2005

Il Brasile dalla dittatura al governo Lula: aspetti interni e internazionali

Giuseppe Tosi

Innanzitutto vorrei fare una precisazione relativa al titolo di questa nostra conferenza, che Danilo ha giustamente chiamato di conversazione.

Tratterò l'argomento, che è ovviamente molto esteso, da un punto di vista più ristretto, cioè dal punto di vista dei diritti umani: cosa è successo ai "diritti umani", come pratica politica, in questi ultimi decenni che vanno dalla dittatura al governo Lula, per poi aprire un dibattito con voi. Tratterò l'argomento non tanto da esperto sociologo o storico, ma da militante per i diritti umani che vive in Brasile da ormai più di vent'anni.

1. Gli antecedenti del golpe militare 1954/68

Se guardiamo alla storia recente del Brasile possiamo affermare che esistevano, prima del golpe militare tre grandi schieramenti ideologici e politici.

Il primo che risale alla tradizione oligarchica e elitista della classe dominante brasiliana (e in grande parte latino-americana) che non ha mai vissuto una rivoluzione borghese e tanto meno una rivoluzione sociale, cioè con una partecipazione della popolazione: l'indipendenza del Brasile, come sappiamo, è stata una successione dinastica fra il re di Portogallo e suo figlio Dom Pedro I (nel momento in cui gli altri stati latinoamericani si trasformavano in repubbliche) e la repubblica è stato un colpo di stato militare. Possiamo quindi parlare di rivoluzione passiva o di rivoluzione "dall'alto" perché il "popolo" è sempre stato assente da questi movimenti, (anche perché, durante il periodo coloniale, la grande maggioranza della popolazione era composta da schiavi e, come sapete, il Brasile è stato l'ultimo paese al mondo ad abolire la schiavitù nel 1888.) Anzi, in modo emblematico e significativo, la parola "rivoluzione" è stata applicata in Brasile (e a volte è ancora usata) per indicare il "movimento del marzo del 64", cioè proprio il golpe militare. In questo blocco oligarchico (pur con divisioni interne) l'accordo si fondava su una restrizione dei diritti civili e politici a un elite oligarchica e sulla inesistenza di diritti economici e sociali per la grande massa della popolazione.

L'alternativa storicamente incontrata per allargare i diritti è stato il populismo che ha trovato la sua espressione più forte e lucida in Brasile con i successivi governi di Getulio Vargas, prima come rivoluzionario (un'altra rivoluzione sui generis nel 1930), poi come dittatore (quanto ha fondato lo "Estado Novo" nel 1936 con un golpe militare) inaugurando un regime vicino al fascismo italiano e poi come presidente eletto a grande maggioranza dal popolo nel 1950, fino alla sua tragica morte nel 1954: suicida nel palazzo del governo. "Lascio la vita per entrare nella storia".

Con Vargas inizia l'allargamento dei diritti sociali con l'inclusione di masse di lavoratori urbani (mentre continua l'esclusione della grandi masse rurali) ma in un contesto di forte restrizione dei diritti civili e politici.

La rottura con il modello oligarchico dominante fino al 1930, che si dà con l'ascesa di Getulio Vargas, è frutto anche di un altro movimento più radicale, cioè il movimento operaio anarco- sindacalista e del partito comunista. La figura emblematica qui è senz'altro Luis Carlos Prestes il leader del partito comunista brasiliano durante decenni.

L'alternativa comunista, però, non ha mai avuto spazi né durante lo Estado Novo né dopo la seconda guerra mondiale: prima perché Vargas gli ha bloccato decisamente la strada anche con metodi brutali di repressione politica e poliziesca e poi perché la guerra fredda ha fatto mettere fuori legge il partito comunista fino al 1978/79 (con un breve periodo di legalità fra il 1945 e 47).

