2005

S. Finardi, C. Tombola, Le strade delle armi, Jaca Book, Milano 2002, ISBN 8816-40596-1

Le strade delle armi è il frutto di un lungo lavoro di ricerca sul sistema mondiale dei trasporti di armamenti, che prende approfonditamente in esame il ruolo strategico dei servizi commerciali che innervano la logistica militare. Finardi e Tombola si propongono quindi di fornire da un lato una mappatura del mercato degli armamenti e delle principali dinamiche del commercio, dall'altro un'analisi del sistema logistico e dei trasporti. Gli autori passano velocemente in rassegna le principali caratteristiche della guerra moderna, sempre più somigliante ad un'attività industriale e - nella seconda metà del XX secolo - modellata sul paradigma della fabbrica fordista prima e della produzione postfordista poi; fino ad arrivare agli interventi "chirurgici" affidati all'ipertecnologia balistica e ai bombardamenti ad alta quota, abbondantemente dispiegati negli interventi della Nato nella ex Jugoslavia e in Afghanistan. Il dissolvimento del "mondo bipolare" ha segnato un evidente cambio nelle geostrategie degli attori in campo, ponendo fine alla spartizione di aree di influenza caratteristica dell'ordine mondiale del dopo Yalta. La guerra oggi assume nuove connotazioni. L'odierna information warfare, con la continua insistenza sui valori universali (la sicurezza, i diritti umani, la lotta al terrorismo, il ripristino della democrazia e della pace), cerca di occultare il dato centrale: "la guerra fa pienamente parte del ciclo economico 'normale' e civile delle economie dominanti o, se si preferisce, dell'economia globale; ne è al contempo una conseguenza e un importante fattore propulsivo" (p. 26). Per suffragare tale affermazione, gli autori offrono un'accurata documentazione statistica sulla cui base - pur nella difficoltà delle fonti attraverso cui reperire dati attendibili - costruiscono un'interessante cartografia: in questa si evidenziano le ristrette zone produttrici di armi, principali beneficiarie del commercio, e la larga fascia di paesi che le consumano. Dalla fine degli anni '60, tuttavia, il duopolio russo-americano sul mercato delle armi è entrato in crisi, dando vita ad inedite forme di concorrenza, in cui nuovi produttori conquistano progressivamente significative quote (Francia, Gran Bretagna, Germania, Italia, Svezia, Cina, Brasile, India, Israele) a fronte dell'ancora incontrastato primato della produzione bellica statunitense.

Questo nuovo quadro di concorrenza globale ha a sua volta modificato la divisione che per tutto il XX secolo ha, anche nel campo degli armamenti e delle tecnologie militari, separato il nord dal sud del mondo. Si registrano ora due nuovi tipi di movimento: "da un lato, alcuni di quei sistemi d'arma, o parti di essi, che erano tradizionalmente commerciati da nord a sud, muovono oggi in direzione opposta ed entrano nella disposizione delle forze armate o delle industrie militari del nord. Dall'altro, gli stessi o altri sistemi d'arma muovono direttamente da sud a sud" (p. 54).

Nella ridislocazione produttiva, un ruolo fondamentale è svolto dal settore denominato "trasporti e servizi connessi". Nata per applicazioni nel campo militare, dagli anni '60 la logistica è una risorsa centrale dello sviluppo economico del sistema. Accompagnata dall'espandersi delle tecnologie informatiche, la rivoluzione logistica degli ultimi vent'anni è alla base della produzione nella fabbrica postfordista. Come ha di recente sottolineato lo storico e urbanista americano Mike Davis a proposito dei preparativi per la guerra in Iraq, si applicano alla macchina bellica i paradigmi dell'odierna produzione. Il just in time ad esempio, che scompone e ricompone in senso inverso la tradizionale catena che va dal produttore al consumatore.

Del resto, ad essere impegnati nel commercio delle armi non sono aziende speciali, ma le maggiori compagnie di trasporto e di logistica a livello globale. Ciò significa che "laddove l'elemento commerciale era coinvolto, logistica militare e commercio internazionale di armamenti venivano di fatto serviti entro reti che per la maggior parte non differivano da quelle che supportano settori di attività economica diversi, si trattasse di servizi per attività legali o coperte o meramente illegali" (p. 10). L'80% del commercio internazionale verso i cosiddetti "paesi in via di sviluppo" si svolge via mare (soprattutto attraverso i container), trasporto che richiede tempi più lunghi ma, rispetto ad aerei cargo e treni, costi decisamente più bassi e possibilità di imbarcare volumi maggiori. I flussi di armi o sono gestiti direttamente dagli organismi governativi, o sono comunque sottoposti al vaglio degli esecutivi. "Controllori e controllati sono gli stessi soggetti o le medesime comunità di interessi" (p. 135).

Descrivendo le rotte della guerra, gli autori si soffermano su due casi paradigmatici: il primo è l'Angola, paese in cui le lotte contro il colonialismo si sono intrecciate ad una guerra civile prolungata, alimentata anche dai continuamente cangianti interessi delle potenze mondiali e dai loro rifornimenti di armi ai vari attori coinvolti; il secondo è l'area del Mediterraneo, strategico crocevia del traffico internazionale di armamenti, sia per la posizione geografica, sia per la dimensione politica del complesso di una ventina di stati che su di esso si affacciano. Il Mediterraneo è attraversato da una doppia corrente: il traffico deep sea, direzionato da ovest ad est, ha in gran parte origine dagli Stati Uniti, interessa gli alleati europei e fa rotta verso il Medio Oriente (Turchia, Israele, Egitto, Arabia Saudita); il traffico short sea, invece, si dirige verso gli stessi destinatari ma direttamente dai paesi europei. In questo quadro, i porti italiani (a partire da quello di Genova) rivestono un importante ruolo di cerniera dei flussi commerciali, sia come terminali del traffico oceanico verso oriente, sia come nodo di smistamento in direzione del retroterra continentale. Geograficamente, economicamente e politicamente il territorio italiano viene così ad assumere valenze strategiche, non da ultimo come base avanzata per interventi militare diretti.

Il complesso quadro tracciato dagli autori permette di gettare un'interessante luce sulle micro e macrostrategie belliche, di fornire ulteriori chiavi interpretative sugli accordi a geometria variabile che sempre più caratterizzano il - mancante - ordine globale. Uno degli obiettivi che Finardi e Tombola si pongono consiste nel costruire un database globale degli operatori presenti nel trasporto e nella logistica militare. È infine curioso, come non mancano di sottolineare i due autori, che una simile ricerca non abbia trovato attenzione tra le istituzioni europee, ma sia invece stata resa possibile dai finanziamenti del Program on Global Security and Sustainability della «John D. and Catherine T. MacArthur Foundation» di Chicago, da tempo impegnata sui problemi dello sviluppo sostenibile. Con buona pace di un certo antiamericanismo di maniera.

Gigi Roggero