2005

S. Palidda, Polizia postmoderna. Etnografia del nuovo controllo sociale, Feltrinelli, Milano 2000, pp. 248, ISBN 88-07-46026-2

Il libro di Salvatore Palidda, Polizia postmoderna. Etnografia del nuovo controllo sociale, Feltrinelli, Milano 2000, colma una lacuna ormai pluridecennale per quanto riguarda gli studi sulla polizia in Italia. L'autore inserisce la parabola della polizia all'interno della storia degli stati moderni. E' Michel Foucault, in Sorvegliare e punire, a delineare il campo e le regole di intervento, l'epistemologia e la pratica, la scienza e il ruolo sociale della polizia: dalla valutazione dell'integrità morale dei cittadini, alla protezione della proprietà privata, dall'integrità degli edifici pubblici alla regolarità del commercio, dal funzionamento delle fabbriche al controllo dei poveri, mendicanti e dei vagabondi. Sulle orme di Foucault, Palidda sottolinea come il gesto insieme teorico e sociale della polizia serva ad una società per designare un individuo come indesiderabile o straniero alla comunità in cui si trova a vivere. Si tratta di un gesto sovrano, nel quale la comunità si rispecchia e trova fondamento, traendo la ragione stessa dell'esistenza dello Stato: il monopolio degli strumenti della repressione e della prevenzione dei crimini. In epoche più recenti, terminata la lunga stagione liberale e garantista che aveva improntato la vita sociale al rispetto di alcune garanzie costituzionali, come la libertà personale o la protezione della proprietà privata, la polizia tende a svolgere un altro ruolo. Secondo Palidda, una volta entrata in crisi l'aspirazione a una protezione sociale e sanitaria universale inscritta nello sviluppo del Welfare State nazionale, i paesi ricchi e dominanti si concentrano sulla protezione dei livelli di sicurezza e di ricchezza raggiunti nel frattempo. E' avvenuto un mutamento di paradigma che Palidda fa risalire al Fiscal Year del 1979 dell'allora segretario di Stato americano Weinberger, il quale preannunciava che la nuova concezione della sicurezza avrebbe previsto azioni di polizia dentro e fuori il territorio nazionale, interventi militari nella lotta alla droga, alla criminalità, al terrorismo, alle catastrofi naturali, insomma alle minacce di ogni tipo. La funzione della polizia veniva così ad essere proiettata su scala globale: non più solo controllo del territorio, ma protezione del modello di vita degli stati dominanti attraverso la militarizzazione delle banlieues metropolitane, i pattugliamenti e le operazioni di prevenzione dell'immigrazione clandestina a cavallo dei confini nazionali ed internazionali, l'uso delle armi e di altri dispositivi militari, sino ad arrivare alle operazioni di polizia internazionale come la "guerra umanitaria" in Kosovo nel 1999. La polizia postmoderna riempie questo vastissimo campo epistemologico, politico e giuridico. Palidda contestualizza questo passaggio epocale all'interno dei processi di deindustrializzazione dei grandi centri produttivi mondiali come Detroit, Liverpool, il Nord della Francia, come Milano o Torino, iniziati durante gli anni '80, segnalando come il ruolo della polizia cambi di pari passo all'erosione dei margini di sicurezza sociale garantiti un tempo dal vecchio modello di convivenza. Non diversamente da Luhmann (Potere e complessità sociale, Sistemi sociali), o da Beck (La società del rischio), Palidda dimostra con ricchezza di argomenti e di documentazioni etnografiche come ad essere venuto meno sia stato il "centro ontologico di riferimento", il criterio stesso di equilibrio nel conflitto sociale: la capacità di gestire i rischi e di garantire il principio liberale per eccellenza: la pace e la sicurezza sociale da parte dello Stato. Le forze della polizia (in particolare quella italiana analizzata attraverso un'imponente ricerca di fonti primarie e secondarie), come anche la gran parte dell'amministrazione della giustizia, si trovano sempre più implicate in questo processo descritto come un antagonismo tra la società locale e l'ordine nazionale o sopranazionale. A seguito di recenti riforme adottate dal Governo D'Alema, l'ordine sociale tende ad essere inserito all'interno della società locale, coerentemente con la logica sussidiaria che si sta imponendo in Italia. La ridefinizione dei criteri di ordine pubblico e sociale non dipende esclusivamente dalle dinamiche costruite localmente, dagli enti locali ai rappresentanti locali dell'ordine pubblico (prefetti e questori), ma anche dalla creazione di quel sentimento di insicurezza che ha dato vita negli ultimi anni alla politica della "tolleranza zero". Nella società del rischio, della diffidenza, dell'incertezza, la paura della delinquenza diventa la ragione stessa delle nuove politiche dell'ordine pubblico, "fatto sociale totale" suggerisce Palidda richiamando una definizione di Marcel Mauss. In tutte le società dominanti, infatti, la risposta sicuritaria all'incertezza ontologica delle società sottoposte alla deindustrializzazione, alla crisi fiscale dello stato sociale, alle politiche finanziarie neo-liberiste genera altra insicurezza, sino al punto da escludere qualsiasi prospettiva di reintegrazione sociale. Il nuovo ruolo della polizia sarebbe quindi funzionale, a parere di Palidda, al modello di sviluppo delle società dominanti che non prevedono più l'allargamento dei ranghi delle forze produttive, vale a dire escludono la possibilità stessa di una politica sociale. L'ultimo capitolo del libro è dedicato alle migrazioni, l'oggetto sul quale si esercita di preferenza l'ordine liberista, il suo progetto di segmentare lo spazio geografico, selezionare la mobilità internazionale delle persone, limitarla alla forza lavoro, a gestire l'immigrazione intesa come "pericolo interno" assecondando la massima discrezionalità, arbitrarietà e discriminazione da parte degli organi di polizia. L'immagine che Palidda tratteggia delle società postmoderne è quella del mancato rispetto delle norme universalistiche a difesa dei diritti fondamentali, l'adozione di politiche repressive ed autoritarie, come nel caso dei centri di detenzione amministrativa per immigrati espulsi e in quello del trattamento sanitario obbligatorio per i tossicodipendenti. Insomma il nuovo bando sociale è sia interno che esterno allo Stato-nazione, vale sia per i marginali nazionali che per quelli extra-comunitari, moltiplica le occasioni per la produzione di devianza e quindi di sistemi di sicurezza e di pratiche di controllo sociali sempre più molecolari ed intrusive. Il passaggio storico al centro di questo volume è dunque assai complesso e stratificato: nelle democrazia del capitalismo post-fordista sembra di assistere al ritorno di un atteggiamento tipico del periodo coloniale, con l'aggravante che oggi non esistono governi che si richiamano a ideologie razziste o neo-colonialiste. Da questa contraddizione non sono esenti nemmeno le democrazie che si sono richiamate nel recente passato alla "terza via" o all'umanitarismo armato. La polizia, i suoi apparati, i suoi saperi, occupano un posto centrale in questa contraddizione, lo spazio stesso nel quale nascono la libertà e l'uguaglianza.

Roberto Ciccarelli