2009

Bartolomé de Las Casas (Siviglia 1484 - Madrid 1566)

Giuseppe Tosi

1. La vita

Bartolomé de Las CasasBartolomé de Las Casas nacque a Siviglia nel 1484. Fin dall'infanzia fu coinvolto nelle vicende delle Indie: suo padre e suo zio avevano partecipato alla seconda spedizione di Cristoforo Colombo nel 1493. Nel 1502, all'età di 18 anni, mise piede per la prima volta in America, sull'isola di Hispaniola (Santo Domingo), al seguito del Governatore Nicolás de Ovando e, come lui stesso afferma nella Historia de las Indias, a partire dal 1505 gli fu assegnato in encomienda un certo numero di indios che lavoravano per lui nelle miniere e nelle terre, facendo prosperare i suoi affari. Nel 1507 fu ordinato sacerdote, probabilmente a Roma, e ritornò nelle Americhe, dove visse nelle isole di Hispaniola e di Cuba come clérigo e encomendero fino al 1513-14, data della sua prima conversione alla causa indigena, quando, con grande stupore dei connazionali, rinunciò alle sue proprietà e liberò gli indigeni per dedicarsi alla difesa dei loro diritti.

Iniziò così la sua attività frenetica di viaggiatore che lo portò ad attraversare dieci volte l'Oceano e percorrere circa 22.000 leghe, 15.000 per mare e 7.000 per terra, due terzi delle quali a piedi. Las Casas si dedicò inizialmente alla riforma della legislazione riguardante le Indie e alla messa in atto di esperimenti di un tipo di colonizzazione alternativa non violenta, che non ebbero grande successo. Nel 1522 frustrato da queste esperienze, decise di entrare nell'Ordine domenicano (la cosiddetta seconda conversione) e si ritirò per un periodo di riflessione nel convento dell'isola di Hispaniola dove rimase per dieci lunghi anni fino al 1532, durante i quali iniziò a scrivere alcune delle sue opere principali. Riprese quindi i suoi viaggi in vari paesi dell'America centrale e le traversate oceaniche per svolgere la sua opera di persuasione presso la Corte e il Consiglio delle Indie, esercitando una notevole influenza nella promulgazione delle Leyes Nuevas del 1542, che limitavano fortemente l'encomienda.

Nel 1543 fu nominato dall'Imperatore Carlo V vescovo della diocesi del Chiapas, situata nella penisola dello Yucatan, dove si recò nel 1546. Tuttavia, l'ostilità dei suoi connazionali, ai quali negava l'assoluzione finché non avessero liberato i propri indios encomendados, lo obbligò a ritirarsi dalla diocesi e a ritornare definitivamente in Spagna nel 1547. Nel 1550-51 partecipò alla famosa disputa di Valladolid con Juan Ginés de Sepúlveda e, fra il 1552 e il 1553, diede alle stampe otto dei suoi trattati senza chiedere la previa licenza all'Imperatore. Negli ultimi anni della sua vita si oppose alla richiesta da parte dei conquistadores di ottenere dal re Filippo II la perpetuità dell'encomienda, scrisse vari memoriales, trattati e lettere e portò a termine la redazione delle sue principali opere. In seguito alla proibizione del re Filippo II di trattare pubblicamente le questioni relative alle Indie, dal 1556 non diede più alle stampe i suoi numerosi manoscritti. Partecipò come testimone di difesa nel processo che l'inquisizione aveva mosso al vescovo di Toledo Bartolomeo Carranza. Nel 1566 scrisse l'ultimo Memorial al Consejo de Indias e morì a Madrid, nel convento di Atocha, all'età di 82 anni. Tutta la sua lunga e operosa esistenza fu interamente dedicata alla causa dei nuovi popoli scoperti, alla denuncia degli abusi e dei crimini commessi contro di essi, alla critica sempre più radicale non solo dei metodi, ma anche dei presupposti e della legittimità della conquista e al tentativo di elaborare leggi e di realizzare esperienze concrete che evitassero la destrucción de las Índias e rispettassero la dignità e l'umanità degli indios. La sua attività intensa e multiforme lo rese un testimone eccezionale, presente in tutti i momenti e i luoghi cruciali dove si discutevano e si decidevano le sorti degli indigeni del Nuovo Mondo.


