2005 Il Brasile dalla dittatura al governo Lula: aspetti interni e internazionaliGiuseppe Tosi Innanzitutto vorrei fare una precisazione relativa al titolo di questa nostra conferenza, che Danilo ha giustamente chiamato di conversazione. Tratterò l'argomento, che è ovviamente molto esteso, da un punto di vista più ristretto, cioè dal punto di vista dei diritti umani: cosa è successo ai "diritti umani", come pratica politica, in questi ultimi decenni che vanno dalla dittatura al governo Lula, per poi aprire un dibattito con voi. Tratterò l'argomento non tanto da esperto sociologo o storico, ma da militante per i diritti umani che vive in Brasile da ormai più di vent'anni. 1. Gli antecedenti del golpe militare 1954/68Se guardiamo alla storia recente del Brasile possiamo affermare che esistevano, prima del golpe militare tre grandi schieramenti ideologici e politici. Il primo che risale alla tradizione oligarchica e elitista della classe dominante brasiliana (e in grande parte latino-americana) che non ha mai vissuto una rivoluzione borghese e tanto meno una rivoluzione sociale, cioè con una partecipazione della popolazione: l'indipendenza del Brasile, come sappiamo, è stata una successione dinastica fra il re di Portogallo e suo figlio Dom Pedro I (nel momento in cui gli altri stati latinoamericani si trasformavano in repubbliche) e la repubblica è stato un colpo di stato militare. Possiamo quindi parlare di rivoluzione passiva o di rivoluzione "dall'alto" perché il "popolo" è sempre stato assente da questi movimenti, (anche perché, durante il periodo coloniale, la grande maggioranza della popolazione era composta da schiavi e, come sapete, il Brasile è stato l'ultimo paese al mondo ad abolire la schiavitù nel 1888.) Anzi, in modo emblematico e significativo, la parola "rivoluzione" è stata applicata in Brasile (e a volte è ancora usata) per indicare il "movimento del marzo del 64", cioè proprio il golpe militare. In questo blocco oligarchico (pur con divisioni interne) l'accordo si fondava su una restrizione dei diritti civili e politici a un elite oligarchica e sulla inesistenza di diritti economici e sociali per la grande massa della popolazione. L'alternativa storicamente incontrata per allargare i diritti è stato il populismo che ha trovato la sua espressione più forte e lucida in Brasile con i successivi governi di Getulio Vargas, prima come rivoluzionario (un'altra rivoluzione sui generis nel 1930), poi come dittatore (quanto ha fondato lo "Estado Novo" nel 1936 con un golpe militare) inaugurando un regime vicino al fascismo italiano e poi come presidente eletto a grande maggioranza dal popolo nel 1950, fino alla sua tragica morte nel 1954: suicida nel palazzo del governo. "Lascio la vita per entrare nella storia". Con Vargas inizia l'allargamento dei diritti sociali con l'inclusione di masse di lavoratori urbani (mentre continua l'esclusione della grandi masse rurali) ma in un contesto di forte restrizione dei diritti civili e politici. La rottura con il modello oligarchico dominante fino al 1930, che si dà con l'ascesa di Getulio Vargas, è frutto anche di un altro movimento più radicale, cioè il movimento operaio anarco- sindacalista e del partito comunista. La figura emblematica qui è senz'altro Luis Carlos Prestes il leader del partito comunista brasiliano durante decenni. L'alternativa comunista, però, non ha mai avuto spazi né durante lo Estado Novo né dopo la seconda guerra mondiale: prima perché Vargas gli ha bloccato decisamente la strada anche con metodi brutali di repressione politica e poliziesca e poi perché la guerra fredda ha fatto mettere fuori legge il partito comunista fino al 1978/79 (con un breve periodo di legalità fra il 1945 e 47). I comunisti rivendicavano i diritti civili e politici contro la dittatura dello Estado Novo, ma in maniera strumentale, come mezzi per arrivare alla presa del potere e instaurare un regime socialista. Nella tradizione marxista, infatti esisteva (e in parte persiste) una forte diffidenza verso i diritti umani considerati diritti borghesi, che non interessano la classe lavoratrice e che sono visti come meri strumenti per la realizzazione dei diritti economici e sociali che sono ciò che interessa. 