiale, il cui scopo principale è la difesa della società da minacce criminali. Solo recentemente si è affermato al suo interno il principio di stretta legalità, finalizzato a tutelare i diritti dell'accusato. Il diritto internazionale penale presenta ancora però gravi anomalie da questo punto di vista, soprattutto in relazione alla tassatività delle norme penali. L'origine consuetudinaria delle norme internazionali e l'assenza a livello internazionale di un organismo centralizzato di produzione normativa rendono infatti la fisionomia del diritto internazionale penale duttile e imprecisa.

Il volume, dunque, oltre a fornire un quadro indubbiamente esteso ed allo stesso tempo dettagliato del diritto internazionale penale contemporaneo, ne indica anche dilemmi e antinomie. I limiti denunciati dallo stesso autore, infatti, circa l'elementarità del diritto internazionale penale, l'origine statale delle sue norme e la divergenza di fini tra il diritto internazionale pubblico e penale sollevano importanti problemi: la limitata tutela dei diritti dell'accusato, la questione della ripercussione dell'azione penale internazionale sui rapporti politici tra Stati, ed infine l'efficacia preventiva dell'azione penale internazionale, affermata dall'autore, ma tutt'altro che comprovata. Sono, questi, temi la cui trattazione è indubbiamente al di fuori degli intenti del volume di Cassese, ma che allo stesso tempo indicano l'urgenza di un apporto interdisciplinare, di carattere filosofico e sociologico, tanto più necessario proprio in ragione dell'incertezza e della fragilità che caratterizzano questo ramo del diritto.

Elisa Orrù