2005

M. Mandel, How America Gets Away With Murder, Pluto Press, London 2004, trad. it. Come l'America la fa franca con la giustizia internazionale, Ega editore, Torino 2005, ISBN 88-7670-545-7

La casa editrice Ega, di Torino, ha appena pubblicato un ponderoso volume che in italiano porta il titolo Come l'America la fa franca con la giustizia internazionale. L'autore è il giurista canadese Michael Mandel, della York University di Toronto. Mandel è noto per aver presentato nel 1999, assieme a un gruppo di giuristi occidentali, una denuncia al Tribunale penale internazionale per la ex-Jugoslavia contro i vertici politici e militari della Nato.

L'accusa riguardava i crimini commessi dalla Nato nel corso dei 78 giorni di bombardamenti della Repubblica jugoslava. Il documento denunciava in particolare il bombardamento della televisione di Belgrado, che aveva provocato decine di morti e di feriti, oltre agli attacchi contro impianti civili, industrie, ospedali, prigioni, ambasciate, mezzi di trasporto pubblici. Grazie ai loro 'effetti collaterali' questi attacchi dal cielo avevano provocato migliaia di vittime innocenti. Si ricorderà che la denuncia venne immediatamente archiviata dal procuratore generale Carla del Ponte, che si rifiutò persino di avviare un'inchiesta, offrendo in questo modo l'ennesima prova della sua servile dipendenza dai voleri della Nato e degli Stati Uniti.

Il lavoro di Mandel si raccomanda per l'analisi puntuale di tre recenti eventi bellici: la "guerra umanitaria" per il Kosovo del 1999, l'attacco all'Afghanistan subito dopo l'11 settembre, l'aggressione 'preventiva' all'Iraq. L'indagine su queste vicende belliche è così accurata e ricca di dati che è impossibile renderne conto in dettaglio. Mi concentrerò qui su un solo tema, che accompagna il volume come una costante, inflessibile invettiva.

Mandel segnala l'esistenza di una vistosa lacuna dell'ordinamento internazionale, che si ripresenta nel corso di tutte le tre guerre da lui analizzate: l'assenza di fatto e di diritto di strumenti sanzionatori contro quello che Mandel chiama, nella scia della giurisdizione del Tribunale di Norimberga, il "crimine internazionale supremo", e cioè la guerra di aggressione. E' noto che fu il Tribunale di Norimberga, ispirandosi in particolare al trattato Briand-Kellogg, a formulare il principio secondo il quale la guerra, lungi dall'essere una legittima espressione della sovranità degli Stati, doveva essere concepita come un crimine internazionale. E di essa dovevano ritenersi penalmente responsabili non solo gli Stati, ma anche i singoli cittadini coinvolti negli illeciti. La sola eccezione poteva essere l'uso della forza con finalità strettamente difensive, in presenza cioè di un attacco militare di uno Stato contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di un altro Stato.

In uno dei passaggi più noti della sentenza emessa dal Tribunale di Norimberga contro i criminali nazisti - ricorda Mandel - si dichiarava che "la guerra è essenzialmente un male. Le sue conseguenze non si limitano a coinvolgere i soli Stati belligeranti, ma si estendono negativamente al mondo intero. Dare inizio ad una guerra di aggressione, quindi, non è solo un crimine internazionale: è il crimine internazionale supremo, diverso da tutti gli altri crimini di guerra per il fatto di concentrare in se stesso tutti i mali della guerra". Nonostante l'autorità normativa dei principi della sentenza di Norimberga, assunti nel 1946 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite come vincolanti per il diritto internazionale, il crimine di aggressione è rimasto per oltre mezzo secolo del tutto disapplicato.

Addirittura, negli Statuti dei recenti Tribunali penali internazionali ad hoc, creati dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per la ex-Jugoslavia e per il Ruanda, il crimine di aggressione (o crimine contro la pace) è del tutto scomparso. Anche nello Statuto di Roma, che nel 1998 ha dato vita alla Corte Penale Internazionale (ICC), i crimini contro la pace sono di fatto esclusi dalla competenza della Corte per l'assenza, si dichiara, di una rigorosa enunciazione della nozione di 'aggressione'.

Siamo dunque in presenza, sostiene Mandel, di una gravissima anomalia che dissocia lo jus ad bellum dallo jus in bello. Mentre l'ordinamento internazionale, in particolare le Convenzioni di Ginevra del 1949, disciplina il trattamento dei prigionieri, della popolazione civile, dei malati, e in genere sanziona i comportamenti 'disumani' tenuti nel corso di una guerra, ignora tout court il "crimine internazionale assoluto" e cioè lo scatenamento di una guerra di aggressione. Addirittura, l'occupazione di un territorio sulla base di una guerra di aggressione è considerata 'legale', prescindendo dal carattere criminale della guerra che la ha consentita. Si pensi all'occupazione dei territori palestinesi da parte dello Stato di Israele, o all'occupazione dell'Afghanistan e dell'Iraq da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati.

In tutti questi casi gli occupanti, nonostante che si tratti di criminali internazionali, non sono soltanto immuni da qualsiasi sanzione, ma sono considerati titolari di diritti, oltre che di doveri, nei confronti delle popolazioni occupate. Un'azione armata contro le forze occupanti, ad esempio, è giudicata lecita solo se è condotta da truppe regolari, nel pieno rispetto del diritto umanitario. Questa posizione, ricorda Mandel, è condivisa persino da Amnesty International e da Human Rights Watch. Quando venne lanciato l'attacco contro l'Iraq, queste organizzazioni inviarono moniti perentori a tutti i belligeranti richiamandoli ai loro doveri di rispettare il diritto internazionale. Nessuno disse una sola parola sulla radicale illegalità di quella guerra e sulla gravissima responsabilità criminale dei capi di Stato che l'avevano scatenata.

Insomma, conclude Mandel, è un paradosso insostenibile che il presidente Bush e i capi di Stato delle maggiori potenze occidentali suoi alleati si siano impunemente macchiati dell'assassinio di migliaia e migliaia di persone innocenti e di un numero di crimini che comprende i peggiori delitti previsti nei codici penali di tutti i paesi del mondo. Si tratta di quel genere di comportamenti delittuosi che se commessi su scala ridotta nel paese della famiglia Bush - il Texas - garantiscono un biglietto di sola andata dritto dritto verso l'iniezione letale. Ma non c'è alcuna corte che abbia competenza per giudicare questi supercriminali per i loro "crimini supremi".

Danilo Zolo