2. Il golpe militare del 1964/1968Cosa succede nel 1964? Molto rapidamente. Per una serie di avvenimenti storici in parte fortuiti (come la rinuncia improvvisa del presidente Jânio Quadros nel 1961) e in seguito ad una ascesa dei movimenti sociali in Brasile mai vista prima, si dà un avvicinamento sempre più "pericoloso" (per le classi dominanti) fra il populismo tradizionale - rappresentato dal presidente Joao Goulart per molti versi erede di Vargas -, la sinistra tradizionale comunista (clandestina ma presente nei sindacati) e una nuova sinistra emergente: la sinistra cattolica, che faceva una lettura sempre più radicale e anche "marxista" della dottrina sociale della Chiesa - soprattutto nel mondo studentesco e urbano - e il primo grande movimento rurale: le "ligas camponesas" di Francisco Julião, soprattutto nel Nordest brasiliano. Il blocco dominante si sente minacciato dal "pericolo comunista" e, in questo è ovviamente insufflato dagli Stati Uniti che continuano, dopo Kennedy, la loro politica anticomunista viscerale in tutto l'America Latina (ricordiamo la paura dell'esempio cubano). Cosa voleva questo nuovo blocco effervescente, che per un breve periodo, dal 1961 al 1964, è rimasto in statu nascenti come direbbe Weber - e a cosa avrebbe portato è ancora oggi oggetto di discussione. I militari e la destra dicono che hanno salvato il paese dal comunismo, che non aveva nessun rispetto dei diritti democratici e che voleva instaurare una dittatura; la sinistra dice invece che probabilmente quello che sarebbe successo era semplicemente un allargamento dei diritti individuali e collettivi con l'inclusione - finalmente e per la prima volta nella storia brasiliana - delle masse operaie e contadine attraverso quello che il presidente Goulart chiamava la "riforme di base": in primis la riforma agraria, ma anche una riforma della scuola, dell'educazione, del lavoro, un rafforzamento dell'industri pubblica, un maggior indipendenza dall'influenza degli Stati Uniti, una politica di non allineamento, etc ... Insomma, una prima effettiva rottura con il modello oligarchico elitista e dipendente che aveva dominato la storia del Brasile per secoli, operata attraverso una saldatura - difficile e precaria - fra la tradizione populista e la "sinistra" socialista dove ci sarebbe stata, per la prima volta, non una rivoluzione solo dall'alto, ma anche "dal basso" con una presenza significativa della masse urbane e rurali tradizionalmente escluse dal potere. Di fatto, il golpe militare ha brutalmente fermato questa possibile evoluzione della storia politica brasiliana e di grande parte dell'America Latina, prima, nel 64 in modo poco cruento (di fatto c'è stata poca resistenza civile e quasi nessuna resistenza armata: il che dimostra che la paura di una dittatura comunista era fantasiosa: dove erano infatti le cellule armate comuniste che avrebbero preso il potere?) e poi soprattutto nel 1968 con il vero e proprio golpe militare "duro" e l'inizio di una resistenza civile e militare da parte dell'opposizione al golpe: tentativi di guerriglia urbana e rurale, desaparecidos, torture, prigioni, esili, chiusura dei pochi spazi democratici rimasti, controllo totale dei militari sugli apparati dello Stato e sui mezzi di comunicazione, etc ... È significativo - perché gravido di conseguenze politiche - l'atteggiamento della Chiesa Cattolica che aveva appoggiato apertamente il golpe del '64, assieme ad ampi strati di classe media "spaventati" dal comunismo, ma che cambia posizione - direi in modo relativamente rapido trattandosi della Chiesa cattolica - fino a diventare una delle più forti e efficaci, quando non l'unica, forza di opposizione al regime militare, che della difesa dei valori occidentali e cristiani contro il comunismo ateo aveva fatto una delle sue bandiere. Si tratta ovviamente di una parte della chiesa, però significativamente di un parte che includeva assieme il popolo la gerarchia (il che per esempio non si è verificato con la Chiesa del dissenso italiana ed europea - Diverso fu anche l'atteggiamento della Chiesa cattolica argentina che appoggiò sempre apertamente la dittatura, con poche eccezioni) Con la dittatura militare che dura 20 anni, fino al 1984, abbiamo una brutale restrizione dei diritti individuali e un timido tentativo di ampliare i diritti sociali rispondendo in qualche modo, do forma autoritaria e paternalista, alle esigenze espresse dei lavoratori urbani e rurali: si mantengono i sindacati anche se strettamente vigilati, si creano sindacati rurali e si promuove un certo tipo di "riforma agraria" sulle terre pubbliche e soprattutto incentivando la colonizzazione delle "frontiere" agricole del Nord e del Centro Ovest: Amazzonia in particolare ... E si promuove una politica di potenza con una forte presenza dello Stato nei settori dell'economia considerati chiave ai fini della sicurezza nazionale: trasporti, comunicazioni e tele-comunicazioni, industria pesante, industria bellica e perfino centrali atomiche. È la fase della chiamata modernizzazione conservatrice: il paese si modernizza anche utilizzando abbondanti capitali esteri generosamente offerti dagli organismi pubblici e privati di credito (origine