2005

A. Honneth, Kampf um Anerkennung. Grammatik sozialer Konflikte, Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag 1992, trad. it. La lotta per il riconoscimento, il Saggiatore, Milano 2002

La lotta per il riconoscimento, il nuovo testo (nuovo esclusivamente per il lettore italiano, il libro è infatti uscito in Germania nel '92) di Axel Honneth, è destinato a rivitalizzare il dibattito sul nucleo problematico dell'ormai stantia querelle tra liberali e comunitaristi. Se volessimo fare una rapida ed approssimativa distinzione tra queste due correnti del pensiero politico contemporaneo potremmo in parte richiamarci al tema della costituzione del soggetto politico. Questione che ha rappresentato uno spartiacque, almeno in parte ideologico, sul quale comunitaristi e liberali si sono contrapposti. I primi collocando il fondamento della soggettività politica all'interno di un ethos comunitario, il cui riconoscimento dovrebbe divenire un elemento essenziale atto a garantire l'effettiva realizzazione degli individui; i secondi richiamandosi al concetto kantiano caratterizzante l'individualismo moderno per cui l'individuo, in quanto sempre fine e mai mezzo dell'agire, è riconoscibile solo a partire da una concezione universalistica della norma. Società buona-società giusta, neoaristotelici-neokantiani queste le dicotomie, che certo non rendono ragione della complessità delle questioni ma che sono utili, seppure in modo parziale, ad inquadrare questo volume.

Il libro di Honneth è dedicato alla questione del riconoscimento. Nella prima parte l'autore ricostruisce la tematica a partire da "l'idea originaria di Hegel". Che Hegel sia il primo filosofo a dare una forma compiuta al tema del riconoscimento non è certo una novità, ma generalmente questo tema è stato ricondotto alla celebre figura del servo-padrone nella Fenomenologia dello spirito. Ecco un primo elemento di interesse della ricerca di Honneth. L'attenzione dell'autore si sofferma quasi esclusivamente sul periodo pre-fenomenologico di Hegel e principalmente sui testi che vanno dal saggio "Maniere di trattare scientificamente il diritto naturale" (1802) alla "Filosofia dello spirito jenese" (1805-1806). Se, infatti, il riconoscimento diverrà, a partire dalla Fenomenologia, un elemento essenziale nella formazione dell'autocoscienza esso ricopre negli scritti giovanili un ruolo altrettanto fondamentale. In questi scritti "l'aspirazione degli individui al riconoscimento intersoggettivo della propria identità è insita fin dall'inizio nella vita sociale come una tensione morale". All'idea della "lotta sociale" come elemento motore nell'autodeterminazione delle individualità, all'idea quindi cara a buona parte della tradizione politica moderna (Hobbes e Machiavelli ci ricorda Honneth), Hegel dona un motivo aggiunto di enorme rilievo. La dinamica del riconoscimento, liberata dalle connotazioni trascendentali del modello fichtiano, gli consente una lettura dell'eticità dell'uomo orientata secondo "successivi stadi di conciliazione e di conflitto". Hegel avrebbe dunque intravisto la possibilità di leggere attraverso un unico registro da un lato le istanze di autoconservazione, fondamento stesso dell'antropologia politica, dall'altro le istanze di riconoscimento, nelle quali si concretizza la conflittualità sociale. Le differenti modalità di riconoscimento che, secondo Honneth, Hegel sembra aver intuito sono: l'amore, il diritto e la solidarietà. Altro aspetto sul quale le analisi di Honneth si soffermano è l'idea, che Hegel sembrerebbe avanzare in questi scritti, secondo cui il delitto, l'infrazione consapevole della norma, avrebbe origine "in una condizione di incompleto riconoscimento". La dinamica del riconoscimento verrebbe ad essere quindi non solo la forma della conflittualità sociale ma anche il suo stesso "motore".