I comunisti rivendicavano i diritti civili e politici contro la dittatura dello Estado Novo, ma in maniera strumentale, come mezzi per arrivare alla presa del potere e instaurare un regime socialista. Nella tradizione marxista, infatti esisteva (e in parte persiste) una forte diffidenza verso i diritti umani considerati diritti borghesi, che non interessano la classe lavoratrice e che sono visti come meri strumenti per la realizzazione dei diritti economici e sociali che sono ciò che interessa.

2. Il golpe militare del 1964/1968

Cosa succede nel 1964? Molto rapidamente. Per una serie di avvenimenti storici in parte fortuiti (come la rinuncia improvvisa del presidente Jânio Quadros nel 1961) e in seguito ad una ascesa dei movimenti sociali in Brasile mai vista prima, si dà un avvicinamento sempre più "pericoloso" (per le classi dominanti) fra il populismo tradizionale - rappresentato dal presidente Joao Goulart per molti versi erede di Vargas -, la sinistra tradizionale comunista (clandestina ma presente nei sindacati) e una nuova sinistra emergente: la sinistra cattolica, che faceva una lettura sempre più radicale e anche "marxista" della dottrina sociale della Chiesa - soprattutto nel mondo studentesco e urbano - e il primo grande movimento rurale: le "ligas camponesas" di Francisco Julião, soprattutto nel Nordest brasiliano.

Il blocco dominante si sente minacciato dal "pericolo comunista" e, in questo è ovviamente insufflato dagli Stati Uniti che continuano, dopo Kennedy, la loro politica anticomunista viscerale in tutto l'America Latina (ricordiamo la paura dell'esempio cubano). Cosa voleva questo nuovo blocco effervescente, che per un breve periodo, dal 1961 al 1964, è rimasto in statu nascenti come direbbe Weber - e a cosa avrebbe portato è ancora oggi oggetto di discussione. I militari e la destra dicono che hanno salvato il paese dal comunismo, che non aveva nessun rispetto dei diritti democratici e che voleva instaurare una dittatura; la sinistra dice invece che probabilmente quello che sarebbe successo era semplicemente un allargamento dei diritti individuali e collettivi con l'inclusione - finalmente e per la prima volta nella storia brasiliana - delle masse operaie e contadine attraverso quello che il presidente Goulart chiamava la "riforme di base": in primis la riforma agraria, ma anche una riforma della scuola, dell'educazione, del lavoro, un rafforzamento dell'industri pubblica, un maggior indipendenza dall'influenza degli Stati Uniti, una politica di non allineamento, etc ...

Insomma, una prima effettiva rottura con il modello oligarchico elitista e dipendente che aveva dominato la storia del Brasile per secoli, operata attraverso una saldatura - difficile e precaria - fra la tradizione populista e la "sinistra" socialista dove ci sarebbe stata, per la prima volta, non una rivoluzione solo dall'alto, ma anche "dal basso" con una presenza significativa della masse urbane e rurali tradizionalmente escluse dal potere.

Di fatto, il golpe militare ha brutalmente fermato questa possibile evoluzione della storia politica brasiliana e di grande parte dell'America Latina, prima, nel 64 in modo poco cruento (di fatto c'è stata poca resistenza civile e quasi nessuna resistenza armata: il che dimostra che la paura di una dittatura comunista era fantasiosa: dove erano infatti le cellule armate comuniste che avrebbero preso il potere?) e poi soprattutto nel 1968 con il vero e proprio golpe militare "duro" e l'inizio di una resistenza civile e militare da parte dell'opposizione al golpe: tentativi di guerriglia urbana e rurale, desaparecidos, torture, prigioni, esili, chiusura dei pochi spazi democratici rimasti, controllo totale dei militari sugli apparati dello Stato e sui mezzi di comunicazione, etc ...