dell'immenso debito pubblico che peserà agli inizi degli anni 80) in quei settori considerati strategici per l'ideologia della sicurezza nazionale (che è l'ideologia dominante che fa da collante al blocco civile-militare al potere) ma senza cambiare l'assetto di potere del blocco dominante che continua a mantenere i suoi privilegi, adesso ancora di più entrando negli apparati dello Stato, approfondendo la politica di "privatizzazione dello Stato", messo a servizio di interessi privati dei gruppi dominanti: basti pensare, per esempio, alle concessioni pubbliche dei mezzi di comunicazione di massa. Il paese cresce, la ricchezza cresce ma non è divisa se non di maniera molto diseguale: il Brasile continua ad essere (fino ad oggi) un paese ricco e diseguale (senza distribuzione di rendita). 3. La transizione dalla dittatura alla democraziaCosa abbiamo alla fine degli anni 70, inizi anni 80? I militari si accorgono che è ora di cedere il potere ai civili, di ristabilire le libertà democratiche e iniziano quella che è stata chiamata la "apertura, lenta, graduale e controllata" che porterà alla legge sull'amnistia del 1978, alla libertà di costituire partiti politici nello stesso anno (o nel 1979), alla prima elezione parzialmente libera dei deputati e senatori del 1981, alla prima elezione di un presidente civile nel 1984 (però di forma indiretta), al Congresso costituente del 1988 (che ha proclamato la Costituzione) e alla prima elezione diretta del presidente della Repubblica nel 1989. Abbiamo una società profondamente cambiata dal punto di vista sociale: basti pensare che nel 1950 75% della popolazione era rurale e nel 2000 75% è urbana: c'è stato un processo di urbanizzazione accelerato e brutale e un processo di migrazione interna spaventoso con milioni di persone che si sono spostate e che continuano a spostarsi all'interno del Brasile dal Sud all'Amazzonia, dal Nordest al Centro Sud, dal Sud e dal Nordest vero il Centro Ovest ... seguendo le nuove frontiere agricole e i grandi poli industriali. Questo fenomeno sta all'origine dei gravi problemi sociali del Brasile di oggi perché provoca una dissoluzione delle strutture tradizionali in modo molto brusco e violento senza che si costruiscano nuovo identità sociali ... Dal punto di visto politico (che è ciò che ci interessa in questa sede) la dittatura provoca fenomeni nuovi, che, dal mio punto di vista, riassumerei così:
4. La situazione attuale: questioni e prospettiveTorniamo allora a guardare la situazione di quel periodo dal punto di vista dei diritti umani: che succede? 1. Per la prima volta nella storia del Brasile il paese vive una esperienza di democrazia politica, cioè di riconoscimento pieno dei diritti individuali, dei diritti civili e politici: la Costituzione "cidadã" del 1988 infatti è un "marco" perché, venendo dopo 40 anni dalla dichiarazione universale e dai vari trattati e convenzioni internazionali incorpora tutti i diritti fondamentali sia individuali che collettivi in un testo fra i più "aggiornati" del costituzionalismo mondiale. Ma non si tratta solo della costituzione formale, anche la costituzione materiale avanza significativamente permettendo una ampia esistenza di libertà democratiche. Si potrebbe obiettare che esistono forti e pesanti condizionamenti alla democrazia brasiliana: l'oligopolio dei mezzi di comunicazione, la mancanza di una politica di sicurezza pubblica minimamente rispettosa dei diritti dei cittadini, l'analfabetismo "politico" diffuso, lo strapotere che ancora esercitano i gruppi economici e politici dominanti su ampie parti del territorio nazionale (dando continuità alla politica di privatizzazione dello Stato), i pesanti condizionamenti al momento del voto (però si passa dal voto di "cabresto" al voto "clientelista"), ecc ... Ma se guardiamo con questo occhio critico alle "forze occulte" o alle "promesse non rispettate" della democrazia come dice Bobbio, non so quali democrazie "si salvano", non certo quella degli Stati Uniti o dell'Italia, solo per fare due esempi. Di fatto però, se si sono fatti enormi passi in avanti quanto alle libertà democratiche anche se è una democrazia recente (basti solo pensare che il suffragio universale con il diritto al voto degli analfabeti è stato introdotto solo nel 1988) i diritti economici e sociali continuano senza un minimo di garanzia per la grande massa della popolazione esclusa (circa 50 milioni di persone secondo alcune stime, cioè quasi un terzo dei brasiliani) che vivono in quelle situazioni di esclusione sociale che tutti conoscono soprattutto nelle immense periferie delle megalopoli o nelle zone rurali più remote ... Il Brasile é cresciuto democraticamente nelle politiche di rispetto dei diritti umani. Esempio:
