2010

P. Nanz, Europolis. Constitutional Patriotism beyond the Nation State, Manchester University Press, Manchester - New York 2006, trad. it. Europolis. Un'idea controcorrente di integrazione politica, Feltrinelli, Milano 2009, ISBN 978-88-07-10444-2

"Un'idea controcorrente di integrazione politica": non vi sarebbe forse espressione più idonea a palesare l'intenzione che risiede dietro la brillante analisi condotta da Patrizia Nanz nel volume che qui si recensisce nella traduzione di Marta C. Sircana.

Il problema che l'autrice del libro prende in considerazione e a fronte del quale, nel rifiuto di ogni atteggiamento di rinuncia e di sterile presa d'atto, intende elaborare la sua prospettiva teorica di soluzione, è quello della rilevata mancanza di una effettiva legittimità democratica dell'Unione europea e delle sue istanze.

La riflessione della Nanz prende avvio dalla osservazione, svolta nella introduzione al volume, secondo la quale nel quadro attuale dell'Unione europea l'affermazione dei principi della efficacia diretta e della supremazia della legislazione comunitaria su quella nazionale non è che la prova più tangibile del fatto che l'autorità del singolo stato-nazione sia in effetti insidiata dai processi dell'integrazione europea. Nella Parte I del volume l'autrice esamina le due principali teorie democratiche sull'integrazione europea, con particolare riferimento al ruolo da ciascuna di esse assegnato alla sfera pubblica europea. Il richiamo è, da una parte, all'approccio dei fautori del liberismo economico (secondo cui in un sistema che promuove primariamente l'efficienza economica non vi è alcuno spazio, neppure concettuale, per la nozione di sfera pubblica), dall'altra, a quello dei socialdemocratici ("i teorici del demos" - come li definisce l'autrice - i quali, invece, nel segno della priorità della politica sul mercato, della prevalenza dell'interesse pubblico su quello individuale, di quella sfera pubblica riconoscono comunque la necessità).

Nei capitoli nei quali si articola la Parte II l'autrice prende le distanze dai due contrapposti modi di concepire l'integrazione politica europea e sviluppa il nucleo del suo progetto, per rivolgersi infine, nella terza e conclusiva parte, a rintracciare prove empiriche di quanto ipotizzato a livello teorico.

"Come possiamo concepire la democrazia - intesa come autogoverno politico - in condizioni di denazionalizzazione e di eterogeneità socioculturale [...]?" (p. 72): questo è l'interrogativo, posto dal multiculturalismo delle società contemporanee, al quale l'autrice tenta di fornire una sua personale risposta.

A prendere corpo, nella esposizione della Nanz, è una prospettiva alternativa ai modelli convenzionali. L'autrice prende atto della necessità di enunciare l'idea di una politica deliberativa legittimante "che da un lato è indipendente da qualunque ethos politico precostituito delle comunità nazionali, e d'altro canto è abbastanza forte da potersi contrapporre alle concezioni del costituzionalismo europeo fondate sul mercato" (p. 45). Preso atto di ciò, si volge quindi ad elaborare la sua personale visione dialogica della sfera pubblica, ravvisandone la base in un approccio discorsivo che accentui, anziché annullare, la pluralità delle identità socioculturali non condivise e che favorisca, attraverso un continuo processo dialogico e la mutua assunzione di prospettiva, la creazione di una identità collettiva transnazionale. È una concezione della sfera pubblica che "anziché voler arginare o limitare il pluralismo - così precisa l'autrice - valorizza attivamente l'esplorazione, nella vita quotidiana, della differenza tra estranei con diversi background eticoculturali" (p. 63).

Di rilevante interesse e di grande impatto appare poi il richiamo che l'autrice opera, al fine di chiarire la portata della sua prospettiva teorica, a tesi mutuate dalla filosofia del linguaggio, in particolare a quelle, connesse alla nozione di traduzione, di autori come D. Davidson, H. Putnam e M. Bachtin: essa propone di attingervi come a modelli di formazione della volontà politica nella convinzione che "accettare norme di traduzione o altre richieste sul significato è, per un importante aspetto, qualcosa di analogo alla mutua ratifica di un accordo o alla stesura di una costituzione" (p. 103).

