2015

Convenzione ONU sui diritti del fanciullo: spunti per una riflessione in occasione della Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia



Pippo Costella

(Direttore di Defence for Children International, Italy)





Il 20 novembre è la giornata mondiale dei diritti dell’infanzia. Il ventiseiesimo anniversario della Convenzione ONU sui diritti che devono essere riconosciuti a ogni persona minorenne senza discriminazioni di alcun tipo, si celebra quest'anno in un particolare clima di conflitto, di paura e di terrore. Mai come in questo momento i principi, le idee, le norme e i motivi proposti nel 1989 a tutela delle più giovani generazioni appaiono distanti dalla realtà contingente.

Per poter celebrare questa ricorrenza risulta fondamentale riconoscere la lontananza tra le importanti enunciazioni che la CRC propone e il modo di incedere di un mondo adulto che sembra rinunciare sistematicamente a comprenderne la natura. Un mondo adulto governato da una logica fondata sull'affermazione del valore economico, sulla concentrazione dei privilegi, sul conflitto violento, sulla prevaricazione del più debole e sull'esclusione.


Utilizzo consapevolmente questi termini "forti" poiché ritengo che un riavvicinamento non solo formale ai valori proposti dalla Convenzione debba realizzarsi attraverso l'affermazione di un'analisi e di un'azione radicale che raramente vengono applicate in relazione all'infanzia e alla promozione della sua condizione. In questa prospettiva, a partire dal semplice ruolo di persona che lavora con e per le più giovani generazioni tentando di tradurre nelle pratiche ciò che la Convenzione propone, utilizzo questa ricorrenza per condividere alcuni spunti. Mi piacerebbe infatti utilizzare questo spazio per qualificare meglio la "radicalità" a cui faccio riferimento, a partire dallo spirito e dalle intenzioni che ritengo siano costitutive nella concezione della Convenzione del 1989.

Il nostro rapporto con l'infanzia continua a concentrarsi sugli effetti ma non sulle cause e i contesti che li determinano. I giornali traboccano di pubblicità umanitaria attraverso la quale le organizzazioni, alla ricerca di fondi per realizzare le proprie attività, propongono bambini senza storia e senza identità a rappresentare esclusivamente il bisogno, la violazione o l'emergenza che esprimono. Nonostante la Convenzione inviti a considerare le cause, la diversità, le responsabilità oggi più che mai l'immagine e la narrazione proposta in relazione ai bambini, anche da chi si professa promotore dei loro diritti, sono determinate dal sensazionalismo e da un'iconografia filantropica che, da un lato, li priva di contesto storico e culturale e, dall'altro, propone un'idea di "salvezza" incentrata essenzialmente sulla quantità di denaro che viene raccolta. Il ribaltamento tra fini e mezzi che avviene in questo processo si distanzia dalla logica del diritto utilizzando i bambini e la loro immagine come strumento "emotivo" per raccogliere risorse economiche e rassicurarci sul fatto di essere, nonostante tutto, una società sensibile e attenta. Naturalmente lo spostamento che questo paradigma propone pone l'enfasi sull'emergenza e non sulla prevenzione del problema.

Quando parliamo di infanzia e adolescenza continuiamo a concentrare la nostra attenzione sulla vulnerabilità dei bambini e non sulle risorse e le capacità di cui i bambini sono portatori. Il riconoscimento, l'ascolto e la partecipazione delle più giovani generazioni sono escluse dal modus operandi del mondo adulto. Continuiamo a essere presunti mediatori di un soggetto e un gruppo sociale che strutturalmente non consideriamo se non in modo retorico e strumentale. I bambini e i ragazzi continuano a subire politiche, strategie e decisioni di una società e modelli di sviluppo che non gli riconoscono facoltà di parola e di influenza. Questa omissione rappresenta bene e proporzionalmente lo spazio e l'attenzione dedicato ai ragazzi nella gestione e nel governo sociale. Se considerate attraverso questa prospettiva, le celebrazioni di questa ricorrenza, possono assumere toni davvero grotteschi agli occhi di coloro che, al di fuori di una rassicurante e conciliante visione, li vogliono osservare.

La nostra considerazione dell'infanzia è legata a prospettive monografiche, emergenziali, spesso tese a costruire categorie invece di cogliere la portata "sistemica" che la Convenzione propone. La continua frammentazione della nostra analisi e della nostra azione, invece di garantire utile specificità, rinforza l'idea di una persona minorenne identificata esclusivamente con il suo bisogno e relegata a un contesto parziale i cui confini sono determinati non dalle complesse necessità del caso ma piuttosto dall'incapacità di cogliere il sistema di relazioni per comprenderlo e affrontarlo. La mancanza di ecologia evidenziata da questo modo non favorisce il rapporto tra le diverse discipline, i diversi mandati e le diverse competenze determinando anche uno spreco enorme di risorse che un sistema più attento potrebbe invece utilmente capitalizzare.

La lettura delle cause e delle responsabilità che determinano la violazione dei diritti dalle quali non possiamo chiamarci fuori, la considerazione dei bambini e dei ragazzi come persone e cittadini che devono essere considerati, ascoltati e compresi a partire dal riconoscimento delle loro risorse, capacità e diversità, l'uscita da visioni monografiche sull'infanzia per poter cogliere le relazioni ecologiche e dinamiche proposte dalla convenzione. Sono solo alcuni elementi centrali che ritengo possano essere considerati per riavvicinarci a una logica fondata sui diritti, aiutandoci a comprendere meglio lo spirito della Convenzione insieme alla rivoluzionaria visione sociale e culturale che strutturalmente propone. Una visione attraverso la quale, il superiore interesse di ogni persona minorenne potrebbe trovare significative corrispondenze con il superiore interesse di ognuno di noi se solo volessimo genuinamente considerarlo.