2005

C. Jean, Manuale di geopolitica, Laterza, Bari-Roma 2003, pp. 362, ISBN 88-420-6870-5

La definizione di 'geopolitica' è una definizione complessa, mutevole nel tempo e nello spazio. Il termine geopolitica indica per Jean "una particolare analisi della politica (specialmente la politica estera degli Stati nazionali ma non solo quella), condotta in riferimento ai condizionamenti su di essa esercitati dai fattori geografici: intendendo come tali non solo e non tanto quelli propriamente fisici, come la morfologia dello spazio o il clima, quanto l'insieme delle relazioni di interdipendenza esistenti fra le entità politiche territorialmente definite e le loro componenti.". Jean ripercorre l'evoluzione della geopolitica, dal determinismo geografico dominante fra Ottocento e primi del Novecento (geopolitica come scienza geografica), al significato di geopolitica oggi prevalente come scienza politica in particolare nell'ambito delle relazioni internazionali: "in generale, rispetto a quella tradizionale, la nuova geopolitica attribuisce maggior rilevanza ai fattori geografici umani, come la cultura, la demografia, l'economia, l'etnologia, la sociologia, l'antropologia ecc., rispetto a quelli fisici, il cui influsso e significato sono stati profondamente modificati dalle rivoluzioni tecnologiche degli ultimi due secoli". Jean riconosce che "non esistono 'principi' né 'leggi geopolitiche' oggettivi", e che questi non sono altro che l'elaborazione di ipotesi, teorie, rappresentazioni, scenari, "elaborati soggettivamente in un determinato pensiero geopolitico nazionale". Qual è allora la natura della geopolitica se, come riconosciuto da Jean, questa "non è una scienza" perché le ipotesi geopolitiche "non sono né neutrali né oggettive", e spesso il desiderio stesso dei geopolitici è quello di proporsi non come 'neutri' scienziati della politica ma quali "consiglieri del principe"?

Questa domanda è strettamente legata ad una seconda questione fondamentale, espressa da Jean nel titolo dell'ultimo paragrafo del primo capitolo: a cosa serve oggi la geopolitica? La risposta di Jean non è completamente soddisfacente: "una corretta geopolitica dovrebbe in primo luogo proporsi di individuare le rappresentazioni geografiche che esprimono le percezioni profonde degli interessi nazionali e il senso dello spazio proprio di ciascun popolo e che affondano le radici nella sua storia, identità, cultura e valori. In secondo luogo essa dovrebbe elaborare scenari geopolitici, sia particolari che generali, allo scopo di individuare le dinamiche che probabilmente avranno luogo [...] in assenza di un'azione positiva a difesa dei propri interessi. Infine, la geopolitica dovrebbe porre in evidenza le opzioni disponibili per influire sul cambiamento in atto, in maniera coerente con i propri interessi e valori".

Se la geopolitica ha in primo luogo la funzione "di individuare le rappresentazioni geografiche che esprimono le percezioni profonde degli interessi nazionali" e secondariamente di evidenziare percorsi politici, relazionali, strategici per realizzare tali interessi, dovrebbe in qualche modo indicare, come aspirante 'scienza' della politica, delle regole, delle costanti, relative all'individuazione degli interessi nazionali, e dei processi per conseguirli. Tuttavia, data la rapida evoluzione della realtà internazionale, con la fine dell'equilibrio della guerra fredda, e in particolare con il così detto processo di globalizzazione che ha portato ad una interdipendenza crescente fra gli Stati, questa operazione è sempre più complessa. È sempre più difficile prima di tutto definire gli attori della geopolitica, non più solo gli Stati nazionali secondo il modello uscito dalla pace di Westfalia, ma anche organizzazioni sovranazionali quali le Nazioni Unite, l'Alleanza atlantica, l'Unione Europea, forze transnazionali come la varie Chiese, ONG, reti finanziarie e terroristiche, e infine organizzazioni regionali e locali. In questo quadro è sempre più difficile definire 'oggettivamente' (come nel determinismo dei primi scienziati della geografia) i vari interessi nazionali (che poi non sono più solo nazionali). Lo stesso Jean afferma che "la definizione degli interessi nazionali di ciascuno Stato è influenzata dalla sua storia, geografia, cultura, ordinamenti giuridici interni, economia, sistemi sociali [...]. La loro scelta è sempre politica, cioè volontaristica". Non esistono poi "indicatori oggettivi e quantificabili dell'intensità degli interessi di uno Stato esistenti in una determinata area". Vi sono poi molteplici classificazioni degli interessi nazionali. In base al contenuto: interessi economici, territoriali, politici, ideologici. Secondo le priorità: interessi vitali o strategici e non. In terzo luogo gli interessi nazionali possono essere a breve, a medio o a lungo termine. Ogni classificazione ammette poi le sue eccezioni: "la prossimità geografica aumenta di solito l'interesse, la distanza lo fa diminuire, ma in modo discontinuo, differente a seconda dei vari tipi di interesse e in misura comunque dipendente dalla tecnologia dei mezzi di trasporto, di quelli di comunicazione e degli armamenti". "Gli interessi di sicurezza sono generalmente più influenzati dalla distanza di quelli economici, anche se l'11 settembre ha diminuito tale percezione".

