2005

K. Kumar, From post-industrial to post-modern society, Blackwell Publishers, Oxford 1995, trad. it. Le nuove teorie del mondo contemporaneo, Einaudi, Torino 2000, ISBN 88-06-15285-8

Le nuove teorie del mondo contemporaneo, secondo Kumar, sono riconducibili essenzialmente all'idea di società dell'informazione, al post-fordismo e al post-moderno. La teoria della società dell'informazione parte dal presupposto di una vera e propria terza rivoluzione industriale che ha il suo simbolo più evidente nella miniaturizzazione e diffusione dei computer e nel conseguente aumento delle capacità di trasmissione ed immagazzinamento delle informazioni su scala globale. Tutto ciò conduce, secondo i teorici della società dell'informazione (Bell, Masuda, Stoiner), a una progressiva sostituzione dei paradigmi interpretativi del mondo contemporaneo: la teoria del valore-lavoro viene infatti sostituita dalla teoria del valore-conoscenza e i concetti di capitale e lavoro vengono sostituiti dalle categorie di informazione e conoscenza. Tale mutamento non si limita però alla struttura tecnico-economica ma coinvolge l'intera società a tutti i livelli con effetti benefici per la diffusione della democrazia e del benessere. Tuttavia le critiche alla teoria della società dell'informazione non mancano e, secondo Kumar, possono essere ricondotte fondamentalmente alla miopia storica dei suoi teorici, incapaci di vedere che la cosiddetta terza rivoluzione industriale altro non è se non uno sviluppo storico della fase precedente concretizzatosi in un'enorme estensione della taylorizzazione del lavoro e della società. Il processo di informatizzazione della società non è però concluso e ciò rende difficile prevedere le sue conseguenze a lungo termine, anche se è possibile tracciare alcune linee di tendenza: una maggiore centralità delle università e degli istituti di ricerca, un intervento dello stato per incentivare la diffusione della società dell'informazione soprattutto per fini militari, un intervento in questo senso da parte delle multinazionali interessate a un livello più elevato di coordinazione e comunicazione e, a livello dei singoli individui, una progressiva confusione tra tempo di vita e tempo di lavoro.

Se la società dell'informazione prende in considerazione soprattutto le forze produttive, la teoria post-fordista concentra la sua attenzione sui rapporti di produzione. Punto di partenza dell'analisi di Kumar è la 'terza Italia', ossia quel particolare bacino produttivo che si è venuto a creare nel centro e nel nord-est del paese e le cui principali caratteristiche stanno nel decentramento produttivo e nell'integrazione sociale. Ma tale fenomeno può essere letto in due modi diversi: o come diffusione di piccole attività radicate nel territorio e caratterizzate da un rapporto umano tra padrone e lavoratori, o come tentativo della grande industria di sfuggire alle regolamentazioni del mercato del lavoro e ai controlli sindacali. L'ambiguità del caso italiano è indice, secondo i teorici del post-fordismo, del passaggio ad una nuova fase dell'industrialismo. Il fordismo aveva infatti la capacità di rispondere ad una domanda generalizzata di beni di consumo di massa, ma il capitalismo deve confrontarsi ora con una domanda radicalmente differente e caratterizzata dalla frammentazione e dalla varietà dei consumatori: da ciò la necessità della specializzazione flessibile, ossia la capacità dei produttori, aiutati in ciò dalle nuove tecnologie dell'informazione e da una maggiore flessibilità del lavoro, di modificare velocemente i loro prodotti in funzione della domanda di differenti piccoli gruppi di consumatori. Tale condizione, che favorisce le piccole imprese, ma non solo esse, ha prodotto, secondo i teorici del post-fordismo, una progressiva 'disorganizzazione' del capitale che si ripercuote sia sulla produzione di beni che sulla riproduzione dei rapporti sociali. La critica al post-fordismo è riconducibile, secondo Kumar, a tre punti fondamentali, ossia al fatto che il post-fordismo ha preso a modello per tutto il pianeta delle situazioni locali molto limitate nello spazio, che la diffusione della specializzazione flessibile è in verità molto limitata e, infine, che il post-fordismo avrebbe come punto di partenza una mitizzazione indebita del fordismo quale punto chiave oggi superato della produzione industriale. Tuttavia tali critiche, come ci fa notare Kumar, prendono in considerazione solo il versante puramente economico della teoria post-fordista che, invece, tende ad una spiegazione maggiormente comprensiva dei diversi aspetti della società contemporanea, tema affrontato soprattutto dai teorici della post-modernità.