2. Le opere

Dobbiamo a lui opere fondamentali per comprendere quel periodo ricco di conflitti, sia che si tratti della cronaca (pensiamo solo ai diari di bordo di Cristoforo Colombo da lui trascritti), della storia (la Historia de Las Indias, la sua opera maggiore), dell'evangelizzazione (il De unico vocationis modo), della conoscenza degli usi e costumi dei popoli indigeni (la Apologetica Historia), delle questioni giuridiche (il Tractado comprobatorio), dei principi filosofici e teologici relativi alla natura umana degli indios (la Apologia) e alla teoria del potere (il De Regia Potestate), fino all'opera più famosa di radicale e coraggiosa denuncia del terribile genocidio in atto nel Nuovo Mondo (la Brevissima Relación).

In tutti questi interventi egli agisce da protagonista, essendo l'unico che possa vantare un'ampia e intensa esperienza personale, come partecipe delle imprese dei conquistadores e lui stesso encomendero, e come convertito alla causa degli indigeni, conversione che lo porterà a una militanza permanente: è chiaramente un uomo di parte che si oppone con decisione a chi considera come avversari; è un uomo di azione che agisce sul campo, che propone e tenta nuove esperienze di evangelizzazione; è un uomo influente, molto ascoltato, temuto e rispettato nei luoghi di decisione le cui proposte avranno ripercussioni sulle misure legislative. Alcune sue opere circolarono rapidamente in tutto il vecchio e nuovo mondo e furono immediatamente oggetto di vivaci discussioni fra i suoi detrattori e ammiratori, polemiche che sono continuate per secoli e ancora non si sono spente.

Possiamo dividere le opere di Las Casas in tre grandi tipi: le opere di circostanza, lettere, momoriales, petizioni alle varie autorità dell'epoca in difesa dei diritti indigeni; gli 8 trattati del 1552, gli unici pubblicati in vita dall'autore, fra i quali la Brevissima relación. Queste opere ebbero una grande influenza e una ampia diffusione sia dentro che fuori la Spagna e fecero di Las Casas il responsabile della Leyenda Negra. C'è però un terzo tipo di opere che non furono date alle stampe e rimasero per secoli in forma di manoscritti con una circolazione limitata: sono i grandi trattati come il De unico vocationis modo, la História de las Índias, la Apologética História, la Apologia, il De Thesauris e Las Doce Dudas. Ciò significa che Las Casas è stato per secoli, e lo ancora oggi in grande parte, un autore sconosciuto, e che solo di recente, con la pubblicazione delle opere complete si può avere un'idea più precisa del suo pensiero.


3. Edizioni e traduzioni

L'opera omnia di Las Casas si trova in: Obras Completas, Aliança Editorial, Madrid 1988-1992 (14 Volumi). Riportiamo in seguito le opere di Las Casas nell'ordine cronologico di composizione e pubblicazione. Le informazioni sono tratte da: Fernandez, I.P. Inventário documentado de los escritos de Frey Bartolomé de Las Casas, Bayamon-Puerto Rico, 1981.