È significativo - perché gravido di conseguenze politiche - l'atteggiamento della Chiesa Cattolica che aveva appoggiato apertamente il golpe del '64, assieme ad ampi strati di classe media "spaventati" dal comunismo, ma che cambia posizione - direi in modo relativamente rapido trattandosi della Chiesa cattolica - fino a diventare una delle più forti e efficaci, quando non l'unica, forza di opposizione al regime militare, che della difesa dei valori occidentali e cristiani contro il comunismo ateo aveva fatto una delle sue bandiere. Si tratta ovviamente di una parte della chiesa, però significativamente di un parte che includeva assieme il popolo la gerarchia (il che per esempio non si è verificato con la Chiesa del dissenso italiana ed europea - Diverso fu anche l'atteggiamento della Chiesa cattolica argentina che appoggiò sempre apertamente la dittatura, con poche eccezioni)

Con la dittatura militare che dura 20 anni, fino al 1984, abbiamo una brutale restrizione dei diritti individuali e un timido tentativo di ampliare i diritti sociali rispondendo in qualche modo, do forma autoritaria e paternalista, alle esigenze espresse dei lavoratori urbani e rurali: si mantengono i sindacati anche se strettamente vigilati, si creano sindacati rurali e si promuove un certo tipo di "riforma agraria" sulle terre pubbliche e soprattutto incentivando la colonizzazione delle "frontiere" agricole del Nord e del Centro Ovest: Amazzonia in particolare ...

E si promuove una politica di potenza con una forte presenza dello Stato nei settori dell'economia considerati chiave ai fini della sicurezza nazionale: trasporti, comunicazioni e tele-comunicazioni, industria pesante, industria bellica e perfino centrali atomiche. È la fase della chiamata modernizzazione conservatrice: il paese si modernizza anche utilizzando abbondanti capitali esteri generosamente offerti dagli organismi pubblici e privati di credito (origine dell'immenso debito pubblico che peserà agli inizi degli anni 80) in quei settori considerati strategici per l'ideologia della sicurezza nazionale (che è l'ideologia dominante che fa da collante al blocco civile-militare al potere) ma senza cambiare l'assetto di potere del blocco dominante che continua a mantenere i suoi privilegi, adesso ancora di più entrando negli apparati dello Stato, approfondendo la politica di "privatizzazione dello Stato", messo a servizio di interessi privati dei gruppi dominanti: basti pensare, per esempio, alle concessioni pubbliche dei mezzi di comunicazione di massa.

Il paese cresce, la ricchezza cresce ma non è divisa se non di maniera molto diseguale: il Brasile continua ad essere (fino ad oggi) un paese ricco e diseguale (senza distribuzione di rendita).

3. La transizione dalla dittatura alla democrazia

Cosa abbiamo alla fine degli anni 70, inizi anni 80? I militari si accorgono che è ora di cedere il potere ai civili, di ristabilire le libertà democratiche e iniziano quella che è stata chiamata la "apertura, lenta, graduale e controllata" che porterà alla legge sull'amnistia del 1978, alla libertà di costituire partiti politici nello stesso anno (o nel 1979), alla prima elezione parzialmente libera dei deputati e senatori del 1981, alla prima elezione di un presidente civile nel 1984 (però di forma indiretta), al Congresso costituente del 1988 (che ha proclamato la Costituzione) e alla prima elezione diretta del presidente della Repubblica nel 1989.

Abbiamo una società profondamente cambiata dal punto di vista sociale: basti pensare che nel 1950 75% della popolazione era rurale e nel 2000 75% è urbana: c'è stato un processo di urbanizzazione accelerato e brutale e un processo di migrazione interna spaventoso con milioni di persone che si sono spostate e che continuano a spostarsi all'interno del Brasile dal Sud all'Amazzonia, dal Nordest al Centro Sud, dal Sud e dal Nordest vero il Centro Ovest ... seguendo le nuove frontiere agricole e i grandi poli industriali. Questo fenomeno sta all'origine dei gravi problemi sociali del Brasile di oggi perché provoca una dissoluzione delle strutture tradizionali in modo molto brusco e violento senza che si costruiscano nuovo identità sociali ...

