2005

F. Cassano, Homo civicus. La ragionevole follia dei beni comuni, Dedalo, Bari 2004, pp. 172, ISBN 88-220-5345-1

«Tutti hanno diritto all'uso dell'acqua. La natura non ha fatto di proprietà privata né il sole né l'aria e neppure la fluida acqua. È a un bene pubblico che mi sono accostata» (*)

Bene pubblico, publica munera, scrive Ovidio. E fa pronunciare queste parole a Latona, la quale, dopo aver partorito i divini gemelli Apollo e Diana, e dopo esser stata dappertutto scacciata da Giunone, arriva in Licia e lì, stremata dalla calura e asciugata nel petto dalla poppata dei piccoli, si avvicina a un laghetto per attingervi acqua fresca da bere («ut hauriret gelidos potura liquores»). Ma la rozza masnada dei contadini (rustica turba) glielo impedì. Latona si indirizzò quindi ai villani di Licia con le parole sopra citate, prima di trasformarli in rane come punizione per la loro prepotenza e sfrontatezza.

Oh come ci piacerebbe veder trasformati in rane e vivere in eterno nello stagno, a nuotare e strepitare, chi ci sottrae i beni comuni, i «publica munera», e tra questi l'acqua, l'aria, il paesaggio, gli ambienti urbani, le opere d'arte, il buio! E come ci piace salutare chi vuol ridar voce non al gracidar delle rane (di «quelle» rane) bensì all'inno alla tensione tra libertà e tutela dei beni comuni!

Alla difesa dei beni comuni è dedicata questa raccolta di saggi di Franco Cassano, in cui il principio di cura dei beni pubblici si coniuga con la ripresa di temi egualitari in dialogo con la libertà, con la valorizzazione della cittadinanza, con la critica del mercato che trasforma il cittadino in cliente e consumatore («homo emptor») e infine con il recupero dei valori del sud e della dimensione mediterranea (il «pensiero meridiano»).

La globalizzazione nello stile del Gatt, del Wto, della Wb, innocue sigle dietro cui si celano potentissimi organismi internazionali in grado di mettere in ginocchio chi non si adegua alla logica di produzione-consumo-distruzione-ricostruzione, è fenomeno mondiale che insidia il principio della tutela dei beni comuni a livello planetario. In Italia tuttavia essa prende aspetti peculiari soprattutto grazie (si fa per dire) all'attuale governo caratterizzato dallo stile definito da Cassano dell'«autoassolvimento»: io, politico, dal mio tribunale di Arcore, perdono e condono e assolvo te cittadino (cittadino?) che non paghi le tasse, costruisci in barba ai regolamenti edilizi, entri nel centro con la tua jeep, sprechi e sporchi e inquini ovunque puoi, e tu mi perdoni, mi condoni, mi assolvi e mi voti. Questa è la squallida logica del «patto con gli italiani»: un bel contratto di reciproca assoluzione e poi tutti insieme appassionatamente a dare addosso a chi predica che l'interesse pubblico è subordinato a quello privato (il «comunista»).

Bisogna dire che con grande saggezza Cassano si rende conto che questi comportamenti, più che da bontà e cattiveria innate, sono determinati in gran parte dalle diverse situazioni di chi svolge un lavoro dipendente protetto, operaio o intellettuale, e di chi invece lavora nella piccola e media impresa, esposto alla tentazione di aggirare la legalità in nome del reddito. Nessuna medaglia da eroe quindi per chi è lontano da certe tentazioni e incline a favorire l'interesse generale, in ogni caso una certa ammirazione per chi, come Franco Cassano, questi principi non soltanto li teorizza nei libri ma anche li pratica, a Bari, con «Città plurale» - l'associazione civica che si propone di sviluppare la cittadinanza attiva - senza mire personali e senza interessi conflittuali da pacificare, bensì per affermare, come Ovidio per bocca di Latona, il principio di protezione dei beni comuni.

Francesca Rigotti

*. «...usus communis aquarum est.
Nec solem proprium natura nec aëra fecit
nec tenues undas: ad publica munera veni».
Ovidio, Metamorfosi, VI, 349-352. A cura di Piero Bernardini Marzolla, Einaudi, Torino 1994, p. 238.