2009

M. Galzigna (a cura di), Foucault, oggi, Feltrinelli, Milano 2008, ISBN 978-88-07-10437-4

Organizzato nel 2004 a Venezia per i vent'anni dalla scomparsa del filosofo francese, il convegno Foucault, oggi ha offerto una panoramica varia ed articolata del lavoro che si sta svolgendo in questi ultimi anni, sia in Italia che in Francia, sul pensiero di Michel Foucault ed a partire da esso.

Gli atti del convegno, ora editi da Feltrinelli e curati da Mario Galzigna, ruotano intorno ad un centro comune, costituito dal tentativo di cogliere, nei suoi molteplici aspetti, l'attualità di un pensatore che, dopo aver modificato profondamente il nostro modo di intendere il sapere ed il potere nei loro mutui rapporti, non ha cessato, fino ai suoi ultimi lavori recentemente editi, di proporre innovazioni concettuali e metodologiche, sia in ambito storico che in quello filosofico.

Il Foucault "attuale" al centro del convegno è dunque quello oggi in parte finalmente noto grazie ad importanti iniziative editoriali (come quella, quasi ultimata, che prevede la progressiva pubblicazione di tutti i suoi Corsi al Collège de France) ma anche quello che, grazie ai concetti di biopolitica o di cura di sé, impegna il dibattito filosofico odierno.

Il convegno ha dunque avuto il merito di prendere in conto aspetti della ricerca di Foucault fino ad ora meno studiati perché ancora parzialmente inediti o solo da poco pubblicati, come quelli che riguardano il lungo lavoro sul mondo classico, greco e romano, che egli svolse negli ultimi anni della sua vita.

Se è ormai assodato che il "ritorno ai Greci" di Foucault non possa essere inteso come un brusco cambiamento di direzione, di metodo e di intenti rispetto al lavoro sui saperi e sulle relazioni di potere, gli interventi del convegno concordano nel puntualizzare i modi in cui anche questa fase della ricerca foucaultiana debba essere letta come un tassello di quella "ontologia del presente", di quello studio critico di quel che noi oggi siamo, che Foucault stesso ci indica come scopo comune di tutti i suoi lavori storici e genealogici.

Come sottolineano Remo Bodei, Pier Aldo Rovatti e Frédéric Gros, grazie allo studio delle tecniche di sé greche e romane Foucault intende infatti proporre una genealogia del soggetto occidentale che individua nelle pratiche del cristianesimo la nascita della nostra soggettività attuale. Dal mondo classico ci separerebbe dunque una frattura, situata proprio al livello dei modi storici della soggettivazione. Lungi dal fondarsi nel "conosci te stesso" socratico, la nostra soggettività sarebbe quindi profondamente separata da quella greca e romana proprio perché centrata su pratiche di introspezione e di esplorazione di sé estranee al mondo antico, caratterizzato invece dalle tecniche della cura di sé.

Questa lunga ricostruzione della storia delle tecniche di sé, che mira a mostrarci la storicità della nostro modo di essere soggetti e, come sottolinea Bodei, a "detronizzare la soggettività naturale" (p. 129), non intende limitarsi alla constatazione negativa della scomparsa del soggetto. Essa può infatti aprire interessanti prospettive filosofiche spingendoci, citando nuovamente Bodei, "a cogliere noi stessi come qualcosa che si costruisce mentre sfugge [...] che plasma la sua identità in una lotta incessante con la propria alterità" (p. 131).

Se Rovatti, Bodei e Gros mettono in luce le conseguenze filosofiche che emergono dall'aver mostrato la fragilità e la storicità del soggetto, Arnold Ira Davidson ritiene che proprio le pratiche di sé antiche, studiate da Foucault sulla base degli importanti lavori di Pierre Hadot, possano offrire, oggi, numerosi spunti per legare in modo nuovo le dimensioni dell'etica e della politica. Foucault ci indicherebbe, infatti, nei suoi ultimi lavori sul mondo antico, strade possibili per costituire un' "etica dell'inquietudine" (p. 175) da mettere in gioco nel campo attuale delle relazioni di potere.