Dal punto di visto politico (che è ciò che ci interessa in questa sede) la dittatura provoca fenomeni nuovi, che, dal mio punto di vista, riassumerei così:

  • Il blocco dominante riesce a mantenersi al poter con una politica gattopardesca di cambiare tutto per non cambiare niente. I militari si ritirano discretamente di scena senza subire quei processi che hanno subito in altri paesi dell'America Latina; mantenendo una certa influenza nei centri economici di potere, ma allontanandosi sempre più dai centri politici di decisione. E riescono così a controllare la transizione politica senza grossi traumi (sarebbe opportuno discutere sulle similitudini e differenze fra le varie dittature militari latino-americane, soprattutto fra quella brasiliana e argentina). L'elite economica e politica che era cresciuta e si era modernizzata sotto i militari continua a dare le carte riciclandosi come partito "democratico" (per lo meno la parte più opportunista)
  • La transizione avviene quindi senza una brusca soluzione di continuità: ne è prova anche il fatto che il nuovo blocco politico che domina la scena (con eccezione della funesta parentesi del governo Collor - 1989-91) negli anni 80 e negli anni 90 fino alla elezione di Lula, è una alleanza fra l'erede del partito di opposizione ai militari (il PMDB, Partido do Movimento Democratico Brasileiro) e l'erede del partito di governo del periodo militare che si é riciclato e "democratizzato" il PFL (Partido da Frente Liberal), prima col governo Sarney e poi con il governo Fernando Henrique Cardoso, lider del PSDB (Partido da Social Democracia Brasileira) che è una scissione "a sinistra" del PMDB.
  • La tradizione populista perde peso sempre più nonostante i tentativi del governatore di Rio Leonel Brizola (che era anche parente dell'ultimo presidente deposto Joao Gulart), e del suo partito il PDT, di risuscitarlo (questo è un altro punto di differenza con la storia argentina che è, a mio parere, di grande importanza per i destini politici dei due paesi: là la tradizione populista, attraverso il peronismo ha continuato a giocare un ruolo importante impedendo la formazione di un partito più ideologicamente e socialmente definito a sinistra)
  • La sinistra comunista/marxista, da un lato si rafforza ideologicamente - questo è un fenomeno particolare del Brasile e dell'America Latina: il marxismo represso dalla dittatura ha avuto una sopravvivenza nel mondo accademico, dove si è rifugiato e continua ad avere un peso importante in alcuni strati culturali soprattutto di classe media che hanno studiato il marxismo nella loro gioventù quando era "proibito" - ma perde terreno nell'ambito strettamente politico-partitico, perché "nuovi attori politici entrano in scena". Di fatto il Partito comunista brasileiro (PCB) è finalmente legalizzato ma non riesce più a raccogliere consensi a finisce per trasformarsi in un piccolo partito socialdemocratico (PPS), mentre l'altro partito comunista, il Partido comunista do Brasil (PCdoB) - frutto della scissione fra filo-sovietici e filo-cinesi rimane come un piccolo partito di sinistra ...
  • Il momento cruciale è il 1978/79 quando è fondato il PT, Partido dos Trabalhadores, nascita che suscita grande scandalo per Brizola e gli eredi del populismo perché, per la prima volta, un operaio non si accontenta più di votare per il leader, ma vuole essere lui stesso il leader (Lula nell'89 disputa la presidenza con Brizola e arriva al ballottaggio mentre Brizola no! e questo forse Brizola non glielo ha mai perdonato perché quelle era la sua grande chance di essere presidente); ma anche per la sinistra marxista che considera il PT un partito riformista e piccolo borghese, dato che si dichiara un partito non ideologico, che non assume il marxismo-leninismo come sua ideologia ufficiale, oltre al fatto che raccoglie forze eterogenee. Dal mio punto di vista - ovviamente di parte perché da sempre sostenitore del PT - è la grande novità politica del Brasile e forse dell'intera America Latina, perché ha rotto con la tradizione populista e ha aperto il cammino a una forza politica chiaramente di sinistra, ma nuova nella sua composizione sociale e più "moderna" nella sua ideologia, che, di fatto aveva già rotto con il modello sovietico 10 anni prima della fine del muro di Berlino. In esso confluiscono varie correnti tenute insieme da vari fattori, non ultimo la figura di Luis Inácio Lula da Silva (e in questo possiamo anche vedere un resto di caudilhismo, se vogliamo). Le principali mi sembrano tre: quello che restava della tradizione marxista non stalinista, cioè i trotskisti e altri intellettuali e dirigenti di piccoli partiti marxisti che erano allontanati e o che erano sempre stati critici verso l'ortodossia e lo stretto legame con il blocco sovietico (pochi ma importanti qualitativamente per la storia personale e il ponte che fanno con la storia precedente della sinistra), il nuovo sindacalismo dell'ABC di São Paulo che aveva promosso i primi grandi scioperi alla fine degli anni '70 con i nuovi leader popolari, in primis Lula, e i settori di sinistra della Chiesa cattolica, maturati nella lotta contro la dittatura promossa dai movimenti di azione cattolica e dall'esperienza delle Comunità di Base. Questi settori, oltre all'avvallo ideologico di parte della gerarchia che aiuta il PT a superare - in parte - l'accusa di essere comunista, porta al PT intellettuali importanti, settori del mondo della cultura e dell'arte e del mondo accademico e studentesco e permette una rapida e straordinaria presenza capillare del partito sul territorio, soprattutto nelle zone più lontane del paese e nelle zone rurali: il che era fondamentale per un partito che voleva essere nazionale in un paese immenso come il Brasile.

