2006

A. Touraine, Critique de la modernité, Librairie Arthème Fayard, 1992, trad. it. Critica della modernità, Il Saggiatore, Milano 1993 [19972], pp. 447, ISBN 88-428-0430-4

La questione della modernità, il suo carattere ambivalente, il senso che ha avuto per l'umanità, il suo imprimersi nella cultura occidentale, ha attraversato continuamente la riflessione filosofico-sociologica. In Critica della modernità, con stile sistematico, serenamente disincantato, il sociologo francese Touraine compie una ricostruzione dell'affermazione e del valore della modernità, delle interpretazioni che l'hanno posta in discussione e infine, dialetticamente, delle possibili modalità di riorganizzazione della modernità stessa. Il discorso ruota attorno all'idea di soggetto e alla sua relazione con la ragione.

Lo studio si apre individuando gli aspetti della "modernità trionfante". Innanzitutto la ragione, l'attività razionale: nell'ideologia modernista il piacere corrisponde all'ordine del mondo. Per tale motivo, le prime interpretazioni sociologiche complete della modernità, da Machiavelli a Hobbes e Locke, sono costruzioni di sociologia politica: il potere e i suoi fondamenti sono più rilevanti degli attori e dei movimenti sociali. Il capitalismo, allora, appare la conseguenza della concezione che la modernità sviluppa su filosofia e economia.

Sin dall'inizio, però, la razionalizzazione tipica della modernizzazione è completata e nello stesso tempo combattuta da un'altra forza, la soggettivazione, la cui origine, secondo Touraine, è individuabile nelle dimensioni religiose costituitesi durante il periodo della Riforma. La società, quindi, non diventa individualistica perché razionalistica, secolarizzata e orientata verso la produzione; essa lo è malgrado le costrizioni e la normalizzazione che la produzione e la gestione centralizzata impongono agli individui, lo è grazie all'influsso delle concezioni morali e sociali di origine religiosa. Il pensiero di Cartesio è l'emblema di questa dualità di ragione soggetto. E questa dualità ha ripercussioni fondamentali nel pensiero politico che si biforca in due direzioni. Una è quella che si determina nel pensiero di Machiavelli: l'essenziale è liberare lo stato dai comandamenti della chiesa, affermare la ragion di stato e l'idea di sovranità popolare. A questa filosofia politica del contratto pubblico si contrappone quella del contratto privato di Locke, che conferisce al diritto naturale il senso che gli attribuiranno le dichiarazioni dei diritti.

I due poli della modernità, razionalizzazione e soggettivazione, si separeranno definitivamente solo con la rivoluzione francese e industriale. Nei primi due secoli della modernità, infatti, secondo quanto sostiene Touraine, la società non è stata obbligata a scegliere tra i due orientamenti, forse perché la comune opposizione di entrambe le correnti al passato era più forte del loro conflitto all'interno della modernità. Dopo la rivoluzione francese e industriale, si assiste all'ingresso nello storicismo e nel mondo tecnico. A questo punto il disincanto del mondo è palese e si manifestano quindi dei tentativi di reincanto come quello romantico.

La seconda parte del testo è dedicata all'analisi della crisi della modernità. Nietzsche e Freud sono, per Touraine, i primi ad infrangere l'idea di modernità. Essi, nelle loro teorie, cessano di concepire l'individuo esclusivamente nella sua dimensione sociale (sia essa quella di lavoratore, consumatore o cittadino) enfatizzando invece l'essere individuale con i suoi desideri. Ciò implica una ridefinizione del soggetto. Ma, mentre Nietzsche respinge assolutamente l'idea di soggetto e la soggettivazione indotta dal cristianesimo, Freud non separa la distruzione della coscienza dell'Io dalla ricerca di un altro io, che associ in sé la libido e la legge.

