2005

Convivere con la bomba

Angelo Baracca

Washington spinge le ricerche per realizzare una quarta generazione di testate nucleari di bassa potenza: e se già esistessero e fossero comunemente utilizzate?

Inquietanti esperimenti di guerra

Mentre scriviamo queste note (gennaio 2003) la spada di Damocle dell'attacco all'Iraq pende sulle nostre teste. Gli appigli per questo attacco si assottigliano sempre più, e proprio in questi giorni persino il ferreo alleato britannico mostra qualche incertezza, ma la fredda ragion di stato dell'ineffabile amministrazione Bush (o forse più le ragioni del petrolio e del complesso militare-industriale) punta inesorabilmente all'intervento. Che cosa può riservarci questa guerra?

Poco meno di un anno fa George W. Bush autorizzò la realizzazione di "mini bombe" nucleari, cioè di testate di potenza molto bassa, ed altamente penetranti, ossia capaci di penetrare molto profondamente nel terreno (300 metri di granito) prima di esplodere, in modo da distruggere rifugi sotterranei rinforzati. Questa proposta era nell'aria da alcuni anni, ed era stata avanzata anche in Russia: evidentemente i grandi laboratori militari vi stavano lavorando attivamente (vi lavorano anche la Francia e la Gran Bretagna; chissà la Cina!), e probabilmente Bush non ha fatto altro che ratificarla; forse non si poteva aspettare oltre, per una serie di motivi. Allo stesso tempo il Pentagono includeva esplicitamente l'"attacco preventivo" tra le proprie opzioni. In un precedente articolo abbiamo discusso i grandi progetti degli Stati Uniti per rinnovare il proprio arsenale nucleare (1): ma riteniamo necessario ritornare sul tema per esaminare altre novità ed altri dubbi ancora più inquietanti!

Che cosa bolle realmente in pentola? Naturalmente è estremamente difficile dirlo, dato che le informazioni importanti sono coperte dal più ferreo segreto. Però si può, e si deve, fare qualche considerazione ed illazione, perchè è altamente possibile che stia avvenendo qualcosa di estremamente grave, di cui non siamo nè informati nè coscienti.

Le guerre sono sempre occasioni per sperimentare nuove armi e nuove tecniche militari: tanto più oggi, quando la fine della Guerra Fredda e dell'equilibrio che bene o male l'aveva sottesa ha lasciato il posto al dominio incontrastato unipolare. Non sappiamo esattamente quante e quali nuove armi il Pentagono abbia sperimentato nelle guerre dell'ultimo decennio: ne conosciamo alcune, ma non ne sappiamo tutte le caratteristiche e gli effetti. Sicuramente gli Stati Uniti le hanno usate anche per saggiare le reazioni internazionali: per quanto illimitata sia la loro protervia, devono in qualche modo tenerne conto. Sicuramente c'è stata la nuova forma di guerra chimica costituita dai bombardamenti delle fabbriche di Pancevo e Novy Sad; e sicuramente c'è stato l'uso massiccio delle munizioni ad uranio depleto, che come minimo costituiscono una forma di "guerra radiologica" (2). In entrambi i casi Washington ha potuto verificare che le reazioni internazionali sono state molto deboli, per non dire nulle, almeno a livello diplomatico ufficiale: malgrado gli effetti disastrosi, generalizzati e a lungo termine che entrambi gli interventi dimostrano sulle popolazioni locali e sugli stessi veterani americani e britannici (ma anche sui militari dei contingenti europei) esposti (3); effetti coperti dal vergognoso silenzio e dalla colpevole complicità degli organi di (dis)informazione.

C'è però qualcosa di inquietante nel fatto che gli Stati Uniti abbiano atteso la caduta dell'Unione Sovietica per utilizzare una tecnologia militare come le munizioni ad uranio depleto, che sicuramente era stata sviluppata da molto tempo, ed era posseduta anche da Mosca e da altri paesi. È veramente possibile che gli effetti deleteri, diffusi e a lungo termine di queste armi siano dovuti alla sola bassa radioattività dell'uranio, pur se volatilizzato nell'ambiente dall'esplosione piroforica e quindi inalato e trasmesso alla catena alimentare? (Anche tenendo conto che probabilmente altri fattori hanno contribuito alla "Sindrome del Golfo", come le vaccinazioni e l'uso segreto di armi chimiche). Anche perchè vi sono testimonianze (4) che i carri armati iracheni colpiti non fossero semplicemente perforati, ma deformati e distrutti come se fosse avvenuto qualche tipo di esplosione ben più violenta di quella semplicemente piroforica; e che sembrerebbe inoltre aver lasciato una forte radioattività, superiore a quella attribuibile all'uranio, ma che non si è mai consentito di verificare. Ma questo non è il solo interrogativo inquietante.

