2008

T. Shogimen, Ockham and Political Discourse in the Late Middle Ages, Cambridge University Press, Cambridge 2007, p. 301, ISBN 978-0-521-84581-6

Ockham è sicuramente un autore chiave nella formazione del pensiero politico moderno. Tuttavia, ci sono diversi fattori che ostacolano il pieno apprezzamento della sua posizione nella storia del pensiero politico. Il principale consiste probabilmente nell'assenza di un'edizione completa delle sue opere politiche. Mentre l'opera teologica e filosofica del Venerabilis Inceptor è leggibile nei 17 volumi curati da Philoteus Boehner, Gedeon Gàl e dagli altri studiosi del Franciscan Institute di St Bonaventure, l'edizione delle opere politiche, avviata negli anni sessanta a cura di Hilary Seton Offler è ferma al quarto volume, e non include l'opera maggiore di Ockham, il monumentale Dialogus in tre parti (il cui testo e traduzione in progress, a opera di John Kilcullen, John Scott e George Knysh, è però fortunatamente consultabile sul sito della British Academy). Rispetto a una trentina di anni fa, tuttavia, molte cose sono cambiate in meglio e molte risorse in più sono disponibili allo studioso (la principale è proprio il testo on line del Dialogus, con tutte le agevolazioni, indispensabili nell'affrontare un'opera così vasta, che l'informatizzazione comporta). Questi cambiamenti giustificano da soli la pubblicazione di una nuova monografia sul pensiero politico del maestro francescano.

Il lavoro di Shogimen riflette le tendenze moderate, prevalenti nella letteratura sul pensiero politico di Ockham dalla fine degli anni sessanta. In particolare, Shogimen si pone in continuità rispetto alle interpretazioni di Arthur McGrade e di Brian Tierney (McGrade 1974, Tierney 1997), da cui emerge un Ockham molto più legato al contesto medievale rispetto alle letture più antiche (tra le quali è emblematica quella di Villey 1975). Diversamente da McGrade, però, Shogimen non tenta una presentazione complessiva del profilo di Ockham come pensatore politico; propone piuttosto una sorta di itinerario all'interno degli scritti politici del Venerabilis Inceptor, che tocca varie tematiche senza esaurirne i contenuti.

In questa ottica, dopo un capitolo introduttivo in cui viene tratteggiata la storia della ricezione novecentesca dell'Ockham politico, il primo capitolo è dedicato alla prima grande opera del secondo periodo della produzione ockhamiana, l'Opus nonaginta dierum. Shogimen definisce con attenzione il contesto della cosiddetta "disputa sulla povertà", la questione se l'Ordine francescano possa esibire il proprio voto di povertà come continuazione della povertà degli apostoli, che oppone i francescani a Giovanni XXII, nel quale il lavoro viene prodotto. Ma la ricognizione dei precedenti storici è finalizzata a supportare la tesi interpretativa che Ockham non intenda unicamente difendere il proprio ordine, bensì abbia già di mira il problema dell'eresia papale. A questo proposito è significativo, sostiene Shogimen, che il maestro inglese definisca la propria identità come teologo, prendendo posizione contro i canonisti e contro l'eccessiva "giuridicizzazione" del problema della povertà evangelica.

Questa impostazione consente a Shogimen di passare agevolmente alla materia che occupa i due capitoli seguenti: la trattazione dell'eresia e in particolare dell'eresia papale, che viene sviluppata nella prima parte del Dialogus. Rispetto al problema della definizione dell'eresia il contributo più originale di Ockham risiede secondo Shogimen nell'aver spostato l'enfasi del discorso dall'idea gerarchica, prevalente nella letteratura canonistica, secondo la quale l'eresia è accertata dottrinalmente dalle autorità ecclesiastiche, all'idea che l'eresia va identificata in rapporto alle verità contenute nelle fonti - scritte od orali - della fede cristiana e il suo accertamento è compito dei teologi. L'eretico, poi, è colui che pertinacemente, nonostante la correzione, aderisce a dottrine difformi dalla verità cattolica. Un caso particolare è costituito dal papa che si macchi di eresia. Ockham tratta questo caso sullo sfondo di una concezione generale della comunità cristiana in accordo alla quale ogni credente è investito del dovere di preservare la fede, correggendo, se è il caso, coloro che gli sono vicini dagli eventuali errori in cui siano incorsi e difendendo i fratelli che dissentano giustamente dai pronunciamenti delle autorità ecclesiastiche. Per questo motivo anche il vicario di Cristo, la suprema autorità della Chiesa cattolica, non può evadere il giusto processo di correzione quando cada in eresia: al contrario, la possibilità che anche l'errore di un papa venga corretto è fondamentale per riaffermare il bene comune della conservazione della fede ortodossa.

