2005

M. Freeden, Ideologies and Political Theory: A Conceptual Approach, Clarendon Press, Oxford 1996, trad. it. Ideologie e teoria politica, Il Mulino, Bologna 2000, pp. 685

Le ideologie sono state tra i fenomeni sociali e culturali che più hanno influenzato la storia del Novecento e, sino alla caduta del Muro di Berlino, numerosi sono stati gli autori che se ne sono occupati. Dopo il 1989, tuttavia, i fenomeni ideologici sono stati come accantonati, sulla scia dell'affermazione dell'idea della "fine delle ideologie", presente in autori come Lyotard. Questo testo di Freeden cerca di riprendere lo studio delle ideologie, attraverso un approccio nuovo. Com'è noto, quello di ideologia è un concetto sfuggente, nel quale confluiscono interpretazioni filosofiche, politologiche, sociologiche, storiche, epistemologiche. Obiettivo dichiarato di Freeden è studiare le ideologie dal punto di vista della teoria politica. Freeden considera le ideologie come intrinsecamente politiche, poiché l'uso culturale o sociologico di "ideologia" anche se rimosso dalla sfera politica, individua nei rapporti di potere un elemento centrale del concetto e il potere è un fattore chiave per connotare la politica.

Tuttavia, il testo è di rilevante interesse anche dal punto di vista più strettamente filosofico, poiché, nella sua prima parte, è dedicato a chiarire la morfologia delle ideologie, ovvero come esse si formano, cosa sono precisamente, come funzionano, di cosa si compongono.

Il primo punto chiave, a tal proposito, è l'idea che le ideologie siano forme di pensiero politico, che consentono un accesso privilegiato alla comprensione della natura della teoria politica, mostrandone la varietà e la sottigliezza; il pensiero incapsulato nelle ideologie, per Freeden, merita un esame in quanto tale e non soltanto per quel che nasconde: non deve essere considerato una versione indebolita e inferiore di teorie filosofiche analitiche o normative. Vengono, quindi, allontanati alcuni presupposti infondati, che ritengono, da una parte, che le ideologie siano sistemi di idee che si escludono a vicenda e, dall'altra, che esista un rapporto biunivoco tra un'ideologia e un determinato movimento politico. Piuttosto, diventa soprattutto importante distinguere l'ideologia da quella che è considerata la sua autorevole controparte, la filosofia politica. Sembra che vi sia uno spartiacque tra la filosofia intesa come attività riflessiva e l'ideologia intesa come combinazione di credenze genuinamente consapevoli, assunzioni inconsce e asserzioni retoriche dissimulatrici. Ma, invero, la scelta non è fra la maschera e il volto, perché entrambe raccontano storie complementari: non possiamo fare a meno dell'una o dell'altro. Le ideologie, come pratiche reali di un pensiero politico, mescolano ed equilibrano vari concetti. Quello che conta, secondo Freeden, non è chiedersi se vi sia combinazione, quanto, piuttosto, quale sia la gamma delle diverse possibili combinazioni concettuali, che le ideologie producono. Continuando a considerare filosofia politica ed ideologia mutuamente esclusive, l'unico risultato sarà un ordine artificiale ed imperfetto, che svaluterà alcune ideologie negando loro attributi filosofici e impoverirà alcune filosofie politiche disconoscendone le caratteristiche ideologiche.

Alla luce di questi preliminari analitici, si deduce che il concetto di ideologia può essere compreso e studiato "considerando le ideologie concrete come emergenti da peculiari configurazioni di concetti politici" (p. 64).

Questa ipotesi viene argomentata da Freeden attraverso un'impostazione che risente della linguistica di Saussure. Gli elementi costitutivi del pensiero politico sono i concetti politici, espressi mediante termini come libertà, giustizia, potere, diritti. Ora, le ideologie sono le costruzioni complesse, attraverso cui significati particolari, derivati da un universo di significati, vengono applicati alla vasta gamma di concetti politici a cui inevitabilmente ricorrono. Ma, mentre la struttura delle frasi è governata da rigide regole grammaticali, la morfologia dei concetti politici è capace di una gran quantità di variazioni perché esiste un'infinità di modi nei quali le componenti significative possono legarsi le une alle altre. Proprio esplorando la morfologia dei concetti politici, sullo sfondo dei riferimenti a Wittgenstein, Marleau-Ponty, alla psicologia della Gestalt, sino al postmodernismo di Lyotard e Derrida, è possibile pervenire ad una precisa separazione tra il punto di vista dell'ideologo e quello dell'analista delle ideologie: "mentre nessuna ideologia può legittimare la diversità concettuale al di là di ciò che essa include nelle sue configurazioni concettuali e deve di conseguenza negare o screditare il pluralismo intrinseco di linguaggio e di significato, lo studio delle ideologie si basa sul postulare tale diversità" (pp. 123-124).