Micro-bombe nucleari di quarta generazione

Un altro insegnamento delle guerre dell'ultimo decennio è che gli esplosivi convenzionali trasportati da proiettili di alta precisione comportano un rapporto costo-effetto molto alto (spesso è necessario più di un vettore per distruggere un obiettivo: sarebbe molto più conveniente poter armare queste munizioni con un esplosivo più potente. Ma una testata nucleare - la cui potenza si misura in kiloton, ossia migliaia di tonnellate di esplosivo convenzionale equivalente - sarebbe sproporzionata per colpire un rifugio, o una carro armato, o un obiettivo comune; e i suoi effetti a lungo termine renderebbero difficili le successive operazioni militari, o l'occupazione del territorio.

Questo è indubbiamente uno dei motivi che spinge alla ricerca per realizzare testate nucleari di bassa potenza (low yeld warheads, o mini-nukes). La miniaturizzazione delle armi nucleari è pericolosissima: in particolare tende a cancellare la distinzione tradizionale tra armi nucleari e armi convenzionali, ed a legittimare l'uso delle prime nelle comuni operazioni militari; mentre gli sviluppi esasperati delle armi convenzionali ad alta tecnologia tendono, per parte loro, a coprire alcuni degli effetti e degli usi riservati in passato alle armi nucleari.

Un recente articolo di Andrè Gsponer analizza l'invenzione e lo sviluppo, nei grandi laboratori militari, delle tecniche rivoluzionarie che vanno sotto il nome di nanotecnologia, e le innovazioni che queste possono portare tanto alle armi convenzionali, quanto alle armi nucleari, sia al perfezionamento di quelle esistenti che alla realizzazione di una "quarta generazione" di testate nucleari (5). La nanotecnologia riesce a controllare strutture di dimensioni dell'ordine di 10-9 metri (un milionesimo di millimetro), comprendenti pochi atomi: un fattore mille in più rispetto alla tecnologia precedente (ad esempio la "microelettronica"), che era arrivata a controllare dimensioni dell'ordine di 10-6 metri, comprendenti un numero di atomi dell'ordine del migliaio.

Componenti miniaturizzate a questo livello presentano anche caratteristiche eccezionali di resistenza meccanica, oltre che di risposta. Le innovazioni più importanti che questa tecnologia consente nel settore delle armi convenzionali consistono in componenti quali sensori di alte sensibilità e prestazioni, trasduttori, inneschi e componenti elettroniche. Il miglioramento delle testate nucleari esistenti può giovarsi, tra molte cose, di micro-meccanismi di carica e di innesco estremamente resistenti, necessari tanto per proiettili nucleari di artiglieria, come per testate che debbano esplodere dopo avere penetrato in profondità nel terreno, che devono quindi resistere ad accelerazioni e condizioni di tensione estremi.

Ma le applicazioni più rivoluzionarie riguardano il progetto di testate nucleari nuove "di quarta generazione", miniaturizzate: si parla di potenze comprese tra alcuni kg e alcune tonnellate di esplosivo convenzionale equivalente, vale a dire tra 100 e 1000 volte più basse delle potenze delle testate attuali. Armi di questo tipo si potrebbero sviluppare senza violare formalmente il CTBT (Comprehensive Test Ban Treaty), utilizzando le simulazioni e le complesse strutture come la National Ignition Facility negli Stati Uniti, e Mègajioule in Francia (6) (che utilizzeranno rispettivamente 192 e 240 laser per riprodurre le condizioni fisiche di una esplosione termonucleare). Sembra che si sia riconosciuto che è più facile realizzare una "micro-fusione", che una "micro-fissione" nucleare: la prima presenta anche il vantaggio di generare una minore radioattività. Si ipotizza l'esplosione termonucleare di una miscela di deuterio-trizio di peso e dimensioni di alcuni kg e litri: coloro che propongono queste armi le definirebbero armi nucleari "pulite", tracciando un parallelo con le munizioni ad uranio depleto.

È opportuno aggiungere che queste ricerche, o queste realizzazioni, non sarebbero circoscritte agli USA, visti i progetti almeno di Parigi e Londra (se non quelli di Mosca e Pechino).

Che bombe ci stanno rifilando?

Se queste notizie sono degne di fede, si aprono ulteriori pesanti ed inquietanti interrogativi. Richiamiamo brevemente alcune nozioni di base riguardanti le armi nucleari.

