2007

La Critical Race Theory: storia e descrizione di un movimento (*)

Mathias Möschel (**)

La Critical Race Theory (CRT) è un esempio assai significativo di teoria giuridica e politica sviluppatasi, non a caso, in quella cultura universitaria americana nella quale vi è una forte influenza e "contaminazione" da parte delle diverse altre scienze sociali sull'analisi giuridica.

Essa infatti - come del resto anche la più famosa Law and Economics - discende dal ceppo del realismo giuridico americano, e poi grazie alle influenze dei Critical Legal Studies (CLS) e del femminismo radicale americano diventa un movimento autonomo. La nascita della CRT avviene nel 1987 durante la decima conferenza nazionale dei CLS intitolata "Sounds of Silence: Racism and the Law". Alcuni partecipanti, frustrati dall'atteggiamento tendente ad ignorare le voci di persone di colore all'interno del movimento CLS e del mondo accademico in generale, svilupparono una critica interna ai CLS che portò al primo laboratorio indipendente di CRT a Madison, Wisconsin nel luglio del 1989 (1). Ed infatti alcuni dei primi scritti della CRT tendono a distanziarsi dai CLS o per lo meno criticarli in certi punti sebbene si sia d'accordo su altri (2) Da allora la CRT è riuscita a sviluppare un corpo di scritti consistente, volutamente diversificato proprio perché favorisce un approccio teleologico, ossia la messa a nudo della subordinazione razziale nel sistema istituzionale americano, a scapito di una metodologia coerente e tuttavia, allo stesso tempo, potenzialmente delimitante. Ciò spiega anche le tante ramificazioni fruttuose della CRT, dai Lat Crits che si occupano delle problematiche relative alle popolazioni migranti dall'America Latina, ai Gay Crits che analizzano le problematiche giuridiche relative alle minoranze sessuali, fino agli Asian Crits occupati ad identificare le specifiche forme di discriminazioni razziali subite dalle popolazioni asiatiche e la cui analisi è in sostanza partita dalle ingiustizie subite dalle popolazioni di origini giapponesi negli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale ed il collegato "scandaloso" caso Korematsu (3) (nel quale la Corte Suprema in sostanza dichiarò costituzionale l'internamento dei giapponesi durante quel periodo).

Nonostante le varie ramificazioni e la difficoltà di inquadramento metodologico in senso stretto, è possibile identificare diversi filoni comuni ai contributi sino ad ora resi dalla CRT.

Alcuni autori di questa costellazione di pensiero adottano un'ottica «formal-giuridica» descrivendo la razza come una creazione sociale e giuridica, quindi mutevole nel tempo e non certamente come categoria naturale pre-esistente o aprioristica (4). Esempi particolarmente illuminanti per comprendere questa costruzione "artificiale" e giuridica del concetto di razza negli Stati Uniti si trovano anche nella giurisprudenza dei tribunali americani, come ad esempio nel caso Perkins (5) nel quale il sig. Perkins sosteneva di essere stato vittima di discriminazioni razziali al posto di lavoro, da cui avrebbe dovuto essere tutelato grazie al Titolo VII del Civil Rights Act del 1964. La maggior parte della sentenza ruota intorno alla questione se il sig. Perkins effettivamente appartenesse ad una delle categorie protette da questa legge - nel suo caso se fosse realmente indiano - e viene così messo in luce il sistema di classificazioni razziali che vige(va) negli Stati Uniti.

Altri scritti adottano un'ottica piuttosto «psicologico-sociale», analizzando l'effetto che l'identità razziale può avere sul comportamento sociale e la psicologia dell'individuo ed influenzare in modo positivo o negativo la sua posizione nella società. Rientrano tipicamente in questa categoria le pubblicazioni che descrivono come alcuni afro-americani con pelle molto bianca si fanno passare per bianchi (6).