  • De unico vocationis modo omnium gentium ad veram religionem. Il primo trattato di Las Casas nel quale difende l'evangelizzazione pacifica. Composto in latino, fra il 1522-1526 (?), fu pubblicata per la prima volta nel 1942 (Messico, Fundo De Cultura Economica). Ci sono pervenuti solo i capitoli V, VI e VII del Primo Libro.
  • História [general] de Las Índias (3 volumi). L'opera storica principale di Las Casas, fu iniziata nel 1527 e conclusa nel 1564, composta in spagnolo, e pubblicata integralmente per la prima volta nel 1875-76 a Madrid.
  • Apologetica História Sumária (3 volumi). La principale opera "di antropologia culturale" di Las Casas, composta in spagnolo, fu iniziata nel 1527, come parte della História de Las Índias, ma divenne successivamente una opera autonoma conclusa solo nel 1560. Fu pubblicata integralmente per la prima volta nel 1909 a Madrid.
  • Apologia (contra los adversários de los índios). Composta in latino nel 1550-53 come risposta alla Apologia pro libro de justis belli causis di Sepúlveda, è il testo in latino della difesa di Las Casas davanti alla junta di Valladolid, che egli lesse durante 4 giorni. Fu pubblicata per la prima volta nel 1975 a Madrid.
  • L'edizione dei trattati pubblicati da Las Casas nel 1552 a Siviglia per i tipi di Sebastian Trujillo:
    • Brevíssima Relación de la Destrucción de Las índias. Composta in spagnolo nel 1542, l'opera più famosa, un vero best seller dell'epoca, ebbe varie edizioni nei principali paesi europei a partire dall'edizione fiamminga del 1578 e francese del 1579 (fra cui varie edizioni veneziane degli inizi del '600 per i tipi di Marco Ginammi).
    • Aqui se contiene una disputa o controversia entre el obispo don Fray Bartolomé de Las Casas y el doctor Ginés de Sepúlveda. Composta in spagnolo nel 1551 da Domingo de Soto, su richiesta dei membri della junta di Valladolid, questo documento riassume le posizioni dei due contendenti. Non è un'opera di Las Casas, ma fu pubblicata dal vescovo del Chiapas perché la considerava favorevole alle sue posizioni.
    • Aqui se contienen treinta proposiciones muy jurídicas, composta in spagnolo nel 1548.
    • Tratado sobre los índios que han sido hechos esclavos, composto in spagnolo nel 1548.
    • Aqui se contienen unos avisos y reglas para los confesores. Questo famoso e temuto testo di Las Casas nel quale negava l'assoluzione agli encomendeiros che mantenessero indios sotto il loro dominio, fu composto in spagnolo nel 1546, ed ebbe ampia circolazione nelle Americhe.
    • Tratado comprobatório del imperio soberano y principado universal que los Reyes de Castilla y León tienen sobre Las Índias, composto in spagnolo nel 1550-51.
    • Principia Quaedam ex quibus procedendum est in disputatione ad manifestandam et defendendam iustitiam indorum, composto in latino nel 1551-52.
  • Entre los rimedios, composto in spagnolo fra il 1541 e il 1542, pubblicato da Jacome Cromberger a Siviglia nel 1552.
  • Este es el primer viaje y las derrotas y camino que hizo el almirante don Xristóbal Colón quando descubrió las Yndias. Copia, non sempre letterale, del famoso diario di bordo di Cristoforo Colombo. Pubblicato per la prima volta nel 1825 a Madrid.
  • De thesauris qui reperiuntur in sepulchris indorum. Questo trattato critico della cobicia del oro, il vero dio dei conquistadores secondo Las Casas, fu composto in latino nel 1563 e pubblicato per la prima volta nel 1953 a Madrid.
  • De imperatória vel regia potestate. Composto in latino fra il 1563 e il 1566 (?) è l'unico trattato more scholastico scritto da Las Casas e anche l'unico dove non si cita direttamente la questione indigena. Fu pubblicato per la prima volta nel 1571 a Frankfurt (è il primo trattato di Las Casas pubblicato fuori dalla Spagna).
  • Tratado de las Doce Dudas. Composto in spagnolo nel 1564 è l'ultimo trattato di Las Casas nel quale presenta i suoi dubbi sempre più radicali sulla legittimità della conquista. Fu pubblicato per la prima volta a Parigi nel 1822.
  • Oltre ai trattati, Las Casas scrisse decine di lettere (cartas), relazioni (memoriales) e petizioni (peticiones) dirette all'Imperatore, al Re di Spagna, al Papa, ai membri del Consejo de Índias, ai confratelli domenicani e ad altre autorità, che sono state quasi tutte raccolte nel tredicesimo volume delle Obras completas.
  • Fra le numerose edizioni spagnole delle opere di Las Casas, segnaliamo il De Regia Potestate (o derecho de autodeterminación), ed. critica bilingue por Luciano Pereña, J.M. Perez-Prenda, Vidal Abril y Joaquim Azcarraga, CSIC, Madrid, 1984 (Corpus Hispanorum de Pace. Vol VIII), pregevole per l'apparato critico e storico.
  • Fra le edizioni "storiche" della Brevissima Relación ricordiamo quella francese del 1579/82, intitolata: Tyrannies et cruautez des Espagnols, perpetrees en Indes Occidentales, qu'on dit le Nouveau monde. Brievement descrit en langue castillane, par l'eveque Don Frere Bartelemy de las Casas ou Casaus, Espagnol de l'ordre de Sainct Dominique, fidelment traduits par Jacques de Maggrode: A Paris, par Guillaueme Iulien, a l'enseigne de l'Amitiè, par le college de Cambray, 1582, (nuova edizione a cura di A. Milhou, J.P.Duviols, Paris, 1995). Contiene anche la traduzione di un lettera di Las Casas al Re; la traduzione del trattato "El octavo remédio", e del "Sumario" della disputa con Sepúlveda.
  • Non possiamo non ricordare inoltre l'edizione latina della Brevissima, apparsa nel 1598 a Francoforte con il titolo di: Narratio Regionum Indicarum per Hispanos..., resa famosa dalle impressionanti illustrazioni di Theodore De Bry che seguono da vicino il testo lascasiano sulle atrocità dei conquistadores verso gli indigeni.


