2010

C. Bottici, Men and States. Rethinking the Domestic Analogy in a Global Age, MacMillan, Palgrave 2009, pp. 174, ISBN 978-0-230-20681-6

L'analogia tra uomini e stati è ricorrente nel pensiero politico sin dall'antica Grecia, e il ragionamento analogico che su questa si basa continua a svolgere un ruolo centrale nel pensiero politico contemporaneo. Per citare solo uno degli esempi recenti più noti, nel 2003 Alexander Wendt ha sostenuto, sulla base dell'analogia tra individui e stati, che l'istituzione di un governo mondiale è non solo desiderabile, ma anche uno sviluppo inevitabile del mondo contemporaneo.

Nonostante questa lunga tradizione, l'espressione "domestic analogy" è relativamente recente, e solo pochi autori hanno esplicitamente affrontato la questione della sua adeguatezza per spiegare i fenomeni internazionali. Tra questi Charles Manning, che nel 1935 ha per la prima volta usato l'espressione "domestic analogy", Hedley Bull, che ha reso l'espressione famosa, e Hidemi Suganami.

Questi autori, insieme a Martin Wight, sono i riferimenti centrali del volume di Bottici, ma allo stesso tempo Man and States si distanzia da questi sotto diversi aspetti.

Anzitutto, Bottici considera il proprio lavoro come un contributo teorico al dibattito sulla domestic analogy, mentre i lavori precedenti sono considerati essenzialmente polemici, come i saggi di Bull "Society and Anarchy in International Relations" (1966) e The Anarchical Society (1977), o storici, come il volume di Suganami The Domestic Analogy and World Order Proposals (1989). La polemica di Bull contro la domestic analogy si fonda sulla convinzione che la dimensione internazionale ha istituzioni e regole proprie, efficaci nel preservare l'ordine in assenza di un potere coercitivo centralizzato: è perciò per Bull teoricamente fallace studiare la dimensione internazionale attraverso le lenti della domestic analogy. Il lavoro di Suganami ricostruisce la storia della domestic analogy nei dibattiti accademici nel corso del XIX e XX secolo, con attenzione sia ai suoi critici, come Manning e Bull, sia ai suoi sostenitori, come, per citarne solo alcuni, James Lorimer, Hersch Lauterpacht, Richard Falk e Kenneth Waltz. Egli mostra inoltre il ruolo giocato dalla domestic analogy in progetti per l'istituzione o la riforma di organismi internazionali, come la Società delle Nazioni e le Nazioni Unite. Bottici intende piuttosto analizzare la struttura del ragionamento basato sulla domestic analogy e il ruolo da questo giocato in diverse correnti di pensiero.

In secondo luogo il contributo di Bottici intende porre in questione diversi assunti della critica di Bull alla domestic analogy. Bull rigetta l'uso della domestic analogy come un segno dell'immaturità della teoria delle relazioni internazionali, sintomo del fatto che la disciplina non ha ancora raggiunto uno statuto scientifico autonomo. Al contrario, sostiene Bottici, il ragionamento analogico è un utile metodo euristico, come mostra il suo uso in discipline consolidate come la matematica. Se l'uso della domestic analogy è problematico, sostiene Bottici, non è perché si basa su un'analogia. Piuttosto, è problematico perché trasforma un modello storicamente situato -lo stato moderno- in un paradigma universale.

Bottici contesta inoltre la ricostruzione di Bull del ruolo giocato dalla domestic analogy in differenti correnti teoriche. Bottici richiama la suddivisione, proposta da Wight e ripresa da Bull, della teoria delle relazioni internazionali in tre tradizioni: realista, idealista (chiamata da Wight "rivoluzionaria") e razionalista. L'autrice analizza il ruolo giocato dalla domestic analogy sia nel pensiero politico moderno, riferendosi a Thomas Hobbes, Immanuel Kant e Ugo Grozio come rappresentanti di ciascuna tradizione, sia in teorie contemporanee come il neoidealismo, il neorealismo e il neoistituzionalismo. Il suo obiettivo è mostrare che l'uso della domestic analogy è molto più trasversale di quanto suggerisca la ricostruzione di Bull. Bottici contesta la tesi di Bull secondo cui il progetto per la pace perpetua proposto da Kant sarebbe un esempio dell'uso della domestic analogy. Al contrario, secondo Bottici, il progetto kantiano non si basa sull'analogia con la dimensione nazionale, ma si fonda su una deduzione da una proposizione normativa. Dall'altro lato l'autrice indica passaggi nella teoria di Grozio in cui sono rintracciabili significative concessioni alla domestic analogy, mentre secondo la ricostruzione di Bull la tradizione realista sarebbe la più ostile nei confronti del suo uso. Nell'analizzare le teorie contemporanee, Bottici sottolinea la critica esplicita al ragionamento fondato sull'analogia con la dimensione nazionale condotta dal neoidealista Charles Beitz, ragionamento le cui tracce sono invece rinvenibili nel neorealismo strutturale di Kenneth Waltz.

Infine Bottici abbandona la classificazione di Wight per prendere in considerazione teorie che sfuggono a essa, come il costruttivismo, il postmodernismo, il femminismo e il marxismo.

Prendendo spunto dalla critica femminista alla distinzione tra "domestico" (intendendo con questo termine sia la sfera nazionale sia la sfera familiare) e "internazionale", Bottici sostiene che questa distinzione si è definitivamente estinta con l'inizio dell'era globale. Secondo l'autrice, la globalizzazione mette in questione il fondamento stesso della domestic analogy, ovvero la possibilità di separare la sfera domestica da quella internazionale. L'autrice conclude perciò auspicando una "teoria politica globale" che superi la distinzione disciplinare tra teoria politica e relazioni internazionali e abbandoni ogni riferimento alla domestic analogy per poter raccogliere le sfide dell'era globale.

L'analisi teorica di Bottici è un importante contributo al dibattito sulla domestic analogy e chiarisce efficacemente i presupposti del ragionamento che su di essa si basa. La conclusione di Bottici, tuttavia, sembra liquidare troppo velocemente l'importanza della critica alla domestic analogy nell'era globale.

Ritengo infatti che la conclusione di Bottici, secondo cui la domestic analogy non avrebbe più alcun fondamento, trascuri una questione fondamentale. Come Bottici stessa suggerisce, purtroppo senza ulteriormente approfondire, accanto alla sua funzione descrittiva la domestic analogy ha sempre avuto anche una portata prescrittiva. Essa si basa sulla credenza nella superiorità del modello statale occidentale su ogni altra forma di organizzazione politica, e propugna l'imposizione di questo modello a livello globale. Dall'altro lato, come argomentano i suoi critici, la globalizzazione non è un fenomeno politicamente neutrale. È al contrario un processo diretto dai paesi occidentali, che più degli altri ne traggono profitto. Per esempio, la libertà di movimento per gli individui e la libera circolazione delle merci, i due fenomeni più tipici dell'era globale, hanno una sola direzione, ossia quella più conveniente per i paesi più ricchi e potenti. Allo stesso tempo, la globalizzazione non porta a una osmosi reciproca tra differenti culture del mondo, ma risulta soprattutto in una unidirezionale occidentalizzazione del globo.

In questo senso la domestic analogy è particolarmente congeniale ai processi di globalizzazione guidati dai paesi occidentali. Questo può spiegare la sua rinnovata fortuna negli ultimi anni, nonostante la sua supposta inefficacia nel dar conto della struttura del mondo contemporaneo. E questa è a mio avviso anche la ragione per cui è più che mai importante, nell'era globale, portare avanti la critica al suo potenziale egemonico.

Elisa Orrù