4. La situazione attuale: questioni e prospettive

Torniamo allora a guardare la situazione di quel periodo dal punto di vista dei diritti umani: che succede?

1. Per la prima volta nella storia del Brasile il paese vive una esperienza di democrazia politica, cioè di riconoscimento pieno dei diritti individuali, dei diritti civili e politici: la Costituzione "cidadã" del 1988 infatti è un "marco" perché, venendo dopo 40 anni dalla dichiarazione universale e dai vari trattati e convenzioni internazionali incorpora tutti i diritti fondamentali sia individuali che collettivi in un testo fra i più "aggiornati" del costituzionalismo mondiale. Ma non si tratta solo della costituzione formale, anche la costituzione materiale avanza significativamente permettendo una ampia esistenza di libertà democratiche. Si potrebbe obiettare che esistono forti e pesanti condizionamenti alla democrazia brasiliana: l'oligopolio dei mezzi di comunicazione, la mancanza di una politica di sicurezza pubblica minimamente rispettosa dei diritti dei cittadini, l'analfabetismo "politico" diffuso, lo strapotere che ancora esercitano i gruppi economici e politici dominanti su ampie parti del territorio nazionale (dando continuità alla politica di privatizzazione dello Stato), i pesanti condizionamenti al momento del voto (però si passa dal voto di "cabresto" al voto "clientelista"), ecc ... Ma se guardiamo con questo occhio critico alle "forze occulte" o alle "promesse non rispettate" della democrazia come dice Bobbio, non so quali democrazie "si salvano", non certo quella degli Stati Uniti o dell'Italia, solo per fare due esempi.

Di fatto però, se si sono fatti enormi passi in avanti quanto alle libertà democratiche anche se è una democrazia recente (basti solo pensare che il suffragio universale con il diritto al voto degli analfabeti è stato introdotto solo nel 1988) i diritti economici e sociali continuano senza un minimo di garanzia per la grande massa della popolazione esclusa (circa 50 milioni di persone secondo alcune stime, cioè quasi un terzo dei brasiliani) che vivono in quelle situazioni di esclusione sociale che tutti conoscono soprattutto nelle immense periferie delle megalopoli o nelle zone rurali più remote ...

