2017
Th. Casadei (a cura di), Donne, diritto, diritti. Prospettive del
giusfemminismo, Giappichelli, Torino 2015, pp. 294
Recensione
di Annalisa Furia
Ben riflettendo il ricco percorso teorico e di impegno politico e istituzionale del suo curatore, il volume Donne, diritto, diritti. Prospettive del giusfemminismo
ospita i contributi di studiose ed esperte chiamate a confrontarsi,
ciascuna a partire dalla propria prospettiva disciplinare e/o
professionale/istituzionale, con la spinosa questione del rapporto tra
diritto (e diritti) e differenza in primo luogo, ma non solo, di
genere.
L’obiettivo centrale del volume curato da Thomas Casadei è infatti
quello di discutere del giusfemminismo, o teoria femminista del
diritto, ricostruendone la storia, i motivi e le matrici teoriche, le
fortune e sfortune nei diversi contesti nazionali e, soprattutto, la
produttività in termini di teorie e pratiche, in termini di impatto
sulle norme, le istituzioni e le procedure così come sulle concezioni
che tali norme, istituzioni e procedure, allo stesso tempo,
cristallizzano e costantemente alimentano.
Se il giusfemminismo mira a negare la presunta neutralità e
universalità del diritto svelandone, come evidenzia Giolo, l’origine
«sessista-maschile-sessuata» (p. 41), e dunque la natura
intrinsecamente normativa, politica e ideologica, tutti i diversi
contributi al volume accettano la sfida di investigare che cosa
significhi (e abbia significato) porre la questione femminista al
centro del dibattito filosofico-giuridico senza sottrarsi all’indagine
di nessuna delle numerose, diverse e articolate dimensioni di
complessità generate da questa prospettiva di radicale decostruzione e
(ri)costruzione.
Per quanto sia impossibile restituire qui la ricchezza di itinerari
intellettuali, sviluppi tematici e percorsi concettuali offerta dal
testo, è quantomeno possibile tentare di riportare, almeno in estrema
sintesi, qualche evidenza della feconda contaminazione tra ambiti
teorici, orizzonti applicativi, chiavi di lettura e approcci
ermeneutici diversi che esso realizza.
In tale ricchissimo quadro una prima serie di contributi (Faralli,
Pozzolo, Giolo, Casadei) si concentra, ad esempio, prevalentemente
sull’analisi delle vicende e dello statuto teorico del giusfemminismo
evidenziando come le svariate, vecchie e nuove, criticità ‘endogene’ al
dibattito femminista – quali quelle, per citarne solo alcune, relative
al rapporto tra eguaglianza e differenza, eguaglianza e diseguaglianza,
soggettività (sociale e politica) e identità/natura, tesi universaliste
e tesi relativiste, sfera pubblica e sfera privata – acquisiscano, a
contatto con il mondo del diritto, nuova e rinnovata pregnanza
offrendo, nel contempo, concetti e metodi al dibattitto dottrinale e
giurisprudenziale e sollecitando la messa in discussione di stereotipi,
pregiudizi, categorizzazioni dicotomiche, norme e pratiche
discriminatorie.
Altri contributi (Facchi, Re, Casalini, Bernardini) muovono in via
prioritaria dalla ricostruzione del percorso teorico di autrici
particolarmente influenti e note (Gilligan, MacKinnon, Benhabib, Moller
Okin, Tronto, Kittay, Cavarero, Nussbaum) per affrontare il tema del
carattere sessuato del diritto e per analizzarlo anche in relazione a
questioni cruciali quali quelle della cura e della disabilità e quindi
della relazione tra autodeterminazione e relazionalità, corporeità,
dipendenza e vulnerabilità quali prospettive imprescindibili per
muovere verso una reale riconfigurazione del diritto e dei diritti;
quali prospettive imprescindibili per muovere verso la costruzione di
«un diritto e di diritti per tutte le persone» (Facchi, p. 74). In modo
parimenti prezioso l’affresco teorico è poi arricchito dai contributi
(Botti, Borsellino, Sgarbi, Spinelli, Pozzolo, Amorevole) che,
focalizzando l’attenzione in modo prevalente su specifici ambiti
applicativi (bioetica, stalking, femminicidio, discriminazioni,
condizioni di lavoro e retributive), consentono sia di illustrare i
risultati prodotti, a livello di teorie e di pratiche, dall’adozione di
un approccio giusfemminista, sia di identificare, o almeno intravedere,
i numerosi altri potenzialmente conseguibili a partire da tale
prospettiva.
Sosteneva Audre Lorde che «gli strumenti del padrone non demoliranno
mai la casa del padrone». Come efficacemente illustra questo testo la
prospettiva giusfemminista è in realtà particolarmente importante per
la formulazione delle istanze di emancipazione e inclusione, non solo
perché esprime e rende produttiva la «propensione naturalmente critica verso lo status quo» (Pozzolo, p. 25) propria delle riflessioni femministe, ma anche perché consente di mantenere viva e operante anche la natura critica, sociale e relazionale del diritto; di ricordare che il diritto non ha solo, in quanto ordinamento,
il compito di ordinare, dare forma alla convivenza sociale ma deve
anche essere inteso, come invita a fare Casadei nella sua ricca Postfazione
al volume, come uno dei luoghi nei quali è possibile dare voce alle
rivendicazioni, lottare per cambiare le regole del gioco, modificare le
istituzioni e i costumi; che il diritto può aiutare a vedere la realtà
dal punto di vista di chi si oppone al padrone.