2013

F. Cassano, L'umiltà del male, Laterza, Roma-Bari 2011, ISBN 9788842095835


Le questioni del bene e del male da sempre caratterizzano la riflessione etica nella vicenda dell’umanità, suscitando valutazioni riconducibili alla sfera della morale, del diritto e della giustizia, su cui si cumulano bibliografie vastissime. Su tali questioni si esercita, ora, anche lo sguardo di Franco Cassano, non però secondo un’ottica normativa, bensì da una prospettiva sociologica e, più precisamente, della sociologia dei processi culturali. Cassano pone il problema del male (e della sua affermazione) da un punto di vista più pragmatico, cercando di indagarlo nella sua logica sociale e, in tal senso, prende le mosse da un celebre brano letterario, ovvero La Leggenda del Grande Inquisitore di Dostoevskij, il cui punto fondamentale è il dialogo fra il Grande Inquisitore e Gesù, riapparso nella Spagna del XVI Secolo. L’Inquisitore spiega, infatti, i motivi per cui la Chiesa ha preso la strada del dominio, fatta di timore e inganno verso i sudditi-fedeli. Il riferimento è al celebre passo dei Vangeli, in cui Gesù, nel deserto, respinge le tentazioni di Satana. L’esempio del Cristo chiama coloro che aspirano a seguirlo alla dimostrazione di una grande forza di volontà. Ma tale esempio non è conforme alla natura della gran parte degli uomini: solo pochi possono essere capaci di seguirlo. Per tale ragione, secondo il Grande Inquisitore, è corretto che la Chiesa si occupi degli uomini comuni, attraverso l’inganno, la paura, la soggezione, sollevandoli da una libertà troppo gravosa per loro, di cui non sono all’altezza. In questa narrazione, Cassano coglie “l’umiltà del male”, cioè la sua capacità di riconoscere e sfruttare le debolezze umane. Il bene appare invece spesso elitario e, quindi, incapace di avvicinare gli uomini comuni.

Questa tesi cruciale del libro è successivamente argomentata da Cassano anche con riferimenti più legati alla teoria sociologica, attraverso il rimando a un famoso dibattito radiofonico che vide contrapposti Arnold Gehlen e Theodor Adorno, nel quale si coglie la distanza fra due modi di intendere la natura umana.

Per Gehlen, l’uomo trova nelle istituzioni, nella loro tendenza a stabilizzare, tramite regole e norme, i comportamenti, una sorta di seconda natura: le istituzioni esonerano in definitiva dalla fatica di una continua decisione. Adorno, invece nel solco della teoria critica della Scuola di Francoforte, vede le istituzioni come espressione di un potere imposto, e legge l’adesione acritica verso di esse come la conferma di una sudditanza. Adorno vede nell’affermazione delle istituzioni un’alienazione, che l’uomo deve contrastare per conquistare la propria libertà, mentre per Gehlen la funzione delle istituzioni risiede precisamente nella loro capacità di liberare l’umanità dalla difficoltà di dover riflettere sulle questioni dell’esistenza.

Su queste basi, il nodo chiave di questo studio di Cassano si può individuare nell’idea che sarebbe ora di abbandonare pratiche di elitismo intellettuale e culturale e cercare, piuttosto, di comprendere le istanze che agitano la società contemporanea. L’obiettivo critico è quell’atteggiamento di “narcisismo etico”, che “affetto da un sentimento di superiorità morale, finisce per lasciare la debolezza degli uomini nelle mani del nemico”(p. 85). Si tratta, evidentemente, di una posizione dal forte impatto anche politico, che invita gli studiosi a uscire dalle proprie torri d’avorio e a non rinunciare al rapporto con la gente comune, che è più esposta a tentazioni e superficialità, evitando così di specchiarsi nelle propria perfezione e mostrando più comprensione per la debolezza degli altri. Tale rapporto è, indubbiamente, per molti faticoso, forse frustrante, sgradevole, ma, forse proprio per questo, necessita di quell’umiltà, troppe volte dimenticata tra le migliori caratteristiche degli uomini e degli intellettuali veramente grandi.

In questo agile testo, dunque, che non ha mancato di destare un certo dibattito, anche in ambienti pubblici e politici non strettamente accademici, Cassano ribadisce il suo approccio teorico basato sull’equilibrio, la misura e il buon senso: “dobbiamo sperare di avere grande forza morale, ma questa forza non deve mai portarci a liquidare la nostra capacità di parlare con tutti e provarne a capire le ragioni”(p. 93). Avvicinarsi all’altro senza tradire se stessi e allontanarsi da se stessi senza dissolversi nel senso comune: in questa difficile dialettica, tanto più complessa da attuare in un mondo attraversato da prospettive disarticolate e banalmente estremiste, si gioca oggi più che mai la condizione etica, intellettuale e politica.

Francesco Giacomantonio