2005

Žižek, S., For they know not what they do: enjoyment as a political factor, Verso, London 1991, trad. it. Il godimento come fattore politico, Raffaello Cortina Editore, Milano 2001, pp. 192, ISBN 88-7078-680-3

Il godimento come fattore politico è suddiviso in quattro capitoli (I sette veli della fantasia, La trasgressione intrinseca, Rinunciare ai fantasmi, Cyberspazio e soggettività), internamente asistematici e tra loro piuttosto eterogenei, dove, intrecciando psicanalisi lacaniana, analisi economica marxista e critica cinematografica, Žižek affronta molti dei temi caratteristici della sua riflessione (sociologica? filosofica? psicoanalitica?): l'analisi del capitalismo, l'indagine sulla soggettività, la critica dell'ideologia del multiculturalismo democratico-liberale, il rapporto tra potere e trasgressione, e, ovviamente, il ruolo del godimento (enjoyment, jouissance) nelle dinamiche sociali e istituzionali.

Il godimento - classica categoria psicoanalitica - è la soddisfazione delle proprie pulsioni o, meglio, come dichiarato da Žižek in un'intervista rilasciata a Elisabetta D'Erme, "l'eccessivo piacere dato dalla rinuncia, o dallo stesso sacrificio" (Il Manifesto 10/04/2001).

Tra gli esempi di godimento, però, Žižek inserisce anche casi in cui non pare esservi alcuna rinuncia o sacrificio: primo tra tutti, la trasgressione della legge. L'accento pare, piuttosto, cadere su 'l'eccessivo': un piacere in eccesso, in qualche modo non consentito. Ma Žižek ricorda come spesso le trasgressioni non siano tali. Secondo l'a. ogni ordinamento, ogni diritto, ha un proprio supplemento trasgressivo: una legge oscena e segreta che "raddoppia e accompagna, come un'ombra, la legge 'pubblica'" (p. 61). Le apparenti trasgressioni non sono altro che conferme, applicazioni, di questa legge segreta, che, lungi dall'indebolire l'ordine dominante, lo rafforzano.

A questa legge oscena Žižek sembra attribuire una molteplicità di funzioni distinte.

In primo luogo, essa solidifica la coesione del gruppo: ciò che tiene insieme più profondamente una comunità è proprio "l'identificazione con una specifica forma di trasgressione della legge" (p. 63), la condivisione di una particolare forma di godimento (come la solidarietà-nella-colpa che legava la comunità nazista).

In secondo luogo, la legge segreta, essendo diretta a chi non si identifica veramente con lo spirito della comunità, garantisce proprio quella presa di distanza dall'ideologia che, secondo Žižek, è indispensabile per il suo funzionamento: "non solo non c'è ideologia senza un nocciolo 'autentico' transideologico, ma piuttosto [...] è solo il riferimento a tale nocciolo transideologico a rendere l'ideologia funzionante" (p. 71).

In terzo luogo, la legge segreta restringe le apparenti libertà concesse dalla legge scritta: "la funzione paradossale delle leggi non scritte consiste nel fatto che esse, rispetto alla legge pubblica, esplicita, sono allo stesso tempo trasgressive (violano le esplicite regole sociali) e più coercitive (sono regole aggiuntive che restringono il campo della scelta, proibendo le possibilità permesse, anzi garantite, dalla legge pubblica)" (p. 97). In questo senso la legge occulta ci dice come dobbiamo interpretare la legge pubblica. Il termine fantasy, secondo Žižek, definisce proprio questa cornice non scritta che, simultaneamente, costituisce il supporto fantasmatico del potere pubblico e mantiene (nel suo essere segreta, occulta) l'idea (la fantasia) di una falsa apertura, l'illusione di una scelta impossibile.

Infine, ed è questo uno dei punti più complessi, la legge segreta dovrebbe contribuire ad operare quella censura del fondamento osceno del discorso pubblico che è indispensabile perché quest'ultimo possa funzionare efficacemente. Al riguardo, però, una tale censura pare operata direttamente dalla legge pubblica e non è chiaro quale sia il ruolo della legge segreta rispetto ad essa. Sembrerebbe che la legge segreta sveli, in un modo che Žižek non chiarisce, l'oggetto della censura (pur non trasgredendola), come nell'esempio della vita militare caratterizzata, contemporaneamente, da una profonda omofobia e da una legge segreta fortemente improntata in senso omosessuale.