L'intenzione è quella di rilevare come la genesi di interpretazioni condivise dei principi costituzionali sia paragonabile alla genesi dialogica di significati condivisi in una data comunità di linguaggio in un dato contesto storico: "cercherò di provare - così avverte l'autrice - che le norme concettuali, e nella fattispecie il significato delle norme costituzionali [...] sono costantemente (ri)prodotte o ratificate intersoggettivamente attraverso il dialogo" (p.101).

L'obiettivo non potrebbe evidenziarsi in maniera più chiara: è quello di esaltare il ruolo della nozione di traduzione per la teoria politica e di fare di quella che in diversi punti del libro è definita come "alfabetizzazione multiculturale" o "carità interpretativa", ossia come la "costante esplorazione di differenti vocabolari o di diverse prospettive etico/culturali" (p. 106), il nucleo imprescindibile della intera costruzione teorica.

Il pregevole risultato cui approda l'autrice è un "concetto epistemico di democrazia che ci permetta di pensare la politica [...] come la costante polarizzazione e riunione di prospettive etiche o socioculturali differenti" (p. 126). E in tale ambito concettuale si colloca, insieme con una nozione dialogica di deliberazione pubblica, quale attività congiunta di esplorazione della differenza e di mutua traduzione, l'idea di una identità costituzionale come qualcosa di costantemente coprodotto nella vita pubblica e, in quanto tale, potenzialmente inclusiva ed estensibile al non identico o al non condiviso.

Integra la sua riflessione, nell'ultima parte del libro, una ricerca condotta attraverso interviste rivolte a italiani emigrati e legalmente residenti in Germania. Nell'intento di rinvenire un sostegno empirico alla ipotesi teorica delineata nella pagine precedenti, il quesito che l'autrice si pone è "se le storie degli intervistati legittimino l'esclusione e l'intolleranza nei confronti degli 'altri'", ossia se esse giustifichino la mancanza di apertura al dialogo interculturale, "oppure lascino spazio per la riflessione critica, l'accettazione degli 'altri' e l'apprendimento reciproco" (p. 156).

I dati raccolti nelle interviste confermano il suo assunto teorico, documentando la consapevolezza nelle persone sentite che la propria prospettiva è parziale e comunque non più valida di quella degli altri. Con le loro risposte gli intervistati non esitano a manifestare una generale capacità e disponibilità ad assumere una identità europea non risolvibile in termini di mera convergenza delle diverse identità nazionali. "Semmai costoro - constata la Nanz - manifestano un'autoconsapevolezza pastiche e un'idea transnazionale di cittadinanza che non identifica 'l'altro' come nemico in quanto 'diverso', ma piuttosto come un interlocutore la cui diversità è una risorsa e una ricchezza" (p. 192).

L'autrice ne prende atto. Ad emergere dalla sua constatazione è una nozione di sfera pubblica incentrata sulla quotidiana esplorazione della differenza tra individui con retroterra etico-culturali e nazionali eterogenei. "Noi dobbiamo evitare - conclude la Nanz - di reificare il concetto di un'identità europea o di una comunità immaginata sulla base di un insieme di valori comuni o di un'eredità stabilita. Piuttosto, il nucleo dell'identità europea [...] è aperto alla differenza [...] e non ha alcun bisogno di escludere 'l'altro' per la propria stabilizzazione" (p. 199).

La straordinaria acribia con cui la Nanz volge lo sguardo a diverse voci del dibattito filosofico-politico contemporaneo sul multiculturalismo (come quelle di C. Taylor, J. Waldron, W. Kymlicka, J. Habermas), la lucidità con cui in alternativa delinea la sua personale visione, nonché la originalità con cui affianca alla propria costruzione teorica una ricerca di dati empirici atti a sostenerla, fanno del suo studio un prezioso contributo di riflessione e un pregevole apporto in vista di una rinnovata concezione della identità europea e della sfera pubblica transnazionale.

Caterina Lanza