2005

B. Kriegel, Etat de droit ou Empire?, Bayard Éditions, Paris 2002, pp. 224, ISBN 2-227-02010-5

Blandine Kriegel con Etat de droit ou Empire? non fa che proseguire quel percorso, intrapreso nel 1979 con L'Etat et les esclaves (ripubblicato da Payot nel 1989), il cui intento principale è consolidare la nozione di Stato di diritto nella cultura politica francese. In Francia, infatti, tale nozione è rimasta a lungo monopolio del linguaggio tecnico dei giuristi o al massimo degli specialisti della filosofia del diritto, e solo a partire dall'inizio degli anni Ottanta il dibattito pubblico francese è tornato sul tema dello Stato di diritto, anche grazie al lavoro teorico di Kriegel. Il concetto di Stato di diritto era, fra l'altro, entrato a far parte del vocabolario giuridico francese con particolare ritardo e un'esplicita teoria dell'Etat de droit, in opposizione all'Etat légal, la si deve a Carré de Malberg che la espone nella Contribution à la théorie générale de l'Etat, opera dei primi decenni del Novecento.

La necessità assoluta di reintrodurre nella filosofia politica francese la dimensione giuridica e la questione del diritto ha portato Kriegel a porre al centro del suo lavoro - e in opposizione a quella concezione monista e unitaria dello Stato che lo riduceva a una semplice forma di oppressione e di violenza - la nozione di Stato di diritto, concetto strettamente giuridico e - sia pure appartenente al diritto pubblico - più prossimo alla politica. Se L'Etat et les esclaves, libro con cui Kriegel consacra la sua rottura definitiva con il marxismo, aveva tentato di riaprire una discussione sullo Stato che «un anti-étatisme unilatéral a[vait] trop tôt tranchée, cet anti-étatisme simpliste [...] avec lequel on a[vait] déjà fabriqué des Etat colossaux» (p. 29), nella sua produzione successiva l'autrice non ha mai cessato di analizzare gli elementi di una «histoire raisonnée des concepts fondamentaux du droit et de la liberté humaine». Se lo Stato non è un male, certo è che questo vale solo per lo Stato di diritto, l'unico che, per Kriegel, meriti questo nome. E lo merita in quanto la forma giuridica dell'esercizio del potere lo distingue dall'Impero.

A Kriegel va indubbiamente il merito di aver analizzato lo Stato di diritto, una delle più fortunate formule del lessico politico e giuridico occidentale, prima che tale concetto ritrovasse una nuova fortuna nel discorso pubblico e nella elaborazione normativa europea, ma è anche vero che la sua analisi difficilmente permette di cogliere l'esistenza di diverse nozioni di Stato di diritto. L'autrice fa coincidere le origini dello Stato di diritto, identificato con lo Stato moderno, con il primo affermarsi delle grandi monarchie nazionali e nega che questo stesso concetto possa essere utilizzato per indicare il Rechtsstaat tedesco, senza peraltro richiamare mai l'origine essenzialmente tedesca del modello francese di Etat de droit, proposto da Carré de Malberg in alternativa alla realtà del costituzionalismo francese.

Sebbene oggi «aura-t-on reconnu l'existence des Etats de droit lorsque ils ont triomphé en Europe, au lendemain de la chute du mur de Berlin» e nonostante anche in Francia la nozione di Stato di diritto sia divenuta familiare, come ammette la stessa Kriegel, vale la pena tornare ancora una volta sul tema dal momento che, secondo l'autrice, «on a bien moins accepté de confirmer la différence ontologique qui les sépare les empires des Etats de droit» (p. 197). Sviluppando un motivo accennato ne L'Etat et les esclaves (pp. 78-79), in Etat de droit ou Empire? viene approfondita la differenza ontologica fra (e la genealogia del) la forma imperiale del potere dello Stato e (del) le repubbliche del diritto. Non esiste uno Stato, come credono le dottrine antistataliste, ma degli Stati (p. 246 di L'Etat et les esclaves), che si distinguono a seconda della forma giuridica che assume l'esercizio del potere, riconducibili a due "tipi": «comme Aristote l'a établi l'opposé de la république c'est le régime despotique et sur le plan de l'Etat le contraire de l'Etat républicain c'est l'Empire. Le choix du régime de gouvernement (à qui confie-t-on l'autorité: au grand nombre/démocratie, aux meilleurs ou au petit nombre/aristocratie ou oligarchie) à un seul (monarchie) n'épuise pas la question de la gouvernementalité de l'Etat, car celui-ci ne se réduit pas au titulaire de son autorité» (p. 149).