Il Brasile é cresciuto democraticamente nelle politiche di rispetto dei diritti umani. Esempio:

  1. Ha firmato dal 1991 praticamente tutti i trattati internazionali sui diritti umani
  2. È uno dei pochi paesi che ha prodotto, nel 1996 un Programma nazionale di diritti umani e ha creato una Segreteria nazionale di diritti umani che, nel governo Lula, ode lo status di Ministero
  3. Esiste una società civile organizzata con un immenso numero di ONG di promozione e difesa dei diritti umani nei più ampi e svariati campi
  4. Si sono creati, a partire dalla Costituzione, innumerevoli "Conselhos", consigli di diritti composti pariteticamente da rappresentanti della società civile e degli organi pubblici: (io sempre dico scherzando che il Brasile sta diventando una "Repubblica Federativa Sovietica" di tanti consigli che esistono)

D'altra parte, sul fronte dei diritti economici e sociali non si sono fatti grande progressi perché la politica di stampo neo-liberale si scontra frontalmente con le solenni dichiarazioni dei diritti umani ed il Brasile continua ad essere uno dei paesi con più alta sperequazione sociale se non la più alta del mondo ... Alcuni indicatori "macro-economici"

  1. Il debito estero e interno costituisce un forte condizionamento a qualsiasi progetto di investimenti per progetti sociali o di infrastruttura
  2. Il paese ha bisogno di capitali esteri per cui deve offrire tassi di interesse altissimi per evitare la fuga dei capitali, che sono di tipo speculativo: il tasso di interesse del governo Lula è salito al 27,5% all'anno agli inizi del governo, oggi (novembre) è sceso al 19%
  3. Le privatizzazioni del governo FHC hanno creato degli oligopoli privati nei settori che un tempo i militari consideravano di sicurezza nazionale e il governo ha create delle agenzie che dovrebbero "monitorare" le imprese, ma di fatto non hanno strumenti o non lo vogliono fare ...
  4. La politica neo-liberale ha portato a una continuazione della polarizzazione sociale fra poveri e ricchi senza distribuzione di reddito
  5. La politica di distruzione delle risorse naturali, soprattutto nell'Amazzonia, continua senza che si riesca a porre un freno nonostante tutti ormai parlano di "sviluppo sostenibile", di fatto continua il "desmatamento" indiscriminato ...

A questi fattori dobbiamo aggiungere:

  1. La magistratura che costituisce una "casta" privilegiata e corrotta con le poche eccezioni soprattutto nel Pubblico Ministero ...
  2. La corruzione ampia della "classe" politica dal consigliere comunale ("vereador") della piccola città ai vertici dello Stato con uno spreco delle risorse pubbliche impressionante
  3. L'inefficienza e la corruzione del sistema di sicurezza pubblica nel suo insieme ...
  4. La violenza soprattutto urbana che ha raggiunto livelli assolutamente intollerabili, prossimi di una guerra civile non dichiarata ma che miete più vittime che in certi paesi in stato di guerra aperta e che trova un forte alimento nel traffico di droga che attinge soprattutto i più giovani ...
  5. La mancanza di una effettiva riforma agraria che alcuni analisti, anche di sinistra, considerano non più necessaria dal punto di vista economico, ma che avrebbe una grande funzione dal punto di vista sociale, permettendo a una massa di persone emarginate di incontrare uno sbocco produttivo e una vita degna, diminuendo la pressione sulle grandi città
  6. Il fallimento del sistema di "welfare state" che non è mai stato impiantato effettivamente e che soffre ancora di più con l'ondata neo-liberale: fallimento del sistema pubblico di salute, di educazione e di abitazione soprattutto ...

E qui veniamo al governo Lula. Proprio in questi giorni si celebra la vittoria al primo turno delle elezioni (e il primo dei due compleanni di Lula) con un intervento alla conferenza dell'Internazionale socialista che, perla prima volta si riunisce in Brasile.

È difficile fare un bilancio di questi primi mesi, possiamo solo accennare ad alcune grande linee di tendenza.

