2011

R. D'Alessandro, La società smarrita, Angeli, Milano 2010, pp. 174, ISBN 978-88-568-2548-0

Società del rischio, liquida, post-moderna o tardo moderna, dell'incertezza: tali sono le definizioni ricorrenti nella letteratura contemporanea che si occupa delle attuali condizioni socio-politiche. Tutte queste interpretazioni possono essere convogliate nell'idea di una "società smarrita" che Ruggero D'Alessandro cerca di tratteggiare in questo volume, muovendosi attorno ai temi costituiti dalla paura sociale, dalla crisi del lavoro e della politica e dalla difficoltà di relazione con l'Altro, evidenziata nei processi migratori. Riferimenti teorici fondamentali di questo studio sono, allora, le opere e i contributi di quattro importanti sociologi contemporanei: Zygmunt Bauman, Anthony Giddens, Luciano Gallino, Ulrich Beck.

D'Alessandro tratta, in primo luogo, la condizione della cittadinanza contemporanea, tema cui, peraltro, aveva dedicato un altro pregevole studio nel 2006 (Breve storia della cittadinanza, Manifestolibri, Roma). L'autore coglie come la condizione di cittadino sia determinata, ormai continuamente, dalle dimensioni della paura, dell'incertezza, della difficoltà di relazione e della solitudine che ne deriva. Il nodo chiave è la disgregazione del welfare state, che comporta la condizione per cui "al posto dell'opzione politiche statali per ridurre le diseguaglianze, si sceglie l'opzione politiche statali di lotta alla delinquenza, di protezione ai cittadini"(p. 33). Si preferisce, cioè, un rapido (e illusorio) regolamento di conti in cui troviamo componenti classiche delle politiche reazionarie.

Complemento di questa condizione di paura è, a livello economico, la crisi del lavoro: la società attuale sembra determinare condizioni che instaurano una distanza tra capitale e lavoro, "una volta profondamente collegati, funzionalmente dialoganti"(p. 53). Ricordando i contributi di Beck e Gallino, D'Alessandro certifica come la cifra problematica del lavoro tardo moderno sia la forte disuguaglianza che comporta, nonché una stratificazione sociale in cui molti individui sono costretti a vivere in condizioni inaccettabili. E' evidente che siamo in una transizione "dalla società del lavoro alla società del sapere"(p. 79) ed è una transizione che richiede, per essere affrontata, una trasformazione, non una rimozione del welfare: le direttive per questa transizione sono quelle proposte da Giddens che si incentrano sulle categorie di equilibrio, attenzione per l'individuo e prevenzione.

In queste condizioni socio-economiche, come si può pensare la politica nella società globale? Il quesito è sotteso al cuore del volume di D'Alessandro, che osserva che, nella fase storica degli anni 2000, la politica è stata abbandonata dal potere, "ormai migrato verso gli organismi internazionali"(p. 101). Le teorie sociologiche affrontano, in modo diverso le une dalle altre, la questione politica fondamentale del rapporto tra democrazia e tardo capitalismo: "se Beck si concentra sugli aspetti più diversi che comporta la presenza del fenomeno del rischio"(p. 119), se Bauman con il suo scetticismo "ci aiuta a non perdere le speranze in un mondo a misura d'uomo" (ibidem), se Giddens mostra di accettare il reale "affidandosi troppo al politico" (ibidem), Gallino pone il problema del rapporto tra economia e politica come affare ancora "tutto da affrontare e profondamente arduo da risolvere" (ibidem). D'Alessandro, proseguendo il suo dialogo con i quattro studiosi su questi termini, giunge all'idea che in definitiva, l'epoca attuale abbia bisogno, per la sua politica, di un ritorno alla progettualità, all'utopia, alle idee, alla responsabilità. Ma non si tratta di tornare a un'utopia "gratuita, affrettata, o peggio ancora di moda"(p. 137): l'autore ha, invece, in mente l'insegnamento della Scuola di Francoforte, vivido e pregnante.

Non stupisce allora, che D'Alessandro, toccando l'ultimo punto del suo volume, quello delle migrazioni e delle problematiche di confronto culturale che ne derivano, assuma una prospettiva cosmopolitica, parlando appunto delle "vie della cosmopolitica"(p, 151), tracciate nella teoria sociale contemporanea e, in particolare, in Beck.

Assai utile per avere un compendio della più accreditata letteratura sociologica sui più pressanti problemi dell'età della globalizzazione, il testo di D'Alessandro, si configura anche come uno strumento per confrontare e distinguere ipotesi e prospettive al riguardo. In fondo, se la società è smarrita, riuscire a riprendere le fila dei pensieri con cui la osserviamo, può essere un modo per provare a ritrovarne l'essenza.

Francesco Giacomantonio