2005

O. Roy, L'Islam mondialisé, Seuil, Paris 2002, trad. it. Global Muslim. Le radici occidentali del nuovo Islam, Feltrinelli, Milano 2003, pp. 180, ISBN 88-07-17082-5

Global Muslim non è un libro sull'Islam, o meglio, non è tanto un libro sull'Islam, quanto un libro sulla globalizzazione. Olivier Roy con la sua analisi sociologica accurata dell'Islam contemporaneo riesce a far dimenticare già dalle prime pagine del libro l'obsoleto dibattito sviluppatosi in Occidente negli ultimi anni intorno alla frattura con l'Islam. Con grande rigore sociologico e grande capacità comunicativa Roy illustra le radici occidentali del nuovo Islam globale, frutto dei processi di individualizzazione e di deterritorializzazione che la modernizzazione delle società mussulmane e i processi di emigrazione hanno scatenato sia in Medio Oriente sia in Asia. La globalizzazione ha infatti investito il mondo mussulmano favorendo l'emergere di un nuovo Islam globale poco ancorato alla tradizione e privo di riferimenti nazionali. Esso tende ad assumere due principali aspetti: quello di una "umma" universale, fondata sui principi di tolleranza e rispetto reciproco fra le culture e fra credenti e non credenti, e quello - più noto al pubblico occidentale - del neofondamentalismo.

Fra questa "globalizzazione islamica" e la globalizzazione cosiddetta occidentale vi è per Roy un nesso inscindibile. In particolare, la tesi interessante di Roy è che il neofondamentalismo abbia potuto diffondersi proprio grazie alla globalizzazione, sia perché ne ha utilizzato le reti comunicative, sia perché ne ha mutuato i linguaggi. La "diaspora islamica" consente infatti di fondare un nuovo Islam universale sradicato dalla tradizione e 'riformatore' rispetto alle scuole religiose e alle istituzioni tradizionali. Il neofondamentalismo, rifiutando il concetto stesso di cultura a favore di una visione esclusivamente religiosa della società e dell'individuo basata su un codice comportamentale semplice, è un agente di sradicamento. Esso fa paradossalmente parte di una dinamica di individualizzazione e di globalizzazione e contribuisce, suo malgrado, ad adeguare l'Islam a un modello moderno di liberalismo.

L'Islam globale che si diffonde attraverso le reti mondiali di comunicazione assume dunque temi e forme comunicative speculari o analoghi a quelli occidentali. Esso tende ad offuscare la cultura e la tradizione delle diverse società mussulmane, sovrapponendo a queste un'immagine virtuale e stereotipata dell'Islam. I due processi di globalizzazione - islamico e occidentale - si specchiano l'uno nell'altro, producendo lo stesso effetto egemonico e omologante. Di fronte ad un simile scenario Roy non invoca tuttavia la risposta culturalista: l'Islam è ormai "passato ad Occidente" e il ripristino degli antichi confini fra le culture appare come un ripiegamento velleitario. Siamo in una fase nuova nella quale tutte le vecchie categorie si rivelano inadeguate.

Roy non si spinge oltre nell'individuazione di una via d'uscita all'attuale scontro fra i due globalismi egemonici simmetrici (quello occidentale e quello neofondamentalista islamico); potremmo suggerire che il primo antidoto risiede forse nella costruzione di un pensiero critico nei confronti della globalizzazione che, mobilitando soggettività e culture differenti, elabori nuove categorie concettuali e nuovi orizzonti teorici, mettendo fine al dibattito etnocentrico sviluppatosi in questi anni e contrastando il fascino che il nuovo radicalismo islamico esercita su alcuni gruppi minoritari, spesso radicati in Europa, che soffrono della impossibilità di esprimere la propria identità e si sentono portatori di una civiltà sconfitta che può solo scegliere la violenza per fare sentire le proprie ragioni.

Lucia Re