Vi sono in primo luogo le bombe a fissione (di prima generazione), che utilizzano il processo in cui un nucleo di Uranio-235, o di Plutonio-239, assorbe un neutrone e si scinde in due nuclei, più l'emissione di 2 o 3 neutroni e di una quantità relativamente molto grande energia (dell'ordine di un milione di volte quella liberata in un processo chimico). Se più di uno, in media, dei neutroni emessi nelle fissioni produce un'altra fissione prima di sfuggire dalla massa dell'esplosivo di U o di Pu, si produce una reazione a catena: perchè ciò avvenga è necessario che questa massa non sia inferiore ad una "massa critica". Il valore di questa massa critica dipende da molti fattori, come il grado di arricchimento dell'esplosivo, la struttura della bomba, la configurazione dell'esplosivo, il meccanismo di innesco, ecc.: il tutto è naturalmente segreto, ma la massa critica è dell'ordine dei chilogrammi.

Vi sono poi le bombe a fusione (di seconda generazione, "bomba H"), che utilizzano il processo inverso in cui due nuclei leggeri si fondono in un unico nucleo, con l'emissione di una grande quantità di energia, ed eventualmente di qualche altra particella (neutroni, a seconda dei nuclei che si fondono). Perchè due nuclei possano fondersi, essi devono avvicinarsi moltissimo, vincendo la repulsione elettrica dovuta alla loro carica positiva: questo avviene quando la sostanza che contiene i nuclei raggiunge temperature dell'ordine del milione di gradi. Una tale temperatura regna ordinariamente all'interno delle stelle (che traggono da questi processi nucleari l'energia che emettono, e che le fa evolvere), ma nel caso delle bombe viene generata dall'esplosione di una bomba a fissione: queste bombe sono quindi sempre bombe a fissione-fusione (o termonucleari). Dopo il bando dei test nucleari (CTBT), del 1996, si stanno mettendo a punto le citate tecniche di simulazione e le strutture per riprodurre le condizioni di un'esplosione termonucleare.

Non abbiamo richiamato queste nozioni per nulla, giacchè ne segue una conseguenza importante. In entrambe le bombe tradizionali è necessaria una massa critica minima di esplosivo della fissione: pertanto la potenza di queste bombe non può essere abbassata al di sotto di un certo limite, certamente superiore alla tonnellata, o decina di tonnellate equivalenti di esplosivo chimico di cui si parla per le mini-nukes.

A questo punto sono chiari gli interrogativi che devono inquietarci.

In primo luogo, quali nuovi meccanismi, o processi sono stati inventati, messi a punto, per innescare la fusione nucleare di una piccola miscela di deuterio-trizio? L'innesco per mezzo della fissione richiederebbe una massa critica di U o Pu ed alzerebbe inevitabilmente la potenza esplosiva all'ordine dei kiloton. Si parla di un innesco mediante un "superlaser": che sarebbe un'enorme innovazione, generando potenze fino ad un milione di volte superiori a quelle generate dai laser ordinari. Ma è credibile che esista una siffatta apparecchiatura capace di innescare la mini-bomba? Abbiamo accennato all'enorme complessità delle strutture che si stanno costruendo per riprodurre le condizioni di un'esplosione termonucleare: sembra più plausibile che l'innesco laser venga utilizzato piuttosto per la sperimentazione di queste testate di quarta generazione. Anche perchè non si vede bene come potrebbe un simile apparato venire incorporato in una testata che dovrebbe avere anche peso e dimensioni molto piccoli. Questo stesso ragionamento si applica ad altri dispositivi di innesco di queste condizioni estreme che possano essere stati inventati e realizzati.

Appare più plausibile ipotizzare la scoperta e la realizzazione di qualche processo nucleare di tipo nuovo nella materia condensata, che si inneschi cioè spontaneamente all'interno stesso della piccola quantità di "esplosivo" nucleare: un siffatto processo non rientrerebbe nel corpo delle conoscenze fisiche acquisite e riconosciute. Questa eventualità rende ancora più difficile discutere questi aspetti, data la pervicacia con cui la comunità scientifica si abbarbica alle conoscenze riconosciute, sulle quali basa la sua autorità e il suo potere, negando qualsiasi nuova conoscenza che non rientri in esse. Senza dubbio i laboratori militari sono molto più spregiudicati! (I militari americani, e probabilmente anche i sovietici, fanno ricerche perfino sugli "UFO", un concetto che eminenti scienziati combattono come una credenza fantascientifica: non si sa mai!) Ma certo non ci vengono a raccontare le loro scoperte e realizzazioni! Siamo quindi necessariamente nel campo delle speculazioni. Si possono certo liquidare tutte le considerazioni precedenti come pura fantasia: ma mi pare che sarebbe come mettere la testa sotto la sabbia.