L'analisi del post-moderno, secondo Kumar, non può prescindere dalla comprensione delle caratteristiche fondamentali della modernità. L'idea di moderno passa attraverso il prevalere della concezione ebraico cristiana di un tempo lineare che ha ben presente la differenza radicale tra presente e passato e che tende alla proiezione verso il futuro. La secolarizzazione di tale idea di tempo, avvenuta in particolare a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, è alla base della modernità e si concretizza nell'idea di progresso. Eventi e termini chiave della modernità sono quindi la rivoluzione francese, ossia "la realizzazione della libertà sotto la guida della ragione" (p. 112), la rivoluzione industriale, ossia ciò che ha fornito sostanza materiale alla modernità, l'affermazione del modello capitalistico di produzione e la diffusione di questi elementi attraverso gli eserciti napoleonici e le flotte commerciali inglesi e francesi. Frutto della modernità è però anche il modernismo, vale a dire un complesso movimento culturale "che affermava la modernità e al tempo stesso la negava" (p. 116) sconfessando la scienza, la ragione e il progresso in favore del sentimento, dell'immaginazione e dell'intuizione. Tuttavia tale sconfessione avviene pur sempre sotto le bandiere della modernità e il modernismo vive in un rapporto ambiguo con la modernità stessa essendo portato, da un lato, alla critica del moderno, dall'altro lato alla sua esaltazione e glorificazione (come nel caso dei futuristi e dell'architettura modernista). Nell'ambito del modernismo e della sua scissione il moderno ha finito quindi per essere "niente altro che innovazione senza fine, infiniti cambiamenti di stile, incessante successione di mode" (pp. 136-7). Ma la perdita del senso del progresso e il suo progressivo confondersi con la moda diventa, secondo le parole di Baudrillard riportate da Kumar "il fine e la fine della modernità" (p. 137), ovvero il passaggio vero e proprio alla post-modernità.