Un terzo approccio si occupa del «privilegio d'identità» il quale in sostanza risiede nel fatto che la discriminazione (razziale) crea una vittima alla quale necessariamente corrisponde sempre un beneficiario. Costui - di solito si tratta dell'uomo bianco, eterosessuale - approfitta semplicemente dal fatto di essere "la norma" senza mai dovere compararsi o misurarsi con lo status di altri (7).

Un quarto filone si dedica all'analisi del «multi-razzialismo», nel senso di riconoscere che minoranze diverse subiscono diversi tipi di discriminazione e pregiudizio. Per esempio gli asiatici vengono visti come inaffidabili ed imperscrutabili mentre i neri come criminali, pigri e poco intelligenti. Come menzionato in precedenza, la visione di discriminazioni diverse tra di loro ha portato allo sviluppo di rami nuovi della pianta della CRT: gli AsianCrits (8); i LatCrits (9); ed infine i GayCrits (10). Il passo da compiere da questo versante verso gli scritti che mettono a fuoco la intersectionality non è lungo: in effetti se ciascun gruppo è vittima di discriminazioni diverse e specifiche, allora la situazione di una persona in cui tipi diversi di discriminazione si sovrappongono - ad esempio in una donna, lesbica, nera - richiede un'analisi diversa e più "intersezionale" (11) di quanto non la proponga il modello liberal-individualistico all'americana sorto proprio negli Stati Uniti ed elaborato e difeso tra gli altri da John Rawls, Ronald Dworkin e Bruce Ackerman (12).

Non per ultimo esiste il filone della narrativa, il c.d. Legal Storytelling, che riflette una metodologia e strategia retorica davvero inconsueti. Più che attraverso le statistiche o l'analisi giuridica, tale approccio permette il passaggio da dati generali o astratti a specifiche esperienze personali, mettendo così a nudo - in modo sovversivo - le strutture egemoniche e gli interessi di coloro che stanno al potere (13). Come esempio per tutte le storie si fa qui riferimento alla storia agghiacciante degli Space Traders (i commercianti alieni) (14). In essa viene raccontato con incredibile cinismo come il governo ed una maggioranza del popolo americano decidono "democraticamente", in cambio della promessa di risorse di energia interminabili, risanamento del debito pubblico ed un ambiente pulito, di "consegnare" la propria popolazione di origini afro-americane a degli alieni i quali li trasportano via in giganteschi velivoli verso un destino incerto. Mediante questa storia, che illustra in modo molto credibile e realistico come le istituzioni americane dalla Corte Suprema fino al Congresso sacrificherebbero senza troppi scrupoli una loro minoranza, e molte altre narrative, la CRT si pone in consapevole contrapposizione allo stile tecnico-giuridico dietro al quale, secondo gli studiosi della CRT, si celerebbe appunto un «razzismo istituzionale», insidioso e nascosto che tuttora sembra radicato nell'esperienza americana (15).

In realtà spesso e volentieri i filoni qui sopra descritti si intersecano ed elementi di uno si ritrovano spesso anche nell'altro. Per chi volesse svolgere ulteriori ricerche in materia esistono varie bibliografie (16) ed alcune antologie del movimento della CRT (17), nonché alcune introduzioni ad esso (18). Ci si accorgerà così dell'estrema ricchezza, vivacità e diversità di pubblicazioni rientranti nell'alveo della CRT: questo contributo non può fare altro che segnalarne la punta dell'iceberg, sufficiente comunque per aggiungere alcune riflessioni importanti al discorso giuridico europeo dinanzi al dilemma di un'Europa a forte tasso d'immigrazione e quindi sempre più multi-culturale.

Prendendo sul serio le sfide poste dalla CRT, si potrebbero per esempio compiere degli studi - anche empirici - onde dimostrare (o rigettare) l'idea che le istituzioni nei singoli stati europei siano razziste nell'applicazione del diritto. Ciò ovviamente comporterebbe una rivoluzione dell'analisi giuridica in senso realista e meno formalista. Altri ambiti di applicazione fruttuosi possono ravvisarsi nel campo della legislazione europea che si avvicina, nella propria ideologia, al modello liberal-individualista che la CRT sottopone a serrata critica (19).