Touraine dedica anche attenzione alla critica globale che, dal XX secolo, gli intellettuali a partire dalla Scuola di Francoforte rivolgono alla modernità. In questa fase, infatti, la disgregazione della modernità, iniziata dal pensiero di Nietzsche e Freud, raggiunge il suo culmine. I teorici francofortesi, da Horkheimer in poi, identificano ragione, tecnicismo e dominio assoluto e ritengono che l'appello alla soggettività conduca necessariamente a sottomettere l'individuo ai padroni della società. Nella loro ottica, l'individuo, lasciato a se stesso, è in completa balia delle forze dominanti. Invero, l'autore, attraverso un'intuizione che è fondamentale in questo testo, respinge l'idea che l'individuo non possa diventare un soggetto creatore del proprio Io, attraverso diverse forme di rapporto con se stesso e con gli altri. I teorici francofortesi hanno interpretato la società in conformità ad un'identificazione tra la logica del consumo e quella del potere. La Scuola di Francoforte, quindi, ha lottato contro l'idea del soggetto, aprendo un filone che ha avuto un largo seguito intellettuale: l'ultimo assalto all'idea del soggetto è venuto da Foucault. Nei suoi studi Foucault ha accordato il posto principale al potere, che spezza l'immagine del soggetto. Touraine, tuttavia, contesta anche l'interpretazione foucaultiana della riduzione della vita sociale a meccanismi di normalizzazione.

Di qui l'idea della necessità del ritorno del soggetto, della necessità per gli intellettuali di fuggire una visione della civiltà tecnica coincidente esclusivamente con il controllo e la repressione, che nega l'esistenza di attori sociali.

Dopo aver valutato la crisi dell'ideologia modernista, Touraine considera due possibili risposte rispetto a questa condizione. La prima, quella dei postmodernisti, s'incentra sull'inevitabile scomposizione della modernità, la seconda ritiene invece che la modernità vada estesa e difesa. Il pensiero postmodernista è incompatibile con le nozioni di storicismo, movimento sociale e soprattutto soggetto, che Touraine cerca invece di riaffermare. Ricostruendo quattro dimensioni fondamentali del postmodernismo (ipermodernismo, antimodernismo, poststoricismo, naturalismo antiumanista), egli ritiene che la rottura del postmodernismo sia inaccettabile. Un attore definito al di fuori di ogni riferimento all'azione razionale, diventa infatti ossessionato dalla propria identità e vede negli altri solo ciò che lo differenzia da lui. E, per Touraine, l'ossessione dell'identità individuale o collettiva è pericolosa quanto il fondamentalismo razionalista.

Nella terza parte del libro, il sociologo francese afferma, dunque, la necessità della centralità della dimensione del soggetto per ridar senso e valore alla modernità. Il soggetto è inteso come controllo esercitato sul vissuto perché abbia un senso personale, perché l'individuo s'inserisca in rapporti sociali senza però identificarsi completamente con alcun gruppo. Il soggetto insomma comprende l'individuo e l'attore. E' importante però capire che per Touraine il movimento di soggettivazione non deve essere considerato il principio di unità di una nuova modernità. Più sottilmente ciò che il sociologo francese sostiene è la necessità di ricostruire la coppia soggetto-ragione. In questo modo la relazione soggetto-ragione consentirebbe di riunificare i frammenti esplosi della modernità (vita, nazione, consumo, impresa) che riprenderebbero la loro rete di rapporti. Tuttavia, questa riaffermazione del rapporto soggetto-ragione presuppone che il soggetto si riaffermi attraverso il rapporto con l'altro. Solo quando l'individuo esce da se stesso e parla all'altro, solo allora diviene libertà, solo allora crea davvero se stesso ed è produttore della società: il soggetto esiste solo come movimento sociale. La nascita del soggetto non ha a che vedere con la difesa dell'Io, della coscienza e dell'intimità. Al centro dell'elaborazione teorica del sociologo francese sta la stretta associazione tra la costruzione del soggetto personale e il movimento sociale. Il soggetto si costruisce, al contempo, mediante la lotta agli apparati e il rispetto per l'altro come soggetto; il movimento sociale è l'azione collettiva di difesa del soggetto contro il potere della merce, dell'impresa e dello stato. In quest'ottica, una società, che è moderna in senso positivo, non è una società che fa tabula rasa del passato e delle credenze, ma quella che trasforma l'antico in moderno senza distruggerlo. Tuttavia, nel mondo contemporaneo, l'appello al soggetto è di difficile ricezione, perché da una parte le società liberali dissolvono il soggetto nelle loro reti di bisogni e relazioni, dall'altra le società comunitarie lo imprigionano entro un blocco di credenze e di poteri.