Traduzioni "storiche" in italiano

Le opere di Las Casas sono state tradotte e pubblicate a Venezia gli inizi del Seicento. La prima opera pubblicata fu il Tratado sobre los índios que han sido hechos esclavos, edito a Venezia ancor prima della Brevíssima, nel 1616, col titolo di Il Supplice schiavo indiano (ristampe: 1636 e 1657 e 1993, editore Bulzoni). Nel 1626 fu edita per la volta la Brevíssima, a cura di Giacomo Castellani e per i tipi di Marco Ginammi (ristampa: Istoria ò brevissima Relatione della Distruttione dell'Indie Occidentali, riproduzione dell'edizione di Marco Ginammi, edita a Venezia nel 1643, Roma, Datanews, 2006) Furono inoltre editi, col medesimo sistema, traduzione e testo a fronte, anche alcuni trattati, apparsi in originale a Siviglia nel 1552. L'Octavo Remedio apparve nel 1640 come La libertà pretesa dal supplice schiavo indiano (ristampe: 1644 e 1645 e 1994, editore Bulzoni). Il testo della controversia con Ginés de Sepúlveda fu edito nella nostra lingua nel 1644 (ristampa: 1645) e intitolato Conquista dell'Indie Occidentali. Traduttore di questi trattati fu l'editore Marco Ginammi: una traduzione non priva di fraintendimenti (Bellini 2008).


Traduzioni contemporanee in italiano

  • Brevissima Relazione della Distruzione delle Indie, a cura di Cesare Acutis, Milano, Mondadori, 1987.
  • Bartolomé de Las Casas, Juan Ginés de Sepúlveda, La controversia sugli indios, edizione bilingue a cura di Saverio di Liso, Bari, Edizioni di Pagina, 2007, che contiene la traduzione del sumario della disputa di Valladolid redatto da Domingo de Soto, la famosa bolla di Paolo III veritas ipsa del 1537 sull'umanità degli indios, e alcune lettere di Las Casas e Sepúlveda.
  • De Regia Potestate, edizione bilingue a cura di Giuseppe Tosi, Roma-Bari, Laterza, 2007.
  • Brevissima relazione della distruzione dell'Africa, a cura di P. Bertezzolo, Cierre edizioni, 1992 (ristampa EMI, 1993). Contiene la traduzione di alcuni capitoli della história de las Índias dedicati alla tratta degli schiavi negri (traduzione dallo spagnolo del libro con lo stesso titolo pubblicato da Isácio Perez Fernandes, Salamanca, Editoral San Esteban, 1989). Il testo vuole difendere Las Casas dalla leyenda negra che lo accusa di aver giustificato e favorito la schiavitù dei negri.


