2005

M. Walzer, Il filo della politica. Democrazia, critica sociale, governo del mondo, a cura di Thomas Casadei, Diabasis, Reggio Emilia 2002, pp. LIII-154, ISBN 88-8103-137-X

Anche nei sei saggi di questa raccolta (scritti fra il 1971 e il 2000 e che costituiscono un'articolata 'visione' politica), accanto a una profonda diffidenza nei confronti di ogni sorta di filosofia speculativa o strettamente normativa, Walzer palesa, come in quasi tutte le sue opere, un'attenzione cospicua al particolare e agli aspetti più prosaici della dimensione politica. Contrapponendo alla sistematicità e alle ambizioni fondative il ragionamento laico e pragmatico, ritenuto uno strumento decisivo per dar voce agli uomini riuniti in società e per interpretare il complesso e ambivalente mondo contemporaneo, l'autore americano punta a mettere sotto scacco le forme assolutistiche di pensiero attraverso il riconoscimento di un ruolo cruciale alla pubblica discussione e alla trattativa, da cui emerge la piena fiducia nelle possibilità della politica.

Nel primo scritto, dal titolo Azione politica: il problema delle mani sporche, Walzer prende in esame le specifiche posizioni di tre autori che hanno cercato di fornire una risposta al travagliato rapporto fra politica e morale: Machiavelli, Weber e Camus. Concentrando la sua attenzione sulla condotta dell'uomo politico, che è spesso chiamato a 'sporcarsi le mani', ossia a compiere azioni non buone in vista di determinati fini, l'a. si mostra particolarmente sensibile al dolore provocato dalla scelta in un dilemma morale, e immagina una figura di politico che possa commettere 'azioni criminose', ma che accetti anche gli oneri morali che ne derivano.

In Filosofia e democrazia, Walzer sviluppa un'argomentazione tesa a distinguere nettamente la verità politica e la verità filosofica. A suo parere, è interdetto agli sforzi umani il rinvenimento di un bene ultimo, sommo o dominante sul quale tutti concordino (egli si rivela, in questo, distante dall'aristotelismo e dai communitarians neoaristotelici più ortodossi). Di conseguenza, se risulta impossibile conseguire la pace eterna e assoluta, allo scopo di tutelare la vita ordinaria e la convivenza è necessario l'accordo politico al quale si giunge mediante il dialogo e la negoziazione: le intese sempre fragili, raggiunte di volta in volta fra tutti i sostenitori di opinioni e valori, coincidono con tante temporanee verità politiche. Il critico americano fa notare come a queste ultime si opponga costituzionalmente la verità filosofica. Ritratto in maniera un po' semplicistica, il filosofo viene accusato di aver in mente una comunità ideale e di propugnare una verità non negoziabile; sennonché, nell'agone politico non gli viene richiesto di dar forma alla società, bensì di accettare il confronto, su un piano di uguaglianza davanti alla legge, come un qualsiasi altro 'elaboratore di opinioni'.

Il modo di procedere del filosofo è assimilato da Walzer a quello tipico dei giudici e dei sostenitori di una nozione esclusivamente procedurale e deliberativa di democrazia. L'autore americano, al contrario, proponendo un genere di democrazia radicale e partecipativo, attribuisce un ruolo primario alla politica, il cui compito consiste nel garantire la possibilità delle relazioni sociali, nelle loro manifestazioni cooperative e conflittuali. Pertanto, egli si dice certo che la politica possa stimolare il dibattito e la capacità deliberativa dei cittadini, ossia dare veramente i suoi frutti, solo nel caso in cui non venga delegato completamente a funzionari, esperti o giudici il compito di decidere.

Nel testo Critica sociale e teoria sociale, Walzer indaga la natura e le proprietà della critica sociale. Attraverso un serrato raffronto con la teoria sociale, che viene sviluppata e dibattuta in un modo prevalentemente razionale, egli evidenzia come la critica sociale possieda un carattere e uno scopo morale/politico, e imponga a chi la esercita di lasciarsi guidare da specifiche passioni. Individuate nel coraggio, nella compassione e nella 'buona vista' le tre virtù che rendono acuta la critica sociale, Walzer le esamina nel dettaglio.