Alla luce di tutte queste considerazioni, diventa importante, per riaffermare l'idea del soggetto, il riferimento alla democrazia. Tre principi della democrazia sono centrali in tal senso, secondo l'autore: il riconoscimento dei diritti fondamentali, la rappresentatività sociale dei dirigenti e della loro politica, la coscienza di cittadinanza, di appartenenza a una collettività fondata sul diritto. Negli ultimi decenni la democrazia è stata spesso identificata con il liberalismo, con una società liberale. Ma una società liberale oltre che una società d'integrazione è una società di esclusione. Più le società sono aperte ed egualitarie, più accentuano la marginalità. Questa insufficienza del modello liberale, conduce il pensiero contemporaneo verso il ritorno all'universalismo illuministico. Habermas ha cercato di percorrere questa via, superando le possibili aporie. Egli scarta l'idea di ridurre l'attore umano al pensiero scientifico e tecnico, né accetta i particolarismi dell'individuo e della comunità contro le costrizioni del razionalismo. Egli confida nella possibilità che l'universale si manifesti attraverso la comunicazione tra le esperienze particolari di un "mondo vissuto". Tuttavia, quest'idea di mondo vissuto secondo Touraine è poco chiara, poiché da un lato appare come un doppione dell'idea di cultura, dall'altro la sua esistenza smentisce la corrispondenza tra il sistema e l'attore imposta dall'idea di cultura e introduce l'idea di un vissuto contrapposto alle norme sociali. La prospettiva habermasiana diverge dunque da quella di Touraine su un punto centrale. Mentre il filosofo tedesco cerca di ritrovare l'universalismo a partire dalle culture e dalle personalità particolari, il sociologo francese vuole ritrovare la libertà creatrice del soggetto contro il dominio della vita individuale e collettiva da parte degli apparati della logica dei sistemi (denaro, potere, informazione). Per questo vi è complementarietà tra ricostruzione del soggetto nel suo rapporto sia con l'altro e al di là dei ruoli, sia con la democrazia. La democrazia deve fondarsi attraverso soggetti coscienti delle proprie responsabilità e libertà a cui le istituzioni si subordinano.

Si fa strada un altro nucleo teorico rilevante: non è la modernità a produrre la democrazia, ma la capacità di combinare la razionalizzazione e la soggettivazione a definire la modernità. Con disincanto l'autore sostiene la necessità di abbandonare le polemiche tra pensiero liberale e pensiero di sinistra. La democrazia è tale quando è simultaneamente sociale e politica. Essa non si realizza con la semplice affermazione della partecipazione del popolo, ma con la subordinazione delle tecniche e delle istituzioni alla capacità creatrice e trasformatrice di individui e collettività.

In sede di conclusioni, considerando le difficoltà della società contemporanea "programmata", lacerata nel suo rapporto tra sistema e attori sociali, Touraine considera anche il ruolo degli intellettuali, per anni in fuga dalla modernità, e, in particolare, dalla società dei consumi. Sono loro, secondo Touraine, che possono contribuire a ricostruire il legame tra soggetto e ragione infrantosi con l'età delle rivoluzioni politiche e industriali.

E' necessario fuggire l'idea che la razionalità tecnica ed economica distrugga sempre di più la soggettività: la modernità produce il soggetto, che non è né l'individuo né il sé costruito dall'organizzazione sociale, ma è da intendersi come il processo tramite cui un individuo si trasforma in attore, cioè in un agente capace di modificare la propria situazione, anziché riprodurla tramite i suoi comportamenti.

L'io su cui s'insiste, più che quello della sociologia classica, è quello freudiano, alla continua ricerca dell'equilibrio nella morsa tra Es e Super-io.

Negli anni più recenti numerosi sociologi e filosofi, da Bauman a Giddens, da Beck a Sennett e Negri, per citarne solo alcuni, hanno prodotto analisi della modernità fortemente decostruttive di questo fenomeno, ma lo studio di Touraine, presenta una prospettiva che appare maggiormente articolata. O, forse, semplicemente più riconducibile alle visuali della sociologia della conoscenza e della storia delle idee, ossia a quella sociologia che non rimane solo analitica, definitoria, o apocalittica e che è ancora capace di dialogare armonicamente con la filosofia.

Questa sociologia "filosofica" consente di riscoprire la modernità come processo storico ed evolutivo piuttosto che come ideologia. Riproponendo il nesso tra soggetto e ragione si ripresenta la capacità immaginativa della società umana. E' tale capacità la chiave della modernità, più che i suoi numerosi prodotti economici, politici e scientifici. Ed è attraverso il mantenimento di tale capacità che si può evitare che la modernità collassi vorticosamente tramite i suoi stessi prodotti.

Francesco Giacomantonio