2005

D. Chakrabarty, Provincializing Europe: Postcolonial Thought and Historical Difference, Princeton University Press, Princeton 2000

Il colonialismo occidentale ha prodotto i suoi effetti più nefasti sul piano concreto, storico e politico delle società e dei paesi che hanno subito la colonizzazione. Le guerre di liberazione, i grandi movimenti che hanno combattuto contro il colonialismo hanno attaccato per primi proprio quegli effetti, cercando di liberarsi innanzitutto dal giogo economico, politico e militare delle occupazioni occidentali. Tuttavia, i lunghi anni dell'era coloniale hanno prodotto effetti altrettanto evidenti su un piano più astratto, relativo alle idee, alla loro storia, alla percezione del tempo e dello spazio. Questi effetti non sono stati meno devastanti degli altri, ed il lavoro per liberarsene, cominciato più tardi, non è affatto terminato (Se in alcuni casi questi effetti sono meno devastanti, in altri - come dimostra ad esempio il caso dell'Algeria - il retaggio di una certa cultura di violenza e di oppressione è tragicamente complice di situazioni sociali che l'occhio dell'Occidente - la cui innocenza è cresciuta tanto in fretta quanto in fretta è diminuita la sua memoria - stigmatizza volentieri come semplice 'barbarie').

I cosiddetti studi post-coloniali, da questo punto di vista, rappresentano un tentativo importante ed efficace di intervenire proprio su questo piano 'culturale', sull'immagine - ad esempio - dei paesi che hanno subito la colonizzazione e del loro rapporto con l'Occidente. Un'immagine che è tutt'ora dominante (soprattutto nel mondo occidentale ma non solo) e può essere annoverata tra le cause da un lato della nostra incomprensione di quelle società, dall'altro della violenza o della pretesa superiorità con cui, verso di loro, generalmente il mondo occidentale si rapporta.

Da questo punto di vista il volume di Dipesh Chakrabarty, Provincializing Europe, rappresenta un tentativo intelligente di tornare sull'immagine dell'India e della sua storia coloniale, mettendo al centro della riflessione il ruolo attivo delle soggettività dei colonizzati, le loro motivazioni, i desideri, le lotte, evidenziando come tutti questi elementi abbiano contribuito alla costruzione di un punto di vista proprio, di un'immagine e di una storia che si oppone e contrasta quella dei dominatori. Ad una temporalità occidentale, in cui prevale lo sviluppo liscio, il movimento omogeneo tipico di una rappresentazione storicistica, l'a. oppone la ricerca di una soggettività propria ed autonoma dei soggetti che hanno subito il dominio coloniale. Questo il significato di una 'provincializzazione' dell'Europa.

Provincializzare significa, in questo contesto, respingere la centralità che il mondo occidentale ha sempre dato di sé stesso, basata sul dominio e sulla violenza da un lato della dominazione militare, dall'altro di quella ideologica fondata sull'estensione dell'indesiderato dono dell'universalismo: Timeo danaos et dona ferentes. Proprio l'universalismo occidentale assume un carattere centrale in questo volume, poiché sarebbe ingenuo, per Chakrabarty, opporgli un relativismo culturale o un essenzialismo delle tradizioni o delle culture. L'universalismo occidentale è già nudo di fronte alla sua storia. Il carico di violenza e di particolarismo di cui si è nutrito è scritto col fuoco e col sangue dei milioni di vittime che ha mietuto - e continua a mietere - in suo nome.

L'a., quindi, decide di accettare fino in fondo il confronto con la cultura occidentale (lo dimostrano i frequenti riferimenti a Heidegger, a Derrida ma anche e soprattutto a Marx. Di particolare interesse, in questo senso, l'analisi critica della categoria di 'lavoro astratto' e dello sviluppo capitalistico in termini di sussunzione), col suo storicismo, con la sua visione del mondo, per 'liberare' gli elementi che possono arricchire la riflessione sul pluralismo e sul suo rapporto con la dimensione universale della modernità. Se questa ha preteso di omologare in un'unica totalità l'evoluzione ed il progresso della storia umana, altri elementi, altrettanto universali, sono venuti a contrastare e caratterizzare questa storia. Il conflitto, l'insubordinazione, il rifiuto dell'oppressione, la lotta per la libertà e l'autodeterminazione.

Un volume utile, quindi, sia per leggere il passato dell'Occidente in una diversa ottica, sia per precisare e costruire ancora nuove pratiche di liberazione, in un mondo globalizzato che, se non ha più centro né periferia, pretende comunque di mantenere - con gli stessi strumenti della violenza e del dominio - la centralità di idee e valori particolaristici, sotto la bandiera dell'universalismo. Un volume che, attraverso la provincializzazione della nostra cultura, può contribuire a sprovincializzare il nostro modo di leggere il presente.

Filippo Del Lucchese