All'altezza dello Stato, dunque, il contrario della Repubblica è l'Impero: lo Stato non è in discussione in quanto tale. Al centro dell'analisi di Kriegel c'è il rapporto fra potere politico e cittadini. È il modo in cui si risolve questo rapporto che farebbe assumere al potere politico due forme radicalmente diverse: lo Stato di diritto (Repubblica), dove l'esercizio del potere si vede limitato da un sistema di legge, e l'Impero, dove il potere non trova alcun limite alla sua imposizione, salvo la sua stessa capacità di esercitarsi efficacemente. Attraverso la critica dei lavori di E. Kantorowicz e di tutti quegli storici che avrebbero tentato «de faire de l'Empire, et particulièrement du Saint Empire romain germanique [...] la clé essentielle de la naissance de l'Etat moderne», ma che, soprattutto, sosterrebbero che nello spazio occidentale si sarebbe imposta «une même idée de la loi, une même idée du sacré et une même idée du corps, un droit politique, une théologie et une physiologie identiques» (p. 43), l'autrice tenta di mostrare come esistano due teologie differenti: la «théologie du royaume» e la «théologie impériale». La prima, contrariamente alla seconda - fondata sulla «incarnation absolue du divin dans la personne de l'empereur» -, stabilirebbe la supremazia della legge e la separazione dei poteri, dal momento che le «lois fondamentales du royaume» sono indipendenti dal re e ne limitano la volontà. Questa distinzione comporta la necessità, per quanto paradossale possa sembrare, di «inscrire la réapparition de l'idée républicaine dans l'Ancien Régime sous les monarchies», quando i «légistes-philosophes ont jeté les bases du droit des Etats de droit, du droit des citoyens, des droit de l'homme».

Momento essenziale della costruzione dello Stato di diritto diventa la concezione della sovranità di Bodin: per risalire alle origini e ai presupposti dello Stato di diritto non bisogna, quindi, andare al pensiero di Kant, come normalmente fanno gli storici del Rechtsstaat, piuttosto la storia dello Stato di diritto è una storia franco-anglo-olandese, condotta, oltre che da Bodin, da Hobbes, Locke e Spinoza. Una storia, quella ricostruita da Kriegel, che affonda le sue radici nell'Antico regime, quando invece il Rechtsstaat nasce allorché, nel quadro costituzionale ottocentesco, si fa spazio il primo momento dei diritti fondamentali quello in cui si afferma l'ideologia liberale individualistica, con la quale la borghesia ha condotto la sua lotta contro le strutture feudali e assolutistiche dell'Ancien régime.

La differenza ontologica fra Impero e Stato di diritto, teorizzata da Kriegel, si fonda su una diversa concezione della legge, che dipende da «la réception ou la relégation du droit romain», e su una diversa concezione dell'uomo, da un lato quella della teoria cartesiano-kantiana dell'uomo come soggetto, teoria che avrebbe separato radicalmente la natura umana dalla natura fisica, e dall'altro quella della dottrina dei diritti dell'uomo che sarebbe «inséparable de la mise en rapport de l'homme avec la nature» (p. 201).

Queste distinzioni rivelerebbero un diverso rapporto fra potere politico e cittadini: la difesa del diritto del cittadino si associa a una concezione anti-imperiale del potere e lo scopo della sovranità è di conseguenza la sicurezza degli individui, ovvero la garanzia del «droit à la sûreté» dedotto, lockianamente, dal «droit pour chacun à l'appropriation de son corps propre». Il potere sovrano nello Stato di diritto non è né un imperium né un dominium poiché, da una parte, il potere non detiene il diritto di vita e di morte sui cittadini (il diritto, cioè, di jus vitae necisque dell'imperatore romano) e, dall'altra, esso non è un potere di proprietà, dal momento che la relazione fra il sovrano e il suddito è definita in senso non patrimoniale. Così la prima manifestazione di questo rapporto non imperiale fra potere politico e cittadini sarebbe la monarchia royale, nel senso di Bodin di «république avec un gouvernement monarchique», in quanto «elle arbitre par la loi au lieu de soumettre par la guerre» (pp. 100-101). Il problema è che Bodin continua ad usare la nozione di imperium per pensare lo Stato e attribuisce al sovrano il merum imperium, per quanto specifichi la differenza e l'opposizione fra la monarchia royale e altre modalità di esercizio del potere - quella seigneuriale e tyrannique (o imperiale) - il che porta a pensare, a differenza di quanto sostenuto da Kriegel, che ci si stia esprimendo ancora in termini di rapporto di governo, rapporto che si celava nel termine di imperium, e non nella forma moderna di potere espressa dalla sovranità.

La distinzione fra Stato di diritto e Impero va allora compresa sotto un'altra luce, che permetta di illuminare il vero intento di Kriegel: in fondo l'autrice non arriva a negare che dietro il diritto e lo Stato si nascondano rapporti di forza, ma quando c'è la volontà di simboleggiare questo rapporto di forza c'è lo Stato di diritto, da preferire all'Impero che agisce la nuda forza. Quando i rapporti di forza si dispiegano secondo il diritto, si realizza la distinzione fra Stato di diritto e Impero, e lo Stato non si riduce più a una semplice forma di oppressione e di violenza. In sostanza, alla schiettezza dell'Impero, lo Stato di diritto risponderebbe immunizzando la violenza attraverso il diritto, giuridificando la politica e costituzionalizzando il potere, proprio per garantire quel diritto ad aver salva la vita, ovvero quel «droit à la sûreté» da cui Kriegel era partita. Per legittimare la sua critica all'antistatalismo, l'autrice teorizza uno Stato il cui funzionamento «donne plus à la loi qu'à l'homme» (p. 148), come se l'immunizzazione del diritto non nascondesse meccanismi di dominio e di violenza, immessi nel tessuto sociale proprio dal diritto degli Stati di diritto.

Costanza Margiotta