I due capitoli successivi analizzano la teoria ockhamiana del dominio papale. Shogimen, attingendo soprattutto al primo trattato della terza parte del Dialogus, si sofferma a esaminare la dottrina della potestas absoluta papale che viene delineata dal Venerabilis Inceptor. Nel contesto di una discussione accurata delle opinioni del tempo in materia, Shogimen analizza gli argomenti biblici e di matrice aristotelica addotti da Ockham in favore del governo monocratico del papa, sottolineando in particolare il richiamo al principio di efficienza - vale a dire: il governo monarchico del papa è giustificato nella misura in cui presenta la maniera più efficiente di fare fronte alle necessità della Chiesa e di provvedere al bene comune dei fedeli. Questa linea argomentativa è coerente con la ricostruzione, offerta nei libri terzo e quarto del primo trattato della terza parte del Dialogus, del problema del primato di Pietro. Relativamente a questo punto, Shogimen sostiene che Ockham propose una tesi intermedia fra il conciliarismo di Marsilio e il papalismo dei teologi della curia avignonese: l'investitura di Pietro a capo della nascente Chiesa cattolica è un fatto storico, accertabile da qualsiasi individuo per mezzo della ragione naturale a partire dal resoconto che ne viene dato nei vangeli; tuttavia, ciò non implica la necessità del governo monocratico della Chiesa che si impone piuttosto, come si è detto, per ragioni di efficienza.

Nell'ultimo capitolo, infine, Shogimen propone la sua interpretazione della figura di Ockham come pensatore politico. Ockham non può essere caratterizzato come un liberale ante litteram (come sembra ritenere Kilcullen 1999), perché nella sua produzione i doveri rivestono un ruolo più fondamentale dei diritti. Per tale motivo, sembra più opportuno qualificare la riflessione politica del Maestro inglese come [proto]repubblicana. Al centro della "teoria politica" ockhamiana risiede un persistente interesse per la protezione della libertà individuale dalle costrizioni arbitrarie imposte dal potere ecclesiastico (questa è anche la ragione per cui, secondo Shogimen, la trattazione del potere secolare è subordinata rispetto a quella del potere papale). Ma la salvaguardia dei diritti individuali è sempre finalizzata a porre il soggetto politico in condizione di operare in vista della difesa della comunità cristiana. Per questo motivo, Shogimen ritiene appropriato parlare di "repubblicanesimo" di Ockham, intendendo sottolineare con questo slogan che il filosofo inglese pone al cuore della sua opera il tema della libertà dal dominio esterno e l'esercizio responsabile della capacità di agire al di fuori del controllo del potere (da notare che Shogimen non assume come termine di raffronto gli autori repubblicani della tradizione moderna, come Machiavelli, relativamente vicini nel tempo a Ockham, ma un repubblicano contemporaneo come Pettit, quindi è portato a enfatizzare la concezione repubblicana della libertà come non-dominio rispetto al valore dell'autogoverno - cfr. Pettit 1997).

Nel complesso, Ockham and Political Discourse in the Late Middle Ages è sicuramente un testo molto accurato, che riflette una metodologia di indagine scrupolosa e puntuale. L'aspetto più discutibile risiede probabilmente nella proposta interpretativa conclusiva, che accosta la riflessione ockhamiana alla teoria repubblicana contemporanea. Mi sembra, infatti, che per evidenziare la modernità del pensiero politico del Venerabilis Inceptor non sia necessario ricorrere a questo genere di confronti. Oltretutto, può nascere il sospetto che la volontà di avvicinare il profilo di Ockham a quello del pensatore repubblicano idealtipico porti Shogimen a dare maggiore risalto agli aspetti progressisti della riflessione politica ockhamiana - per esempio, la tematica dell'autonomia cognitiva - a scapito di quelli più propriamente medievali - come per esempio l'idea secondo la quale il primo dovere nell'assolvimento del quale il principe persegue il bene comune consista nella punizione dei delinquenti e nel mantenimento della sicurezza. Piuttosto che indulgere in questo genere di raffronti, sembra decisamente più opportuno analizzare il pensiero politico di Ockham, senza ricorrere a definizioni preconfezionate, in rapporto al quadro complessivo delle conoscenze e delle assunzioni del suo tempo.

Leonardo Marchettoni

Riferimenti bibliografici

  • J. Kilcullen, The Political Writings, in P.V. Spade (a cura di), The Cambridge Companion to Ockham, Cambridge University Press, Cambridge, 1999, pp. 302-325.
  • A.S. McGrade, The Political Thought of William of Ockham: Personal and Institutional Principles, Cambridge University Press, Cambridge, 1974.
  • William of Ockham, Dialogus, edizione critica in progress, a cura di John Kilcullen, George Knysh, Volker Leppin e John Scott.
  • Ph. Pettit, Republicanism: A Theory of Freedom and Government, Oxford University Press, Oxford, 1997, trad. it. Repubblicanesimo. Una teoria della libertà e del governo, Feltrinelli, Milano, 2000.
  • B. Tierney, The Idea of Natural Rights: Studies on Natural Rights, Natural Law and Church Law 1150-1625, Scholars Press, Atlanta, 1997, trad. it. L'idea dei diritti naturali. Diritti naturali, legge naturale e diritto canonico 1150-1625, il Mulino, Bologna, 2002, recensione di Tommaso Greco.
  • M. Villey, La formation de la pensée juridique moderne, Montchretien, Paris, 1975, trad. it. La formazione del pensiero giuridico moderno, Jaca Book, Milano, 1986.