4. Interpretazioni del pensiero politico

"A fray Bartolomé de Las Casas, il Protettore degli Indios, è toccato in sorte che sulla sua figura e la sua opera si sia accumulato, nell'arco di più di quattro secoli, una produzione bibliografica così monumentale come tocca solo ai grandissimi". Così scrive Carla Forti (Forti 1989) che ha studiato a fondo la fortuna e le sfortune del pensiero di Las Casas. Considerato l'ispiratore della leyenda negra (Pincherle 1981), Las Casas non godette mai di buona fama presso i connazionali. Fu utilizzato dagli oppositori della Spagna in funzione anticattolica e antispagnola, fu dipinto come un fanatico e uno psicopatico (Menéndez, Pidal 1963), o come un santo e un profeta (André-Vincent 1980). Secondo uno studioso spagnolo sarebbe l'ultimo comunero (Castello 1974), cioè il difensore delle autonomie locali contro il potere centralizzatore della monarchia assoluta. Alcuni interpreti lo hanno considerato un precursore dei moderni diritti dell'uomo (Pereña 1974) e hanno ravvisato nel suo pensiero una concezione democratica del potere e dell'autodeterminazione dei popoli: un Rousseau avant la lettre (Maravall 1987). Altri lo hanno definito un combattente nella lotta per la giustizia in America Latina (Hanke 1988) e i movimenti di liberazione latinoamericani hanno visto in lui un precursore della teologia (Gutierrez1995) e della filosofia della liberazione (Dussel 2002).

Il pensiero di Las Casas, a distanza di quasi cinquecento anni, suscita ancora controversie interpretative e accese polemiche, in quanto protagonista di uno degli episodi cruciali nel processo di formazione della modernità. Ed è sorprendente costatare la somiglianza e la continuità fra gli argomenti utilizzati dagli apologeti e dai critici della conquista iberica delle Americhe nel secolo XVI e quelli utilizzati dagli apologeti e dai critici contemporanei della politica espansionista dell'Occidente nell'epoca della globalizzazione.

Nonostante la mole di documenti e di studi che attestano il contrario, rimangono ancora pregiudizi e riserve verso un semplice clerigo che non aveva mai fatto studi regolari e forse nemmeno raggiunto la licencia (laurea) in teologia, la cui opera non risponde ai canoni accademici ed è totalmente finalizzata alla sua attività pratica, quindi facilmente tacciabile di parzialità, di apologetismo e propagandismo o nel, migliore dei casi, di umanitarismo e messianismo evangelico privo di mediazioni culturali. Non contribuisce certo a far apprezzare l'opera del Procuratore degli indios il suo stile complicato, farraginoso, prolisso, discontinuo, poco elegante, lontano dalla chiarezza e dalla sistematicità degli scolastici come De Soto e De Vitoria, come pure dall'eleganza della retorica di un Sepúlveda.


5. Contenuti delle opere politiche principali

Las Casas non è un pensatore sistematico, ad eccezione del De Regia Potestate e di alcune opere giuridiche come il Tratado comprobatório e i Principia Quaedam, le sue tesi politiche si trovano sparse nella sua immensa opera. Nonostante ciò è possibile riscontrare alcuni principi fondamentali ricorrenti, che cercheremo di sintetizzare.

Il fondamento giusnaturalista: la libertà originaria

Nel solco della tradizione giusnaturalista antica e medievale, Las Casas propone una antropologia della libertà originaria per natura di tutti gli uomini, i popoli e i beni. L'uomo, per natura imago Dei, è libero e la schiavitù è un fenomeno accidentale, legato a circostanze storiche: non esiste una schiavitù naturale, come affermava Aristotele. In un contesto concettuale dove ancora non era stata fatta tabula rasa delle gerarchie naturali, emerge con forza l'dea della originaria libertà del popolo che il principe devi rispettare. La dottrina di Las Casas si muove così, fra l'elemento organistico aristotelico e volontaristico moderno. Sembra un contrattualista, e in certo modo lo è, ma il suo stato di natura originario non è quello di Hobbes e degli altri giusnaturalismi moderni, perché la libertà originaria non è degli individui ma dei popoli. Si ampliano gli spazi della proprietà (dominium) come condizione necessaria all'esercizio della libertà, che non è più vista come un privilegio concesso dal principe, ma come qualcosa di originario.

