2005

M.L. Boccia, La differenza politica, Il Saggiatore, Milano 2002, pp. 255, ISBN 88-428-0894-6

L'ultimo libro di Maria Luisa Boccia «La differenza politica - Donne e cittadinanza», rappresenta un importante saggio di teoria femminista. Il testo è diviso in due parti tra loro strettamente legate ed interconnesse: nella prima, intitolata "Figure della differenza", viene affrontato il nodo della differenza politica, dell'identità e della specificità di genere; nella seconda il tema della cittadinanza, problematizzato ed approfondito attraverso uno sguardo analitico "di parte".

L'autrice sottolinea come protagonista storico della società moderna sia sempre stato il maschio adulto, bianco e proprietario: il frutto di un processo storico è stato assunto come dato naturale, unico possibile. Tale soggetto è divenuto, pertanto, il referente neutro e assoluto dell'umanità. I movimenti femministi, nelle loro peculiarità e specificità, fin dalla loro nascita hanno cercato di decostruire questo paradigma di riferimento che escludeva le donne fin dal suo essere costituente. Attraverso un'elaborazione collettiva di pratiche, teorie ed azioni le femministe hanno cominciato ad interrogarsi sul concetto di differenza non solo con gli uomini, ma anche tra le donne perché come ben sottolinea Maria Luisa Boccia «il sesso non fa delle donne un gruppo sociale omogeneo per condizioni e interessi» (p.29). L'a. si riferisce in particolare all'originale metodo dell'autocoscienza che, quanto meno in un primo periodo, ha permesso alle donne di incontrarsi, conoscersi, confrontarsi e mettere in relazione somiglianze e diversità. Il percorso compiuto dai movimenti femministi è stato quello di interrogarsi, immaginare e poi provare a costruire un'identità sessuata, non preconfezionata e data una volta per tutte, ma intesa come un percorso collettivo di trasformazione di sé individuale e collettivo. All'identità femminile prodotta dall'uomo e agita dalla donna in rapporto a quest'ultimo, subentra la costruzione di un «io non conforme alla femminilità, ed è da questo movimento delle singolarità in relazione che prende forma la soggettività sessuata» (p.51). Il percorso di emancipazione, compiuto in questi anni dalle lotte delle donne, è stato fondamentale nella costruzione di un'identità sessuata, ma soprattutto ha permesso loro l'entrata ufficiale nella sfera definita pubblica in contrapposizione a quella privata, familiare e "casalinga" da sempre riconosciuta loro come propria. Ma l'emancipazionismo, a detta dell'a., rivela un duplice rischio: quello di fare delle donne un caso specifico della politica (il capitolo aggiuntivo, o il problema del divario da colmare), e quello di ritenere le donne portatrici di un disegno alternativo in sé compiuto. Lottando per l'emancipazione, inoltre, le donne hanno rivendicato l'essere individui tra gli individui, ma in questo modo hanno anche fatto propria la rappresentazione politica dei rapporti e degli esseri umani fornita dal neutro universale. In tal senso anche le politiche di pari opportunità, se pur importanti, secondo la Boccia, hanno un carattere ambivalente in quanto favoriscono una soluzione individuale al conflitto tra i sessi, riproducendo un duplice messaggio. Per un verso la norma consente che tra un uomo e una donna questa potrà essere favorita, per un altro ciò si traduce per la singola in una spinta a farsi valere nella competizione con gli uomini e nella condanna per colei che disgraziatamente non dovesse farcela. Insomma se il percorso di emancipazione è stato fondamentale e lo rimane tuttora, occorre riflettere oggi su come procedere oltre.

Il nodo dell'emancipazione è strettamente connesso a quello della cittadinanza. Per l'intero XIX secolo la cittadinanza, come spiega approfonditamente l'autrice, costituiva un fattore di inclusione ed uguaglianza, mentre oggi rappresenta un privilegio di status, ultimo fattore di esclusione e discriminazione. Il criterio inclusivo della cittadinanza opera come un potente fattore di omologazione, riconducendo la molteplicità di bisogni, desideri e progetti ad un'unica forma politica e giuridica, quella appunto decisa dalla cittadinanza. Il suo sviluppo storico si è svolto in tre tappe: la conquista dei diritti civili in primis, poi di quelli politici e infine sociali. Secondo Maria Luisa Boccia il movimento delle donne ha attribuito priorità ai diritti sociali (come il diritto all'istruzione), ritenuti fondamentali per conquistare la propria emancipazione. La gestazione della cittadinanza moderna inizia dalla distinzione e congiunzione tra la sfera pubblica e quella privata, e tra la libertà politica (esercitata dalla partecipazione democratica) e quella civile.

La cittadinanza, basata sul concetto di uguaglianza, si è modificata nel corso del tempo: dovendo rispondere a istanze sempre più differenti tra loro, infatti, si è tradotta in classi diverse di diritti, quindi necessariamente in diversi tipi di uguaglianza. Oggi questo concetto non sembra più essere in grado di fornire mediazioni tra l'universalismo delle forme e il pluralismo dei soggetti coinvolti. La posizione delle donne nella cittadinanza non è dovuta, secondo l'a., a ritardi storici, non è un segno di incompiutezza della stessa, quanto la risultante logica della divisione - tra famiglia e stato, pubblico e privato - su cui la cittadinanza si è andata a costituire. Rivendicando pari cittadinanza e pari diritti le donne non volevano rinunciare alla differenza sessuale, ma hanno cercato di coniugare uguaglianza e identità di genere affermando il valore del corpo sessuato materno. Hanno cioè acquisito la cittadinanza grazie alla rilevanza politica della funzione primaria di madre a loro assegnata: diversamente dagli individui maschi, sono stati attribuiti loro diritti specifici, riferiti non tanto al soggetto in quanto tale, ma alla funzione materna ritenuta naturale. Come sottolinea l'a., spesso sono state le donne stesse a richiedere queste tutele dando la priorità al riconoscimento dei diritti sociali piuttosto che civili e politici.

Oggi - conclude la Boccia - per le donne diviene problematico rivendicare la titolarità dei diritti universali, minimizzando il sesso, e nello stesso tempo raggiungere il riconoscimento giuridico della specificità femminile, non solo strettamente legata al ruolo di madre. Il problema è piuttosto quello di modificare la costruzione dell'uguaglianza, della differenza e - si potrebbe aggiungere - della cittadinanza.

Francesca Pozzi