Area economica

  1. Stabilità. Il governo ha stabilito delle mete e delle priorità: prima mettere a posto gli indicatori economici per dare stabilità e governabilità e poi iniziare una fase di crescita economica con redistribuzione del reddito. Siamo ancora nella prima fase e ci vorrà ancora del tempo prima che si entri nella seconda fase anche se il peggio, dal punto di vista economico, è passato. Questa politica di alti tassi di interesse per controllare l'inflazione e di un forte attivo del bilancio (più di 4% di superavit) per pagare il debito stanno provocando una recessione e un aumento molto accentuato della disoccupazione (si prevede per il 2003 crescita fra lo 0,4 e lo 0,8%)
  2. Esportazioni. La politica economica favorirà le esportazioni di prodotti agricoli, di prodotti minerali, di prodotti industriali: oggi lo spettro delle esportazioni brasiliane è abbastanza ampia e diversificata e il Brasile dovrà diventar nei prossimi anni il maggior esportatore di "grani" del mondo superando anche gli Stati Uniti
  3. Mercato Interno. Stimolare la crescita del mercato interno attraverso una politica di inclusione delle masse popolari emarginate.

Area politica

  1. Politica di alleanza. Il PT sta facendo una politica di alleanza con i partiti di centro: montando un governo con un profilo di sinistra-centro (dove il PT ha conserva la maggioranza relativa dei posti) che include anche il PMDB (nel prossimo anno) ed esclude il PFL e il PSDB.
  2. Riforme: del sistema pensionistico, del sistema fiscale, riforma agraria, riforma sindacale, riforma politica. Queste sono le 5 riforme che il governo si è impegnato a fare. La prime due sono riforme costituzionali che dovrebbero essere approvate fino alla fine dell'anno. C'è anche una annunciata riforma del sistema giudiziario ...

Area sociale

  1. Programmi di rendita minima. "Fome zero" con l'obiettivo ambizioso di por fine alla fame più acuta e cronica nei prossimi 4 anni con misure emergenziali e strutturali e altri programmi rendita minima tipo bolsa-escola, vale gas già iniziati dal governo anteriore
  2. Conflitti sociali. Si nota una accentuazione dei conflitti sociali: senza terra e funzionari pubblici soprattutto: il paese sta cominciando a percepire che il conflitto sociale anche aspro è benefico e non deve essere represso, ma solamente gestito. Il governo, per ora, si è rifiutato di criminalizzare i movimenti sociali come è sempre stato fatto nella storia del Brasile: esempio dei senza terra
  3. Sicurezza pubblica. Il livello della violenza urbana in Brasile è assolutamente intollerabile, prossimo agli indici di una guerra civile: il governo ha proposto un Piano Nazionale di sicurezza pubblica che coordini le politiche federali e statali in questo settore..
  4. Riforma agraria. Finalmente dopo un anno il governo ha firmato un accordo con i movimenti dei senza terra per un piano di "assentamento" di 400.000 famiglie in 3 anni e di regolarizzazione di 130.000 famiglie già "assentadas". Sembra che, per la prima volta il MST accenni a dare una tregua al governo e sospendere le invasioni.

Politica estera

  1. Privilegiare i rapporti con i paesi del Mercosul e gli altri paesi dell'America Latina per formare un blocco che possa negoziare assieme il progetto degli Stati Uniti di istituire una zona di libero commercio (ALCA). Rafforzare i rapporti con altri paesi "emergenti" tipo Cina, Africa del sud, India ... vedi esempio dell'incontro del WTC/OMC dove la diplomazia brasiliana ha svolto un ruolo importante. Un altro fronte è la critica aperta alla guerra in Iraq, la difesa di una politica multilaterale, la richiesta di rafforzare le Nazioni Unite e di riformarle con l'allargamento del consiglio di sicurezza: al quale il Brasile si candidata come membro permanente. Un punto polemico á la mancanza di critiche al governo cubano durante la recente visita di Lula.
  2. Integrazione latino-americana, dar continuità ai grandi progetti di integrazione latino-americana e di occupazione degli spazi geografici come il progetto Iirsa che comincia a suscitare molte polemiche da parte degli ambientalisti perché prevede la costruzione di grandi opere in zone fino ad oggi relativamente preservate.

