2008

G. Gozzi, G. Bongiovanni (a cura di), Popoli e civiltà. Per una storia e filosofia del diritto internazionale, Il Mulino, Bologna 2006, ISBN 88-15-11108-5

Al centro del volume Popoli e civiltà sono le sfide poste al diritto internazionale dalla coesistenza, tra i suoi soggetti, di differenti civiltà e numerose entità sovrane. Il volume si contraddistingue per la ricchezza delle prospettive, grazie ai contributi di autori provenienti da diverse aree geografiche (africana, americana, asiatica ed europea) e da differenti ambiti disciplinari (giuridico, storico-, filosofico- e sociologico- giuridico).

La prima parte del volume, dal titolo Civiltà e diritto internazionale, si apre con un saggio di Gustavo Gozzi, che ripercorre la formazione storica del diritto internazionale. La ricostruzione mette in luce il ruolo egemonico che la civiltà occidentale ha avuto nell'elaborazione del diritto internazionale sin dalla sua nascita nell'età moderna e fino al XX secolo. A partire dal secondo dopoguerra si è però avviato un duplice, antinomico processo, di universalizzazione del diritto internazionale da un lato e di differenziazione del diritto internazionale dall'altro. Sempre più civiltà partecipano all'elaborazione delle norme internazionali, ma ciascuna di esse è portatrice di valori e visioni del mondo differenti. Sono questi processi tra loro incompatibili, o è possibile, invece, ipotizzare un incontro tra le civiltà sul terreno del diritto internazionale? Questa domanda è al centro degli altri saggi che compongono la prima parte del volume. Yasuaki Onuma propone un approccio metodologico originale per affrontare questa e altre questioni di ordine globale. Egli propone di integrare le tradizionali impostazioni internazionale e transnazionale con una prospettiva inter-civiltà, ovvero una prospettiva che intende i problemi che trascendono i confini nazionali come problemi collegati all'esistenza di una pluralità di civiltà, anziché di una pluralità di Stati o organizzazioni transnazionali. Sulla conciliabilità tra civiltà islamica e diritto internazionale si interrogano Yadh Ben Achour e Abdullah Ahmad An Na'im. Il primo autore esplora la posizione prevalente degli attori istituzionali islamici nei confronti del diritto internazionale, una posizione ambivalente, in tensione tra un adeguamento forzato alle forme del diritto internazionale e il rifiuto di alcune delle sue norme, soprattutto in tema di libertà fondamentali e diritti delle donne. An Na'im parte dal contrasto tra Ša ri'a e diritto internazionale sulla questione della legittimità della guerra: oltre alla guerra di autodifesa, la legge islamica, a differenza del diritto internazionale, considera infatti legittima anche la guerra condotta per propagare l'Islam. Egli propone di considerare la legge islamica una legge storicamente mutevole, e di reinterpretarla in base all'attuale contesto storico con l'obiettivo di eliminare le norme che contrastano con il diritto internazionale. Pietro Manzini si occupa infine del rapporto tra civiltà occidentale e civiltà islamica rispetto al tema della libertà di espressione in questioni che riguardano la sfera religiosa. La sua analisi si concentra sulle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo e mette in luce la somiglianza tra la civiltà europea e quella islamica: all'interno di entrambe si pongono infatti limitazioni all'espressione di sentimenti di critica e satira dei sentimenti religiosi.

La seconda parte del volume ha per titolo Le trasformazioni contemporanee del diritto internazionale e si occupa del rapporto tra gli Stati e il sistema normativo e istituzionale internazionale. Danilo Zolo mette in luce il paradosso che caratterizza le Nazioni Unite, organismo obsoleto ma irriformabile allo stesso tempo. Né una democratizzazione dell'Organizzazione, né un ridimensionamento dei poteri del Consiglio di Sicurezza sembrano infatti realizzabili a causa della resistenza delle attuali grandi potenze. Armin von Bogdandy, Giorgio Bongiovanni e Ryan Goodman e Derek Jinks affrontano il tema della compatibilità tra diritto internazionale e sovranità statale. Bongiovanni ripercorre la teoria del diritto di Hans Kelsen, all'interno della quale viene affermato il primato del diritto internazionale sul diritto statale, primato che presuppone la soppressione della sovranità statale. Anche per Bogdandy, che ripropone e interpreta il pensiero di Christian Tomuschat, il diritto internazionale gode di un primato sulla sovranità degli Stati, ma non presuppone l'estinzione della sovranità. Al contrario, gli Stati sono strumenti di realizzazione dei valori della comunità internazionale e insieme l'unica possibile fonte di legittimità democraticadel diritto internazionale. Nel modello sociologico della sovranità proposto da Ryan Goodman e Derek Jinks, infine, è il diritto internazionale stesso a richiedere l'organizzazione dei suoi soggetti in entità sovrane. Secondo questi autori, gli Stati organizzano la loro struttura interna in base a modelli globali, i quali prevedono tra le altre cose l'assunzione della forma dello Stato moderno.

In sintesi, Popoli e civiltà mette in luce le radici storiche dello scontro di civiltà, descrive le tensioni che attualmente percorrono i rapporti tra i diversi attori globali e apre prospettive su diversi possibili scenari futuri: dalla radicalizzazione dello scontro di civiltà alla sintesi delle civiltà.

Elisa Orrù