Il quarto saggio, L'idea di società civile. Un sentiero verso la ricostruzione sociale, è dedicato ad approfondire il concetto e le funzioni della società civile, l''ambiente degli ambienti' nel quale i cittadini possono essere liberi e uguali, connessi fra loro e mutuamente responsabili, giacché sono tutti potenzialmente inclusi e nessuno vanta privilegi. La presenza di uomini e donne dinamici e impegnati a diversi livelli fa sorgere un aperto e proficuo contraddittorio intorno ai differenti progetti relativi allo Stato, alla nazione, all'economia e al mercato, concezioni che vengono relativizzate e riunite insieme nell'ambito della società civile al fine di evitare che una di queste dimensioni diventi onnicomprensiva e limiti quindi le possibilità di autodeterminazione e di felicità di ciascuno. Walzer definisce questa sua prospettiva 'associazionismo critico' e sottolinea come in essa efficacemente si promuovano, oltre alla vitalità degli assetti democratici, quell'amicizia sociale e quella cooperazione tra i singoli che costituiscono i migliori antidoti contro i rischi di disintegrazione della vita collettiva.

In 'Tracciare la linea': i confini tra religione e politica, Walzer analizza le tensioni inerenti al rapporto fra religione e politica. A suo giudizio, i movimenti religiosi debbono poter mobilitare qualsiasi passione, purché non pretendano di mettere in discussione la politica stessa. Egli afferma che «è molto importante che le persone, le cui opinioni hanno avuto una formazione religiosa, imparino a politicizzarle. Non hanno bisogno di lasciarsele alle spalle quando entrano nell'agone politico, ma hanno bisogno di rinunciare al loro assolutismo. D'ora in avanti, queste opinioni dovranno essere difese con dimostrazioni ed argomentazioni (piuttosto che, diciamo, con asserzioni sull'autorità divina) e, dal momento che anche le migliori argomentazioni saranno contestate, e non arrecheranno la vittoria totale, i loro sostenitori dovranno venire a patti con chi ha opinioni differenti» (p. 101). Per escludere «una rivoluzione ultima o un regno messianico entro la struttura democratica» (p. 114) e per garantire temporaneità e temporalità, l'a. reputa indispensabile ribadire l'opportunità della separazione fra politica e religione, anche se egli ammette che la linea di demarcazione non può considerarsi mai tracciata in maniera irrevocabile.

Nell'ultimo saggio, intitolato Governare il mondo: qual è la cosa migliore che possiamo fare?, Walzer richiama l'attenzione sul parallelismo esistente fra società civile e società internazionale, ambedue regni della frammentazione, del contrasto e della trattativa, arrivando a teorizzare la costruzione, anche su scala globale, di un pluralismo in grado di salvaguardare i diritti individuali e le differenze culturali e religiose. Egli rifiuta a priori la «speranza di conseguire la pace perpetua, la fine del conflitto e della violenza, ovunque e per sempre» (p. 141), e prospetta l'«organizzazione delle Nazioni Unite con una forza militare propria, capace di interventi umanitari, e con una forte attenzione al mantenimento della pace - ma pur sempre una forza che possa solo essere impiegata con l'approvazione del Consiglio di Sicurezza o di una maggioranza molto ampia della Assemblea Generale» (p. 139). Walzer è poi convinto che occorra affiancare alle Nazioni Unite riformate una Banca Mondiale, un Fondo Monetario Internazionale e una Organizzazione Mondiale del Commercio forti, come pure una Corte Internazionale autonoma. Infine, perché il global pluralism s'instauri saldamente, non devono mancare associazioni civiche operanti sul piano internazionale (partiti politici, movimenti, sindacati dei lavoratori ecc.).

Come si può osservare, l'elogio del pluralismo, l'esercizio del dubbio e l'incitamento alla revisione continua costituiscono i principali elementi che accomunano questi saggi di Walzer; e quattro sono i valori fondamentali che orientano - insieme - le sue proposte politiche: la pace, l'uguaglianza, l'autonomia e la differenza. Tramite l'ausilio della politica, considerata dall'autore americano come qualcosa di permanente e imprescindibile, gli antagonismi e i conflitti trovano una composizione, benché solo momentanea e continuamente rinegoziata: ma è in questa dimensione dell'incertezza e della non definitività che egli scorge il terreno più adatto per far convivere le tensioni proprie del mondo contemporaneo, salvaguardando così le differenze e, al medesimo tempo, oltrepassando i confini del frammento sino a scoprire nuove opportunità di relazione e possibili orizzonti comuni.

Piero Venturelli