2005

M. D'Eramo, Via dal vento. Viaggio nel profondo sud degli Stati Uniti, Manifestolibri, Roma 2004, pp. 158, ISBN 88-7285-374-5

Recentemente il tanto favoleggiato New South degli Stati Uniti, assurto a modello dello sviluppo statunitense in contrapposizione alla Rust Belt - la 'cinta arrugginita' degli Stati dell'est, del Midwest e del nord del paese - è stato letteralmente travolto dalla furia degli elementi, di cui finora si era soltanto letto nei libri di Faulkner (in particolare in uno dei due racconti intrecciati di Palme selvagge). Forse è utile per capire meglio le ragioni di quel disastro, che molta stampa ha attribuito più al sedimentato razzismo e alla povertà estrema che alle raffiche rabbiose dell'uragano Katrina, leggere questi resoconti di viaggio del giornalista del Manifesto Marco D'Eramo. Anzi, il libro di D'Eramo è utile non soltanto a capire il sud degli Stati Uniti e i suoi drammi, ma anche a meglio comprendere l'intero paese.

D'Eramo percorre nei suoi viaggi sette Stati (South e North Carolina, Tennessee, Georgia, Alabama, Texas e Florida), ammettendo di essersi a volte annoiato (ecco uno dei tanti topoi della mistica filo-statunitense che D'Eramo smonta: il coast to coast è barboso!).

Dall'analisi di D'Eramo emerge il persistente, quasi carsico razzismo del profondo sud degli Stati Uniti. Nonostante il movimento per i diritti civili degli anni Sessanta, il razzismo è ancora profondamente radicato. L'autore si sofferma inoltre sul ruolo svolto dalla Corte suprema nella costruzione del sistema segregazionista statunitense, sistema spesso indicato con l'espressione 'uguali ma separati'. Tale espressione si riferisce in particolare alla sentenza Plessy vs. Ferguson del 1896. Questa sentenza consentì le legislazioni segregazioniste degli Stati del sud (le cosiddette leggi Jim Crow, dal nome del personaggio di una commedia musicale, usato in modo spregiativo come sinonimo di "nero"). Il razzismo degli Stati del Sud ai tempi della segregazione non era selettivo, ma era esteso a tutti i 'non-bianchi' e si traduceva non solo nella separazione tra neri e bianchi sugli autobus, ma anche in eccidi e in deportazioni di massa, come quella che fu ordinata dal presidente Andrew Jackson nel 1837. In quell'anno 16.000 Cherokee furono deportati per oltre 2.000 km in base a un accordo - stipulato da una minoranza di 'indiani' - che cedeva Georgia, North Carolina e Tennessee ai bianchi. Su quello che i Cherokee chiamano il 'Sentiero delle Lacrime', 4.000 deportati trovarono la morte.

Come si è già detto, il razzismo del sud degli Stati Uniti ha trovato a lungo un alleato nella Corte suprema. Abbiamo già citato la sentenza Plessy vs. Ferguson del 1896, ma già 39 anni prima la Corte aveva negato, con la sentenza Dred Scott, lo status di cittadini ai neri. La Corte suprema inoltre 'seppellì' sia il Civil Rights Act che aveva cancellato gli effetti della Dred Scott, sia i Reconstruction Acts che intervennero alla fine della Guerra civile a favore dell'emancipazione dei neri, affermando che queste disposizioni invadevano le competenze riservate ai singoli Stati. La Corte sarebbe riuscita a 'riabilitarsi' soltanto a partire dal 1954, quando con la sentenza Brown vs. Board of Education of Topeka pose fine alla segregazione razziale nelle scuole pubbliche. Inoltre, con alcune pronunce successive, essa estese la 'de-segregazione' ai luoghi pubblici, alle università, ai mezzi di trasporto e a tutti gli 'spazi' che godevano di finanziamenti pubblici (sebbene gli Stati del sud cercarono di boicottare l'efficacia delle sentenze).

Ancora oggi, tuttavia, gli Stati Uniti - in particolare al sud - continuano a essere attraversati da un profondo razzismo, che riproduce la segregazione razziale anche attraverso la auto-segregazione dei neri (basti pensare alle università 'nere' della Georgia).

Il razzismo statunitense non colpisce soltanto gli afroamericani, ma anche le altre minoranze etniche, prima fra tutti la minoranza cherokee. Un caso emblematico di questa eredità è il caso di Sequoyah, il cherokee che per primo codificò per iscritto - inventandone i caratteri - la lingua della sua gente: gli Stati Uniti eressero statue e intitolarono scuole a questo indiano e battezzarono con il suo nome i grandi alberi diffusi sul territorio, ma al contempo resero praticamente impossibile la conservazione della lingua cherokee sia orale che scritta.

Francescomaria Tedesco