Dopo queste considerazioni, l'autore è in grado di utilizzare la sua analisi generale delle ideologie rispetto a casi specifici; è opportuno, a tal proposito, che gli ordinamenti morfologici dei concetti culturali e socio-morali considerino sia le loro origini sia le loro conseguenze come fonti di significato. Questo implica sollevare la questione del ruolo della storia nell'analisi dell'ideologia e, parallelamente, del ruolo dell'ermeneutica. Ancora una volta, nell'approccio di Freeden, la teoria politica delle ideologie viene sviluppata attraverso la filosofia contemporanea. La morfologia di un'ideologia, infatti, è il riflesso di pratiche sociali di conversazione e di discorso alle quali gli individui prendono parte con diverso grado di coinvolgimento e influenzandosi reciprocamente. Il rapporto dello studio dell'ideologia con l'ermeneutica è tracciato utilizzando le ricerche classiche di Ricoeur e Gadamer. L'ermeneutica offre tre elementi allo studioso dell'ideologia: in primo luogo rende consapevoli dei pregiudizi che governano la nostra comprensione; in secondo luogo aiuta a capire l'importanza della portata e della duttilità sia dell'esperienza sia della comprensione, come elementi per raggiungere la conoscenza: da questo punto di vista l'esistenza dell'ideologia non rappresenta un peso che opprime la mente umana, ma un'espressione dell'infinita varietà dell'immaginazione politica; in terzo luogo, la sperimentabilità del conoscere è sottolineata da una consapevolezza della propria storicità.

Freeden è attento a ricordare che, tra la posizione di Gadamer e quella di Ricoeur, esistono differenze in merito alla relativa capacità dell'interprete di liberarsi dai vincoli della storia. Ricoeur spera in un'emancipazione dal testo orientata al futuro, mentre Gadamer è rivolto all'indietro ed ha una prospettiva cumulativa. L'analisi delle ideologie intrapresa da Freeden si discosta leggermente da entrambi i punti di vista: occorre tener conto sia del contesto che del soggettivismo. Il mutamento, dunque, non è soltanto incorporato nelle diverse prospettive storiche che l'ermeneutica applica ad un evento del passato, ma nei molteplici significati introdotti da un gran numero di produttori ideologici contemporanei quando strutturano ciò che credono, o pretendono che sia, la stessa ideologia.

Così, lo studioso delle ideologie è chiamato a raggiungere un equilibrio fra tre elementi: il singolo ideologo dotato di un'eccezionale creatività, i gruppi che lo hanno sostenuto e dai quali ha attinto, i successivi creatori di ideologie che hanno usato le loro molteplici interpretazioni di quell'opera individuale per rendere più interessante il loro prodotto. Dunque, le ideologie diventano per Freeden "la sfera in cui la teoria politica come disciplina può trovare la sua ragion d'essere" (p. 169), affermazione che trova la sua applicazione nelle parti successive del libro. I capitoli successivi, dedicati a liberalismo, socialismo, conservatorismo e nazionalismo, mirano, infatti, a "mostrare attraverso un uso selettivo delle fonti passate e presenti, le caratteristiche dominanti di quelle ideologie e la gamma delle loro de-contestazioni concettuali interne" (p. 179), ossia, in breve, a portare alla luce il nucleo, gli elementi adiacenti e quelli periferici, che sono alla base della formazione ideologica che di volta in volta l'autore prende in esame. Operando secondo queste direttive, il liberalismo è scomposto a partire dalla formulazione di Mill attraverso l'evoluzione determinatasi con il liberalismo idealistico, quello filosofico, il libertarismo e l'anarchismo. Il conservatorismo è esplicato considerando il rapporto di credenze e valori stabili in relazione ai nuclei ideali progressisti. Il socialismo, invece, viene studiato attorno all'ambiguo rapporto di libertà, eguaglianza e scelta; infine, il nazionalismo viene considerato come una ideologia indipendente che determina particolari rapporti con le ideologie generaliste con cui si interseca.

Attraverso la ricca trattazione proposta e supportata da una bibliografia di riferimento ampia e aggiornata, in conclusione, Freeden può osservare che "le ideologie possono senz'altro essere strutture di potere che manipolano l'agire umano, ma sono anche sistemi ideali che ci permettono di scegliere di diventare quello che vogliamo diventare" (p. 653). Non si vuole, tuttavia, ipotizzare che l'ideologia sia un concetto talmente generale da risultare privo di capacità di differenziazione: l'ideologia può essere presente in tutti i sistemi di credenze politiche, ma non significa "sistema di credenze politiche". Piuttosto, l'ideologia si riferisce ad un aspetto particolare di quei sistemi o a un modo specifico di interpretare e decodificare la realtà politica.

Il valore di questo studio, anche al di là delle tesi proposte, va riconosciuto specialmente perché l'autore svolge progressivamente la sua argomentazione, servendosi, con eguale disinvoltura, sia del vocabolario fornito dalla filosofia contemporanea (da Mannheim a Wittgenstein, da Gadamer e Ricoeur al postmodernismo), sia di quello della teoria politica. Certamente quest'ampiezza di respiro rende il testo, già ponderoso di per sé, piuttosto esigente verso la forma mentis del lettore, cui si richiede un'eguale competenza nei due ambiti, ma chi riuscisse a condividere l'impostazione che fonde filosofia e scienze politiche, potrebbe vedere i fenomeni ideologici in tutta la loro complessità. E accorgersi che le rappresentazioni politiche e sociali, che, con buona pace di Lyotard, ancora ci circondano, contengono troppe eccedenze inerenti al loro significato teorico e cognitivo, per poter essere adeguatamente comprese senza uno sguardo biunivocamente articolato: ovvero epocale (del filosofo) e analitico (del teorico politico).

Francesco Giacomantonio