I diritti soggettivi degli indigeni

Questi principi universalistici sono applicati alla questione indigena: anche gli indios sono uomini come tutti gli altri, anch'essi sono creati a immagine e somiglianza ai Dio, essi non sono idioti, incapaci, amentes, ma creature razionali, buoni, fragili, indifesi, e i costumi "barbari e selvaggi" devono essere interpretati culturalmente. Nasce qui uno dei primi esercizi di antropologia comparata, con la famosa classificazione dei quattro tipi di barbari della Apologia, e della Apologetica historia, una delle pagine più sconcertanti di Las Casas che giustifica i sacrifici umani e il cannibalismo e, ribaltando la communis opinio, definisce barbari i conquistadores spagnoli.

Anche per gli indigeni vale la associazione fra libertas e dominium, la proprietà su se stessi, i propri beni e le proprie azioni giustifica la legittimità del "domínium publice et privatim" dei nuovi popoli scoperti. Nasce da qui il riconoscimento dell'alterità indigena e il principio della reciprocità di diritti e doveri fra cristiani e barbari.

Potestas, Imperium, Libertas, Dominium e Jurisdictio

Ma allora qual è la giustificazione dell'imperio soberano y principado universal dell'Imperatore e del Papa su questi territori? Las Casas, seguendo gli scolastici di Salamanca, fa una netta distinzione fra dominium e jurisdictio: i principi possiedono una giurisdizione, ma non possiedono i beni dei sudditi come se fossero di loro proprietà. Il popolo è considerato causa efficiente e finale del potere (imperium), e por questo Las Casas afferma che populus eligendo regem libertatem non amisit. L'imperatore perciò non può concedere in encomienda ai conquistadores qualcosa che non gli appartiene. L'imperatore deve riconoscere l'originaria libertà politica dei popoli indigeni, restituire il mal tolto, restaurare i legittimi signori naturali nel potere che gli fu ingiustamente ritirato. Compete all'Imperatore esercitare solo una iurisdictio universalis che Las Casas immagina - influenzato dalle idee utopiche presenti nella corte di Carlos V - come una monarchia universalis che esercita un "alto protettorato" per la protezione e salvaguardia degli indigeni considerati liberi sudditi di sua maestà.

Il diritto internazionale e il potere universale del Papa e dell'Imperatore

Las Casas non prende il cammino di Vitoria dello jus communicationis, dello ius peregrinandi et degendi, che non è altro che la giustificazione del nuovo diritto delle genti che regola le relazioni politiche e commerciali fra i nascenti Stati sovrani, chiaramente asimmetriche. Egli rimane ancorato al mondo medievale della Respublica Christiana, mantenendo, sotto questo aspetto, un vincolo con l'agostinismo politico. Las Casas riconosce una certa potestas totius orbis alle due massime autorità medievali, ma insiste sul fatto che l'unico fondamento di questo potere universale è l'evangelizzazione condotta con metodi assolutamente pacifici come afferma fin dal De unico vocationis modo. In questo modo svuota di tutta la carica aggressiva il compelle intrare agostiniano che Sepúlveda aveva ampiamente utilizzato nella sua difesa della giustizia della guerra contro i barbari.

Come affermerà con sempre più forza negli ultimi anni della sua vita, davanti al fallimento di tutti i suoi sforzi, se gli indigeni non vogliono convertirsi pacificamente al vangelo, non si può ricorrere alla forza, contro la loro volontà (illis invitis), ma si deve lasciare la salvezza delle loro anime al giudizio di Dio.

Guerra giusta

Per Sepúlveda esistevano abbondanti motivi di jus ad bellum: inferiorità naturale, cannibalismo, sacrifici umani, tirannia, rifiuto di ricevere il vangelo. Tutti questi motivi erano rafforzati dall'argomento dello status di inferiorità, della tarditas insita degli indigeni che obbligava "moralmente" i sapientiores a intervenire attivamente per condirli ai buoni costumi e alla vera civiltà e religione. La risposta di Las Casas, De unico vocationis modo e nella Apologia è molto più radicale di quella dei maestri di Salamanca: condanna tutte le guerre e tutti gli argomenti in loro favore e afferma che l'unica guerra giusta è quella degli indigeni contro gli spagnoli.