Si aggiungono però, a mio avviso, ulteriori interrogativi, anche più inquietanti. Se Bush ha autorizzato la realizzazione delle mini-nukes, la loro fattibilità deve già essere stata provata; o addirittura esse devono già esistere, almeno come prototipi: gli eventuali test, di bassissima potenza, non avrebbero violato il CTBT; e le strutture come la National Ignition Facility e Mègajoule sarebbero destinate al loro perfezionamento. Allora ci si può chiedere se nelle guerre dell'ultimo decennio non siano state sperimentate proprio queste nuove armi segrete, e gli effetti deleteri che vediamo (e che si fa di tutto per negare ed occultare) non siano dovuti ad esse. Forse non si tratta dell'uranio depleto; oppure potrebbe trattarsi proprio di esso, e in tal caso la struttura delle munizioni e il loro meccanismo distruttivo sarebbero completamente diversi da come si dice. Certo si spiegherebbero molte cose, che a chi scrive non sembrano spiegate in modo soddisfacente.

Sia come sia, credo che non possiamo semplicemente ignorare certi interrogativi e che dobbiamo porre con nuova forza il problema e pretendere delle risposte, prima che ci troviamo letteralmente immersi in una guerra nucleare senza neppure accorgercene! Una volta si diceva: "Meglio attivi oggi che radioattivi domani".


Note

1. A. Baracca, "Ritorna l'incubo nucleare", Guerre e Pace, n. 93, ottobre 2002.

2. Il 1º Protocollo della Convenzione di Ginevra vieta tanto le armi di distruzione di massa - che causano morti o distruzioni immediate, con effetti estesi o lungo termine - quanto le armi ad effetto indiscriminato - che generano contaminazione estesa o a lungo termine capace di causare ferite, malattie croniche, morte lenta o gravi difetti di nascita.

3. Sulla situazione sanitaria ed ambientale a Pancevo si accumulano periodicamente dati ed informazioni allarmanti. È stata avanzata la tesi che le sostanze utilizzate in America Latina per distruggere le piantagioni di coca costituiscano una forma di guerra chimica.

L'uso di proiettili ad uranio depleto in Afganistan non è stato provato, ma vi è la preoccupazione che ne possano essere state usate più di mille tonnellate, con la possibilità di effetti disastrosi per la popolazione e per le truppe esposte: si veda la pagina web della Reuters sulla salute (cercando "Afghanistan"). Dati su campioni biologici da Kandahar, Kabul e Jalalabad ottenuti da analisi con spettrografia di massa sembrano confermare concentrazioni di uranio più di 100 volte superiori a quelle di campioni di confronto. Sono stati riportati inoltre livelli molto alti di mortalitá materna dall'American Medical Association (settembre 2002), e dal CDC/UNICEF per conto del Ministero della Salute dell'Afghanistan (novembre 2002). Sono state poi riportate in Afganistan nel 2002 molte epidemie di "malattie misteriose". Per informazioni di base sui sospetti sistemi d'arma ad uranio depleto usati in Afganistan e i loro effetti sulla salute v.: "Depleted uranium weapons 2001-2002: mistery metal nightmare in Afghanistan", 31.12.2002; "Hazards of uranium weapons in Afghanistan and Iraq", 23.10.2002; e un rapporto del 13.11.2002.

Per la prossima guerra in Iraq sono state avanzate stime di più di 1500 tonnellate di polvere di uranio nell'ambiente, 5 volte di più che nella guerra del 1991. Vi è stata anche la notizia che gli USA - che non hanno approvato, tra le tante cose, anche la Convenzione per l'eliminazione delle mine anti-persona - si preparino ad usarle in Iraq (Tom Squitieri, USA Today, 11.12.2002, p.1.

4. Jean-Pierre Benjamin, 1999 - Iraq: L'Apocalisse, Edizioni Andromeda, Bologna.

5. Andrè Gsponer, "From the Lab to the Battlefield? Nanotechnology and Fourth-Generation nuclear weapons", Disarmament Diplomacy, n. 67, ottobre-novembre 2002.

Le armi nucleari di prima e seconda generazione sono quelle a fissione e a fusione sviluppate negli anni '40 e '50 (v. oltre), quelle di terza generazione sono testate speciali, come la bomba al neutrone, sviluppate tra i '60 e gli '80.

Sui possibili effetti radiologici della armi di quarta generazione v. A comparison of delayed radiobiological effects of depleted-uranium munitions versus fourth-generation nuclear weapons.

6. V. il mio precedente articolo, cit. in nota 1; per una descrizione dettagliata di Mègajoule: Luc Allemand, "Mègajoule: le plus gros laser du monde", La Recherche, No. 360, January 2003, pp. 60-67. È interessante che il Commissariat à l'Ènergie Atomique francese stia svolgendo un'opera di "seduzione" verso i fisici civili, dicendo che la struttura sarà dedicata in parte a ricerche civili.