2008

I. Camera d'Afflitto, Cento anni di cultura palestinese, Carocci, Roma 2007, pp. 263, ISBN 978-88-430-4391-0

In Cento anni di cultura palestinese, Isabella Camera d'Afflitto, già autrice di Letteratura araba contemporanea dalla nahdah a oggi (Carocci, 2007, nuova edizione), nonché traduttrice e curatrice di numerose opere letterarie arabe, dà conto della variegata produzione culturale fiorita in Palestina e nei luoghi della diaspora palestinese dalla fine dell'Ottocento a oggi.

Il libro tratta non solo di forme letterarie come il romanzo, il racconto e la poesia, ma anche della produzione teatrale, cinematografica e fumettistica di un popolo che, nonostante l'occupazione, ha raggiunto risultati di altissimo livello. Proprio le difficoltà della guerra, dell'esilio, della mancanza di uno Stato, hanno caratterizzato la produzione culturale palestinese. Sono stati i principali eventi della storia del Novecento, la nakbah (il nome usato dai palestinesi per indicare la 'tragedia' della nascita dello Stato d'Israele nel 1948), la naksah (la sconfitta araba del 1967 nella "guerra dei sei giorni"), la prima e la seconda intifadah (le rivolte popolari del 1987 e del 2000), a segnare i momenti e di conseguenza i temi cardine della produzione letteraria palestinese. Centinaia di opere letterarie sono nate quindi in risposta alle difficoltà o alle speranze del momento. Fotografie della realtà spesso ricche di tratti autobiografici, queste opere rappresentano nella maggior parte dei casi moniti a resistere all'occupazione, ma anche forme di denuncia dell'oppressione e del malgoverno delle élite palestinesi. Ed è per questo che Isabella Camera d'Afflitto ha scelto di parlare di "letteratura come resistenza". Nella sua introduzione l'autrice scrive: «Non si tratta tanto di "letteratura della resistenza", quanto piuttosto di "letteratura come resistenza": alla violenza del nemico, ma anche ai poteri interni e ai dogmatismi legati alla "causa", alla cancellazione della memoria, alle censure e alle forme di oppressione esercitate in seno alla società palestinese da leader politici, da strutture patriarcali e da strumentalizzazioni ideologiche e religiose» (p.15). Sebbene la cosiddetta "letteratura della resistenza" (adab al-muqawamah) vera a propria si sviluppi solo a partire dagli anni Sessanta, il tema della perdita della patria e della necessità di proteggerla è presente fin dagli albori della letteratura contemporanea, come è riscontrabile nelle opere di Khalil al-Sakakini (1878-1953) e in particolare nelle sue memorie, pubblicate postume con il titolo Così sono, o mondo. Il suo testo La rinascita ortodossa in Palestina, apparso nel 1913, è considerato una delle prime pubblicazioni che attribuisce unicità e specificità al territorio palestinese.

Isabella Camera d'Afflitto mette chiaramente in evidenza che, per quanto molti volumi precedenti al 1948 siano andati perduti durante la guerra, una produzione letteraria significativa si afferma già nel primo Novecento. In questa fase gli autori palestinesi, sia musulmani che cristiani, intrecciano l'impegno letterario con quello militante. Nelle opere di autori come Ibrahim Tuqan (1909-1934), per esempio, si vedono chiaramente l'emergere di una coscienza nazionale e l'affermarsi di temi che ricorreranno anche più avanti: la questione dell'immigrazione ebraica, l'accusa agli Stati arabi di non difendere la Palestina, la critica verso i palestinesi che hanno abbandonato le loro case. Scrive Tuqan nella poesia Voi potenti: «Ma perché prolungare lunghissima via / E per noi e per voi, e perché prolungare il cammino? / Basta a voi la Terra che si svuoti di noi, / o per noi preferite la morte?». La complessa vicenda storico-politica della Palestina emerge non solo nei temi ma anche nelle biografie degli autori palestinesi. Le divisioni imposte dalla spartizione del territorio palestinese sono ripercorribili, infatti, nelle vite dei suoi letterati. Palestinesi d'Israele, come Emil Habibi (1922-1996) e Samih al Qasim (1939); palestinesi dei Territori Occupati, come Sahar Khalifah (1941), e palestinesi della diaspora, come Giabra Ibrahim Giabra (1920-1995), costituiscono le tre grandi anime della cultura palestinese.

Tra i tanti autori di cui Camera d'Afflitto racconta biografie e opere letterarie, spicca la figura dello scrittore Ghassan Kanafani (1936-1972), considerato uno dei più grandi letterati arabi del '900. Nella vita di questo intellettuale si può leggere la storia della Palestina. La sua esperienza personale ricalca infatti le vicende del popolo palestinese. Nato ad Acri nel 1936, Kanafani lascia la Palestina nel 1948 insieme ad altre migliaia di connazionali. Nel racconto La terra delle arance tristi, lo scrittore ricorda il viaggio che lo conduce in esilio insieme alla sua famiglia. Esule prima a Damasco poi in Kuwait, nel 1960 Kanafani si stabilisce a Beirut, dove dirige la sezione letteraria della rivista del Movimento Nazionalista Arabo, "al-Hurriyat", e diventa portavoce del Fronte popolare di liberazione della Palestina. È proprio a causa del suo impegno politico che Kanafani viene assassinato. Scrittore, poeta, giornalista, pittore e militante a tempo pieno per la causa palestinese, Kanafani rappresenta il prototipo di quegli scrittori della "letteratura della resistenza" (adab al-muqawamah), che nelle loro opere legano indissolubilmente militanza e attività letteraria. Se nel romanzo Uomini sotto il sole (1964), Kanafani affronta la questione delle migrazioni, in Ritorno a Haifa (1969) racconta la divisione della Palestina attraverso la storia di due famiglie, una ebrea e l'altra palestinese.

In Cento anni di cultura palestinese ampio spazio è dedicato alla condizione femminile. Nelle prime pagine del libro Camera d'Afflitto ricorda infatti il formarsi, all'inizio del secolo scorso, di un movimento femminista che ha saputo coniugare le lotte per l'uguaglianza di genere con le battaglie per l'indipendenza della Palestina. Andando avanti nella lettura del volume si incontrano i ritratti e le opere di molte scrittrici che nel corso del secolo si sono affermate sulla scena letteraria araba e internazionale. È il caso della poetessa Fadwa Tuqan (1917-2003), delle scrittici Samirah Azzam (1927-1967), Liyanah Badr (1950) e Sahar Khalifah (1941). Accorata voce dell'intifadah, quest'ultima nei suoi lavori coniuga rivendicazioni femministe e impegno nazionalista. Il romanzo La porta della piazza denuncia tanto l'occupazione israeliana quanto il patriarcato che regola i rapporti di genere nella società palestinese.

Mettendo in discussione il postulato con cui è stata giustificata la politica sionista - "una terra senza popolo per un popolo senza stato" - Cento anni di cultura palestinese dimostra, attraverso la ricostruzione della sua produzione culturale, la vitalità del popolo palestinese. Un popolo che continua ad avere una delle sue più alte raffigurazioni nell'immagine e nelle parole di Handala, il bambino scalzo e sempre di spalle uscito dalla matita del disegnatore Nagi al-Ali. Ed è con le sue amare vignette che Isabella Camera d'Afflitto ha scelto di concludere la sua esaustiva e appassionata ricostruzione della cultura palestinese.

Renata Pepicelli