Concludendo: continuità o rottura?

Il governo Lula è arrivato al potere come qualcosa di veramente nuovo nella storia politica del Brasile: finalmente un governo che non rappresenta il patto oligarchico e elitista dei gruppi egemonici che da 500 anni si mantengono al potere in Brasile.

Le aspettative erano e sono enormi, la forza del valore simbolico della figura personale di Lula la si è vista nel giorno della "posse" del presidente quando Brasilia è stata occupata da una folla festosa che ha rotto tutti i protocolli e quando il paese si è fermato davanti alla televisione e molta gente, soprattutto le generazioni più vecchie che avevano vissuto l'esperienza della dittatura hanno pianto lacrime di gioia e di tristezza insieme e ad ogni modo di catarsi ...

Poi il quotidiano ha preso poco a poco il sopravvento e ci si comincia ad abituare ad avere Lula come presidente con tutte le difficoltà e contraddizioni di un governo (anche se la popolarità è rimasta alta e solo adesso comincia a cadere un poco)

Il governo non ha scelto una politica di rottura aperta come per esempio quella di Chaves in Venezuela, ma di un cambiamento lento. Le critiche oggi al governo sono più a sinistra che a destra: ad alcuni sembra che il cambiamento sia troppo lento, quasi impercettibile e che Lula rischia di assomigliare sempre più al suo predecessore se continua in questa politica di "buon senso e moderazione" e di compromesso; altri invece dicono che il governo non aveva alternative, in seguito alla "herança maldita" lasciata da 10 anni di politica neo-liberale che ha fatto crescere enormemente il debito interno ed estero e ha lasciato il paese molto vulnerabile ai capitali speculativi esterni; e che i risultati si vedranno a medio termine ...

Di fatto, fino ad ora non si è vista una politica economica "qualitativamente diversa" dalla ricetta "neo-liberale" classica, se non in alcuni punti "simbolici" e non strutturali. È importante però notare che il governo dichiara di voler rafforzare lo Stato e non usa il linguaggio neo-liberale dello Stato minimo e dello "shock di capitalismo" di cui il Brasile avrebbe bisogno, come diceva il presidente FHC. Lula ha dichiarato che non è più possibile pensare a un ruolo dello Stato come esisteva alcuni decenni fa, ma allo stesso tempo sta facendo enormi sforzi affinché lo Stato possa mantenere una certa capitá di intervento anche nell'economia per promuover una politica di crescita e di distribuzione di reddito.

Certo che il governo ha evitato un collasso tipo Argentino ed è riuscito a mantenere il controllo della situazione economica, politica e (meno) sociale contro tutte le previsioni catastrofiste.

La posta in gioco è alta. Come ha detto Lula nel suo discorso di posse: "In questo momento storico il Brasile si sta rincontrando con se stesso". Se effettivamente il Brasile riuscisse dopo secoli a incontrarsi con se stesso, a riconoscere le sue enormi potenzialità e metterle a frutto diventando una potenza democratica e pacifica (i brasiliani si sentono un popolo pacifico e di pace a livello internazionale ...); cioè, se il governo del PT funziona e se il Brasile esce dal circolo vizioso in cui si trova da decenni e inizia un circolo virtuoso di democrazia politica e di sviluppo economico includente e non più escludente come è stato fino ad oggi, gli equilibri geo-politici latino-americani e in parte anche mondiali potranno cambiare sensibilmente nei prossimi anni. E sulla scena politica mondiale non abbiamo a vista grandi alternative politiche: forse anche per questo hanno fatto il congresso dell'Internazionale in Brasile anche se il PT non è affiliato all'organizzazione ...

È questo che io (e tutti noi credo) speriamo che si avveri con tutta la nostra passione, tutta la nostra intelligenza e tutto il nostro impegno militante.