Se l'idea estetica e l'idea politica ed ideologica della modernità possono essere analizzate in qualche misura separatamente sotto le categorie di modernismo e di moderno, altrettanto non è possibile fare nei confronti dell'idea di post-moderno: la teoria post-moderna lega infatti indissolubilmente i diversi ambiti della realtà, ma non nei termini di una reductio ad unum, bensì nei termini dell'impossibilità di ricondurre ad un'unica chiave di lettura tutta la realtà. Caratteristiche del post-moderno sono infatti la sua frammentazione e la sua anti-sistematicità che si proiettano su tutti i piani del reale, oltre alla sostanziale accettazione di elementi della teoria della società dell'informazione e del post-fordismo come la centralità della cultura, del sapere e della sua trasmissione, la frammentazione del mondo del lavoro e l'affermazione di un nuovo modello di 'capitalismo disorganizzato'. Nel post-moderno si assiste insomma ad una perdita di autonomia delle singole sfere culturali, ad una compenetrazione di sfera culturale e sfera sociale e, infine, al reciproco innervarsi ed alimentarsi di cultura e commercio attraverso un'industria culturale sempre più onnicomprensiva. Le vecchie categorie interpretative diventano quindi sempre meno efficaci nel descrivere la realtà: la struttura si confonde con la sovrastruttura, la frammentazione si produce e si riproduce, oltre che nel mondo del lavoro, nella crisi dello stato-nazione, nella maggiore importanza dei localismi, nella sempre maggiore diffusione a tutti i livelli dell'individualismo che culmina nella dissoluzione dell'individuo nelle reti di comunicazione globale. Proprio la dissoluzione dell'individuo e la sua progressiva perdita di centralità sono al centro degli studi della scuola post-strutturalista e decostruzionista, da sempre accomunata alle teorie post-moderne: "alla dissoluzione del soggetto del decostruzionismo corrisponde la dissoluzione del sociale delle teorie post-moderne" (p. 180). Tali posizioni potrebbero condurre ad un individualismo estremo ma anche, come accade in alcuni teorici di sinistra, alla rielaborazione dei concetti tradizionali di democrazia e di stato-nazione, adattandoli alla pluralità delle identità e degli individui e riconoscendo le diverse e nuove arene politiche in cui le tradizionali istanze di liberazione della sinistra possano essere portate avanti nel nuovo contesto della condizione post-moderna. Tuttavia il punto di maggiore contatto tra post-strutturalisti e post-moderni è forse la comune critica a quelle che Lyotard definisce "grandi narrazioni" (p. 182), ossia alle teorie di filosofia della storia che pretendono di spiegare quest'ultima attraverso meccanismi interpretativi scientifici e in termini progressivi e di liberazione. Tali narrazioni, secondo i teorici del post-strutturalismo e del post-moderno, non sono plausibili. La mancanza di un metalinguaggio universale obbliga quindi ad "abbandonare gli obiettivi illuministi dell'emancipazione universale e della società razionale" (p. 186) ma non impedisce, sempre secondo Lyotard, di pensare a 'piccole narrazioni' locali, maggiormente adatte alla conformazione frammentata del mondo post-moderno. La rinuncia alla prospettiva storica implica anche, per l'individuo, uno spostamento di senso dal piano temporale al piano spaziale e la sua trasformazione in "un'entità discontinua [...] costantemente plasmata e riplasmata in un tempo neutro" (p. 202). Il mondo post-moderno è quindi caratterizzato, in ultima analisi, secondo Kumar, dalla perdita di senso: "non vi sono strutture profonde né cause segrete o finali; ciò che c'è (o non c'è) appare in superficie. È la fine della modernità, e solo questo promette e propone." (p. 203).

Secondo Kumar, le nuove teorie del mondo contemporaneo, pur rifiutando le grandi narrazioni, sono leggibili in chiave millenaristica. In esse è infatti ritrovabile sia l'ansia fin de siècle sia la speranza connessa al mutamento. Il successo di tali teorie non è però riconducibile solo all'elemento millenaristico, ma deve essere ricercato nel tentativo di fotografare a più livelli il mutamento vorticoso della società che è percepito da tutti e che non può essere semplicemente attribuito a complotti mediatici. Tuttavia rimane aperta la domanda se tali mutamenti siano a tutti gli effetti inscrivibili nell'ambito della categoria di post-modernità o se, al contrario, come pensa tra gli altri Habermas, la categoria di modernità, capace nel corso dell'Ottocento e della prima metà del Novecento di creare anticorpi efficaci a un'ipotesi di ragione soggettiva calcolante, non sia ancora una promessa che può essere mantenuta. In questo senso, secondo Kumar, Rorty è un possibile mediatore tra le istanze della modernità e della post-modernità: egli infatti critica le grandi narrazioni ma, allo stesso tempo, non rinuncia all'impegno in politica. Rorty reputa che, per raccontare storie di progresso, non sia infatti necessario pensare a un soggetto universale, ma sia sufficiente un soggetto locale insieme alla diffusione dell'idea di tolleranza. La valutazione finale di Kumar sulle teorie del mondo contemporaneo è comunque positiva, in quanto parlano realmente della nostra condizione, pur con alcuni estremismi ed unilateralismi, e perché lo fanno ampliando in modo ambizioso il campo di studio anche rispetto a determinati limiti accademici.

Le nuove teorie del mondo contemporaneo è una trattazione efficace delle teorie dell'informazione, del post-fordismo e della post-modernità. L'Autore, pur non rinunciando a esprimere le sue preferenze per una mediazione tra i concetti di moderno e di post-moderno, riesce ad esporre il materiale magmatico delle nuove teorie del mondo contemporaneo con ricchezza e profondità, cercando di porsi come 'voce fuori campo' della narrazione e avvalendosi di una bibliografia davvero ragguardevole.

Valerio Martone