In ogni caso, il punto fondamentale è che per Žižek la trasgressione è intrinseca al potere in un senso ben più radicale di quello foucaultiano: nel senso che "il potere è già sempre la sua trasgressione" (p. 79), "il suo stesso fondamento denegato, il suo 'crimine costitutivo', il suo gesto fondante che deve rimanere invisibile affinché il potere funzioni normalmente" (p. 80). Questo fondamento denegato pare diverso per ogni forma di potere: così, ad un fascismo paranoico Žižek contrappone uno stalinismo perverso - resta però qualche dubbio sul fatto che psicosi individuali possano, sic et sempliciter, applicarsi a un'intera comunità politica.

Per l'a. la vera trasgressione consiste, piuttosto, in un'identificazione letterale con la legge pubblica, ossia nel trasgredire la legge oscena e trasgressiva. Resta da chiarire se questa sia l'unica forma di trasgressione possibile (ma le riflessioni sulla capacità del capitalismo di incorporare ogni spinta trasgressiva non lasciano ben sperare).

È, poi, poco chiaro il rapporto che intercorre tra la fantasia come legge segreta e la fantasia che si incarna nella "sincerità puramente materiale" (p. 18) del rituale ideologico esterno, trattata da Žižek nel primo capitolo. Certo in entrambi i casi la fantasia ha carattere interamente intersoggettivo, la fantasia (anche nel caso della legge oscena) ci insegna come desiderare (la domanda originaria del desiderio è, sempre, 'Cosa vogliono gli altri da me? Cosa sono io per gli altri?'), ma, mentre la legge oscena rimane e deve rimanere segreta, il rituale è una narrazione fantasmatica inscenata per qualcuno.

Il terzo capitolo affronta uno dei nodi classici della riflessione di Žižek: l'analisi del capitalismo e la necessità di un ritorno alla critica dell'economia politica marxista. Al riguardo sono particolarmente interessanti le obiezioni mosse da Žižek alle tesi marxiste relative all'incessante dinamismo capitalistico e al suo limite fatale, ossia, per Marx, il capitale stesso, lo sviluppo incessante del capitalismo che rivoluziona le sue stesse condizioni materiali, causando distruttive crisi economico-sociali. Secondo Žižek, l'errore di Marx consiste nel non rendersi conto che "questo ostacolo/antagonismo intrinseco, inteso come 'condizione di impossibilità' del completo sviluppo delle forze produttive, è al tempo stesso la sua 'condizione di possibilità'" (pp. 113-4): se eliminiamo l'ostacolo, eliminiamo la produttività. Sotto questo profilo il comunismo marxista, l'idea di una società a produttività incontrollata al di fuori della cornice del capitale, è "una fantasia intrinseca al capitalismo stesso, la trasgressione intrinseca capitalista allo stato puro" (p. 114). Secondo Žižek il compito del pensiero contemporaneo è, pertanto, duplice: ripetere la critica dell'economia politica marxista, eliminando la nozione teologica di comunismo (la società della produttività incessante e incontrollata), e immaginare un'uscita dal capitalismo, senza cedere alla tentazione precartesiana di un ritorno ad una società (premoderna) equilibrata e (auto)controllata. Di questi compiti, purtroppo, Žižek svolge solo il primo.

Infine, il quarto capitolo analizza, con una metodologia fortemente improntata alla psicoanalisi, la condizione del soggetto, anzi della soggettività, nell'era del cyberspazio. Tra le molteplici tesi, interpretazioni e suggestioni svolte dall'a., emerge un'immagine complessa del cyberspazio, medium di fantasie radicalmente desoggettivizzate (che non potranno mai venire fatte proprie da un soggetto), che consente (potrebbe consentire) addirittura la lacaniana traverséè du fantasme (l'incontro con il nucleo spettrale della realtà psichica stessa, che avviene però mantenendo da essa una giocosa distanza), continuazione della forma edipica della soggettivizzazione, dove la struttura puramente formale della proibizione simbolica (l'impossibilità fondamentale di evitare la mediazione dell'interfaccia, che separa il soggetto dal suo sostituto simbolico) si riproduce priva, però, del piccolo pezzo di reale (la figura del padre) che la sostiene nell'Edipo non on line.

Un libro brillante e suggestivo, che, nonostante l'asistematicità e la presenza di qualche incoerenza, offre spunti originali verso un ripensamento della critica anti-capitalistica, della soggettività contemporanea, nonché del ruolo della classe intellettuale, spesso troppo chiusa in elitarie discussioni accademiche e di stile, impegnata a nascondere i propri personali fantasmi ideologici. "Così è facile per un accademico sostenere ad una tavola rotonda che viviamo in un universo postideologico - nel momento in cui si reca alla toilette dopo l'animata discussione, è di nuovo dentro all'ideologia fino al collo" (p. 17).

Francesca Poggi