Le stesse analisi e critiche della CRT sul progressivo smantellamento della affermative action a favore delle minoranze negli Stati Uniti trovano sicuramente riscontri interessanti nei nostri sistemi giuridici. È sicuramente significativa, a tal riguardo, l'introduzione recente da parte della famosa Sciences-Po, scuola elitaria di scienze politiche a Parigi, di una via d'accesso speciale per studenti provenienti da c.d. zone educative prioritarie (ZEP) ad alto tasso di immigrazione (20) e la decisione della Corte d'Appello Amministrativa di Parigi (21) - tra l'altro provocata dal ricorso di un gruppo di studenti appartenenti all'associazione studentesca conservatrice Union nationale interuniversitaire - di sospendere tale programma (22).

In conclusione dare una maggiore visibilità alle teorie ed agli scritti del movimento CRT anche al di fuori del contesto statunitense, ci permette indubbiamente di diversificare e rinnovare il discorso sulle persistenze della discriminazione razziale, anche di quella che può essere introiettata dalle stesse istituzioni.


Note

*. Si ringrazia la Prof.ssa Angela Harris della University of California, Berkeley (Boalt Hall School of Law) per i suoi preziosi commenti e suggerimenti ad una versione più ampia di questo contributo in inglese, presentata alla Law and Society Conference a Las Vegas nel giugno del 2005.

**. Università degli Studi Milano (Diritto privato comparato).

1. Per ulteriori dettagli su questa vicenda si veda: Kimberlé Williams Crenshaw, The First Decade: Critical Reflections, or "A Foot in the Closing Door", in Francisco Valdes, Jerome McCristal Culp, Angela Harris (ed. by), Crossroads, Directions, and a New Critical Race Theory, Philadelphia, Temple University Press, 2002, pp. 15-22.

2. Cfr. Mari Matsuda, Looking to the Bottom: Critical Legal Studies and Reparations, in 22Harvard Civil Rights-Civil Liberties Law Review p. 323 (1987), e Anthony E. Cook, Beyond Critical Legal Studies: The Reconstructive Theology of Dr. Martin Luther King, Jr., in 103 Harvard Law Review p. 985 (1990).

3. Korematsu v. United States, 323 U.S. 214 (1944).

4. Appartengono a questa categoria scritti come quello di Ian F. Haney López, White By Law. The Legal Construction of Race, New York, 1996 (trad. it. parziale in Kendall Thomas e Gianfrancesco Zanetti (a cura di), Legge, razza e diritti. La Critical Race Theory negli Stati Uniti, Reggio Emilia, Diabasis, 2005, pp. 71 e ss.).

5. Perkins v. Lake Co., 860 F.Supp. 1262 (N.D. Ohio 1994).

6. Cfr. per tutti Adrien Piper, Passing for White, Passing for Black, in 58 Transition p. 4 (1992), e Charles A. Gallagher, White Reconstruction in the University, in 24 Socialist Review p. 165 (1995).

7. Cfr. Cheryl I. Harris, Whiteness as Property, in 106 Harvard Law Review p. 1709 (1993), (trad. it. parziale in Thomas, Zanetti, Legge, razza e diritti, cit., pp. 85 e ss.).

8. Cfr. ad esempio Neil Gotanda, Critical Legal Studies, Critical Race Theory and Asian American Studies, in 21 Amerasia Journal p. 127 (1995), e Cynthia Kwei Yung Lee, Beyond Black and White: Racializing Asian Americans in a Society Obsessed with O.J., in 6 Hastings Women's Law Journal p. 165 (1995).

9. Cfr. per tutti Juan Perea, Los Olvidados: On the Making of Invisibile People, in 70 New York University Law Review p. 965 (1995).

10. Cfr. ad esempio Francisco Valdes, Sex and Race in Queer Legal Culture: Ruminations on Identities & Inter-connectivities, in 5 Southern California Review of Law and Women's Studies p. 25 (1995), e Darren Lenard Hutchinson, Out Yet Unseen: A Racial Critique of Gay and Lesbian Legal Theory and Political Discorse, in 29 Connecticut Law Review p. 561 (1997).

