2014
Thomas Casadei, Il
sovversivismo dell’immanenza. Diritto, morale, politica in Michael
Walzer, Giuffrè, Milano, 2012, pp. 680.
Recensione di Gabriella
Valera
La
corposa monografia di Thomas Casadei su Michael Walzer è una miniera di
spunti che derivano egualmente dallo sguardo analitico dell’autore e
dalla sua volontà/capacità di confrontarsi con i profili empirici
rivendicati nelle sue numerose opere dallo stesso Walzer.
Casadei ne riprende i linguaggi, sfida le loro ibridazioni,
lavora
sulla pluralizzazione di concetti, che Walzer toglie alla consuetudine
disciplinare per forzarli nella sua «critica» sociale e servirsene a
scopi costruttivi. L’autore, nei diversi capitoli del libro, entro
un’architettura meditata e articolata, mette in evidenza i molti
livelli dell’opera walzeriana: dall’argomentazione normativa alla
filosofia pratica, dall’etica politica al piano del paradigma
giuridico-istituzionale, dal tema della sfera pubblica, in cui si
giocano le sfide della democrazia partecipativa (per un ripensamento di
quest’ultima, nel più complesso e plurale linguaggio dei diritti anche
sociali, si veda Th. Casadei, I diritti sociali. Un profilo
giuridico,
Firenze, University Press, 2012, in part. pp. 59-93), a quello dei
contesti, come deposito delle risorse di senso di una comunità.
Casadei riconosce la particolare tensione fra universale e
particolare, fra spesso e sottile,
che segna il peculiare tratto comunitaristico di Walzer, colorandolo di
un «particolarismo reiterabile aperto all’universo». In questa chiave,
si delinea il “profilo al plurale” di Walzer (cap. I), lungo la
cronologia delle opere e dell’impegno, che indicano nel paradigma
dell’esodo il luogo di formazione della sintesi comunitaria di
identità, fedeltà, condivisione, storia, interpretazione (pp. 59-75 e
cap. III); un nucleo, questo, ribadito dallo stesso Walzer nel lavoro
come co-editor del volume Membership (il secondo del
monumentale progetto collettivo, in quattro volumi, dedicato alla
tradizione politica ebraica: The Jewish Political Tradition,
New Haven, Yale University Press, 2000-) e in tanti altri suoi scritti.
Casadei ha compiuto – di qui l’utilità del suo lavoro – il
«laborioso censimento delle sfumature» del pensiero di Walzer, le
potenzialità ma anche le ambiguità, gli scarti, i limiti, nonché […] i
cortocircuiti teorici e i rischi pratici», mostrando «l’articolazione
complessa di tutti questi aspetti e la loro intima connessione»; ma
soprattutto egli ha individuato «nel paradigma della critica
sia una modalità di comprensione, vale a dire di legittimazione delle
istituzioni, sia uno strumento di revisione, vale a dire di cambiamento
e trasformazione, ciò che a partire dalla rilevanza delle circostanze e
dei dettagli conduce al “sovversivismo dell’immanenza”» (pp. 27-28),
alla possibilità del cambiamento e della trasformazione a partire
dall’interno dei contesti. Sono «tensioni molteplici» quelle in cui
Walzer affonda la sua riflessione (ma anche la lama della sua attività
di critico sociale: cfr. il cap. IV), riconducibili nel suo universo a
una tensione ‘pervasiva’, quella tra ‘particolarismo’ e
‘universalismo’, emblematicamente rappresentata dalle sue due opere che
più hanno fatto discutere, […] Just and Unjust War (1977) e Spheres
of Justice
(1983)» (p. 8). E se a quest’ultima opera sono dedicati i capitoli V e
VI della monografia di Casadei, proprio sulla complessa relazione tra
«senso del luogo» e «tensione universalistica», centrale nel dibattito
filosofico degli ultimi due decenni, ruota una delle parti più
importanti del libro (cap. VIII, pp. 531-586).
Da questa acquisizione è possibile poi rinvenire un’altra
strutturale tensione nell’opera di Walzer, quella interno/esterno,
che mi pare la più pervasiva. Tensione “paradigmatica” perché
costitutiva della separazione fra paradigma giuridico e paradigma
morale, dunque fra comunità (con tutte le sue complesse implicazioni:
cfr. cap. VII) e agire sociale, fra senso e ragioni, fra
interpretazione e critica; tensione costitutiva, insomma,
dell’aporetico passaggio dal limite al confine che, a partire dalla
teorizzazione su “guerra giusta e ingiusta”, impone nuove riflessioni –
che Walzer ha sviluppato in varie opere (cfr. per un’estesa trattazione
il cap. IX) – su “guerra e diritti”. Questo passaggio induce a
rimeditare proprio i principi-cardine dello jus ad bellum, per
impostare con forza un discorso su un possibile jus ante bellum,
come suggerisce Casadei segnalando l’esigenza di un cambiamento di
paradigma (p. 610), piuttosto che su quello jus post bellum con
cui Walzer completa la sua teoria della moralità giuridica
della guerra (come si evince da M. Walzer, Arguing About War,
New Haven, Yale University Press, 2004, in part. pp. 160-162, e in M.
Walzer, The Aftermath of War: Reflections on Jus Post Bellum,
in Ethics: Beyond War’s End,
ed. by E. Patterson, Washington, D.C., Georgetown University Press,
2012, pp. 35-46) e che produce slittamenti dalla “guerra giusta” alla
“guerra preventiva” (p. 612), nonché i rischi connessi alle aporie
irrisolte nella teoria walzeriana dell’intervento umanitario (p. 581).
D’altra parte, se jus ad bellum e jus in bello
sono
categorie radicate nella tradizione romanistica e rivisitate dal
diritto naturale e razionale (si pensi a Vitoria) fino al rilancio
attuato dallo stesso Walzer, jus post bellum e jus ante
bellum segnalano un cambiamento costituivo della sfera del diritto.
Fatta salva la molteplicità della storia e dei casi, nei quali
ci
sporchiamo mani e pensieri (tema-cardine della riflessione di Walzer
esaminato nel cap. II del libro), leggendo l’opera dello studioso
ebreo-americano – ricostruita ed esaminata nella monografia di Casadei
– rimane la convinzione che la critica è altro
dall’interpretazione, l’analisi altro dalla narrazione, e che
da queste alterità
a confronto, senza scivolamento l’una nell’altra, emergono quelle
necessità del pensiero rispetto alle quali non è possibile arretrare.