Las Casas: filosofo dell'alterità

Il pensiero di Las Casas si inserisce, come un tertium genus, tra tradizione e modernità: un diritto naturale le cui radici si alimentano dalle due grande fonti del pensiero antico e medievale, quella filosofica dell'uomo come essere razionale, naturalmente sociale, e quella biblica dell'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Su questa tradizione Las Casas e gli scolastici di Salamanca - nei confronti dei quali egli ha un grande debito intellettuale, ma allo stesso tempo mantiene una propria originalità e soprattutto una sorprendente capacità di radicalizzarne i principi e le conclusioni - elaborano una dottrina che ha più elementi di continuità che di rottura con la tradizione, ma che, applicata a un nuovo contesto, di fatto produce un pensiero nuovo e diverso, che però avrà un seguito e una fortuna storica limitata.

La modernità, come sappiamo, prenderà un altro cammino, di rottura con la tradizione giusnaturalistica antica e medievale, il cammino dell'etiamsi daremus non esse Deum, dell'individualismo, del contrattualismo, del volontarismo, del convenzionalismo, secolarizzando e individualizzando le radici teologiche dei diritti naturali soggettivi.

Neppure il pensiero cattolico darà proseguimento "all'umanesimo cristiano" dei teologi di Salamanca e di Las Casas, ma si chiuderà nella sua reazione controriformista e antimoderna, condannando i diritti dell'uomo come una eresia, un deliramentum diabolicum. Solo con la dottrina sociale della Chiesa, con il rinnovamento del tomismo nel XX secolo e con il Concilio Vaticano II, sarà ripreso il filo rosso interrotto. E non è per caso che la figura di Bartolomé de Las Casas sia rivendicata oggi proprio da quei movimenti del rinnovamento cattolico conciliare che in America Latina si ispirano alla teologia della liberazione, che hanno riletto la storia del continente dal punto di vista dei vinti, dei poveri e di tutti quei soggetti che, durante questi lunghi secoli, sono stati e continuano ad essere le vittime di una struttura sociale che affonda le sue radici nelle profonde ingiustizie strutturali dei primi tempi della conquista delle Americhe, che Las Casas non aveva mai cessato di denunciare.


6. Riferimenti bibliografici

Repertori bibliografici

  • A. Bondolfi, D. Deckers, 1992, "Auswahlliteratur zu den Debatten um di Eroberung Amerikas", in Freiburger Zeitschrift für Philosophie und Theologie, Freiburg, XXXIX, 3, pp. 472-500.
  • F. D'elia, 1988, "Studi lascasiani dell'ultimo ventennio. Bibliografia essenziale ragionata", in I diritti dell'uomo e la pace nel pensiero di Francisco de Vitoria e Bartolomé de Las Casas, cit., pp. 309-321.
  • I.P. Fernandes, 1981, Inventário documentado de los escritos de Frey Bartolomé de Las Casas, Bayamon-Puerto Rico.
  • L. Hanke, M. Gimenez Fernandez, 1954, Bartolomé de Las Casas. Bibliografia crítica de su vida, escritos, actuación y polémicas, Santiago de Chile.

Atti di convegni

  • Aa.Vv., 1976, Las Casas e la politique des droits de l'homme, Aix-en-Provence, Institut d'Etude Politique.
  • Aa.Vv., 1987, Las Casas et Vitoria: le droit de gens dans l'âge moderne, Paris, Colloque de l'Institut Catholique de Paris.
  • Aa.Vv., 1987, Autour de Las Casas. Actes du colloque du V centenaire, 1884-1984, Paris, Tallandier.
  • Aa.Vv., 1988, Escuela de Salamanca, Carta Magna de los Indios. Fuentes Constitucionales (1534-1609), Madrid, Corpus Hispanorum de Pace, Vol. XXVII.
  • Aa.Vv., 1988, I diritti dell'uomo e la pace nel pensiero di Francisco de Vitoria e Bartolomé de Las Casas, Milano, Università San Tommaso (Angelicum), Studia Universitatis St. Thomae in Urbe 29, Massimo.
  • Aa.Vv., 1993, Dalla conquista alla scoperta. Per una rilettura della scoperta dell'America, Atti del convegno: "1492-1992: dalla conquista alla scoperta dell'America", organizzato da "Beati i Costruttori di Pace", Verona, Il Segno.
  • Aa.Vv., 1994, 500 anni di solitudine. La conquista dell'America e il diritto internazionale, introduzione di François Rigaux, Tribunale Permanente dei Popoli, Verona, Bertani.
  • S. Biolo (a cura di), 1995, L'universalità dei diritti umani e il pensiero cristiano del '500. Contributi al XLVII Convegno del Centro di studi filosofici di Gallarate, settembre 1992, Torino, Rosenberg & Sellier.