11. Cfr. Kimberlé Williams Crenshaw, Mapping the Margins: Intersectionality, Identity Politics, and Violence Against Women of Color, in 43 Stanford Law Review p. 1241 (1991).

12. Cfr. C. Taylor, Multiculturalismo. La politica del riconoscimento, trad. it., Milano, Anabasi, 1993, p. 81.

13. Il riferimento agli scritti ed al vocabolario di Antonio Gramsci in questo contesto è duplice: da un lato, i teorici della CRT analizzano il diritto e specificamente il (fallito) movimento dei diritti civili adottando il suo concetto di "egemonia", sostenendo che le riforme giuridiche introdotte sono servite solo per preservare e legittimare l'ordine dominante. Cfr. Kimberlé Williams Crenshaw, Race, Reform and Retrenchment: Transformation and Legitimation in Anti-Discrimination Law, in 101 Harvard Law Review p. 1331 (1988) (trad. it. in Thomas, Zanetti, Legge, razza e diritti, cit., pp. 115-116). Dall'altro lato, viene anche invocato la prospettiva gramsciana dell'"intellettuale organico", intellettuali alla base di un movimento che sarebbero particolarmente capaci di mettere in relazione la teoria con l'esperienza dell'oppressione razziale, dunque sottolineando l'importanza di storie ed esperienze individuali (appunto il Legal Storytelling) provenienti "dal basso". Cfr. Matsuda, Looking to the Bottom, cit., p. 324.

14. Derrick A. Bell, Faces at the Bottom of the Well: The Permanence of Racism, New York, Basic Books, 1992, pp. 158 e ss.

15. Un'ulteriore rassegna su questa metodologia si trova in Symposium, Legal Storytelling, in 87 Michigan Law Review p. 2073 (1989).

16. Thomas, Zanetti, Legge, razza e diritti, cit., pp. 203-210; R. Delgado, J. Stefancic, Critical Race Theory: An Annotated Bibliography, in 79 Virginia Law Review p. 461 (1993).

17. Kimberlé Crenshaw, Neil Gotanda, Gary Peller e Kendall Thomas (ed. da), Critical Race Theory. The Key Writings That Formed the Movement, New York, The New Press, 1995; Valdes (et al.), Crossroads, op.cit.

18. Il più recente è di Cheryl I. Harris, Critical Race Studies: An Introduction, in 49 UCLA Law Review p. 1215 (2002).

19. Si muove in questa direzione la critica alla direttiva sull'uguaglianza razziale (2000/43/CE) in Damian Chalmers, The Mistakes of the Good European?, inSandra Fredman (ed.) Discrimination and Human Rights, Oxford, Oxford University Press, 2001, pp. 221 e ss.

20. Cfr. S. Daley, Elite French College Tackles Affirmative Action, in New York Times, 4 maggio 2001, p. A4.

21. Cour administrative d'appel de Paris, 6 novembre, 2003, in Actualité Juridique - Droit administratif (AJDA) p. 343 (2004), vol. 6; con nota di A. Legrand.

22. Non può sfuggire il parallelo con il caso Bakke deciso dalla Corte Suprema degli Stati Uniti (Regents of University of California v. Bakke, 438 U.S. 265 (1978)) e rappresentante l'inversione di rotta nella giurisprudenza della Corte Suprema che per la prima volta dichiarò l'incostituzionalità dei programmi c.d. di affermative action. In questo caso Alan Bakke, uno studente bianco non ammesso alla University of California, impugnò un programma di ammissione speciale da parte della facoltà di medicina che favoriva certi applicanti di minoranze, per violazione del suo diritto di uguaglianza enunciato dal quattordicesimo emendamento della Costituzione. Per una visione ispirata alla prospettiva della CRT sul caso: Cheryl I. Harris, Whiteness as Property, cit.