2008

R. Cavallo, Le categorie politiche del diritto. Carl Schmitt e le aporie del moderno, Bonanno editore, Acireale-Roma 2007, pp. 200, ISBN 887796375-1

Molta della letteratura disponibile su Carl Schmitt mostra spesso la tendenza a scivolare, con una certa facilità, dalle teorie del filosofo alla sua intricata vicenda intellettuale e personale. Questo testo di Riccardo Cavallo, ha invece il merito di concentrarsi su alcuni concetti-cardine del pensiero schmittiano (popolo, potere costituente, katéchon, decisionismo), iscrivendoli nel dibattito di filosofia del diritto e filosofia politica e delineandoli con precisione. Questi concetti, infatti, sono molto importanti per affrontare e comprendere molte evoluzioni della politica contemporanea.

Il volume si compone di due parti; nella prima vengono affrontati i temi di "popolo e potere costituente", mentre la seconda si incentra su "katéchon e decisionismo".

Collocando il tema del popolo sullo sfondo del dibattito attuale riguardo alla costituzione europea, di cui sono stati protagonisti, tra gli altri, Dieter Grimm e Jürgen Habermas, Cavallo sottolinea come, in Schmitt, il popolo abbia una funzione strategica, ovvero sia "il soggetto detentore del potere costituente" (p. 58). Questa posizione implica che l'essenza della democrazia non sta nell'uguaglianza universale come sostenuto dal liberalismo, ma nell'idea di popolo inteso come elemento mitico e originario di ogni dimensione politica. Per questo motivo, la dottrina schmittiana pone l'attenzione sul fatto che conferire il primato al diritto rispetto al popolo può comportare la spoliticizzazione della società europea. Schmitt si accorge, cioè, del "problema, per certi versi irrisolvibile, della traduzione politica del processo sociale moderno" (p. 83).

Come è noto, queste dottrine hanno implicazioni politiche riconducibili all'estrema destra e presentano coni d'ombra non trascurabili. Nel testo si accenna, ad esempio, alle posizioni di Yves-Charles Zarka e Etienne Balibar, che su questo affaire hanno scritto contributi interessanti; Zarka, infatti è molto critico del carattere nazista dell'opera schmittiana, mentre Balibar assume una posizione più cauta.

Cavallo, tuttavia, sottolinea l'idea per cui sarebbe più opportuno non limitarsi alla condanna aprioristica di questi aspetti dell'opera schmittiana, ma valutare il peso degli scritti più "nazisti" della sua produzione "allo scopo di meglio scorgere i chiaroscuri, le ambiguità, le contraddizioni che costituiscono la trama teorica dell'intera riflessione schmittiana" (pp. 98-99).

Nella seconda parte del testo il discorso si sposta dall'ambito più strettamente filosofico giuridico a quello della portata simbolico politica.

Cavallo, infatti, dapprima discute gli scritti di Schmitt in cui il filosofo si occupa di questioni geopolitiche legate al ruolo degli Stati Uniti nel nuovo ordine mondiale e delle trasformazioni degli spazi politici. Ed è in tali contesti che emerge in concetto di katéchon, inteso come "contro-forza storica che agisce in direzione opposta alla neutralizzazione della storia in universal-umanesimo" (p. 142). Questa contro-forza si incarna, di volta in volta, in precisi personaggi o vicende storiche, come, ad esempio, l'impero romano d'Oriente, che aveva esercitato una forza frenante contro gli arabi o l'imperatore Rodolfo II, che era riuscito, con il suo temporeggiare, a rinviare per molto tempo lo scoppio della Guerra dei Trent'anni. Tramite la figura del katéchon, Schmitt, in altri termini, si oppone alla deriva nichilista del moderno, lottando contro le tendenze neutralizzanti e spoliticizzanti del normativismo, del liberalismo, del marxismo.

Infine Cavallo dedica la parte conclusiva del testo al decisionismo schmittiano, rilevando, soprattutto, attraverso il riferimento allo studioso Franco Pierandrei, come la connotazione decisionista del filosofo tedesco fosse una sorta di risposta inevitabile a un contesto storico assai critico e ambiguo, come quello del crepuscolo weimariano, in cui Schmitt venne a trovarsi.

Supportato da un apparato bibliografico ricco e articolato, questo volume si configura come un utile strumento per discutere, attraverso Schmitt, il rapporto tra diritto e politica, unendo il rigore esegetico al gusto per il confronto e la riflessione.

Francesco Giacomantonio