Commentatori

  • Ph. André-Vincent, 1980, Bartolomé de las Casas, prophète du Nouveau Monde, Paris, Tallandier.
  • Ph. André-Vincent, 1988, "La dialectique lascasienne du droit naturel concret. Las Casas et les droits de l'homme", in I diritti dell'uomo e la pace nel pensiero di Francisco de Vitoria e Bartolomé de Las Casas, cit., pp. 639-660.
  • M. Bataillon, 1976, "Las Casas face à la pensèe d'Aristote sur l'esclavage", in Platon et Aristote a la Renaissance. Actes du XVI Colloque International de Tours, organisé par le Centre d'Études Supérieures de la Renaissance, Paris, Vrin, pp. 403-420.
  • M. Bataillon, 1976, Estudios sobre Bartolomé de Las Casas, Barcelona (1965).
  • G. Bellini, 2008, Las Casas, Venezia e l'America, Alicante, Biblioteca Virtual Miguel de Cervantes.
  • M. Beuchot, 1994, Los fundamentos de los derechos humanos en Bartolomé de las Casas, Barcelona, Editorial Anthropos.
  • M. Beuchot, Bartolomé de las Casas (1484 - 1566), 1995, Madrid, Ediciones del Orto.
  • F. Cantù, 1988, "Bartolomé de Las Casas nel quadro del suo tempo", in I diritti dell'uomo e la pace nel pensiero di Francisco de Vitoria e Bartolomé de Las Casas, cit.
  • F. Cantù, 1992, Coscienza d'America: cronache di una memoria impossibile, Roma, Edizioni Associate.
  • V.A. Castelló, 1974, "Bartolomé de Las Casas, el ultimo comunero. Mito y realidad de las utopías políticas lascasianas", in Aa.Vv., Las Casas e la politique des droits de l'homme, Aix-en-Provence, Institut d'Etude Politique, pp. 92-123.
  • P. Chaunu, 1967, "Francisco de Vitória, Las Casas et la querelle des justes titres", Bibliotèque d'humanisme et renaissance", XXIX, 2, pp. 485-494.
  • E. Dussel, 1993, L'occultamento dell'altro. Alle origini del mito della modernità, Celleno, la Piccola.
  • E. Dussel, 2002, "Modernidad y alteridad. Las Casas, Vitoria y Suárez: 1514-1617", in Atti del "Primer Simposio Internacional del Pensamiento Iberoamericano", Salamanca, Universidad Pontificia de Salamanca, CD-ROM.
  • O. Fernández-Largo, 1992, "Bartolomé de Las Casas en el V Centenario. Revisión de su figura y de su doctrina moral", Ciencia Tomista, 389, pp. 460-498.
  • C. Forti, 1989, "Un lascasiano e polemista antispagnolo del Seicento a Venezia: Giacomo Castellani", in R. Pozzi, A. Prosperi (a cura di), Studi in onore di Armando Saitta dei suoi allievi pisani, Pisa, pp. 73-98.
  • C. Forti, 1989, "Letture di Bartolomé de Las Casas: uno specchio della coscienza, e della falsa coscienza dell'Occidente attraverso quattro secoli",Critica Storica, XXVI, pp. 37-41.
  • J. Friede, B. Keen (a cura di), 1971, Bartolomé de las Casas in History: Toward an Understanding of the Man and His Work, DeKalb, Northern Illinois University Press.
  • A. Gerbi, 1975, La natura delle Indie nove. Da Cristoforo Colombo a Gonzáles Ferndandez de Oviedo, Milano-Napoli, Ricciardi.
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Edizioni in rete

Edizioni on line delle opere di Las Casas, anche i fac-simile di edizioni storiche, fra cui i trattati del 1552, si trovano nella Biblioteca Virtual Miguel de Cervantes, Alicante.