D'altra parte, sul fronte dei diritti economici e sociali non si sono fatti grande progressi perché la politica di stampo neo-liberale si scontra frontalmente con le solenni dichiarazioni dei diritti umani ed il Brasile continua ad essere uno dei paesi con più alta sperequazione sociale se non la più alta del mondo ... Alcuni indicatori "macro-economici"
A questi fattori dobbiamo aggiungere:
E qui veniamo al governo Lula. Proprio in questi giorni si celebra la vittoria al primo turno delle elezioni (e il primo dei due compleanni di Lula) con un intervento alla conferenza dell'Internazionale socialista che, perla prima volta si riunisce in Brasile. È difficile fare un bilancio di questi primi mesi, possiamo solo accennare ad alcune grande linee di tendenza. Area economica
Area politica
Area sociale
Politica estera
Concludendo: continuità o rottura?Il governo Lula è arrivato al potere come qualcosa di veramente nuovo nella storia politica del Brasile: finalmente un governo che non rappresenta il patto oligarchico e elitista dei gruppi egemonici che da 500 anni si mantengono al potere in Brasile. Le aspettative erano e sono enormi, la forza del valore simbolico della figura personale di Lula la si è vista nel giorno della "posse" del presidente quando Brasilia è stata occupata da una folla festosa che ha rotto tutti i protocolli e quando il paese si è fermato davanti alla televisione e molta gente, soprattutto le generazioni più vecchie che avevano vissuto l'esperienza della dittatura hanno pianto lacrime di gioia e di tristezza insieme e ad ogni modo di catarsi ... Poi il quotidiano ha preso poco a poco il sopravvento e ci si comincia ad abituare ad avere Lula come presidente con tutte le difficoltà e contraddizioni di un governo (anche se la popolarità è rimasta alta e solo adesso comincia a cadere un poco) Il governo non ha scelto una politica di rottura aperta come per esempio quella di Chaves in Venezuela, ma di un cambiamento lento. Le critiche oggi al governo sono più a sinistra che a destra: ad alcuni sembra che il cambiamento sia troppo lento, quasi impercettibile e che Lula rischia di assomigliare sempre più al suo predecessore se continua in questa politica di "buon senso e moderazione" e di compromesso; altri invece dicono che il governo non aveva alternative, in seguito alla "herança maldita" lasciata da 10 anni di politica neo-liberale che ha fatto crescere enormemente il debito interno ed estero e ha lasciato il paese molto vulnerabile ai capitali speculativi esterni; e che i risultati si vedranno a medio termine ... Di fatto, fino ad ora non si è vista una politica economica "qualitativamente diversa" dalla ricetta "neo-liberale" classica, se non in alcuni punti "simbolici" e non strutturali. È importante però notare che il governo dichiara di voler rafforzare lo Stato e non usa il linguaggio neo-liberale dello Stato minimo e dello "shock di capitalismo" di cui il Brasile avrebbe bisogno, come diceva il presidente FHC. Lula ha dichiarato che non è più possibile pensare a un ruolo dello Stato come esisteva alcuni decenni fa, ma allo stesso tempo sta facendo enormi sforzi affinché lo Stato possa mantenere una certa capitá di intervento anche nell'economia per promuover una politica di crescita e di distribuzione di reddito. Certo che il governo ha evitato un collasso tipo Argentino ed è riuscito a mantenere il controllo della situazione economica, politica e (meno) sociale contro tutte le previsioni catastrofiste. La posta in gioco è alta. Come ha detto Lula nel suo discorso di posse: "In questo momento storico il Brasile si sta rincontrando con se stesso". Se effettivamente il Brasile riuscisse dopo secoli a incontrarsi con se stesso, a riconoscere le sue enormi potenzialità e metterle a frutto diventando una potenza democratica e pacifica (i brasiliani si sentono un popolo pacifico e di pace a livello internazionale ...); cioè, se il governo del PT funziona e se il Brasile esce dal circolo vizioso in cui si trova da decenni e inizia un circolo virtuoso di democrazia politica e di sviluppo economico includente e non più escludente come è stato fino ad oggi, gli equilibri geo-politici latino-americani e in parte anche mondiali potranno cambiare sensibilmente nei prossimi anni. E sulla scena politica mondiale non abbiamo a vista grandi alternative politiche: forse anche per questo hanno fatto il congresso dell'Internazionale in Brasile anche se il PT non è affiliato all'organizzazione ... È questo che io (e tutti noi credo) speriamo che si avveri con tutta la nostra passione, tutta la nostra intelligenza e tutto il nostro impegno militante. |
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