Ed è proprio intorno alla questione della definizione del campo attuale delle relazioni di potere che si è concentrato un altro insieme di interventi del convegno. Alla fine degli anni Settanta, infatti, Foucault ampliò la propria descrizione dei dispositivi di potere in atto nelle società occidentali ed ipotizzò che accanto ai meccanismi disciplinari, che aveva analizzato in modo particolareggiato in Sorvegliare e punire, esistessero delle regolazioni biopolitiche, capaci di prendere in conto livello della popolazione.

La recente edizione integrale dei Corsi al Collège de France (in particolar modo quella di Sicurezza, territorio e popolazione e di Nascita della biopolitica) permette di avere oggi un quadro chiaro dell'elaborazione foucaultiana dei temi, strettamente associati, della biopolitica e della sicurezza. A partire da questi due Corsi, l'intervento di Michel Senellart permette di cogliere le poste in gioco, tutt'ora attuali, della descrizione che Foucault ci offre del passaggio ai nuovi meccanismi securitari e della tecnica di potere - il governo - che li supporta e li rende possibili, mentre il testo di Ottavio Marzocca ci propone un'utile rassegna della ricezione, in Italia, della questione della biopolitica e della sua rielaborazione da parte di Giorgio Agamben e di Toni Negri.

Sono invece Roberto Esposito e Judith Revel a mettere in luce, anche se in modo molto differente, la produttività del concetto di biopolitica, che per Foucault indica, come è noto, un insieme di tecniche di potere in grado di agire al livello delle popolazioni. Secondo Esposito, se unito al "paradigma immunitario", questo concetto risulta estremamente utile per cogliere la realtà dei meccanismi politici moderni, capaci di incorporare la vita. Questa loro capacità di agire sulla vita non deriverebbe, però, come sostiene Agamben, dalle caratteristiche originarie della sovranità ma, come già aveva suggerito Foucault, essa si formerebbe proprio a partire da una frattura che scinde i nuovi dispositivi biopolitici da quelli, precedenti, di sovranità che, secondo Foucault, non avevano come obiettivo la presa in conto della vita.

Secondo Revel, invece, occorre cogliere la capacità di produzione di nuove forme di soggettivazione presente all'interno della biopolitica stessa, secondo una linea di ricerca già in nuce nel pensiero foucaultiano.

Revel, ricordandoci che è dunque possibile tentare di pensare la biopolitica "anche come affermazione (elaborazione, creazione) d'essere, come positività radicale" (p. 146), in grado di creare nuovi modi di rapporto con noi stessi ed inediti modi di vita, ci consente di ricollegare le riflessioni sulla questione della biopolitica a quelle sull'ultimo Foucault e sui suoi studi sulle pratiche della cura di sé antica ed all'estetica dell'esistenza, intesa come elaborazione di nuove forme di vita e di soggettività.

Il Foucault attuale che questo convegno ci propone è dunque ancora oggi in grado di offrirci strumenti indispensabili per la lettura di quel che noi oggi siamo - presi in meccanismi di potere disciplinari, biopolitici e securitari - ma sembra anche capace di tracciare linee di resistenze possibili, grazie a strumenti tratti dalla quella lunga genealogia del nostro modo di costituirci come soggetti che aveva individuato, nelle pratiche di sé antiche, non solo le tecniche che ci hanno condotti a dare alla nostra soggettività la forma che attualmente essa possiede, ma anche la possibilità di rielaborare il nostro rapporto con noi stessi.

I testi della raccolta Foucault, oggi, che affrontano anche le questioni aperte dai primi lavori di Foucault dedicati all'istituzione psichiatrica, sembrano dunque realizzare l'obiettivo di rileggere il pensiero di Foucault verificandone costantemente la capacità di diagnosi dell'attuale e di critica permanente del presente.

Laura Cremonesi