Ad ogni tentativo di stabilire una regola, una classificazione, di individuare delle costanti, emerge subito una eccezione, una variabile, una controregola, soprattutto nella complessità ed instabilità internazionale contemporanea. L'aspirazione della geopolitica a porsi come disciplina autonoma finalizzata all'individuazione degli interessi nazionali e dei processi di conseguimento di tali interessi, appare messa in crisi dalla stessa evoluzione della complessità internazionale, dall'emergere di nuovi soggetti extra-statuali, dall'impossibilità di definire oggettivamente tali interessi, di proporre regole e costanti che non siano immediatamente smentite da sempre nuovi interessi, politiche, rapporti di forza, strategie, obiettivi di attori internazionali che variano nel tempo.

Le poche costanti geopolitiche individuabili appaiono o generiche o contraddittorie, per cui comunque difficilmente utilizzabili. Jean sostiene ad esempio che "l'intensità degli interessi diminuisce con la distanza - non necessariamente fisica - in modo differenziato a seconda del tipo di interesse e del livello di potenza disponibile". Se il fattore distanza può o meno aumentare un interesse, viene introdotta una regola che ammette tante e tali eccezioni, precisazioni e variabili (tipo di interesse, tipo di distanza, fisica o non, livello di potenza, tipo di obiettivo geopolitico - economico, di sicurezza, strategico), da mettere in discussione l'esistenza stessa della regola.

In base a quale criterio poi una dottrina geopolitica stabilisce che, dato un interesse x, per esempio una maggiore sicurezza, una determinata azione, per esempio una guerra, è funzionale al conseguimento di tale interesse? Individuato l'interesse (e già questo abbiamo visto essere molto complesso) resta apertissimo il dibattito sul mezzo per conseguirlo. Posto che la politica estera-militare israeliana o statunitense sia dettata (almeno ufficialmente) dalla necessità di tutelare interessi geostrategici di sicurezza nazionale, con quali criteri 'oggettivi' valutiamo i risultati conseguiti da tale politica? Se la scelta degli interessi è "sempre politica, cioè volontaristica", è politica anche la scelta sui mezzi e sulle procedure per conseguire tali interessi, ed è politica anche la valutazione dei risultati conseguiti. Ma se non esistono per stessa ammissione di Jean dottrine geopolitiche neutrali, obiettive, scientifiche, la geopolitica non si risolve che nella politica. Allora torno alla domanda che si pone anche Jean nel primo capitolo: qual è la natura della geopolitica e a cosa serve oggi? Questa domanda non trova a mio parere adeguata risposta nel testo. Appurato (per stessa ammissione di Jean) che la geopolitica non è una scienza, non è neutrale né obiettiva, che spesso "le rappresentazioni geopolitiche [...] hanno una grande capacità, simile a quella degli slogan, di influire sulle percezioni, quindi sulle scelte e sul consenso [...] cioè una notevole valenza propagandistica", che spesso l'aspirazione dello scienziato della politica è quella di essere "consigliere del principe", qual è la funzione della geopolitica?

Nonostante il testo sia recente, gennaio 2003, è difficile non leggerlo alla luce delle novità geopolitiche e geostrategiche introdotte dalla drammatica guerra in Iraq. Il testo di Jean, seppur esauriente e completo (dodici capitoli e 347 pagine), appare a tratti già superato dal corso degli eventi, e questo non per una lettura superficiale di Jean del contesto da lui analizzato, ma per il mutare rapidissimo delle relazioni internazionali, delle strategie dei paesi, dei rapporti di forza e delle alleanze fra Stati, del ruolo di consolidate organizzazioni internazionali come l'ONU o la NATO. Un mutamento tanto rapido da essere impensabile fino a pochi anni fa, dove il mondo era 'staticamente' diviso in blocchi, a egemonia statunitense e sovietica, le alleanze consolidate, gli obiettivi strategici dei vari paesi relativamente chiari. Già alcune delle affermazioni iniziali del libro, come "la scomparsa dell'asse franco-tedesco" o il rapporto privilegiato Washington-Mosca, appaiono alla luce della gestione della crisi irachena, parzialmente superate. Si ha così l'impressione che i fattori, le dinamiche, le strategie geopolitiche siano così veloci e mutevoli da mettere in crisi qualsiasi tentativo di stabilire leggi o 'costanti' geopolitiche. In questo quadro ogni tentativo di individuare regole, principi, costanti geopolitiche sembra mosso da motivazioni politiche piuttosto che da analisi oggettive della realtà. Laddove poi delle costanti possono essere individuate, queste sono spesso o banali, o precarie, o contraddittorie.

Questo mina la stessa aspirazione della geopolitica a porsi come disciplina tecnico-scientifica capace di spiegare, prevedere, progettare lo status quo delle relazioni internazionali, lasciando a mio avviso aperta la questione fondamentale: a cosa serve oggi la geopolitica?

Enrico Tirati