Nella seconda parte del libro l'autore intende confermare e completare il progetto hegeliano attraverso "una fenomenologia empiricamente controllata delle forme di riconoscimento". Per far questo trova nella psicologia sociale di G. H. Mead un elemento di verifica empirica del dato hegeliano e allo stesso tempo un autore che gli consente di "tradurre la teoria inter-soggettivistica in un linguaggio teorico post-metafisico". Quello che emerge è come l'autore di Mente, Sé e società non condivida con Hegel soltanto l'idea di una costruzione sociale della soggettività ma manifesti affinità ancora più profonde. È proprio a riguardo della concezione del riconoscimento che i due autori sembrano in qualche modo incontrarsi. Com'è noto una delle intuizioni centrali del pensiero di Mead è la distinzione tra "Me" ed "Io". L'individuo, nel suo continuo processo di formazione, si oggettiva in diversi "Se" distinti dall'"Io". La questione diverrà allora: in virtù di quali dinamiche accediamo alla formazione di questi "Se" distinti? I meccanismi di formazione dei "Se" sono riconducibili fondamentalmente a meccanismi di interazione sociale. A partire dalla distinzione tra Play e Game sarà possibile comprendere in quali forme. In ambedue queste modalità del gioco il bambino produce il proprio "Me" ma, a differenza del Play ("il gioco puro e semplice") dove l'interlocutore è una semplice proiezione dell'"Io", nel Game ("il gioco organizzato") la proiezione deve presumere l'atteggiamento di tutti gli altri partecipanti, deve presumere cioè un "altro generalizzato". Questa teoria si rivela fin da subito ricca di implicazioni giuridico-normative. Nella agire societario solo presupponendo un altro generalizzato potremmo concepire una sfera nella quale l'interazione venga intesa secondo una dialettica di diritti e di doveri. Il misconoscimento dell'autoaffermazione dei soggetti e la domanda di riconoscimento di cui questi si fanno carico saranno il motore del cambiamento sociale soltanto se - e di qui l'importanza dell'altro generalizzato - "anziché nella prospettiva della volontà comune esistente, si collocano in quella di una comunità giuridica allargata". Rispetto al concetto di autorealizzazione, Honneth ci fa notare come la soluzione di Mead sia più fragile. Se per autorealizzazione intendiamo, con Mead, "un organo di autoaccertamento etico", la soluzione da lui indicata di poter trovare nella assunzione piena del proprio ruolo sociale un luogo - la divisione del lavoro - di conferma del proprio operato sarà quanto meno dubbia: "Evidentemente Mead non si è accorto che questo stesso modello riproduce ad un altro livello le stesse difficoltà che intende evitare".

Alla luce di queste analisi Honneth propone una teoria dei modelli di riconoscimento in grado di distinguere l'amore dal diritto e dalla solidarietà. A partire dalla concezione hegeliana dell'amore come "esser se stessi in un estraneo", l'a. mostra come l'amore possa rappresentare un primo stadio della teoria del riconoscimento. L'amore, pur se riservato alle relazioni intersoggettive di tipo primario, rappresenta il "nucleo originario di ogni eticità" ed è dunque solo a partire da questa forma della relazione che le sfere del diritto e della solidarietà vengono fondate. Nella prima sono incluse quelle forme della relazione per le quali "Alter ed Ego si rispettano vicendevolmente come soggetti giuridici perché entrambi possiedono una comune conoscenza delle norme sociali in base alle quali, nella loro comunità, i diritti e i doveri sono legittimamente ripartiti". Dal reciproco riconoscimento giuridico dei soggetti distingueremo, infine, la stima sociale, con la quale intenderemo una forma di riconoscimento valoriale ed affettivo dell'altro che troverà nell'idea di solidarietà il proprio compimento formale. Ma quali sono, nell'affermazione della propria soggettività, gli effetti prodotti da un mancato riconoscimento? Perché il misconoscimento può generare una lotta per l'affermazione della propria soggettività? A queste domande né Hegel né Mead, nonostante le loro grandi intuizioni, hanno saputo dare una risposta coerente. Allo sviluppo di questi temi è dedicata l'ultima parte del libro di Honneth.

In un primo capitolo, che avrebbe senz'altro richiesto più spazio, l'autore passa in rassegna tre autori che, in modi diversi, hanno contribuito ad approfondire la teoria del riconoscimento. Il primo è Marx, che riesce a "caratterizzare il lavoro come un medium di importanza centrale per il riconoscimento reciproco". Il secondo Sorel, perché ha trasportato l'idea hegeliana del misconoscimento sul piano di un sentimento collettivo. Il terzo Sartre, perché attraverso l'idea di nevrosi oggettiva ha aperto ad una "prospettiva che permetta di interpretare le strutture di dominio sociale nel loro complesso come una patologia dei rapporti di riconoscimento". L'intento principale della Lotta per il riconoscimento, quello cioè di mostrare come sia possibile pensare a forme di conflitto sociale orientate secondo una teoria del riconoscimento e quindi secondo una logica morale viene discusso anche nelle ultime pagine del libro. Honneth non intende sostituire una concezione di tipo utilitaristico del conflitto con una di altro genere, non si tratta quindi di far rientrare dalla finestra quello che la critica al positivismo a faticato a far uscire dalla porta, cioè una concezione unilateralmente orientata del divenire sociale, quanto di mostrare come queste due concezioni siano integrabili. Per riuscirci, questa l'ambizione del progetto di Honneth, si impone una concezione della morale la cui formalità non sia fondata - kantianamente - sulla presunta universalità della norma, ma a partire da "elementi strutturali dell'eticità". Una concezione morale che, ugualmente, non sia fondata su una concezione sostanzialistica del bene come espressione delle singole eticità comunitarie. Nonostante lo sforzo teorico di Honneth, restano però fondati i dubbi sull'efficacia della lotta per il riconoscimento nell'integrazione di quelle due concezioni.

Nicola Marcucci